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Capitolo Due

Gabe ritornò in bagno per controllare le flebo a cui Adam aveva collegato il lupo prima di andarsene, lasciandogli una dettagliata lista di istruzioni per la cura dell’animale. Guardando la sua densa pelliccia color carbone, decise che aveva bisogno di un nome per il lupo. Tutti i cani che aveva salvato avevano dei nomi, perciò gli sembrava giusto non chiamare il suo ultimo salvataggio ‘il lupo’. Avvicinandosi per accucciarsi vicino all’animale, ponderò le diverse possibilità. Un occhio marrone si aprì e guardò attentamente Gabe. Lui sorrise perchÈ, per qualche motivo, sentì una qualche sorta di cameratismo con il lupo.

“Okay, amico, stiamo per trovarti un nome.” Vide aprirsi l’altro occhio, poi sentì il grattare di una ruvida lingua contro la sua mano. Alzando la mano appena bagnata di saliva cominciò ad accarezzare il lupo, godendosi il folto pelo contro la sua pelle.

“Così morbido. Come può qualcosa di così liscio e setoso essere parte di un lupo grande e grosso come te, eh? Sei proprio un esempio di contrasti, vero?” Fece scivolare l’altra mano nell’abbondanza del setoso pelo scuro, affondandola in profondità e muovendosi attorno ai forti muscoli. Gabe riuscì a sentire un tremito notevole sotto la punta delle sue dita e le avrebbe levate se il lupo non si fosse fatto sfuggire un rumore, un brontolio di quello che pensò fosse piacere. Un sorriso gli si formò sulle labbra mentre si spostava e si sedeva appoggiandosi al muro per stare più comodo. Tenne gli occhi chiusi. “Non ti biasimo amico mio. Tutti hanno bisogno di coccole di tanto in tanto.”

Un altro quieto brontolio raggiunse le sue orecchie mentre sentiva il lupo sollevare la testa e appoggiarla sul suo grembo. La mossa non lo sorprese, ma il conforto che ne trasse sì. Aveva salvato il lupo solo poche ore prima, ma l’attaccamento che sentiva per l’animale era forte abbastanza che già era preoccupato di come avrebbe affrontato la sua liberazione una volta che fosse guarito.

“Non ‘è bisogno di preoccuparsene ora.” La voce di Gabe risuonò rauca per il sonno e si domandò se il tremito che sentiva nel corpo del lupo fosse una risposta o qualcosa di completamente diverso. “Va bene, amico, devo pensare a un nome per te…” Era vagamente consapevole che le sue dita avevano smesso di muoversi e si stavano godendo il calore della pelliccia del lupo. Il sonno si impadronì di lui con un ritmo lento e seducente a cui non fu in grado di resistere.

Un delizioso dolore pulsante nei testicoli lo fece risvegliare e si ritrovò, gemendo, con una mano aggrovigliata nel nero conforto della pelliccia del lupo e l’altra a carezzare il suo uccello attraverso il tessuto dei suoi jeans. I sogni su un uomo dai capelli scuri con caldi occhi color whisky erano presto passati dall’essere solo interessanti all’essere erotici e il bisogno di venire fu così forte che ebbe il timore di farlo prima di riuscire a staccarsi e andare in bagno. Liberò la mano dalla pelliccia, trovò la forza di volontà di lasciare il suo pene—anche se prima gli diede un paio di forti scrollate, —prima di alzarsi dal pavimento. Il lupo lo guardò con fissi occhi dorati, riportando in cima ai pensieri di Gabe i ricordi dell’uomo che aveva sognato.

Borbottando e camminando con un’andatura poco sicura, Gabe controllò la flebo. Assicuratosi che tutto fosse a posto, si diresse verso la doccia. Non c’era modo che l‘erezione se ne andasse per conto suo, almeno non in breve tempo, e Gabe ebbe il desiderio di massaggiarsi, come aveva fatto l’uomo nel suo sogno, mentre le immagini del sogno stesso erano ancora fresche nella sua memoria.

