Kitabı oku: «Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 1», sayfa 5
CAPITOLO VIII
Descrizione di Fez. – Governo. – Scienze. – Fabbriche. – Pianta narcotica. – Viveri. – Clima. – Terremoto.
La città di Fez è posta al grado 34 6′ 3″ di latitudine settentrionale, ed al 7° 18′ 30″ di longitudine occidentale dell'osservatorio di Parigi.
Molte osservazioni astronomiche fatte con eccellenti stromenti, benchè contrariate da un'atmosfera quasi sempre nebbiosa, il di cui termine medio ebbe l'enunciato risultato, non mi lasciano incerto rispetto alla loro precisione: ciò che dimostra l'erroneità delle carte d'Arrowsmith, del maggior Rennel, di Delille, di Golbewi e di Chénier. La casa, in cui ho fatto le mie osservazioni, è posta nel centro della città.
Fez è fabbricato sul pendio di varie colline che lo circondano da ogni banda, fuorchè da quella di nord-nord-est. Non è possibile di conoscere con esattezza la popolazione: si diceva, che attualmente ha cento mille abitanti, e che ne aveva due cento mille prima della peste.
Oscurissime ne sono le strade non solo a cagione dell'essere anguste in modo di non ammettere due uomini a cavallo di fronte, ma ancora perchè le case, che sono altissime, hanno al primo piano delle arcate di sostegno, il che toglie loro molta luce: inconveniente reso maggiore da alcune gallerie, o passaggi, che danno superiormente accesso dall'una all'altra casa: devonsi a ciò aggiungere le muraglie traforate a guisa d'archi, che di tratto in tratto servono d'appoggio alle case dei due lati della strada. È questa un'usanza che trovai ugualmente stabilita a Tetovan e ad Alcassar. Tali arcate chiudonsi in tempo di notte, di modo che la città trovasi allora divisa in quartieri, che non possono comunicare gli uni cogli altri.
La sua posizione sopra piani inclinati, ed il declive di quasi tutte le strade, che non sono selciate, ne rendono il soggiorno disagiato, specialmente in tempo delle pioggie, duranti le quali non si può camminare senza imbrattarsi di fango fino al ginocchio. Pure quando non piove sono abbastanza proprie, perchè gli abitanti non vi lasciano immondezze; ma disaggradevole ne è sempre la vista, come nelle altre città dell'Affrica, perchè chiuse entro l'altissime muraglie delle case, che tutte sembrano minacciare rovina. Molte sono senza finestre, o con finestre della grandezza d'un foglio di carta ordinaria, e comunemente chiuse con griglie. Anche le porte sono anguste e meschine.
Dietro questi gran muri trovansi alcune case internamente abbastanza belle: ma generalmente parlando l'usanza del paese richiede, che un alloggio abbia un cortile fiancheggiato da colonne e da pilastri che sostengono le arcate e formano i portici a pian terreno, e ne' piani superiori. Da questi corritoj si entra nelle attigue camere, che per lo più non ricevono lume che dalla porta, cui si ha l'avvertenza di dare una grande apertura. Le camere sono assai lunghe e strette come quelle di Tanger; il palco fatto di tavole è altissimo, e d'ordinario senza verun ornamento; ma in alcune case ed i palchi e le porte delle camere e le arcate del cortile sono ornate dei rabeschi in basso rilievo, coperti a varj colori, ed anche con oro ed argento. I pavimenti delle camere e del cortile sono di mattoni, di majolica, e di marmi a varj colori formanti diversi disegni nelle case de' più ricchi abitanti. Anguste sono le scale ed i gradini troppo alti. I tetti delle case simili a quelli di Tanger, sono coperti di terra della spessezza d'un piede; carico immenso che ruina i muri senza garantirli dalle pioggie, i quali siccome sono costrutti con cattivo cemento, si sfranano bentosto: onde poche sono le case che resistano lungo tempo. In fatti vedonsi molte muraglie con larghe fenditure, o fuor di piombo, e quasi tutte in uno stato di estremo deperimento.
