Kitabı oku: «Calore»

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Calore

Serie “Legami di Sangue” - Volume 4

Author: Amy Blankenship & RK Melton

Translated by Ilaria Fortuna

Copyright © 2012 Amy Blankenship

English Edition Published by Amy Blankenship

Italian Edition Published by TEKTIME

All rights reserved.

Capitolo 1

Micah era a letto, avvolto in così tante bende da iniziare a somigliare ad una mummia. Non poteva fare a meno di sorridere dolcemente, mentre la signora Tully gli si avvicinava come una mamma chioccia e scuoteva la testa ogni tanto. Lui non si lamentò neanche per il dolore lancinante che lei gli aveva inflitto al braccio. Poteva vedere se stesso nello specchio sul comò di fronte e fece per alzare un sopracciglio, ma decise di lasciar perdere quando sentì dolore.

Gli avevano già assicurato che Anthony era morto, ma non poteva fare a meno di augurarsi che il lupo alfa fosse ancora vivo, per poter torturare il bastardo nello stesso modo in cui era stato torturato lui. Da quello che gli avevano detto, gli era sembrata una morte rapida. Lui non l’avrebbe resa rapida.

“Penso che voi mutanti finirete per farmi morire.” esclamò piano la signora Tully. I mutanti... …sia giaguari che puma, avevano un posto speciale nel suo cuore. Lei aveva fatto nascere ognuno di loro ed era stata vicina alle loro madri. “Basta guardare come sei ridotto.”

Micah fece una smorfia verso il soffitto sentendo le vertigini quando il ventilatore a pale continuava a girare. “Non é colpa mia se mi hanno rapito e torturato.”

La signora Tully lo toccò dolcemente sulla fronte con la punta delle dita. “Mi permetto di dissentire, giovane Skywalker. Se quello che ho sentito è vero, ti sei messo contro quell’orrido lupo mannaro e per questo ti ha rapito.”

“Quindi stai dicendo che è colpa mia?” chiese Micah, ignorando i sorrisi delle altre persone nella stanza.

“Non interrompere gli anziani.” ribatté la signora Tully con uno sguardo severo. “Non ho finito. Come stavo dicendo...ti sei messo contro quel cane bastardo e devo dire che andava fatto già da tempo.”

Micah guardò apertamente Quinn con un sorriso da ‘te l’avevo detto’. Non era pronto a perdonare suo fratello. Aveva avvertito Quinn riguardo Anthony e gli era stato detto di smetterla. Sperava che il fratello maggiore fosse felice perché adesso non poteva tenergli testa.

“Adesso basta!” ringhiò la signora Tully e lo schiaffeggiò in testa.

A quell’azione, la sua persistente emicrania iniziò a martellare e lui strinse forte gli occhi. “Ehi, lì mi fa male.” si lamentò Micah.

“E starai peggio se continui con questa rivalità tra fratelli.” rispose a tono la signora Tully e lanciò lo stesso sguardo di avvertimento a Quinn. “Devo chiamare mia nipote e farle sapere dove sono. Quella povera cara sarà preoccupata se non rispondo al telefono di casa.”

La signora Tully non aspettò che qualcuno le mostrasse dov’era il telefono. Non era la prima volta che andava alla residenza dei Wilder. Quasi si fermò quando vide Michael tranquillamente seduto su una sedia, nell’angolo buio della stanza. Non era bello vedere l’affascinante vampiro così oscuro e cupo. Quando la porta si chiuse dietro di lei, tutti gli occhi si rivolsero verso Micah.

“È bello vederti finalmente a casa.” disse Steven con un leggero sorriso, cercando di nascondere la propria preoccupazione. Anche se Micah era a casa, qualcosa gli diceva che non era fuori pericolo. Micah era pallido e i suoi occhi erano un po’ troppo brillanti per i suoi gusti.

Micah ricambiò il sorriso ma stava iniziando ad avere sonno. “È bello essere fuori da quell’inferno.”