Gabe aveva l’uccello in mano quando entrò nella doccia, già perso in una fantasia con l’uomo dei suoi sogni dai capelli scuri. Mentre l’acqua tiepida scivolava sulla sua pelle, chiuse gli occhi e si toccò con il pollice la fessura del suo pene, stringendone con forza la punta arrotondata. Gli passarono nella mente le immagini della mano di un altro uomo che andavano su e giù lungo il suo pene per poi essere sostituite dalle sue labbra piene e forti e da una lingua che faceva delle magie che non aveva mai provato nella realtà. Spingendo con il braccio raggiunse la sua parte posteriore e fece scivolare le dita dell’altra mano nella fessura, toccando l’apertura con il suo dito medio. L’eccitazione passò dal suo sedere al suo pene, i fianchi sobbalzarono quando la punta del dito scivolò nell’ano. La sua schiena si arcuò quando il piacere percorse tutto il suo corpo, uscendo dal suo pene in lunghi fili grossi e cremosi mentre un grido rauco esplodeva dalla sua gola.

Gabe si appoggiò pesantemente contro le piastrelle della parete, rantolando per l’intensità della sua eiaculazione. Un doloroso senso di vuoto lo colpì mentre osservava l’acqua portare via il suo seme e farlo scivolare nello scarico, la sua temporanea euforia scomparve con esso. Dio, non capiva cosa ci fosse di sbagliato in lui. PerchÈ si era sentito improvvisamente come se gli stesse mancando una parte di sÈ? C’era un bisogno in lui che non era in grado di identificare, la cui intensità sembrava bruciare sotto la sua pelle, filtrando attraverso i muscoli e i tendini, scavando nelle ossa.

Dopo aver meditato sull’argomento per parecchi minuti, ci rinunciò. Qualunque cosa fosse ci avrebbe pensato più tardi. Andò avanti a completare la doccia.

Mika era disteso in bagno a osservare l’uscita di Gabe. Non appena Gabe era arrivato nella proprietà dove Mika giaceva ferito, l’aveva saputo. La sensazione istantanea di riconoscimento, l’esplosione di desiderio—quell’uomo doveva essere il suo compagno. Il fatto che avesse stabilito un collegamento mentale con Gabe attraverso il sogno—un sogno molto sexy—provava senza dubbio che erano compagni. Una cosa del genere altrimenti non sarebbe stata possibile.

Trovare un compagno era più di quanto avesse mai sperato. Mika si era immaginato che sarebbe rimasto sempre da solo, sempre un emarginato. Era stata una cosa particolarmente crudele essere obbligato ad andarsene dal branco, perdere tutto e tutti coloro che una volta erano stati il tessuto che aveva tenuto al sicuro la sua vita. La terribile ferita subita da Mika aveva minacciato di crescere e consumarlo, portando via la stima di sÈ fino a quando non fosse rimasto nulla e non fosse rimasta alcuna ragione per andare avanti, fino a quando la morte sarebbe stata una pausa benvenuta per bloccare il dolore dentro di lui.

Ora Mika aveva trovato Gabe, o viceversa, pensò. Il suo compagno. Non c’era alcun dubbio nella sua mente che tutta la faccenda delle mutazioni avrebbe mandato Gabe in confusione, ma aveva fiducia nel destino. Con i feromoni che presto sarebbero infuriati tra loro—in effetti avevano già cominciato—sapeva che Gabe sarebbe stato suo, prima piuttosto che poi. Era penetrato nei sogni dell’uomo, riempiendoli di visioni di lupi e uomini, aiutando, sperava, a rendere più facile per Gabe accettare chi e che cosa fosse.

