Kitabı oku: «Il Giardino Dei Rododendri», sayfa 2

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Il Senatore John Grant si tolse la vita in una fredda mattinata d’inverno, pochi giorni dopo quello del triste saluto d’addio con James. Fu la moglie a sentire uno sparo proveniente dal salotto e quando accorse vide il corpo del marito disteso a terra, immerso in una pozza di sangue. Chiamò subito aiuto ma quando arrivarono i soccorsi era già troppo tardi, suo marito era già morto. Sul tavolo l’uomo aveva lasciato una lettera che Sarah lesse attentamente, più volte, senza poter trattenere le lacrime. Si fermò solo quando arrivò la polizia che lei aveva chiamato in precedenza. James apprese la notizia dalla televisione e chiamò Sarah per porgere le sue condoglianze e farsi comunicare quando e dove si sarebbero tenute le esequie funebri. Anche se in corrispondenza di un evento così triste, James fu felice di rivedere a distanza di poco tempo Sarah e la figlia Lynda. Si abbracciarono, ma quel giorno James non sentì profumo di mughetto provenire dal suo corpo ma solo una anonima fragranza di fiori misti, di quelle che si sentono di solito ai funerali. Sarah gli mostrò la lettera del marito. James la lesse con attenzione, poi abbassò gli occhi e abbracciò la donna e infine Lynda prima di abbandonarsi a sua volta alle lacrime.

L’anno successivo Lynda andò al college, cominciò la sua vita da piccola vera donna, scoprì le gioie che la mondanità e i suoi vizi potevano darle, i piaceri del sesso, le prime storie d’amore più o meno serie, le preoccupazioni che laceravano lo spirito. Cominciò a coltivare la sua cultura e i suoi interessi verso quella che sarebbe divenuta in futuro la sua occupazione fino ad arrivare al giorno della laurea. Aveva plasmato un carattere adatto e rivolto i suoi interessi verso il mondo degli affari, del successo economico e della realizzazione personale. Le sue innate doti di oratrice, la sicurezza che trasmetteva durante i colloqui, la sua capacità di convincere l’interlocutore a fare ciò che lei desiderava erano da sempre stati i suoi punti di forza. James le aveva insegnato a credere in se stessa e lei lo aveva capito fin da subito.

«Credi sempre in te stessa e nelle tue capacità, parla con il tuo cuore ed esprimi sempre i tuoi pensieri ma in prima persona. Mettiti in gioco, lotta in prima linea se vuoi vincere tu la battaglia. Altrimenti resterai solo una semplice pedina e morirai al servizio di altri che, forse, non sapranno mai nulla della tua esistenza. Lascia la tua firma nel mondo, la tua impronta. Tu puoi farlo! Sii te stessa e andrai sempre avanti per la strada che ti sei prefissata. Non importa se sarai una tassista o se vestirai una importante carica da qualche parte, ciò che conta è sempre e solo ciò che vedrai riflesso nello specchio quando ti guarderai, perché tu sei quello e nient’altro», le diceva spesso James mentre l’accompagnava a scuola al mattino. E Lynda spesso sbuffava, aveva sentito quella lezione troppe volte e non era incline ad annoiarsi con quella frequenza. Era pur sempre una bambina, perché non veniva considerata per l’età che aveva? Ma una volta cresciuta capì realmente quanto importanti fossero state quelle parole per la sua crescita, per la sua professione, per tutta se stessa. E in cuor suo non smise mai di ringraziare quel semplice autista, suo amico, per avergliele dette più e più volte.

Seduta sul sedile posteriore dell’auto accanto al suo Puh che si era elegantemente riposto sul tappetino, cercava di evitare gli occhi verdi di James che, nonostante l’ormai avanzata età, risplendevano sempre di una luce propria, particolare. James non parlava, si limitava a fissare il volto di Lynda attraverso lo specchietto retrovisore nell’attesa che fosse lei a cominciare il racconto, proprio come faceva ogni giorno quando, pronta a vuotare il sacco, gli raccontava tutti i dettagli dei suoi numerosi successi. Ma quel giorno il racconto sarebbe stato diverso, James l’aveva capito. Lynda si arrese, incrociò gli occhi di James che in un lampo espressero il consenso all’ascolto e la ragazza cominciò a parlare.