“Sei stato molto imprudente, stavolta.” dichiarò Quinn dalla sua posizione vicino alla finestra ed incrociò le braccia sul petto. “Saresti potuto morire in quel seminterrato, se non avessimo visto il messaggio che hai mandato ad Alicia.”

Micah si guardò intorno nella stanza cercando sua sorella e si accigliò. “A proposito di Alicia, dov’è? Pensavo che sarebbe venuta.”

“Resterà a casa di un’amica finché tutto questo non sarà finito.” rispose Kat. Guardò Quinn, chiedendosi quanto tempo avrebbe aspettato prima di chiamare sua sorella e dirle di tornare a casa.

“Perché non è tornata con noi da casa di Anthony?” chiese Micah. “Ero sicuro che...” guardò di nuovo Quinn, incolpandolo dell’assenza di Alicia perché semplicemente non la voleva lì.

Nick scosse la testa ma dentro di sé era impaurito. Cercò di non guardare Michael, sapendo che il vampiro aveva cancellato la memoria di tutti, tranne lui e Micah. “Amico, devi aver preso troppe botte in testa...Alicia non era da Anthony.”

“Invece sì.” insistette Micah. “L’ho vista con i miei occhi.” Guardò Nick, ma l’uomo scrollò le spalle e scosse la testa.

Guardò tutti uno alla volta e capì che nessuno di loro avrebbe confermato che Alicia era in quell’edificio. La ricordava nel seminterrato...gli teneva la mano. Stava piangendo e questo lo aveva divorato finché non la vide di nuovo e si assicurò che stesse bene. Non sapeva cosa fosse peggio...se vederla piangere o essere quasi ucciso. Si guardò intorno ancora una volta, prendendo atto che l’uomo che era con Alicia era assente anche lui.

Ansimando, affondò nei cuscini e pianificò in silenzio di scoprire con quale amico fosse Alicia. L’avrebbe trovata e le avrebbe chiesto la verità.

“Devi avere le allucinazioni.” disse Jewel dolcemente.

Micah guardò la bella bionda e aggrottò la fronte. “E tu chi sei?”

“Questa è Jewel Scott Wilder.” disse Steven e le avvolse un braccio attorno alle spalle. La signora Tully si era già occupata delle sue ferite e gli aveva fasciato l’altro braccio. “È la mia compagna.”

“La Jewel Scott di Anthony?” Adesso Micah era ancora più confuso.

“Solo nella mente malata di Anthony.” rispose Steven, ma non poté fare a meno di stringere Jewel un po’ più forte.

Micah sbatté le palpebre e guardò Quinn per avere conferma, quando vide Kat rannicchiata a suo fratello. Con un sospiro, si chiese quanti farmaci gli avesse effettivamente dato la signora Tully, dato che o stava impazzendo lui o stavano impazzendo gli altri. Guardò l’unica altra persona nella stanza che era certo avesse buon senso, Warren.

“Ho viaggiato nel tempo o qualcosa del genere? Voglio dire, quando me ne sono andato... Steven era ancora single e Quinn aveva una romantica inclinazione come Dean.”

Warren sorrise. “Sono successe un po’ di cose da quando te ne sei andato.”

“Ok, ho fatto la mia telefonata.” annunciò la signora Tully mentre tornava nella stanza. In realtà non aveva chiamato sua nipote. Lo aveva detto solo per lasciarli un po’ da soli con Micah, prima di allontanarli. “Adesso...tutti fuori, lasciate che questo piccolo gattino dorma un po’.”

Micah ringhiò all’anziana donna. “Non sono un gattino.”

“Caro, la mia gatta più giovane potrebbe batterti in una lotta per come sei conciato adesso, e lei è una fifona, ha paura della sua stessa ombra.” lo informò la signora Tully. Mentre parlava, prese un ago dalla strana scatola che aveva portato con sé.

“Non credo di aver bisogno di altri farmaci.” sospirò Micah. Aveva molte cose da fare. Il solo fatto di non aver ancora visto Alicia gli faceva più male delle ossa rotte.