Ah, Dio, Gabe era eccitato. Mika guardò attraverso gli occhi socchiusi mentre l’uomo si toccava il pene nel sonno. Lievi rumori provenivano dalle sue labbra mentre la sua mano si agitava sempre più insistentemente, muovendosi e strofinando fino a quando l’odore del pre-orgasmo raggiunse il naso sensibile di Mika. Dovette resistere al desiderio di trasformarsi e di andare dal suo compagno. Era ancora troppo presto e aveva veramente bisogno che il liquido della flebo entrasse nel suo corpo. Le traversie che aveva passato lo avevano quasi messo fuori combattimento. Diede un colpetto con il muso a Gabe, cercando di svegliare la figura che dormiva prima di perdere la sua forza di volontà e di fare qualcosa di stupido, tipo mutare e liberare il pene teso di Gabe dai suoi jeans, prendendolo in profondità nella sua gola… Colpì con più forza Gabe, poi lasciò che i suoi occhi si chiudessero.

Una volta che Gabe riuscì ad alzarsi e a uscire dalla stanza, Mika si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo che fu, però, di breve durata quando sentì Gabe gemere e si immaginò il suono della pelle che si muoveva mentre il suo compagno si accarezzava fino all’orgasmo. La visione del suo compagno, i suoi capelli castani con le ciocche bagnate, i suoi occhi verdi chiusi mentre si massaggiava e i suoi forti muscoli si irrigidivano sotto la sua pelle bronzea quando arrivava l’orgasmo—beh, maledizione.

Quell’immagine fu quasi troppo; sentì che stava cominciando a mutare, diviso tra correre da Gabe e probabilmente rovinare tutto, o avere un po’ di pazienza e riuscire poi ad avere tutto. Non era mai stato così difficile per lui controllare il suo mutamento come quando aveva sentito il suo compagno urlare quando era venuto. Mika bloccò ogni articolazione del suo corpo e concentrò ogni sua stilla energia sul fatto che doveva restare nella forma di lupo.

Diede un’occhiata alla sacca delle flebo. I liquidi, così come la sua capacità di guarire velocemente in quanto mutante, avrebbero presto reso qualsiasi altro trattamento non necessario. Si stava già sentendo meglio, e una parte di lui sembrava essersi completamente ripresa—il suo pene era duro come una barra di acciaio. Una volta terminata quella sacca, avrebbe dovuto mutare e pensare a un buon piano, perchÈ non c’era nessuna possibilità che lui potesse stare lontano dal suo compagno se Gabe avesse deciso di accarezzarsi di nuovo.

* * * *

Gabe pensò di portare il sacco a pelo e il cuscino in lavanderia per stare con il lupo in modo da poter controllare facilmente la flebo durante la notte. Si sentiva quasi obbligato a stare con lui e quello lo mandava un po’ fuori di testa. Aveva sempre avuto una forte affinità con i cani, ma quello era diverso e non solo perchÈ era un lupo. Era diverso per qualche forza interiore, come se qualcosa dentro di lui entrasse in risonanza con qualcosa dentro al lupo.

E c’era la scarica di rabbia che aveva provato quando Adam aveva toccato il lupo. Alla fine, quello era il motivo per cui Gabe evitò di dormire in lavanderia. Non capiva cosa sentisse, perchÈ si stesse sentendo così…legato al lupo. Abbiamo sempre paura di quello che non capiamo, pensò, e in quel caso, era la pura verità.

Con gli occhi annebbiati, aveva percorso a tentoni il corridoio fino alla lavanderia per tre volte nel bel mezzo della notte. Ogni volta il lupo lo aveva guardato con quegli imperturbabili occhi color whisky. Gabe poteva sentirli che lo stavano osservando, sentirli sulla sua pelle come una carezza. Era strano e non sapeva come comportarsi.