«Oggi non è una buona giornata James», esordì.

«E perché mai signorina Lynda? E’ primavera, spende un bel sole, lei è a passeggio con il suo bel cane. Cosa c’è che non va?», rispose James, come sempre con il suo rassicurante modo di fare paterno. Lynda gli sorrise, senza rispondere.

«Ecco signorina, così va decisamente meglio, non crede? Io sono un uomo anziano ormai, sto per ritirarmi per trascorrere in serenità gli anni che mi restano da vivere, quelli che il Signore vorrà concedermi ancora. Nei suoi occhi, signorina, vedo solo l’espressione di una bambina capricciosa. Ricorda quando era piccina e voleva a tutti i costi che le cose andassero come lei desiderava? E quando le cose andavano in modo diverso lei cominciava a piangere, come se così facendo potesse cambiarne il corso a proprio favore. A volte ci riusciva, sa? Oh si che ci riusciva! Ma a volte le cose erano giusto un poco più grandi di lei e il pianto non la aiutava per nulla. Ricorda tutto questo?». Lynda accennò un timido si con un gesto del capo, mentre manteneva gli occhi bassi. James continuò a parlare.

«E ricorda come e quando le ritornava il sorriso?», chiese l’uomo.

«No, non me lo ricordo», mentì Lynda. In realtà lei aveva già capito dove volesse arrivare l’amico.

«Oh suvvia signorina! Sono più grande di lei di un bel pezzo! Grande e grosso direi! Faccia uno sforzo, provi a ricordare!».

«James, davvero non ricordo, son passati tanti anni», mentì nuovamente ma le sue labbra cominciavano a tradire un accenno di sorriso malizioso.

«Va bene, allora se non ricorda davvero cercherò ora di darle un piccolo aiuto. Vedrà, sarà un successo!». James mise in moto l’auto e cominciò a guidare sorridendo e fischiettando una melodia che riportò Lynda indietro nel tempo, a quando era bambina e preparava le confetture con zia Beth.

“Confettura di ciliegia, per una colazione regia. Dolcetto all’albicocca porta all’estasi la bocca. Un litro di Sorbetto alla banana, non mi dura nemmeno una settimana. Confettura di pesca, se non lo hai stai fresca!”

Lynda recitò quelle parole guidata dalla melodia che usciva dalle labbra di James, scoppiando a ridere non appena quelle immagini arrivarono a ripopolarle la mente.

«Oh James, suvvia! Si si certo, mi tornava l’allegria, svanivano i pensieri cattivi. Ma durava poco perché poi quegli infami tornavano a massacrarmi le meningi», riprese Lynda mantenendo un bel sorriso sulle labbra.

«Si certo. Tornavano perché in realtà non faceva nulla per sconfiggerli definitivamente. Non è forse così?».

«Si», rispose Lynda a voce molto bassa.

«Mi scusi ma non ho colto la sua risposta, signorina!», continuò James che, invece, aveva capito benissimo.

«Ho detto si!», ripeté Lynda, questa volta con un tono decisamente più alto e rassicurante.

«Bene. Allora andiamo!», la sfidò James.

«Ma dove stiamo andando?»

«La porto in un posticino dove lei, signorina, potrà sentirsi a suo agio e potrà raccontarmi tutto quanto di brutto le è accaduto oggi e insieme proveremo a trovare una soluzione al suo problema. Ci vorrà un po’ di tempo ma ne varrà la pena. Ora si metta comoda, si rilassi e se riesce provi a riposare un po’. Si sentirà già molto meglio dopo, vedrà».

