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Kitabı oku: «Naja tripudians», sayfa 2

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«Se tu sapessi che cosa vuol dire assistere con mente chiara alla propria putrefazione!… Non mi lascio vedere dai dottori per paura che mi mandino alla Lebbroseria, a Hendela.

«Tu, tu che sei medico, studia, trova, inventa!… Per Dio! ci sarà pure un rimedio! Ancora sono nei primi stadi.... Trova! Cerca! Inventa!».

E un anno dopo:

«Fa presto! fa presto! Aiutami! Faccio già spavento a chi mi vede. Non ho più sopracciglia; ho dei noduli sulla fronte, sulle narici, sui lobi delle orecchie. Ho le mani difformi; le dita mi si ricurvano come artigli....».

E più tardi ancora:

«La cancrena mi ha fatto cadere un dito. Il morbo mi s'infiltra negli occhi; non ho più palpebre. Fa presto! In nome di Dio!… Cerca! trova! inventa....».

E il dottor Harding studiò, cercò, inventò. Fece venire le opere di Bibb, di Koch, di Hutchinson, di Schmal; andò in cerca d'indigeni lebbrosi e fece su loro degli esperimenti, pericolosi a sè stesso e a loro; tentò inoculazioni, vaccinazioni, cure di arsenico, di mercurio, di olio di chaulmoogra.... Visse tra mostri deformi e animaleschi, studiando tubercoli e ulceri, cancrene e necrosi....

E già da anni la terra, scura e pietosa, aveva ricoperto il volto spaventoso di Vital, che ancora il suo amico, sulle lontane coste dell'India, cercava, studiava, inventava, ossessionato dall'idea di guarirlo, fisso nel pensiero di vincere il più antico, il più atroce morbo che affligga l'umanità.

·······

Il dottor Harding aveva oltrepassato di poco la quarantina, allorquando l'unica sua parente – una sorella di suo padre, vecchia solitaria ed eccentrica ch'egli appena conosceva – si ammalò e lo chiamò in patria. Per devozione alla memoria di suo padre, egli, lasciando a malincuore i suoi studi e l'India, vi andò, e trovò la vecchia donna, colpita da paralisi, nella sua casetta rustica, «Rose Cottage».

Al capezzale, mite, timida, pietosa, vegliava la bionda figlia del pastore anglicano di Wild-Forest.

E quando la vecchia ebbe chiuso gli occhi – lasciando ad Harding la sua esigua sostanza, la casetta e i limitati poderi – Harding tese la mano alla mansueta e silenziosa infermiera per ringraziarla.

Quella mano era piccola e tiepida e tremante. E Francis Harding la trattenne nella sua.

V

Ma traverso gli anni – troppo brevi! – di calma dolcezza con lei, e nella vedovanza che gli straziò il cuore e lo lasciò, solo in un mondo che poco conosceva, con due fanciullette sulle braccia, l'idea fissa di Harding non gli uscì mai dalla mente: trovare un rimedio alla spaventosa elefantiasi greca, distruggere il bacillo di Hansen, liberare la terra da quella mostruosa impurità. Studiò tutte le nuove pubblicazioni di Pasini e di Borthen, di Moreno e di Padilla; si mise in corrispondenza con Filippo Rho, con Castellani e Chalmers; si creò un piccolo laboratorio in fondo al giardino dove, con bacilli mandatigli da Londra, fece degli esperimenti su conigli, topi e porcellini d'India. Intraprese dei viaggi a Parigi e a Bieberich sul Reno; mantenne delle corrispondenze agro-dolci coi collaboratori di giornali scientifici e riviste mediche; e non cessava mai di rammentare le sue passate esperienze indiane, rimpiangendo amaramente di non poterne sapere i risultati.

– Avevo trovato!… sono certo che avevo trovato.... – diceva talvolta, la sera alzando i miti occhi dai suoi fogli e fissandoli sulle teste bionde delle sue figliuole che, chine al lavoro sotto la luce diffusa della lampada famigliare, alzavano a lui i soavi occhi celesti. – Mi basterebbe avere qui otto o dieci lebbrosi....

– E dove li terresti? – chiedeva Myosotis, non senza un poco d'inquietudine.

– Già – rifletteva il dottore scotendo la testa bianca; – dove li terrei?

VI

Lieti volavano i giorni, portando anemoni d'opale e iridi azzurre e candidi narcisi al giardino di Rose Cottage; allungando i tralci di edera che stringevano in un verde abbraccio tutto il piano inferiore della casetta.