Quando Gabe si svegliò al suono della sveglia per la quarta e ultima volta, si fece sfuggire un lamento per la grande stanchezza. Si sentiva come se non avesse dormito per nulla, nemmeno quelle poche ore che era riuscito a farlo. Quel poco sonno era stato riempito dai sogni sensuali di un uomo dai capelli scuri con caldi occhi castani e il sedere più dolce che avesse mai visto. Le visioni dell’uomo si confondevano con quelle del lupo per poi tornare nuovamente all’uomo. Un nome, Mika, era uscito dalle labbra dell’uomo con una voce calda e sensuale. Mika, Mika… Non era un nome a cui aveva mai pensato, e non potÈ fare a meno di domandarsi dove la sua mente fosse stato in grado di trovarlo.

L’intera esperienza era stata strana e Gabe immaginò che uno psichiatra avrebbe avuto pane per i suoi denti con l’analisi dei suoi sogni se mai gliene avesse dato la possibilità. Scrollandosi di dosso le sue preoccupazioni sul fatto di aver sognato di fare sesso—un sesso veramente, veramente sconvolgente—con un uomo che poteva trasformarsi in un lupo, gettò via le coperte.

La sua erezione mattutina gli stava facendo veramente male, e pensò seriamente di alleviarla prima di controllare il lupo, ma non poteva giustificare la ricerca del proprio piacere a spese di un altro. Pur sapendo che era sciocco, indossò i suoi boxer in un tentativo di coprire la sua erezione mattutina. Gli sembrò solamente strano andare a prendersi cura del lupo con un uccello duro come il marmo.

Aprì la porta della lavanderia, sorridendo in anticipo prima di vedere il lupo. Si bloccò sulla soglia. La sacca della flebo era vuota, la cannula sul pavimento, l’ago con ancora una piccola macchia di sangue non era attaccato al lupo. PerchÈ il lupo era scomparso.

“Ma che diavolo?” disse irrompendo nella stanza, cercando freneticamente qualsiasi segnale di cosa fosse accaduto al lupo. Non poteva essere uscito; l’unica porta era quella da cui era entrato e che portava in casa. Perciò dove diavolo era finito il lupo? E perchÈ aveva la sensazione che qualcosa di vitale gli fosse stato strappato?

Ispezionò la casa, cercando il lupo o qualche sua traccia, ma non trovò nulla. Poi si ricordò che la finestra della sua camera era rimasta aperta; la fresca brezza serale era stata troppo rilassante per resistere. La zanzariera tuttavia era stata bloccata. Non c’era modo per cui il lupo fosse stato in grado di aprire la serratura. Se il lupo fosse passato attraverso la finestra l’animale avrebbe rotto sicuramente la zanzariera. E quello lo avrebbe sicuramente svegliato. Corse fuori, notando che le porte della casa erano completamente chiuse ma non a chiave—lui raramente le chiudeva a chiave. Tuttavia, non era probabile che il lupo fosse stato in grado di aprirle. C’era bisogno dei pollici per cose di quel tipo.

Colpendo il terreno coi piedi nudi mentre correva, controllò il garage, le cucce e qualsiasi posto che potesse venirgli in mente. Nulla, pensò, sentendosi stranamente in lutto. Non c’era traccia del lupo da nessuna parte. Si sedette sui gradini della veranda, arrabbiato, con le lacrime che gli bruciavano gli occhi. Doveva smettere di comportarsi come una femminuccia, maledizione. Poi un freddo terrore lo travolse. E se lo sceriffo fosse entrato proprio mentre dormiva e avesse rubato il lupo? Non sembrava probabile. Lo sceriffo avrebbe fatto a pezzi il lupo perchÈ lui lo scoprisse. Tuttavia, era ancora l’unica possibilità che gli venisse in mente. Si alzò e andò dentro a chiamare Todd.

“Sì?” rispose Todd. Gabe si diede una manata in fronte. Si era dimenticato che aveva fatto il secondo turno. Non che quello lo avrebbe comunque fermato dal chiamarlo e svegliarlo.