Lynda sorrise e guardò Puh che dormiva già da un po’, sdraiato comodamente sul tappetino dell’auto. Le curve sulla strada, le leggere ondulazioni e il rumore sordo del motore la cullavano. Si sentì avvolgere dalle braccia del sonno e decise di abbandonarsi ad esso. In fin dei conti era serena in quel momento e in compagnia di quel suo “mancato padre” si sentiva nuovamente bambina. La filastrocca accennata da James le risuonava nella mente, via via la sentiva sempre più lontana, più fievole, fino a spegnersi completamente quando si addormentò. Sognò una bambina che correva libera nel verde sconfinato dei prati inglesi, che raccoglieva conchiglie bianche sulle piccole spiagge nascoste tra le scogliere della Cornovaglia, vide zia Beth che, ferma sull’uscio del suo cottage, la chiamava a squarciagola mentre lei si divertiva a nascondersi tra le piante del suo giardino di rododendri. Sentì il profumo e il sapore della frutta fresca appena tagliata, quella raccolta, pulita e messa a bollire per poter essere trasformata in ottima confettura fatta in casa. Zia Beth era la maga delle confetture! Era divenuta molto famosa, le sue confetture e i suoi dolci erano così conosciuti in tutto il paese e nelle città vicine che fu praticamente costretta ad aprire una piccola pasticceria e trasformare un suo hobby in attività, per poter soddisfare tutte le richieste che le venivano fatte. Molta gente andava a trovarla con la scusa più banale per poter avere la possibilità di assaggiare ancora una volta le sue gustose ricette. E Lynda voleva imparare tutto da lei, ogni segreto, ogni esperimento, ogni ricetta. Ma le estati duravano troppo poco e ben presto arrivava il momento di ritornare a casa, in città, per dedicarsi allo studio al quale il Senatore Grant teneva tanto: avere una figlia ignorante non avrebbe affatto giovato alla sua figura di uomo diplomatico, non poteva permetterselo!

Poi nel sogno cominciarono a cadere gocce di pioggia mentre i fulmini perforavano l’aria, rischiarando a giorno il cielo divenuto via via scuro come la notte. Il verde dei campi aveva lasciato il posto alla gelida neve ghiacciata dell’inverno. La piccola correva a fatica, completamente bagnata dalla pioggia che non le dava tregua e cadeva pungente sui suoi occhi costringendola a tenerli chiusi. La bimba inciampò e rovinò a terra, cadendo nel fango denso di una pozzanghera. Alzò il volto completamente sporco di terra e guardò dritta davanti a se: vide il cottage di zia Beth privo di luce, solo la luce fioca di una candela già consumata donava un lieve barlume. Zia Beth stava in piedi sulla soglia di casa e la guardava mentre piangeva. La bimba gridava alla zia, le chiedeva aiuto. Ma zia Beth non si muoveva, continuava a piangere. Poi alzò la mano e con un cenno salutò nuovamente la bimba, per poi rientrare in casa richiudendo la porta dietro di se. La bimba piangeva e gridava a squarciagola, si sentiva sola e tradita da quella zia che tanto aveva amato e che rispettava come esempio da seguire e da emulare. Poi anche la luce della candela si spense e intorno alla bimba regnarono le tenebre. Non la luna, non una stella erano presenti in cielo per rischiarare quella notte. La bimba se ne stava lì ferma, immobile e avvolta dall’oscurità, senza poter fare nulla. Ad un tratto una voce conosciuta la ridestò: era sua madre che la chiamava restando ferma sul ciglio della strada con una candela in mano. La giovane Lynda si alzò, non provava più alcun dolore e s’incamminò verso di lei sempre più velocemente, fino a quando non vide la madre svanire nel nulla e si sentì cadere nel vuoto, come all’interno di un pozzo senza fine.

3

Lynda si svegliò di colpo. Puh la fissava immobile e in silenzio, con i suoi grossi occhi neri spalancati e puntati verso di lei. Anche James la guardava mentre parcheggiava l’auto, erano giunti a destinazione. Doveva essersi agitata parecchio durante il sonno, pensò.

«Sogni agitati signorina?», chiese James.

«Era iniziato bene, come un bel sogno, ma poi s’è trasformato in un vero incubo», replicò decisa.

«Capita spesso anche nella vita reale, non è così?»

«Purtroppo si caro James».

«Proprio come quello che è accaduto a lei questa mattina e che l’ha tanto sconvolta. Forse tra il brutto sogno che ha appena fatto e quello che le è accaduto oggi c’è un qualche tipo di legame. Sa, la mente a volte ci gioca davvero brutti scherzi».

«Non saprei che cosa dire. Forse solo la parte finale, la caduta nel vuoto mentre ci si dirige verso ciò che si credeva essere la nostra salvezza. Davvero non lo so, e non so che farci. Lascio correre, accada quel che accada».

«Molto bene signorina Lynda, siamo sulla strada giusta allora. Lasciamo al destino e al tempo la libertà di agire per conto nostro, loro sapranno consigliarci al meglio», concluse James con il suo solito sorriso tenero e rassicurante.