“Ed ecco perché non sei tu il medico.” La signora Tully era contenta che lui avesse ancora quello strano senso dell’umorismo...una volta iniziato a guarire, ne avrebbe avuto bisogno.

Micah ringhiò piano quando l’ago affondò nel suo braccio e dovette distogliere lo sguardo. Odiava prendere ordini da chiunque e quello di cui aveva bisogno era rintracciare sua sorella. Tutti uscirono dalla stanza quando lei estrasse la siringa vuota dal braccio.

La signora Tully li guardò e poi si voltò verso Micah, che era già addormentato. La famiglia era felice che lui fosse a casa, ma la verità era che...lei era preoccupata per il puma. Le sue ferite erano così gravi da essere sorpresa che fosse ancora vivo.

Entrambe le sue ginocchia erano state lacerate dai proiettili, le costole rotte erano state colpite di continuo per un certo periodo di tempo. Sembrava anche che la schiena fosse stata colpita da una specie di frusta. Era disidratato, malnutrito, e aveva un’infezione diffusa nel sangue. Gli avrebbe dato della penicillina se fosse stato umano, ma purtroppo... gli antibiotici umani non avevano alcun effetto sulle creature paranormali.

Anche se i mutanti guarivano molto velocemente...ciò non significava che non potessero subire danni permanenti...o ferite mortali. Sarebbe stato fortunato se fosse sopravvissuto all’infezione.

Con la coda dell’occhio guardò Michael, che non se n’era andato ed era rimasto seduto sulla sua sedia. La signora Tully decise di lasciarlo in pace. Aveva molta stima di Michael e se lui voleva restare non lo avrebbe cacciato. Era uno dei tanti che andava spesso da lei, ma più per farle curare le ferite degli altri che le proprie.

Con un sospiro, la signora Tully sistemò i suoi strumenti e si alzò. Con un lieve cenno verso Michael, lasciò silenziosamente la stanza.

Michael sapeva che era ora di andarsene...stava solo aspettando che la propria rabbia svanisse. Alicia era una peste, ma Damon non avrebbe mai dovuto portarla in mezzo ad una sparatoria simile. Poteva ancora vedere lo sguardo possessivo sul volto di Damon quando le aveva avvolto le braccia intorno, e si chiese se la storia stesse per ripetersi.

Il suo sguardo tornò verso ciò che rimaneva di Micah e l’immagine di Alicia che piangeva mentre teneva la mano a suo fratello tornò a tormentarlo. Un’altra immagine balenò nella sua mente...l’immagine di Dean che afferrava la sua mano e la posava su Kane per non farlo morire. Grazie a lui e a Dean...le ferite di Kane erano guarite proprio davanti a loro.

Michael non ci aveva mai pensato, ma aveva visto Syn fare cose del genere in passato. Un episodio in particolare era impresso nella mente di Michael...era stato così tanto tempo fa, ma non lo aveva dimenticato.

Fu durante una delle loro tante escursioni itineranti, in cui incontrarono una bambina ferita. Sorrise dolcemente ricordando le reazioni di Damon e Kane alla bambina. Aveva una gamba rotta e diversi lividi che erano in fase di guarigione.

La bambina insisteva nel dire di essere caduta da sola, ma i ragazzi sapevano che non c’era niente nella radura che avrebbe potuto causarle quelle ferite. Quando Damon si inginocchiò davanti alla bambina e cominciò a costringerla a dire la verità, Syn lo aveva allontanato dicendo “Tu non farai questo ad un innocente.”

Si erano offerti di riportarla a casa, ma percepirono immediatamente l’odore della paura che cresceva nella bambina. Ma non era la paura per loro, era la paura di andare a casa che faceva battere il cuore della bambina. Anche se la bambina non aveva detto niente, Michael capì che i suoi genitori erano i responsabili di tutte quelle ferite...non solo della gamba rotta.

Syn non disse nulla alla bambina e le asciugò le lacrime. Invece, le chiese dei suoi fratelli e lei rispose che non ne aveva. Iniziò a parlare di sua nonna che viveva in montagna ed i suoi occhi brillavano d’amore per lei.