“Todd, scusami amico, mi dispiace svegliarti. Però qui c’è un problema.” Chiuse gli occhi cercando di bloccare i suoi pensieri pieni di panico mentre Todd si schiariva la gola.

“Che succede, Gabe?” Incredibile come l’uomo passasse dal sonno allo stato di massima allerta in una questione di pochi secondi.

“Mi sono svegliato questa mattina e il lupo…è…scomparso.” Gli spiegò gli avvenimenti del mattino, rispondendo alle domande di Todd nel miglior modo possibile. Quando ebbe finito di ricapitolare la storia, entrambi gli uomini restarono in silenzio per un po’ mentre consideravano le diverse possibilità.

“Mi sto chiedendo se ti stai domandando se Kaufman abbia qualcosa a che fare con questo?”

“Non so cosa pensare, Todd. Non sembra abbastanza crudele per essere opera sua, ma, merda, riesci a immaginare qualcosa di diverso?” PerchÈ lui non ci riusciva, a meno che il lupo si fosse alzato in piedi e se ne fosse andato da solo. Quell’immagine gli provocò un brivido lungo la spina dorsale, le visioni dei sogni erotici della notte precedente gli balenarono in testa. Che diavolo? Pizzicandosi il naso tra pollice e indice, obbligò i suoi pensieri a non divagare dal problema del lupo scomparso.

“Beh, hai visto qualche traccia degli pneumatici del furgone dello sceriffo, qualche impronta che gli appartenga? E lo sceriffo non avrebbe avuto bisogno di aiuto se avesse preso l’animale? Voglio dire, ci son voluti due uomini forti per caricarlo nel tuo furgoncino.” Oh. Forse se non avesse sofferto per la mancanza di sonno ci avrebbe pensato da solo.

“Ci deve essere stato un modo per cui il lupo è riuscito a uscire da solo, Gabe. Era piuttosto grosso; forse ha spinto la maniglia della porta così forte perchÈ si girasse. O forse l’ha girata con la bocca; ho visto farlo in TV. Hai trovato qualche sua impronta fuori?”

Gabe ebbe il desiderio di alzare gli occhi al cielo per questi suggerimenti, ma poi pensò agli occhi del lupo, all’intelligenza che sentiva bruciare dietro di essi. Chi era lui per dire che il lupo non fosse stato in grado di girare il pomello? E quello lo fece stare malissimo, perchÈ significava che il lupo lo aveva lasciato, se ne era andato da lui, per davvero. PerchÈ gli faceva così male? Si massaggiò il dolore che sentiva nel petto.

“Non ho visto alcuna traccia, ma non sono il miglior cercatore di tracce al mondo. Non so quante ne avrebbe lasciate se fosse rimasto sull’erba. Probabilmente nessuna che sarei mai stato in grado di trovare.” Maledizione.

“Sai che ti dico, Gabe? Posso passare più tardi dal veterinario, prima sono di turno, e chiedere al dottore qualcosa sul tuo lupo scomparso, vedere se pensa che potrebbe essere scappato. Forse avrà anche qualche idea sul come trovarlo. Forse il lupo si è diretto verso il suo territorio nativo. Non che non abbia avuto una buona accoglienza qui.”

L’idea di non poter vedere più il lupo gli strinse lo stomaco. Cercò di attribuirlo alla preoccupazione per la salute del lupo, e non era del tutto falso. Non era per nulla al sicuro lì, con lo sceriffo Kaufman e la sua contorta visione del controllo degli animali, e anche se Gabe fosse riuscito a trovare un modo per far stare il lupo lì, non sarebbe mai stato al sicuro. No, a meno che non avvenisse qualche cambiamento nella città di Shasta, il che non sarebbe accaduto, quantomeno subito, perciò il lupo doveva essere riportato nel suo territorio.