«James, ascolta».

«Mi dica signorina».

«Da quanti anni ci conosciamo?»

«Da quando lei ha cominciato ad andare a scuola, signorina», rispose James voltandosi verso la ragazza con una chiara espressione interrogativa impressa sul volto. Quella domanda buttata lì a freddo lo aveva molto sorpreso.

«Bene. Ora io ho trent’anni, quindi sono passati circa ventiquattro anni, giusto?»

«Oh si signorina! Come passa in fretta il tempo! Ben ventiquattro anni sono trascorsi e sembra giusto ieri il giorno in cui l’aiutai a salire per la prima volta sulla mia macchina. Sua madre era con noi, se lo ricorda?».

«Certo, ricordo benissimo! Mia madre non mi lasciava mai sola. Ma senti, è mai possibile che dopo tutti questi anni tu non abbia ancora smesso di chiamarmi “signorina”?».

«Oh beh si, signorina… Lynda. Ma vede per un uomo della mia età non è così facile concedersi questo tipo di libertà. Il Senatore Grant, suo padre, era il mio datore di lavoro e io sono stato abituato fin da piccolo a portare rispetto alle persone che mi davano il lavoro e mi permettevano di vivere dignitosamente. E quando una cosa ti entra nella testa in questo modo non è per nulla facile spazzarla via. Cuore e testa sono come due casseforti, una conserva i sentimenti, l’altra i ricordi».

«Signor James, lei sta divagando!», puntualizzò Lynda con un sorriso.

«Si, forse, ma…»

«Ha qualche obiezione da dichiarare, signor James? E’ un ordine!», imperò Lynda mantenendo una sana espressione giocosa in volto. Stava bene, era serena, e lo lasciava vedere.

«No, nessuna obiezione Lynda. Va bene se la chiamo Lynda d’ora in avanti?»

«Si, diciamo che come inizio può andare bene, vedremo i progressi strada facendo. Ma non basta. Devi darmi del tu! Eddai, potrei essere tua figlia James! Te ne rendi conto?».

James impallidì e sobbalzò in seguito a quella frase.

«Va bene Lynda, per me è un piacere!», replicò James fiducioso in ciò che stava dicendo ma anche piuttosto scosso da quella richiesta inaspettata.

«Quindi mi prometti che cancellerai dalla tua mente tutti quegli stupidi e superati formalismi ottocenteschi nei miei confronti? Suvvia, viviamo nel ventunesimo secolo!», chiese Lynda attendendo la risposta di James che rimase fermo a fissarla negli occhi per qualche interminabile istante.

«Ci proverò davvero, farò il possibile Lynda. Ma se qualche volta dovessi fallire la prego… ti prego di perdonarmi. Mi serve del tempo, sono un uomo anziano ormai. Sono cresciuto in una situazione diversa dalla sua e da quella che viviamo oggi. Anche per un dinosauro sarebbe un po’ complicato riuscire ad integrarsi adeguatamente nella nostra società. Prometto però che farò tutto quanto mi sarà possibile». Gli occhi dell’uomo non riuscivano a guardarla in quel momento. Ma il primo passo per far calare il muro del riserbo era stato fatto e Lynda aveva ottenuto ancora una volta ciò che voleva. Ma questa volta non si trattava di un capriccio.

Lynda scese dall’auto e Puh la seguì. Il cane stava nascosto dietro le gambe della ragazza, timoroso, mentre James si apprestava ad aprire la porta di una vecchia casa.

«Dove siamo James?», chiese Lynda incuriosita e affascinata dal mistero che avvolgeva quella vecchia costruzione distante solo poche miglia dalla grande città.

«Siamo a casa mia, Lynda. Questa è la mia casa di campagna, la casa dove sono nato e cresciuto. E’ tutto quello che mi ha lasciato la mia famiglia e ci vengo spesso a trascorrere i fine settimana per rilassarmi e godermi la natura. E’ piccola e molto semplice, una volta le famiglie povere come la nostra vivevano così. Prego Lynda, entriamo!», la invitò James, mentre con la mano indicava il passaggio alla ragazza.

Lynda entrò per prima e si meravigliò subito delle ridotte dimensioni della stanza d’ingresso.