Infinito è il numero delle moschee di Fez, che da alcuni si portano a più di dugento. La principale chiamasi Il Caroubin; nella quale contansi più di trecento pilastri, ma la sua costruzione è pesante, e senza gusto. L'architettura e gli ornati l'avvicinano assai a quella di Tanger, se non che ha un assai maggior numero d'arcate, molte porte, e due belle fontane nel cortile. Non pertanto questo grande edificio così celebre, non può per alcun rispetto pareggiarsi alla cattedrale che vidi a Cordova in Ispagna, assai più magnifica e grandiosa. Generalmente parlando tutte le moschee da me vedute nel paese si rassomigliano: tutte hanno un cortile circondato da un portico, e dalla banda di mezzogiorno un quadrato o parallelogramo coperto e sostenuto da più ordini di arcate. In mezzo alla muraglia del fondo, che guarda al sud, o al sud-est trovasi El-Mehreb, ossia la nicchia, in cui si pone l'Iman per dirigere la preghiera; al lato sinistro vedesi la piccola scala, e la tribuna detta El-Monbar per la predica del venerdì. Tutte queste cose trovansi pure nella cattedrale di Cordova; lo che prova, a mio credere, evidentemente essere questo un edificio religioso fabbricato dai mori, e non già un'opera Romana destinata ad un mercato, come credono alcuni abitanti di Cordova, probabilmente tratti in tale opinione dalle colonne di quel tempio, che altra volta appartenevano ad opere costrutte da quei padroni del mondo. E ciò che viene ad appoggiare maggiormente la mia asserzione, sono le arcate del parallelogramo rivolte al cortile di questa chiesa, che sono state modernamente chiuse: in Affrica le moschee le hanno semplicemente scoperte, come quelle dei tre altri lati del cortile; e tali erano pure quelle di Cordova prima che servisse al culto cristiano.
Il Caroubin, come tutti i monumenti di tal genere, non ha alcuno ornamento di pittura, ed il suolo è coperto di stuoje, come nelle altre moschee. Gl'inservienti custodiscono nella torre tre cattivi orologi a pendolo per regolare le ore della preghiera; e sonovi sul terrazzo due piccoli gnomoni o quadranti solari orizzontali per conoscere il punto del mezzogiorno. Prima del mio arrivo erano talmente disorientati, che marcavano il punto indicato quattro in cinque minuti prima; insegnai loro la maniera di rettificarli, ed ebbi il conforto d'udire annunciarsi la preghiera del mezzogiorno nell'istante conveniente.
Conservasi inoltre nella torre una sfera armillare, ed un globo celeste, fatti ambedue in Europa da più d'un secolo; e perchè i mussulmani non sanno adoperarli, questi stromenti sono colà abbandonati all'umidità, alla polvere, ai topi; di modo che non si possono quasi più vedere, non che leggere o conoscere i caratteri e le figure. Un'altra sala contiene una raccolta di libri egualmente trascurata, ed esposta agli stessi infortunj. Non ho mancato di fare le più diligenti indagini per scoprire il famoso codice delle storie di Tito Livio compiute, che supponevasi essere in questo luogo, ma tutte le mie ricerche tornarono vane, e niuno di coloro che io interpellai su tale oggetto, sapeva che avesse mai esistito in questa libreria. Avrei per altro spinte più avanti le mie ricerche, se avessi potuto farlo senza rendermi sospetto, e dar luogo a svantaggiose prevenzioni contro di me.
La moschea di Fez ha una cosa singolare, una camera chiusa destinata alle donne che vogliono intervenire alla preghiera pubblica. Niun'altra moschea, ch'io sappia, ne è provveduta, perciocchè avendo il nostro santo Profeta escluse le femmine dal paradiso, i musulmani ragionevolmente le hanno pure dispensate dall'obbligo d'intervenire alla pubblica preghiera.