Si rese conto che l’idea di trovare il lupo, solo per liberarlo in un posto più sicuro e non vedere più di nuovo quella magnifica creatura non lo faceva sentire per nulla meglio. Era sbagliato, sapeva che era sbagliato, voler tenere il lupo per sÈ. Solo che proprio non riusciva a togliersi quella sensazione che il lupo fosse suo, il che era proprio una stronzata. Il lupo era una meravigliosa creatura selvatica e non apparteneva a nessuno. Forse in qualche modo appartengo a lui, pensò Gabe. E quello fu proprio un pensiero strano.

Terminò la telefonata e si diresse di corsa verso la sua camera per vestirsi. Gli altri cani salvati avevano ancora bisogno di essere accuditi e aveva passato troppo tempo nell’infruttuosa ricerca del lupo fuggito. Perso nei pensieri sulle faccende da sbrigare e sul lupo, si diresse verso la sua camera, l’erezione mattutina svanita e dimenticata mentre cercava di mettere da parte le sue sensazioni di abbandono e di concentrarsi su quello che doveva essere fatto. Aprì di scatto un cassetto, frugando tra i mucchi di vestiti piegati frettolosamente.

“Dove sono le mie maledette felpe? Erano qui, almeno lo credevo…” Borbottando per la frustrazione, infastidito con sÈ stesso e con il lupo, fu colto alla sprovvista da un forte bussare alla porta principale—così forte che si chiuse le punte delle dita nel cassetto mentre lo chiudeva.

“Ahi! Merda!” Chi diavolo bussa alla mia porta a quest’ora del mattino? L’unica persona a cui potÈ pensare fu lo sceriffo Kaufman, e quello gli fece uscire un gemito accompagnato da alcune imprecazioni. Ci stava; quella mattina era già stata una schifezza. Una visita di Kaufman ci sarebbe stata proprio bene. Aprì la porta d’ingresso pronto a incontrare lo sceriffo e a riversargli un po’ della sua frustrazione. Invece un respiro sorpreso uscì dai suoi polmoni.

In piedi sulla veranda—e non erano quelle le sue felpe scomparse? E la sua maglietta del concerto degli Alice In Chains? —c’era l’uomo che aveva sognato la scorsa notte. Era meraviglioso in ogni centimetro della sua persona, con capelli neri lunghi fino alle spalle che abbellivano il suo volto cesellato, grandi occhi marroni, naso aquilino, e labbra piene e sensuali. Gabe sentì il suo uccello irrigidirsi per il desiderio, spingendo contro l’elastico dei suoi boxer, cercando di uscire, e vide l’improvvisa fiamma dalle narici dell’uomo del sogno, come se potesse sentire che Gabe si era eccitato. Distolse lo sguardo dal volto dell’altro uomo, lo abbassò—e trattenne un sussulto. Lì, attorno al suo collo, proprio sopra il colletto della maglietta…

“Ma che diavolo?” borbottò con voce strozzata. Il suo cervello elaborò all’impazzata l’informazione delle ferite quasi guarite sul collo dell’uomo, la sensazione di familiarità lo travolse. Piccoli puntini neri apparvero davanti ai suoi occhi. Gesù, doveva essere completamente impazzito.

“Chi sei tu?” riuscì a dire, sentendosi leggero e fuori fuoco, i suoi occhi fissi su quelle sbiadite ferite familiari. Non può essere, non può essere…

“Sono Mika,” rispose l’uomo, la sua profonda voce rombante riempì la mente di Gabe con uno strano ronzio mentre cercava di combattere l’oscurità che lo stava travolgendo.

Merda! Mika si gettò verso la soglia per cercare di impedire che Gabe si rompesse la testa, riuscendo a malapena ad afferrarlo prima che colpisse il pavimento. Non era andata proprio come aveva pianificato, era decisamente chiaro. Non che avesse l’idea romantica che il suo compagno lo avrebbe guardato per poi gettargli le braccia al collo e giurargli amore eterno in modo che potessero copulare come conigli. No, quella era solo una fantasia, ma veramente non si era aspettato quello.