«E’ davvero piccolo qui, James. In quanti vivevate qui dentro?», chiese mentre con lo sguardo curioso analizzava ogni singolo oggetto che volutamente o meno veniva a trovarsi sulla sua traiettoria visiva. Erano vecchi oggetti che portavano addosso il peso degli anni passati dal giorno che furono creati. “Quante mani li avranno toccati”, pensò la giovane. Tuttavia erano ben spolverati, James ci teneva a mantenerli sempre puliti e in ordine.

«Eravamo in cinque persone», rispose l’uomo.

«Cinque persone? Ma com’è possibile James. Non c’è spazio a sufficienza per cinque qui dentro, si soffocherebbe», chiese Lynda sorpresa da quella risposta.

«Oh si, si stava un po’ stretti, si. Ma tutto questo aveva anche i suoi vantaggi! Tanti corpi così vicini aiutavano a tenere calda la casa durante i rigidi inverni che interessavano questa zona. Non avevamo il riscaldamento, faceva tutto quel caminetto laggiù. Ma la legna da ardere costava molto e noi non potevamo permetterci di bruciarne in grande quantità», rispose l’uomo con rassegnazione, «E poi ci si voleva bene. C’era amore, unione tra di noi e con nostro padre e nostra madre. E questo ci bastava per andare avanti con il sorriso. Ovviamente si doveva anche mangiare e i nostri genitori erano ormai anziani. Quindi noi figli ci rimboccammo le maniche e decidemmo di lasciare questa casa per andare a lavorare in città. Lavorammo davvero sodo, sa? Ma era giusto così, dovevamo pur sdebitarci con nostro padre e nostra madre per averci cresciuti forti e sani, nonostante le difficoltà economiche».

Forse proprio qui era nascosto il segreto. Lynda non aveva idea di cosa significassero l’amore, l’unione e la complicità tra i componenti di una famiglia. Tutto questo lei non lo aveva mai vissuto in prima persona, come poteva saperlo? Quando a scuola la maestra chiedeva di scrivere per compito dei pensieri sulla famiglia, provava sempre una sensazione di imbarazzo e per non consegnare il foglio in bianco cominciava ad inventare, fantasticando con la sua fervida mente di bambina. Fortunatamente aveva una buona fantasia. La finzione regnava persino nelle immagini che lei stessa vedeva con la sua piccola mente creativa. Non replicò quindi all’affermazione di James, ma incassò il colpo, certa che l’uomo non lo aveva detto apposta per provocarle del dolore o dei risentimenti sull’affetto che le era stato negato.

«Quindi qui vivevate tu, tuo padre e tua madre. Chi erano gli altri due?», chiese.

«Gli altri due erano il mio povero fratello Richard, morto da parecchi anni ormai, possa Iddio conservare per sempre in pace la sua povera anima…», rispose James facendo il segno della croce prima di fermarsi per una breve pausa, «e sua moglie Beth».

L’uomo sospirò con un’espressione seria dipinta sul volto, Lynda se ne accorse immediatamente.

«Beth? Che cosa curiosa, si chiama come mia zia…», rispose la ragazza mentre sorrideva, ma piuttosto insicura delle parole che aveva appena pronunciato.

«Lynda, Beth è proprio tua zia!».

Lynda non riuscì a credere a ciò che le sue orecchie stavano sentendo! Beth, la moglie del fratello di James e sua zia Beth, sorella di sua madre, amica complice e compagna delle sue estati inglesi erano la stessa persona!

«Ma no James, non è possibile! Zia Beth vive in Cornovaglia da moltissimi anni ormai! Io trascorrevo tutte le mie estati da lei quando ero bambina, come può essere vero tutto ciò?».

«E’ tutto vero infatti. Beth ci lasciò subito dopo la morte di Richard per ritornare alle sue origini, nel suo vecchio cottage in Cornovaglia. Facendo un rapido calcolo, tu avevi circa due anni quando lei partì per non tornare mai più qui». James guardava Lynda con tenerezza mentre allontanava una sedia dal tavolo per potersi sedere. Comprendeva bene lo stato di eccitazione misto a smarrimento che una tale notizia poteva averle dato. Lynda sapeva che la famiglia di sua madre era inglese ed aveva le sue radici in Cornovaglia. Sapeva che sua madre Sarah e sua zia Beth si erano trasferite a New York da giovani a causa del lavoro del padre, un ricco industriale che aveva acceso proficui rapporti di lavoro con diverse società statunitensi. Sapeva anche che sua zia era rimasta vedova molto presto e che in seguito alla perdita del marito aveva deciso di tornare nella sua terra d’origine. Ma non era affatto al corrente dello stretto legame che si era formato tra la sua famiglia e quello di James, un semplice autista al servizio del Governo e quindi di suo padre.