Avvi pure un'altra nuova moschea terminata dall'attuale Sultano Muley Solimano, fatta con maggiore eleganza che le altre, avendo le arcate più svelte, ed i pilastri proporzionati, comecchè rispetto alla forma non differisca dalle altre.
La sola moschea di Fez affatto diversa dalle altre, ad in pari tempo la più frequentata, è quella dedicata al Sultano Muley Edris fondatore di Fez, e per conseguenza venerato come un santo. Le sue ceneri riposano in questo santuario, entro un mausoleo posto alla diritta della nicchia dell'Imam, e coperto d'una tela screziata a varj colori resa succida dalla devozione degli adoratori. Molte lumiere di vetro e di cristallo sono sospese nell'interno della sala quadrata, che questa moschea ha sul davanti invece del portico coperto. Ai due lati del sepolcro vedonsi due grandi coffani per ricevere le offerte pecuniarie, che per la grazia di Dio moltiplicandosi dai fedeli, fruttano assai più che le miniere scavate dai cristiani.
La torre, comecchè non lo sembri, per essere situata in luogo basso, è la più alta di Fez. Presso alla torre trovasi una gentile abitazione formata di varie camere, di dove la vista si perde in un estesissimo orizzonte. In una delle camere conservansi molti orologi a pendolo, due de' quali bellissimi. Ritengasi che questi sono fatti in Europa, giacchè in Affrica, non solo non se ne fanno, ma neppure si sa raccomodarli, o nettarli. Mi fu mostrato un vecchio orologio assai guasto, che si diceva fatto da un moro; ma non tardai a convincermi della falsità di tale asserzione.
Questo santuario è facilmente il più rispettato asilo dell'impero, poichè il maggior delinquente, fosse anche reo di lesa maestà e di alto tradimento, può rimanervi tranquillo, che niuno oserebbe arrestarlo.
Le altre moschee sono piccole e meschine, tranne quella che ritrovasi nel palazzo del Sultano. Questo palazzo è composto di un grande numero di cortili, alcuni non terminati che per metà, altri mezzo rovinati, i quali servono d'ingresso agli appartamenti da me non veduti. Anche nel primo cortile trovansi guardie e porte chiuse, che vengono aperte soltanto agl'impiegati, ai domestici della casa, o alle persone particolarmente privilegiate.
Nel terzo cortile trovasi una casuccia di legno, somigliante a quella dei gabellieri in Europa, e vi si sale per quattro scaglioni. In sul davanti è coperta da una tela dipinta, ed il suolo da un tappeto. In faccia alla porta vedesi un letto con cortine; da un lato un soffà, e dall'altra un piccolo matterasso.
Questo gabinetto non ha più di quindici piedi quadrati; ed è il luogo in cui il Sultano, seduto sul soffà o steso sul letto, riceve le persone che hanno ottenuta la grazia d'essergli presentate, e che non s'avvanzano mai al di là della porta. Entranvi soltanto i favoriti, e siedono sul matterasso; parziale distinzione a me sempre accordata.
Nello stesso cortile trovasi una cappella, o piccola moschea dove il Sultano fa la sua preghiera giornaliera, fuorchè il venerdì, in cui recasi alla grande moschea del palazzo, che viene aperta al pubblico per mezzo di una porta che comunica colla strada.
Nel cortile trovasi la camera del ministro. È questa collocata in luogo basso ed umido a canto d'una piccola scala e può avere cinque piedi di larghezza, e sei di lunghezza; le pareti sono affatto annerite; e non sonovi altri mobili fuorchè un vecchio tappeto che copre il suolo. D'ordinario il ministro si sta accovacciato in un angolo di questo miserabile camerino con un calamajo di corno a lato, poche carte entro un fazzoletto di seta, ed un piccolo libro per annotarvi le cose di maggiore importanza. Quando sorte chiude il suo calamajo, avvolge nel fazzoletto le carte ed il libro, che si pone sotto il braccio, e porta seco, partendo, tutti i suoi archivj.