Mentre parlava, Syn aveva messo la mano sulla gamba ferita della bambina. Quando lei finì la sua storia, non solo la gamba era guarita, ma tutti i lividi erano scomparsi. Fu allora che Syn aveva davvero sconvolto Michael. Mentre Kane prendeva la bimba in braccio e cominciò a giocare con lei, Syn si avvicinò a lui e Damon.

Guardando Damon disse “Non dovrai mai alterare la mente di un bambino...tranne stavolta. Non ha bisogno di ricordare le percosse, ma ricorderà la morte dei suoi genitori.” I suoi occhi divennero così freddi quando aggiunse “In un incendio.” Con ciò, Syn si voltò e camminò lungo il sentiero che ovviamente portava a casa della bambina.

Kane non nascose di voler tenere la bimba con sé e allevarla come sua...aveva sempre avuto un debole per i bambini. Tutti avevano un debole, ma Kane di più. Avrebbe comprato un intero negozio di giocattoli se facevano i capricci... e capitava...qualche volta. Tuttavia, Syn aveva insistito nel fare la cosa giusta e portò la bambina dalla sua amata nonna.

Quando il sole sorse il mattino successivo, nel villaggio si diffuse subito la voce di una casa bruciata al suolo. Furono trovati i resti di un uomo e una donna ma il figlio, una bambina, non c’era.

I quattro uomini avevano lasciato rapidamente il villaggio a cavallo, dirigendosi verso quelle che ora sono conosciute come le Alpi Svizzere. Dopo aver consegnato la bimba alla sua famiglia, Syn aveva dato alla nonna una lettera e un sacchetto di monete d’oro mentre scambiava qualche parola con lei. L’anziana donna sorrise e abbracciò Syn prima di prendere la nipote in braccio.

Sebbene Syn non avesse mai detto nulla, sapevano che era lui il responsabile della morte dei genitori della bimba. Ancora oggi Michael tremava quando ci pensava troppo. L’etica di Syn si rifiutava di lasciare che un bambino subisse un tale supplizio e, se avesse potuto fare qualcosa a riguardo...lo avrebbe fatto. A Syn non interessava chi fossero i genitori o cosa rappresentassero. Lui riteneva che i genitori violenti non meritassero niente di meno di ciò che farebbero ai propri figli.

Quando Michael aveva chiesto a Syn riguardo la guarigione della bambina, Syn gli aveva rivolto un sorriso paziente.

“Il potere risiede nella tua anima immortale. Rispetto all’immortalità...tu sei ancora un bambino, quindi buona parte del tuo potere è ancora dormiente. Con il passare del tempo, quel potere crescerà. Riguardo a quale potere avere...solo la tua anima può sceglierlo. Se la guarigione è il potere che la tua anima invoca, allora tutto quello che devi fare è desiderarlo fortemente.”

Guardando di nuovo verso il puma ferito, capì. Vedere Alicia piangere in quel modo era una motivazione più che sufficiente per desiderarlo fortemente. Michael si alzò lentamente e si avvicinò a Micah. Mentre avanzava, poteva percepire l’infezione che iniziava ad impossessarsi del corpo del puma. Se fosse successo qualcosa al puma, sapeva che Alicia avrebbe pianto e lui non voleva che accadesse.

Michael posò la mano sul petto di Micah e ricordò le sensazioni che aveva provato quando lui e Dean avevano toccato Kane. Concentrandosi sul proprio bisogno di vedere Alicia sorridere, sentì quel bisogno scorrere da sé verso colui che sapeva che poteva renderla felice. Micah cominciò a brillare e Michael aspettò per vedere se fosse in grado di vedere l’anima di Micah come aveva fatto con Kane. Dopo un attimo, si rese conto che era stato il potere di Dean a farlo, non il suo.

Se qualcuno fosse stato nella stanza con lui, avrebbe notato le differenze. Gli occhi di Michael avevano iniziato a brillare di un ametista scuro e la sua anima divenne lentamente visibile, sovrapposta alla sua forma fisica.