«Oh mio Dio James, sembra tutto così assurdo! Sono totalmente assalita dalle domande! Quindi tu saresti una specie di zio per me!», esclamò Lynda, completamente in balia delle onde di quella burrasca che l’aveva sommersa e che non riusciva ad affrontare. James esitò qualche istante prima di rispondere.

«Un po’ alla lontana, ma diciamo di si. Una specie di zio», rispose senza però sembrare del tutto convincente agli occhi della ragazza.

Lynda seguiva i legami di parentela indicandoli con un dito come se fossero stati scritti su un albero genealogico impresso nella sua mente. Tutto aveva un senso logico, James era per lei una sorta di zio.

«E perché mia madre non mi ha mai raccontato nulla di tutto ciò?», chiese in attesa che l’uomo le rispondesse, nella speranza di dissolvere in un colpo solo tutti i suoi dubbi.

«Non lo posso dire con assoluta certezza ma penso che dietro a questa sua scelta o imposizione ci fosse la figura di tuo padre».

«Mio padre?», chiese Lynda sempre più meravigliata.

«Il Senatore Grant, esattamente».

«Scusa ma non riesco a capire. Perché avrebbe dovuto mettersi in mezzo per una cosa del genere? Si trattava solo della nostra famiglia, di rapporti di parentela tra persone. Non aveva altro a cui pensare il Senatore?»

«Oh si, certamente ne aveva. E proprio questo, io penso, fu il motivo trainante. Tuo padre aveva davanti a se una fiorente carriera politica, era ammirato e benvoluto da tutti. Era una brava persona all’inizio, mi devi credere! Ma in quell’ambiente le cose prima o poi cambiano, si sa. Si era creato una fitta rete di amicizie, alcune delle quali un po’ losche e poco raccomandabili, nella rete del quadro politico di allora. La sua immagine doveva quindi rimanere salda e ferma, legata a un quadretto di famiglia perfetto: lui, la sua cara moglie e la sua bambina. Ma intorno a questo quadretto roteavano anche altre persone. E una di queste era proprio Beth, una ragazzina un po’ troppo ribelle, con tante strane idee per la testa, così come venivano percepite dagli occhi di un personaggio benestante e importante, candidato a diventare ben presto un Senatore. Tua zia Beth s’innamorò di Richard, più giovane di me di qualche anno e legò molto con la nostra famiglia, al punto di accettare di trasferirsi qui, nella nostra casa. I miei genitori erano già molto anziani, mio padre ci lasciò per primo e mia madre lo seguì qualche anno dopo. Quindi, per un certo periodo di tempo Beth, Richard ed io vivemmo qui da soli sotto questo tetto. In casa nostra non girarono mai troppi soldi. Io lavoravo su richiesta come commesso presso piccoli negozi della zona mentre Richard, che aveva sempre mostrato una salute piuttosto cagionevole, si ammalò gravemente ai polmoni. Non poteva fare alcun tipo di sforzo. Fu durante questo periodo che Beth imparò l’arte pasticcera, in particolare la preparazione delle confetture e la lavorazione della cioccolata. Divenne una vera maestra in quel settore».

James regalò un sorriso e una carezza a Lynda ma lei non reagì. Qualche cosa ancora le sfuggiva.

«E io dov’ero?», chiese per poter individuare almeno sommariamente quel periodo nel passato al quale ci si stava riferendo.

«Tu eri appena nata. Tua zia Beth ti portò qui, in questa casa. Ma tu eri troppo piccola per ricordare. Ti teneva tra le sue braccia mentre ti cullava seduta su quella sedia laggiù cantandoti le ninna nanne inglesi che lei tanto amava. Tu chiudevi i tuoi occhietti e ti abbandonavi ai sogni. Sei sempre stata una bellissima bimba», rispose l’uomo indicando alla giovane una vecchia sedia con seduta di paglia accantonata contro la parete vicino al caminetto.