Il palazzo è situato sopra un'eminenza in un quartiere del sobborgo, che chiamasi la nuova Fez. I Giudei sono costretti di abitare in questo istesso quartiere, ove vengono chiusi in tempo di notte.
Del rimanente Fez non ha altri distinti edifici; perciocchè anche le case di Muley Abdsulem e di altri principali personaggi niente hanno al di fuori che le distingua da quelle del popolo, nè l'interno è troppo migliore, ove se ne eccettui il giardino. Il Sultano ha il suo presso al palazzo, il quale non è che un orto regolare con alcuni alberi, e qualche edificio che ne formano il principale ornamento.
Il fiume di Fez attraversa il palazzo, indi entrando nella città dividesi in due rami, dai quali derivasi l'acqua nelle moschee e nelle case; cosicchè quasi non trovasi casa che non abbia una fontana, e due ed anche più tutti i pubblici edificj. Sonovi nell'interno della città varj mulini ad acqua.
Se si dovesse calcolare la popolazione dalle botteghe si darebbero a Fez più di trecento mila abitanti. Ma conviene riflettere che questa quantità di botteghe forma una specie di fiera continua, ove gli abitanti de' vicini paesi, divisi in piccoli villaggi senza botteghe ed officine di alcuna sorte, devono prendere giornalmente tutto ciò che loro abbisogna.
Numerosi assai sono i mercati di vettovaglia, ed abbondanti di ogni prodotto del suolo, come quelli d'Europa. Vi ti trovano pure molte botteghe ove si vendono vivande e manicaretti preparati, e locande come nelle grandi città europee.
Le arti, i mestieri, e le varie specie d'oggetti venali sono divisi per classi in separate contrade, onde se ne trovano molte in cui non vi sono che persone occupate della medesima professione; alcune sono piene di botteghe di drapperie, di seterie, di manifatture d'oltre mare, formando ciò che chiamasi El-Caïsseria. E quest'ultimo luogo trovasi abbondantemente provveduto di tutte le produzioni europee, di quelle del levante e dell'interno dell'Affrica.
El-Caïsseria, siccome diversi altri luoghi pieni di botteghe, ha un coperto di legno costrutto in modo che forma degli arabeschi, con apertura o finestre di varie forme. Generalmente queste strade sono tenute con molta politezza, quantunque siavi ogni giorno la gente affollata come in una fiera; e si potrebbero in qualche modo paragonare alle gallerie del palazzo reale di Parigi: vi s'incontrano ancora alcune belle musulmane, quantunque sempre avviluppate in quei loro misteriosi hhaïke, che per altro sanno opportunamente aprire.
Fez abbonda di bagni pubblici, alcuni de' quali composti di molte camere gradatamente più calde le une delle altre; onde ognuno rimane in quella che più gli conviene. In tutte queste sale trovansi vasche in cui scende continuamente dalle caldaje poste al di dietro l'acqua calda, come pure varie qualità di vasi per bagnarsi e fare le abluzioni legali. Ho di già osservato altrove, che quando entrasi in queste sale tutto il corpo copresi d'una sottil rugiada, per essere la loro atmosfera saturata affatto dei vapori dell'acqua calda.