Michael poteva sentire una parte di sé nel corpo del puma...che scorreva nel suo sangue. Sospirò di sollievo quando l’odore dell’infezione svanì lentamente dalla stanza. Non poteva vedere sotto le bende per esserne sicuro, ma vide i lividi e le ferite sul volto di Micah guarire e poi scomparire completamente.

Ritraendo la mano, Michael barcollò all’indietro. Portandosi una mano agli occhi per alleviare la vertigini, fu sorpreso nel sentire delle lacrime sulle ciglia e sulla guancia. Si fermò per un momento, ricordando di aver pianto anche quando Dean aveva afferrato la sua mano e l’aveva posata sul corpo moribondo di Kane.

Era questo che intendeva Syn per desiderare fortemente? Il suo cuore e la sua mente dovevano essere esattamente nello stesso posto perché ciò potesse accadere?

Michael si guardò le mani e sospirò. Quanto desiderava che Syn fosse lì per rispondere alle sue nuove domande. Adesso Syn era sveglio ma, per quanto ricordava, lui non restava mai nello stesso posto...si muoveva sempre. Una volta aveva chiesto a Syn cosa stesse cercando, ma Syn gli sorrise con uno sguardo lontano negli occhi e rispose “Alcuni segreti sono destinati a rimanere tali.”

Forse lo avrebbe scoperto abbastanza presto...per ora sarebbe andato a casa a riposarsi. Guarire il puma lo aveva provato e aveva bisogno di riposare e riprendere le forze. Guardando Micah, Michael decise che doveva fare ancora una cosa per coprire le proprie tracce e riunire i fratelli.

Mettendo una mano sulla guancia di Micah, sussurrò il suo nome, costringendo il puma a svegliarsi per ascoltare le sue parole. Quando le palpebre di Micah sbatterono, Michael gli disse che avrebbe tenuto Alicia nascosta finché lui non sarebbe stato in grado di andare da lei.

*****

Trevor fermò l’auto davanti al Moon Dance prima di entrare nel parcheggio. Vedere Envy ferita gli aveva tolto dieci anni di vita...o almeno così si sentiva. Vederla ferita in quel modo gli aveva solo confermato di aver fatto bene a nasconderle la verità sul mondo paranormale e sul suo coinvolgimento per così tanto tempo. Mantenendo i suoi segreti, l’aveva tenuta lontana dal pericolo.

“Casa dolce casa.” mormorò senza guardarli. Scendendo dall’auto, Trevor girò intorno per aprire lo sportello ad Envy ma Devon lo precedette.

Devon lanciò a Trevor un’occhiata perfida mentre l’altro uomo li seguiva, ma non disse nulla. Devon odiava essere debitore a Trevor per aver salvato Envy...ma odiava ancora di più che fosse proprio Trevor quella persona.

“Non c’è bisogno che vieni con noi.” disse Envy, cercando di allentare la tensione tra i due. Sorrise lievemente a Trevor e gli fece un cenno per fargli capire di non essere cattiva, ma che aveva davvero apprezzato il suo aiuto.

Gli occhi di Trevor si intenerirono quando incrociò quelli di Envy. “Mi sentirei meglio se sapessi che si prenderanno cura di te.”

Envy tremò dentro di sé...era una cosa del tutto sbagliata da dire.

“Stai dicendo che non sono in grado di occuparmi di Envy?” chiese Devon, fermandosi quando raggiunsero le scale che portavano agli alloggi.

“Non esplicitamente.” disse Trevor mentre seguiva Envy su per le scale.

Gli occhi di Devon si spalancarono, corse dietro Trevor e lo spinse bruscamente contro il muro. “Allora spiegamelo, Orsetto del Cuore.”

Trevor strinse le spalle contro il muro “Sicuro, Thundercat...Sei uno stronzo!”

“Va’ all’inferno!” ringhiò Devon ad alta voce.