Avrebbe dovuto esserci anche un'aiuola di giacinti; ma questi, comperati allo stato di bulbo dal dottore a Leeds, e da lui e le sue figlie piantati con più cura che esperienza, non fiorirono perchè erano stati messi in terra colla testa all'ingiù.

Nel piccolo orto, cura speciale di Jessie, si seminarono colla consueta regolarità cavoli, spinacci, cicoria e piselli, e colla medesima regolarità gli otto polli bianchi, cari al cuore del dottore, andarono a mangiare i semi appena messi in terra, e se ne tornarono all'aia soddisfatti, facendo cenno di «sì» col capo ad ogni passo.

I quattro grossi conigli bianchi e neri diventarono i genitori di trentadue piccoli conigli bianchi e neri.

I due cani, Whisky e Soda, per tutto un giorno non ebbero fame, e si fu molto in pena per la loro salute, finchè non si scoprì che avevano mangiato dodici dei piccoli conigli. Allora Myosotis e Leslie piansero molto per i piccoli conigli; e piansero ancor più per Whisky e Soda durante la punizione inflitta loro dalla inesorabile Jessie col battipanni.

Il dramma dei conigli fu l'episodio più saliente di quella primavera.

L'evento principale dell'estate fu una visita della signora Russel, moglie dello Squire del paese; ella arrivò a Rose Cottage un mattino con sua figlia Nelly ad invitare le due fanciulle ai bagni di mare a Felixstowe.

– Partiamo lunedì, Nelly ed io, – disse, amichevole e vivace, al dottor Harding; – le sue due figliole potranno essere pronte per quel giorno?

Il dottor Harding parve assai incerto. Pur ringraziando dell'invito, non pareva troppo incline ad accettarlo. L'idea di affidare ad altri, anche per breve tempo, le sue dilette, lo turbava assai.

– Ma sapete pure, – insistè Mrs Russel, un poco impaziente – che questa è un'usanza entrata ormai in tutte le nostre migliori famiglie. Anche la mia Nelly fa ogni anno il suo giro di visite in casa dei nostri amici più intimi. Solo così le nostre ragazze possono imparare a stare al mondo, a conoscere gente, a non trovarsi timide ed impacciate quando vanno in società.

Pur riconoscendo la saggezza e i vantaggi di questa abitudine inglese, il dottore non sembrava troppo disposto a conformarvisi.

Allora la signora Russel, già sulla porta in procinto di partire, tentò un altro argomento.

– Pensate, dottore, di quanto vantaggio per la loro salute saranno i bagni di mare....

Il dottore ringraziò, e promise che ci avrebbe pensato.

Jessie che teneva aperta la porta, la richiuse con forza non appena Mrs Russel e sua figlia ebbero voltato le spalle; indi entrò nel salotto con ciò che le bimbe chiamavano «la sua faccia di policeman».

– I bagni di mare! – esclamò. – Già. Non mancherebbe altro.

– E perchè no? – fecero in coro Myosotis e Leslie.

– Perchè è pericoloso – dichiarò essa.

– Ma Jessie!… Tutti vanno a fare i bagni!…

– Ci vanno, ci vanno; e per lo più si annegano, – sentenziò Jessie, lugubre e caparbia. – Vostro padre deciderà come vorrà. Ma se lo domandate a me, dico che finchè voi non saprete nuotare non dovete entrare nell'acqua.

– E dove vuoi che impariamo a nuotare? Per istrada? nel prato? – esclamò Leslie, sarcastica.

Ma la vecchia domestica volse le spalle quadrate e inesorabili, e tornò in cucina.

Le due fanciulle la seguirono.

– Jessie!… Sei proprio illogica… – ragionarono.

– Sì, sì, illogica – fece quella; – quando avrete la mia età sarete illogiche anche voi.

Myosotis rise. E rise anche Leslie all'idea di avere giammai l'età di Jessie.

– Scommetto che Jessie, – osservò Myosotis – non sa neppure il significato della parola «illogica»!

– Non lo so, nè lo voglio sapere – ribaltò Jessie. – Non ho tempo, io, di riempirmi la testa di parole nuove.

E staccò dal gancio una casseruola, sbattendola sul tavolo con molto rumore.

– Lasciamola stare! – fece Leslie, traendo pel braccio la sorella. – Sai bene.... È come la storia del pianoforte.

La storia del pianoforte! Le ragazze la rammentavano a Jessie ogni volta che volevano farla stizzire.

– Rose Cottage sarebbe perfetta – aveva detto un giorno Myosotis, guardandosi intorno nella casetta, che dopo la vigorosa pulizia pasquale di Jessie era linda e lucida come un bambino a cui si sia lavato con molto sapone la faccia, – sarebbe perfetta.... se ci fosse un pianoforte.