Avendo portato il termometro nell'ultima sala al migliore de' bagni pubblici, e per conseguenza nella più calda, segnò il trentesimo grado di Reaumur; in due sale meno rimote, ov'io mi spogliavo, ventidue gradi; all'aria aperta nove. Nella sala esteriore avvi una fontana che getta un grosso filo d'acqua in una vaghissima vasca di marmo. Tutte le sale sono fatte a volta e senza finestre, e ricevono la luce da alcuni fori praticati nella volta, e chiusi con vetri. Il suolo è lastricato di marmi a varj colori, ed in ogni sala, riscaldata al di sotto, sonovi diversi piccoli gabinetti per coloro che amano di rimaner soli, e farvi le abluzioni. I bagni sono aperti tutto il giorno, e gli uomini vi vanno la mattina, le donne dopo il mezzogiorno. Io v'andavo ordinariamente la notte, prendendo per me tutta la casa dei bagni, onde non vi fossero altri forestieri, ma soltanto gli amici che conducevo meco, e due miei domestici. La prima volta che vi andai, avendo osservato ch'eranvi dei secchi d'acqua calda simmetricamente disposti negli angoli d'ogni sala, e d'ogni gabinetto, chiesi a qual uso servivano: non toccateli, signore, non toccateli, mi risposero premurosamente le persone del bagno – perchè? – Queste acque sono destinate per quelli di sotto – chi sono questi di sotto? – I demonj che vengono a bagnarsi la notte. E qui cominciarono a contarmi mille scioccherie su quest'argomento; ma perchè già da qualche tempo ho dichiarato guerra ai diavoli dell'inferno, ed ai loro luogotenenti sulla terra, ebbi la soddisfazione d'impiegare nel mio bagno l'acqua di alcuni di questi secchi, togliendo ai poveri diavoli parte della loro provvisione.
Fez possiede un ricchissimo spedale unicamente destinato alla cura dei pazzi. Ma ciò che v'ha di più singolare si è, che una gran parte delle entrate fu per testamento lasciata allo spedale da persone caritatevoli per assistere, medicare e mantenere le grù e le cigogne ammalate – Credesi che le cigogne siano uomini di certe lontanissime isole, che in alcune stagioni dell'anno prendono la figura d'uccello per venire a Fez, e che all'epoca conveniente tornano al loro paese, ove riprendono la deposta forma di uomo. Dietro tale opinione è creduto colpevole d'omicidio colui che uccide uno di questi uccelli, e si fanno a questo proposito mille strani racconti. Utile senza dubbio è il rispetto che si porta a questi uccelli distruggitori de' rettili, così abbondanti ne' climi caldi, e perciò la saviezza de' nostri antenati volle che fossero riguardati quali esseri benefici; ma l'amore del maraviglioso che ha tanta forza sullo spirito dell'uomo, sostituì ad una cagione vera assurde favole, che danno lo stesso risultato.
Il governo di Fez ha la stessa forma di quello delle altre città dell'impero. Il kaïd, ossia governatore, che è il luogotenente del sovrano, vi esercita il potere esecutivo; il kadi vi amministra la giustizia; un ministro detto almotassèr determina i prezzi delle vettovaglie, e giudica gli affari relativi a questo ramo di pubblico servizio. Il governatore ha pochi soldati ai suoi ordini; ed alle porte della città ed a quelle di alcune strade non vidi mai guardie, ma soltanto i portinaj.
Vastissime mura circondano la città; ma essendo antiche assai trovansi in pessimo stato: circondano, oltre la città, la nuova Fez, e molti ampi giardini. Sulle due eminenze che stanno all'est ed all'ouest vedonsi due vecchissimi castelli composti di un semplice quadrato di muraglie di circa sessanta piedi per ogni lato; e si dice esservi delle strade coperte che vanno dalla città ai castelli. In occasione di ammutinamento del popolo vi si collocano cent'uomini con alcuni pezzi di cannone, meschinissima difesa.
Questa città è provveduta di molte scuole, delle quali le più ragguardevoli sono quelle delle moschee del Caroubin e di Muley Edris in una piccola casa e moschea detta Emdarsa, o accademia. Il lettore si figuri un uomo seduto in terra colle gambe incrocicchiate, che mette spaventose grida, o salmeggia in tuono lugubre: lo circondano quindici o venti giovanetti seduti in circolo intorno a lui coi loro libri, o con il calamajo in mano ripetendo quasi simultaneamente al maestro le acute grida, o la salmodia con una perfettissima dissonanza: il lettore, com'io dicevo, figurisi questo grottesco quadro, ed avrà una perfetta idea di tali scuole. Rispetto alle cose che vi s'insegnano, posso assicurare, che quantunque sotto diversi nomi, non vi s'insegna che una sola cosa; la morale e la legislazione identificate col culto e coi dommi; o per dir meglio, che tutti gli studi si ristringono al solo Corano, ed agli spositori del medesimo, ad alcune superficiali regole di grammatica e di dialettica, indispensabile a chi vuol leggere ed intendere alcun poco il divin testo. Per quanto ho potuto osservare, i commentatori sogliono d'ordinario affogare in un mare di sottigliezze, o di pretese dottrine metafisiche i loro ragionamenti, che non intendono essi medesimi, e nascondendo la loro ignoranza con intralciati argomenti, quando non sanno più trovar via per uscire dal geneprajo, chiamano in loro soccorso la predestinazione, e l'assoluta volontà di Dio.