“Mi sembra di vedere i cartoni animati del sabato mattina.” mormorò Envy e si strofinò la fronte. “Che ne dite di smettere di schizzare testosterone ovunque e comportarvi bene per una volta? Ho un gran mal di testa, il braccio mi fa un male cane, e l’ultima cosa che mi serve è vedervi combattere per chi è il migliore.” Guardò Trevor. “O la smetti o vai a casa, e non mi interessa quale delle due scegli.”

Devon sorrise finché Envy non guardò anche lui. “E tu... Ho il diritto di rinnegarti, gattino bello. Continua così e finirai per ululare nel vicolo.”

Tabatha era in attesa di sentire qualcosa quando sentì Devon mandare Trevor all’inferno. Aprì la porta appena in tempo per vedere Envy rimproverare entrambi e non poté fare a meno di ridere. Almeno adesso non era più sola.

“I ragazzi fanno ancora i cattivi?” chiese Tabatha.

“Non ne hai idea.” brontolò Envy mentre entrava nell’ufficio di Warren con Trevor e Devon in silenzio dietro di lei.

Envy si tolse la giacca dalle spalle e gli occhi di Tabatha si spalancarono per la benda intrisa di sangue intorno al braccio di Envy. Ebbe un flashback di lei ed Envy ostaggio di Raven e della sua banda di sanguisughe, ma respinse con forza l’immagine nel cassetto della sua mente.

“Uno di voi vuole prendere il kit di pronto soccorso?” chiese Tabatha guardando Envy, per assicurarsi che la sua spalla fosse l’unica parte ferita.

“Vado io.” rispose Devon, e andò nel bagno di Warren.

“Cos’è successo?” chiese Tabatha mentre scioglieva la benda e vide dove la pallottola aveva colpito il braccio della sua amica.

“Mi hanno sparato, ringhiato contro, quasi graffiata e coinvolta in un’esplosione.” disse Envy con un sorriso, che però scomparve quando vide lo sguardo sul viso della sua amica. “Sto bene, davvero.” aggiunse rapidamente.

Ignorando Envy, Tabatha si limitò a fissare Devon quando tornò nella stanza. “Dove diavolo eri quando Envy è stata ferita?” Non poté farne a meno. “Lei è la mia migliore amica e dovresti prenderti cura di lei!”

Trevor sorrise tra sé, felice che qualcuno, oltre a lui, desse finalmente a Devon una più che meritata sgridata.

“A lottare per le nostre vite.” disse Devon in sua difesa. “Non ho potuto raggiungerla, ma Winnie the Pooh qui l’ha portata in salvo.”

“Sì, dopo che Hello Kitty ha lasciato che si allontanasse da lui.” concluse Trevor, cercando di non ridere al pensiero che Devon credeva ancora che fosse un orso mannaro...Se solo Devon sapesse la verità su ciò che era realmente. La voglia di ridere svanì quando il suo sguardo tornò su Envy. Se Devon avesse saputo la verità, allora lo avrebbe saputo anche Envy ed era stanco di farsi sorprendere a mentire.

Tabatha ed Envy si scambiarono uno sguardo rassegnato ed Envy mimò la parola ‘aiuto’ sapendo che Tabby avrebbe capito.

“Ehi Trevor, puoi darmi uno strappo a casa?” chiese Tabatha, cercando di allontanare Trevor dalla stanza prima che Devon gli staccasse la testa...o che Envy desse i numeri con entrambi.

Trevor sospirò ed infilò le mani in tasca. “Certo, scendo e metto in moto l’auto.”

Dopo che Trevor se ne andò, Envy diede a Tabby uno sguardo di sollievo. “Grazie!”

Tabatha sorrise. “Non ringraziarmi perché adesso mi dovete un favore.”

“Ti darò tutto quello che ho!” esclamò Devon con un sorriso.

“Compresa Envy?” chiese Tabatha, con gli occhi scintillanti.

“Neanche per sogno.” rispose Devon, facendole l’occhiolino.

Tabatha si finse delusa. “Beh, questo toglie tutto il divertimento.”