Il papà, udendo quell'osservazione, aveva accarezzato la guancia rosea di Myosotis.

– Te lo comprerò, – disse.

Ma Jessie che stava mettendo tavola, e che, per principio, disapprovava ogni soverchia indulgenza, intervenne severa:

– E si può sapere che cosa ne farete d'un pianoforte, poichè non lo sapete suonare?

– Ma quando l'avremo, impareremo – disse Myosotis.

– Niente affatto. Quando avrete imparato a suonarlo, lo potrete avere – ribattè Jessie, con grande fermezza. – Vostro padre non farà di quelle spese inutili. – E uscì, borbottando ancora: – Già! Mancherebbe altro. Un pianoforte, quando nessuno lo sa suonare!…

– Sarà meglio non farla arrabbiare – disse il dottor Harding, a tavola, guardando i visetti compunti delle due ragazzine. – Non insistiamo per il pianoforte....

Non insistettero. Ma Myosotis si alzò ogni mattina alle sei, e prima di scuola scendeva correndo al villaggio. Alle sette e mezzo batteva già alla porta di Miss Jones, la quale, ancora in sottana con uno scialletto sulle spalle, la faceva entrare nel suo salottino, toglieva dal pianoforte un vaso di fiori di cera, le fotografie dei suoi genitori e quella della famiglia reale, e apriva con solennità l'istrumento. Myosotis sedeva risolutamente davanti alla tastiera e si poneva a studiare.

Un pomeriggio, quattro mesi dopo, tornando di corsa a Rose Cottage, ella andò difilato in cucina, e davanti a Jessie che stava impastando un Yorkshire pudding, distese ed aprì il primo quaderno del Diabelli.

– Vedi queste cose nere? – disse. – Sono note. Ed io le so suonare.

E poggiato il quaderno all'orlo dell'asse infarinato, suonò sulla tavola da cucina, alzando molto le dita e cantando la melodia:

– Ta, tatà tatà tatà, ta, ta....

Jessie colle mani infarinate sui fianchi, fu assai impressionata.

– Ma guarda un po', ma guarda un po'! – esclamava. E nei suoi occhi rossi salivano le lagrime di meraviglia e di ammirazione.

– Ta, tatà tatà tatà tatà, ta, ta – continuava Myosotis.

E a Jessie le lagrime traboccarono dagli occhi e caddero giù per le guancie; e non potè nè nasconderle nè asciugarle perchè aveva le mani infarinate.

Tre giorni dopo, arrivava da Leeds il pianoforte. E il dottore in poltrona, e Leslie in piedi, e Jessie rigida in una sedia accanto alla porta, ascoltarono rapiti la Sonatina del Diabelli per ben otto o dieci o dodici volte di seguito; mentre in cucina il pollo – immolato per la grande occasione – bruciava nella casseruola, e Whisky in piedi sulla tavola, ne divorava i fegatini e il cuore.

VII

Di ritorno da Felixstowe, Mrs Russel, a cui la timida e dolce ritrosia delle due fanciulle era assai piaciuta, le invitò a venire ogni sabato a giocare al tennis colle sue figlie e la figlia del nuovo pastore anglicano. Le due fanciulle vi andarono, ma essendo molto timide e non sapendo giocare al tennis non si divertirono troppo, e il sabato seguente non vi andarono più.

Ma da quella visita riportarono una cosa nuova nella loro vita; un libro prestato da Nelly Russel: «Jane Eyre», di Charlotte Brontë. Non avevano mai letto un romanzo e fu per loro un avvenimento. In Rose Cottage non si parlava che delle sofferenze di Jane, della dolcezza di Helen, della fierezza di Rochester; Myosotis lo leggeva ad alta voce, la sera, a Leslie che ascoltava colle guancie accese e le mani strette in grembo, e al papà che ogni tanto sonnecchiava. Ma le ragazze lo svegliavano per rileggergli i passi più emozionanti, e poi andavano in cucina a leggerli anche a Jessie.

Ma quella crollava la testa sotto la cuffia bianca inamidata: – A me non piacciono quelle storie. Meglio leggere la Bibbia: si capisce meno, ma si sa che fa bene.

La sera che il libro fu terminato, Myosotis riprese rassegnata la sciarpa che stava ricamando per Leslie; ma Leslie tenne il libro tra le mani, quasi le dolesse separarsene.

– È strano, – sospirò essa, facendo scorrere tra le dita le nitide pagine ormai lette, – è strano che nei libri accadono tante cose!… Invece nella vita non accade mai niente.