Questi dotti sono eterni disputatori in verba magistri: perchè non intendendo punto la tesi che hanno presa a difendere, s'appoggiano alla parola del maestro, o del libro, che citano a dritto ed a rovescio. E siccome non v'è ragione che possa bilanciare l'autorità del rispettivo maestro, o la sentenza del proprio libro, così le loro dispute non si possono in verun modo conciliare.
Molti de' più principali eruditi di Fez venivano frequentemente alla mia conversazione; e perciò fui più volte testimonio delle nojose, ed interminabili loro dispute. In vista di che, approfittando della opinione di cui godeva, li riducevo al silenzio; ma desiderando di conseguire un maggiore e più utile effetto, risolsi di rendere sospette le dottrine insegnate dai loro maestri e dai loro libri; ed infatti con tale preliminare io aprivo a costoro una nuova carriera, la di cui perfettibilità veniva paralizzata da questa specie di stagnazione spirituale.
Adottata tale massima entravo frequentemente nelle loro dispute, e quando con evidentissimi argomenti otteneva di ridurli al silenzio, e che per rispondermi erano costretti di citarmi la sentenza che appoggiava la loro opinione; io gli chiedevo: chi scrisse questo? – Un tale – chi è quest'uomo? – Un uomo come gli altri. – Dietro la vostra confessione, soggiungevo loro, io non presterò fede ai suoi detti quando lasci d'essere ragionevole; io l'abbandonerò all'istante ch'egli s'allontani dalla verità per vendere sofismi.
Riusciva loro così nuova questa maniera di parlare, che le prime volte rimanevano stupidi ed interdetti, guardandosi vicendevolmente. Dopo alcun tempo li avvezzai a ragionare (cosa affatto trascurata nella loro educazione) ed a scordarsi a poco a poco di quelle insulse risposte, di cui facevano in addietro così frequente uso. Non tardai per altro ad avvedermi, che questi dottori cadevano in un altro non meno grave inconveniente, ed era quello di citare nelle loro dispute i miei detti; mostrando così d'aver cambiato bandiera, ma non il consueto modo di combattere.
Io andavo loro le mille volte ripetendo, che non dovevano giammai sostenere una quistione qualunque coll'argomento lo ha detto Ali Bey; ma che dovevano prima d'entrare in disputa spassionatamente esaminare, se la tale o tale altra opinione poteva essere vera; e che soltanto nel caso affermativo, era permesso d'entrare in disputa. Finalmente ne ottenni il desiderato effetto; sicchè posso, senza millanteria lusingarmi, che questa scintilla di luce produrrà a lungo andare presso que' popoli una felice rivoluzione nel sistema scientifico.