Envy ridacchiò quando Tabatha uscì impettita dalla stanza, fingendo di sbattere la porta nel mentre.

Capitolo 2

“Mettimi giù, succhiasangue impazzito!” gridò Alicia, graffiando la schiena di Damon dalla spalla su cui lui l’aveva issata. Nel momento in cui si era resa conto che non erano diretti al Night Light voleva che lui si fermasse...ovviamente volere ed ottenere erano due cose diverse. “Voglio andare da Micah!”

“Michael mi ha detto di riportarti qui e qui resterai.” ordinò Damon, entrando con calma nella stanza di Alicia. La gettò sul letto e sussultò quando le sue unghie gli lasciarono lunghi segni sulla schiena. Ringhiando aggiunse “Non credo che il tuo ragazzo rimarrà troppo deluso se arriverai con ritardo nel suo...letto.”

Alicia sbuffò e cercò di precipitarsi giù dal letto, ma Damon la afferrò immediatamente con le mani ben salde sulle spalle.

Damon guardò verso di lei, cercando ancora una volta di lanciarle il suo incantesimo addomesticante. “Dannazione, ti ho detto di fermarti!”

“Non sono un cane, io sono un gat...” La mente di Alicia si svuotò per un attimo mentre lo fissava, guardando il modo in cui i suoi capelli pendevano lungo quel viso perfetto. Sentì qualcosa nella bocca dello stomaco risvegliarsi con desiderio. Abbassando lo sguardo sulle sue labbra, ricorse all’unica cosa a cui riuscì a pensare per scacciare dalla mente il pensiero di baciarlo...l’aggressione.

“Tu non sei il mio padrone!” Alicia lo colpì al petto, ma se ne pentì quando Damon chiuse gli occhi per il dolore e si chinò verso di lei.

“Ti hanno mai sculacciata per farti crescere?” ringhiò Damon tutto sudato. Si rotolò via da lei per sdraiarsi supino.

“Ti piacerebbe.” Alicia aggrottò la fronte, chiedendosi come fosse possibile che l’avesse appena portata dall’altra parte della città come un uomo di Neanderthal, e ora sembrava che stesse per svenire solo perché lei lo aveva colpito. “Stai bene?” chiese lei con sospetto, non volendo sentirsi in colpa per la propria reazione.

Damon aprì gli occhi solo per trovarsi faccia a faccia con un stupido orsacchiotto. I suoi occhi di ametista si limitarono a leggere il collare che esso indossava...c’era scritto ‘Micah’...

“Sto alla grande...e tu?” le rispose mentre si metteva a sedere, chiedendosi perché finiva sempre per essere coinvolto con gli esseri umani...soprattutto le donne. Portano solo guai. Alzandosi, si diresse verso la porta sperando di non fare qualcosa di patetico, come svenire. “Se provi a lasciare questa casa prima che torni Michael ti farò mangiare quell’orsacchiotto.”

Alicia guardò la porta finché non se ne fu andato, poi alzò un sopracciglio verso il suo innocente orsacchiotto “Beh, io so quello che ho fatto...ma tu che hai fatto per farlo incazzare?”

Roteò gli occhi e si allungò per accendere la lampada. Damon l’aveva gettata sul letto così in fretta che non avevano nemmeno acceso la luce. Stava per prendere l’orsacchiotto ma si bloccò quando qualcosa sul letto attirò la sua attenzione. Proprio lì dove Damon era steso c’era una macchia rossa recente. Allungò la mano e stava per toccarla quando si ritrasse.

Alzandosi dal letto, Alicia uscì sul balcone e scivolò verso l’altra porta a vetri che conduceva in camera di Damon. Quello che vide le fece crollare il cuore sul pavimento.

Damon sbatté la porta della camera da letto e si strappò via la camicia nera, lanciandola nella stanza. Così facendo, alcuni proiettili rimasti all’interno della camicia colpirono il pavimento e le pareti. Il suo corpo li stava costantemente spingendo fuori dalla sua carne nel tentativo di guarire. Lui fece un respiro profondo e guardò le ferite sanguinanti con doloroso disgusto. Erano i proiettili ancora in espulsione ad impedire alle ferite di chiudersi.