In effetti questo spiegava quella vaga sensazione di familiarità che Lynda provò entrando in quella casa fin dal primo momento.

«Mio padre e mia madre sono mai stati qui?».

«Oh no, il senatore mai!», rispose James con un sorriso.

«Per le stesse ragioni di prima?»

«Per la sua immagine, penso proprio di si! Sarebbe stato troppo compromettente per un uomo come lui mescolarsi alla gente comune e dare a vedere in pubblico che aveva legami con la gente umile».

«E quindi cosa successe dopo, come mai sei venuto a lavorare per noi?».

«Fu Beth a convincere con molta fatica tua madre perché mi trovasse un lavoro stabile. La salute di Richard andava via via peggiorando e i medici ci comunicarono che non c’erano più speranze per lui ormai, anche se non sapevano dirci con esattezza quanto gli sarebbe rimasto da vivere. “Qualche mese, forse un anno” ci dicevano. Richard se ne andò dopo circa otto mesi. Le medicine dovevamo pur comprarle e ci costavano parecchi soldi. Con le conserve e i dolci di Beth non si riusciva a vivere in tre sotto questo tetto. Quindi io dovevo, e volevo, essere d’aiuto per tutti. Dopo un bel po’ d’insistenza e di pressione da parte di Beth verso tua madre Sarah, venni assunto presso di voi come autista personale di tuo padre, ormai divenuto Senatore secondo i suoi piani».

«Quindi mio padre ha fatto una buona azione nella sua vita! Difficile da credere!».

«Infatti non crederlo. Il merito è stato tutto di quella santa donna di tua madre, Dio l’abbia sempre in gloria e in salute. Fu lei a convincere tuo padre del fatto che io sarei stato la persona giusta per voi, per via della mia personalità, della mia fisicità e della mia conoscenza delle lingue straniere. Sai, tanti anni fa ero molto più magro ed agile rispetto a quanto io non sia ora!».

Lynda sorrise.

«Quali lingue parli?»

«Il Francese, Il Tedesco, un po’ di Spagnolo e di Italiano. Conosco anche qualche frase semplice in Giapponese».

«Il Giapponese?»

«Si, sono un autodidatta».

Lynda lo guardò sorpresa e allo stesso tempo incredula per tutte le notizie che aveva ricevuto, tutte condensate in così poco tempo.

«A proposito di Giappone e giapponesi…», tentò James per fuorviare il discorso che stava diventando pericoloso.

«No James, non è il momento giusto per parlarne ora. Sono esausta e mi è venuto un forte mal di testa. Ti prego di scusarmi ma vorrei stare un po’ qui seduta per riprendermi».

«Ma certo Lynda. Fai come se fossi a casa tua, mettiti pure comoda. Io intanto esco fuori a raccogliere un po’ di frutta fresca, proprio come faceva tua zia Beth!», concluse sorridendo es uscì dalla casa.

Lynda si trovò da sola nella casa, confusa più che mai. Nascose il volto tra le mani e portò la testa a battere contro il piano del tavolo in legno massiccio, urtando il naso. Nelle cose che vedeva, nei dettagli che balzavano di volta in volta ai suoi occhi riconosceva qualche cosa di noto, di conosciuto e tutto questo piano piano la guidò, le permise di ritrovarsi in quell’ambiente. Certamente lo shock era stato forte, ma lei lo stava via via superando ed era certa che da lì a poco lo avrebbe annientato del tutto. Era ancora molto curiosa di conoscere il resto di quella storia, tante erano le domande che a tratti le venivano in mente, in modo disordinato, e che necessitavano di una risposta perché potessero essere considerate sensate. Lasciò trascorrere i minuti mentre attendeva il ritorno di zio James. “Mio zio, chi lo avrebbe mai detto?”, pensò. E permise alla sua mente di viaggiare, di costruire ipotesi anche inverosimili, quanto inverosimile le era parsa, in un primo momento, tutta quella storia.

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Yaş sınırı:
16+
Litres'teki yayın tarihi:
17 ekim 2019
Hacim:
290 s. 1 illüstrasyon
ISBN:
9788873042884
Telif hakkı:
Tektime S.r.l.s.
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