Essi rispettano la geometria d'Euclide, che mi fu presentata in due grandi volumi in foglio assai corrosi, perchè niuno ha il coraggio di leggere, meno poi di trascrivere, tranne le prime dodici o quindici pagine. La cosmogonia è quella del Corano figlia del Pentateuco; e la cosmografia è quella di Tolomeo chiamato B-tlàïmous. La scienza astronomica è circoscritta a pochi principj necessarj per determinare con astrolabj assai grossolani le ore del sole. Rispetto alle matematiche essi non conoscono che la soluzione di pochissimi problemi. Nulla dirò della geografia, che non si studia, e della fisica aristotelica studiata superficialmente. La sola metafisica è il campo di battaglia in cui si esercitano continuamente, anzi dirò meglio, dove i dottori consumano tutte le loro forze morali. Presso questi popoli, che pure hanno qualche nozione dell'alchimia, e tra' quali trovansi alcuni miserabili adepti, non esiste ancora la chimica. La religione ha interamente sbandita l'anatomia in opposizione alla purità legale, alle idee intorno ai morti, alla separazione dei sessi ec. Lo studio della medicina si limita a quello di alcuni libri empirici ignorando quasi perfino l'esistenza de' grandi maestri antichi; onde la terapeutica è sempre accompagnata da procedure crudeli, e da pratiche superstiziose. I medesimi ostacoli che impediscono lo studio dell'anatomia, non permettono pure d'applicarsi alla storia naturale. È noto a tutti che la legge proscrive le statue e le dipinture d'oggetti animati; e che la gravità musulmana abbandona alle femmine ed alle ultime classi del popolo la musica e la danza; e per tal modo si privano delle belle arti, e delle aggradevoli occupazioni che ne derivano.
Lo studio dell'astronomia confondesi con quello dell'astrologia, e perciò coloro che osservano il cielo per saper l'ora, o scoprire la nuova luna, vengono del popolo riputati astrologhi, indovini, che predicono la sorte futura del re, dell'impero, dei privati. Possedono varj libri d'astrologia, e coloro che si applicano a questo vano studio sono assai riputati, e facilmente ottengono le principali cariche di corte per l'influenza che si crede esercitarsi dall'astrologia sugli affari pubblici e privati. Siccome avevo dichiarato aperta guerra all'astrologia ed all'alchimia, incominciavo ad averne alcuni felici effetti; ed a forza di regionamenti non solo ottenni di abbattere, ma ancora di convincere alcuni dalla vanità e dell'impostura degli astrologi e degli alchimisti.
Ma un'occasione clamorosa mi si presentò per convincermi che l'astronomia era del tutto confusa coll'astrologia, quando il primo astronomo di Fez mi chiese caldamente di dargli la longitudine e la latitudine di tutti i pianeti il primo giorno dell'anno, onde formarne il suo calcolo, e predire se l'anno sarebbe buono o cattivo, ec. Io gli risposi francamente, non doversi profanare la scienza presso che divina dell'astronomia coi sogni e colla ciarlataneria dell'astrologia; gli parlai con estremo disprezzo della divinazione, facendogli sentire che l'arbitrario incominciamento dell'anno ne' differenti calendarj non poteva avere il menomo rapporto colla natura; e terminai l'arringa, dimostrandogli colla ragione, e col Corano medesimo, che l'esercizio dell'astrologia è un delitto: la quale sentenza proclamata da molti dottori o fakih, mi fece salutare loro fratello.
Siccome questa scena ebbe luogo in presenza di molte persone; ed altronde non si pubblicò in Fez dagli astronomi l'annuale predizione, in vece della quale pubblicai io il mio calcolo dei giorni in cui doveano vedersi le nuove lune; lo che diviene sommamente importante per conoscere il cominciamento dei mesi arabi, le pasque, e le cinque preghiere giornaliere, che marcai di cinque in cinque giorni per tutto l'anno, come pure gli eclissi, ed altri fenomeni, tutte cose non eseguibili da quegli astronomi; fu questo un colpo di fulmine che atterrò l'astrologia, e cuoprì di disprezzo i suoi seguaci di modo, che molti ciarlatani apostatarono, altri più tenaci delle loro opinioni, si ridussero al silenzio, in aspettazione, senza dubbio, che passi la burrasca, e che il popolo, che vuol essere ingannato, torni alle antiche abitudini.
Sonovi nell'imperio alcuni storiografi che scrivono la storia del paese e della nazione, ignorando perfettamente quella degli altri popoli, ma le loro opere trovano pochisimi lettori.