Vedendo un proiettile fuori a metà dal petto, lo estrasse completamente. Con l’altra mano strinse il palo del letto così forte che il legno cominciò ad incrinarsi e rompersi. Se non fosse per il sangue del licantropo che aveva prosciugato prima, adesso sarebbe inginocchiato ad urlare come un dannato. A pensarci bene, probabilmente non sarebbe affatto uscito da quella villa.

Il sangue di un essere paranormale era più potente del sangue umano, ma era ovvio che, se voleva guarire più velocemente, allora doveva trovare altro sangue. Nessuno l’aveva mai accusato di essere paziente.

Con un grugnito, Damon lasciò cadere sul pavimento il proiettile che aveva appena estratto e andò all’armadio per prendere un’altra camicia. Tutto quello che trovò furono alcuni pullover...ne prese uno nero dalla gruccia e lo indossò prima di dirigersi verso il balcone.

Alicia teneva la mano sulla bocca per non piangere, vedendo le numerose ferite sul petto di Damon. Alcuni fori di proiettile erano ancora sanguinanti e alcuni stavano effettivamente spingendo i proiettili fuori dalla sua pelle. Non c’era da stupirsi che si fosse contorto quando lei l’aveva colpito. Sentì un lampo di dolore afferrare il proprio petto. Come poteva essere stata così crudele?

Fece per aprire la porta ma si fermò quando Damon si voltò, afferrò un maglione dall’armadio e lo infilò. Voleva piangere davvero quando vide la sua schiena insanguinata, che era messa peggio del suo torace. Quante volte lei lo aveva colpito sulla schiena prima che entrassero nella sua stanza. Alicia sentì le ginocchia indebolirsi a quel pensiero.

Quando lui si diresse verso il balcone, lei si spostò rapidamente e si girò, appoggiandosi al muro di mattoni tra le due camere. Portandosi una mano sul proprio petto illeso, trattenne il fiato e sperò che lui non uscisse e la sorprendesse a spiarlo.

Il panico cedette rapidamente il posto al dolore...poi alla rabbia e alla confusione. Damon le aveva mentito alla villa...tutto quel sangue era suo. Perché lo aveva fatto? Perché l’aveva protetta e non le aveva detto di essere ferito? Avrebbe potuto essere ucciso...e per cosa? Per salvarla?

Gli occhi di Alicia si spalancarono quando il balcone improvvisamente si aprì e Damon saltò sulla balaustra della terrazza guardando la strada sottostante. Era in equilibrio sulla solida ringhiera ma, prima che potesse saltare, sentì la sua presenza dietro di sé. Poteva sentire tutte quelle emozioni nella sua aura e sospirò...era stanco e ferito e non aveva più voglia di lottare con lei stasera.

“Michael ha cancellato il loro ricordo di te lì stasera. Se torni da Micah prima che ti chiamino...annullerai tutto quello che lui ha fatto per aiutarti. Se non vuoi restare per me...allora fallo per Michael, almeno.” Detto questo, Damon saltò giù dal balcone sull’erba.

Alicia sussultò e corse alla ringhiera di pietra, guardando giù mentre lui cadeva ciecamente. I suoi occhi si spalancarono e si aggrappò alla pietra quando capì che la cieca caduta di Damon non era così cieca come pensava. Le sue braccia si allargarono e sembrò che stesse attirando le ombre intorno a sé, avvolgendole strette...poi svanì prima di colpire il suolo.

Alicia lo cercò nell’oscurità, pronta a seguirlo quando lo avrebbe visto, ma non c’era niente... …nemmeno il rumore dei passi. Si sentiva dispiaciuta per lui e per il dolore che lui stava sopportando per colpa sua.

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Yaş sınırı:
0+
Litres'teki yayın tarihi:
17 nisan 2019
Hacim:
290 s.
ISBN:
9788873041306
Tercüman:
Telif hakkı:
Tektime S.r.l.s.
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