– Perchè dici questo? – chiese la sorella maggiore volgendo su lei gli occhi teneri e inquieti. – Ti annoi, forse?

– Non so se m'annoio – rispose Leslie, pensierosa. – Non so precisamente che cosa voglia dire «annoiarsi».

– Già, – fece Myosotis, contemplando la diafana, biondissima sorellina. E seguendo il filo dei suoi pensieri dovette dirsi che, in fondo, non sapevano nè l'una nè l'altra che cosa volesse dire annoiarsi o divertirsi, gioire o soffrire.

La vita non aveva finora offerto alle loro labbra che la pura inconsapevolezza d'ogni cosa, come un fresco e insapore sorso d'acqua montanina.

– Perchè proprio a questa Jane – continuò Leslie, sfogliando il libro con nostalgica lentezza – vanno a capitare tante cose? Non è verosimile. Poteva accaderle niente, come a noi.

Myosotis rise. – Ma è appunto perchè le sono capitate tante cose, che l'autore ha scritto il romanzo. Di una ragazza a cui non succede niente, nessuno scrive.

– Già, sarà così – disse Leslie pensierosa. – La nostra vita!… Come è bianca e vuota! Certo di noi nessuno scriverà.

VIII

Verso la fine di quell'estate, in cui Myosotis compiva diciannove anni e Leslie quindici, venne a stare a Wild-Forest, in una villa signorile da tanti anni chiusa, una signora dal bel nome aristocratico: Lady Randolph Grey.

Grande, grassa, coi capelli tinti di rosso, la carnagione di un biancore abbagliante, si vedeva uscire dal cancello della villa, vestita di scuro con un largo cappello alla Rembrandt sui capelli color rame, e traversare il paese con calmo e dignitoso incesso.

Non faceva nulla per far parlare di sè. Ma Wild-Forest tuttavia ne parlava. Commentava il suo contegno serio e composto ogni domenica in chiesa; e assaporava con piacere i puddings profumati di cannella e garofano ch'essa mandava a tutte le vecchie povere del villaggio.

Non si sapeva troppo chi fosse. Delle sue tre domestiche, una sola usciva a far compere nel paese e non parlava con nessuno. Ma, forse per qualche velata indiscrezione dello chauffeur – poichè Lady Randolph aveva anche una Rolls-Royce verde scura e uno chauffeur in livrea dello stesso colore —, si sussurrava che era una dama di alto casato: chi dava per certo che era sorella di Lord Randolph Churchill, e chi sosteneva con non minore convinzione che era invece la moglie di Lord Edward Grey.

Il suo primo nome aveva un dolce suono esotico: «Miranda», che i villici di Wild-Forest rotolavano in bocca come una caramella di gomma.

Il Pastore protestante e lo Squire colle loro signore le avevano subito fatto visita; ma essa, pur ricevendoli con regale affabilità, non aveva reso la cortesia se non col lasciare alle loro porte uno stemmato biglietto di visita.

Viceversa, dopo qualche settimana di solitudine, cominciò a ricevere molte visite da Londra; e, specialmente al «week-end», cioè ogni Venerdì e Sabato, si udiva per le silenziose vie del villaggio un gran rantolare e russare e tossire d'automobili.

La domenica andava sempre lei sola in chiesa; i suoi ospiti rimanevano nella villa delle Acacie. I buoni rustici, avviandosi alla chiesa, li scorgevano talvolta traverso l'alta siepe d'edera e di bosso: stavano languidamente sdraiati sotto agli alberi nelle poltrone di vimini, fumando sigarette (le donne come gli uomini) ed esponendo all'aria (gli uomini come le donne) le eleganti caviglie calzate di seta variopinta.

Si faceva sottovoce i nomi degli ospiti: quello dai baffi bianchi doveva esser Mr. Asquith, e le due signorine vestite di rosso erano senza dubbio le sue figlie. C'era anche il Duca di Norfolk.... in incognito. E quel biondino snello e pallido, vestito di grigio, si sussurrava a bassa voce che doveva essere.... Sì, sì! nientemeno che il principe di Galles!… Traverso le siepi i contadini sostavano, trattenendo con riverenza il respiro, a mirare quelle caviglie iridescenti a quadretti rossi e verdi, appartenenti a Sua Altezza.... E quando, in chiesa, il reverendo Pastore recitava come di precetto la preghiera per la Famiglia Reale, tutti gli occhi si volgevano a Lady Miranda Randolph Grey, che inginocchiata piamente nel suo banco, chinava un po' più basso sulle guantate mani il cappello piumato e la nuca tizianesca, quasi fosse questa preghiera un favore speciale e personale che la congregazione chiedesse per lei all'Onnipotente.