Estremo è il decadimento della lingua. Essi non hanno stamperie; e la somma imperfezione della scrittura procede dal confondere frequentemente le lettere, i punti, e gli accenti: ecco un ammasso di cause riunite per distruggere affatto le poche cognizioni scientifiche che ancora rimangono in quest'impero, talchè gli abitanti non s'intendono spesse volte tra di loro. Finalmente il disordine è ridotto a tal segno, che spesse volte una lettera non può intendersi che da quello che la scrisse. Ciò rende ragione perchè quando il celebre orientalista Cristiano Golius venne in questo paese, non potè intendere una sola parola araba, e fu costretto di valersi di un interprete.
Tale imperfezione della lingua e della scrittura gli sforza a legger sempre cantando, cosa che confonde il senso delle frasi, altronde non distinte dai segni ortografici, ma soltanto per ritornelli, o cadenze; dando così tempo al lettore d'intendere la parola scritta, che non intenderebbe leggendo correntemente. Se vedonsi alcuni leggere con rapidità il Corano, o altro libro, è perchè lo sanno a memoria. Lo asserisco dopo averne più volte fatta la prova: facendo sospendere la lettura, il lettore, quantunque avesse il libro sotto gli occhi come se l'avesse letto, esso non poteva più continuare nè riconoscere sulla pagina il luogo in cui aveva lasciato di leggere; cosicchè si può dire che costoro leggono come pappagalli; ad altro non servendo il libro che tengonsi innanzi agli occhi, che a dar loro un'aria di sapere o d'importanza. A questo termine sono ridotte le scienze a Fez, città che può risguardarsi, se mi si permette quest'espressione, come l'Atene dell'Affrica, per l'infinito numero de' dottori sedicentisi dotti, e per le scuole frequentate da due mille scolari per volta.
Questa città può avere circa due mille famiglie ebree che abitano nel sobborgo della nuova Fez. Tale è l'avvilimento, a cui sono ridotti, tanto il disprezzo del popolo per questa gente, che non è loro permesso di scendere in città siano uomini siano donne, che a piedi nudi. E nel loro quartiere, e nella campagna quand'incontrano l'ultimo de' soldati, o il più miserabile nero della famiglia del re, sono obbligati di cavarsi le loro pappuzze. A fronte di tanto avvilimento, e dei continui disgusti che loro proccurano i mori, io vidi in Fez moltissime belle Giudee riccamente abbigliate, e molti Giudei ugualmente ben addobbati; lo che non mi accadde di vedere a Tanger: indubitata prova, che non sono a Fez così poveri come a Tanger. Hanno nel loro quartiere diverse sinagoghe, un mercato ben provveduto, e tutti sono o mercanti, o artigiani.
Le fabbriche di Fez somministrano hhaïk di lana, cinture e fazzoletti di seta o pappuzze di cuoio, bournou, pantoffole, berrette rosse, cattiva tela di lino, eccellenti tappeti, ch'io trovo preferibili a quelli di Turchia rispetto alla morbidezza, ma inferiori assai per conto del disegno, cattiva majolica, armi, sellerie, ed altri articoli di rame. Sonovi ancora molti orefici; ma perchè la legge non permette oro ed argento negli abiti, e perchè sotto un governo dispotico ognuno teme di far pompa di soverchio lusso, le arti mancano d'incoraggiamento, e rimangono molto al di sotto di quelle d'Europa, ad eccezione delle acconciature de' cuoi, e delle manifatture dei tappeti, e dei hhaïk. Sanno inoltre lavorar bene le cere e le armi.
Sane e saporite sono le vettovaglie di Fez. Il concoussou forma la base della sussistenza del popolo. Vi si mangia molta carne, e pochisimi legumi ed erbaggi. Nella carne preferiscono il grasso o il sevo, ch'essi mangiano avidamente, bevendo tosto grandissimi bicchieri d'acqua, lo che talvolta è cagione di malattie; ma generalmente parlando essendo il clima molto sano, vi si gode ottima salute.