Una domenica, uscendo dalla funzione, col capo d'oro soavemente chino sopra il suo libro di preci, e percorrendo il viale del piccolo cimitero che circondava la chiesa, ella si imbattè faccia a faccia colle due figlie del dottor Harding. Quelle levarono a lei i limpidi sguardi; e quando furono passate ella ebbe l'impressione d'aver sfiorato qualche cosa di primaverile, di mattinale e d'alato.

– Chi sono quelle due fanciulle giovanissime, biondissime, vestite d'azzurro, che ho visto or ora? – si degnò essa di chiedere a Mrs Russel che, ferma sulla strada davanti al cancello del cimitero, aspettava il passaggio e il saluto della illustre dama.

– Sono le figlie del vecchio dottor Harding, – rispose Mrs Russel, felice d'essere interpellata; e rapidamente tracciò la breve e semplice storia delle due fanciulle.

– Ah? non hanno madre? – osservò Lady Randolph Grey, mettendosi il guanto destro, che, secondo il rito della chiesa episcopale inglese, aveva tolto per prendere la Sacra Comunione.

– Già, poverine! – disse Mrs Russel – vanno ogni domenica dopo la funzione a pregare sulla sua tomba. Quanto al loro padre, è una persona angelicamente buona; ma vive così lontano dal mondo, così fuori della vita, che quelle sue bambine non hanno amicizie, e si può dire che non vedono mai nessuno. Tuttavia – soggiunse la buona signora Russel – sono perfettamente liete e felici.

– Si vede! – disse Lady Randolph Grey. – Hanno l'espressione beata ed aspettante dei due angelelli ai piedi della Madonna di San Sisto.

– Già, già – assentì Mrs Russel, senza sapere affatto di quali angelelli nè di che Madonna si trattasse.

IX

La domenica seguente, terminata la funzione, invece di recarsi direttamente alla sua automobile che palpitava in attesa sullo stradale, Lady Randolph Grey, all'uscire di chiesa s'inoltrò nel camposanto, volse per un ombroso sentiero a destra e sostò davanti a una tomba tutta ricoperta d'edera, recante, al capo, una gran croce di marmo. Appeso nel centro della croce un piccolo medaglione di vetro racchiudeva una fotografia sbiadita. Sul marmo erano incise le parole:

«Mary Evangeline Harding, morta a 24 anni.»
«Muor giovane colui che al cielo è caro.»

Lady Randolph Grey si guardò intorno: il camposanto era vuoto; faceva caldo, ed essa aprì il grande ventaglio rosso; ma poi, udendo dei passi avvicinarsi, cambiò atteggiamento, congiungendo le mani e piegando il capo in atto di preghiera.

Myosotis e Leslie si avvicinavano per compiere il consueto pio dovere verso la memoria materna; sostarono stupefatte vedendo davanti alla tomba della loro madre quella bella figura immobile, a mani giunte, a capo chino.

Myosotis commossa afferrò e strinse la mano della sorellina. Leslie si fece rossa, poi bianca, e le lagrime le salirono agli occhi.

Si avvicinarono, intenerite. Allora la straniera, con un gesto quasi umile davanti al sacro diritto della pietà filiale, si ritrasse per lasciar posto a loro.

Un istante i suoi occhi incontrarono il bagliore cerulo degli infantili occhi di Leslie, acquarellati di pianto.... Lentamente, silenziosamente Lady Randolph Grey si allontanò; indi entrò rapida nella sua Rolls-Royce che, partendo, fece una serie di abbaiamenti, come una grossolana e demoniaca risata.

·······

– Papà! – esclamò Leslie correndo verso il padre, che muoveva al loro incontro pel sentiero di Rose Cottage. – Pensa che nel cimitero c'era quella Lady.... sai bene, la parente del Ministro.... e pregava davanti alla tomba della nostra mamma!

– Forse leggeva solamente l'iscrizione, – disse Myosotis.

– No, – gridò Leslie, – no! l'ho vista io chinarsi a guardare la fotografia; poi ha sospirato, ha congiunto le mani.... E ho visto che pregava!… l'ho visto!

Il padre, commosso anch'egli, carezzò il viso accaldato della figlioletta. – Sarà certamente un'anima superiore, – mormorò.

– È una santa, un angelo! – disse in un singulto Leslie.

Ed entrarono in casa.

Yaş sınırı:
12+
Litres'teki yayın tarihi:
30 haziran 2018
Hacim:
130 s. 1 illüstrasyon
Telif hakkı:
Public Domain

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