Mika aveva pensato alle varie possibilità, solo per scoprire che non ne aveva nessuna. Senza abiti, denaro o mezzi di trasporto—tutto quello che aveva posseduto era ancora nella terra del suo ex branco—Mika semplicemente non aveva saputo che altro fare. Era sgattaiolato dentro la camera di Gabe mentre dormiva e aveva preso in prestito alcuni vestiti. Aveva desiderato così tanto toccare Gabe mentre era disteso. Era stupendo, tutto muscoli lunghi e tesi e pelle tirata. Non si era permesso di guardarlo troppo a lungo, timoroso che avrebbe ceduto al bisogno di toccarlo. Stupidamente, come sembrava ben chiaro ora, aveva deciso che un approccio diretto era l’unica scelta che aveva.

“Forse avrei dovuto pensare a un altro modo.” Certamente avrebbe potuto pensare a qualcosa di diverso…solo che non voleva lasciare quel posto, quell’uomo a lungo abbastanza per formulare un piano alternativo. E ora era troppo tardi; lo aveva già spaventato a morte.

Lo portò in camera e si sedette sul letto, la schiena appoggiata alla testiera, cullandolo nel suo grembo. Stava così bene, disteso e stretto contro il suo petto. Mika vide i suoi occhi aprirsi, lo sentì irrigidirsi e cominciare a spingerlo via. Levò velocemente le sue braccia, sentendo una stretta al cuore quando il suo compagno si allontanò velocemente da lui per restare tremante dall’altra parte del letto. I loro sguardi si incontrarono e dovette lottare con se stesso per non avvicinarsi a lui e alleviare la paura che vedeva riflessa in quei sospettosi occhi verdi.

Non sapeva cosa fare per calmare il nervosismo dell’uomo. Cercare di mettersi nei panni di Gabe si stava rivelando difficile con il desiderio che pulsava in tutto il suo corpo. Doveva trovare un modo per far capire la situazione al suo compagno, senza però terrorizzarlo. Le sue mani stavano tremando per il timore di rovinare tutto. Incontrando lo sguardo di Gabe, fece un profondo respiro e aspettò.

“Fammi vedere la tua schiena,” ordinò Gabe, le braccia incrociate mentre aspettava che lui eseguisse i suoi comandi.

Mika lo fissò, desiderando che accettasse la realtà di quello che stava per vedere. Si sporse in avanti dalla testiera, si levò la maglietta presa a prestito e poi si piegò fino a quando la pancia quasi gli toccò le cosce, osservando sempre il suo compagno. Vide la bocca dell’uomo aprirsi fino a formare una ‘o’ molto carina, sentì uno stupito ‘oh merda’ mentre Gabe sollevava una mano per seguire dolcemente il punto dove un proiettile si era fatto largo tra la pelle e i tessuti. Il calore di quella dolce carezza gli fece sfuggire un gemito prima che riuscisse a fermarlo. Invece di allontanarlo come aveva temuto, Gabe lasciò che il suo palmo riposasse sopra la ferita, accarezzando la pelle corrugata alcune volte con la punta delle dita.

La logica lottò contro il desiderio. Il suo uccello era così duro da fargli veramente male. Poteva sentire l’umidità fuoriuscire dalla punta, il calore del fluido quasi bruciare la pelle dove arrivava mentre il suo pene pulsava a ogni battito. Sforzandosi di allontanare i pensieri delle reazioni del suo corpo verso il suo compagno, rimase perfettamente immobile, aspettando di vedere quale sarebbe stata la mossa successiva di Gabe. Quando non fu più in grado di reggere il silenzio, si allungò per afferrare il braccio di Gabe, tenendogli il polso prima di sedersi di nuovo contro la testiera.

“Per favore, Gabriel. Siediti con me. Prometto di fare del mio meglio per spiegarti.”

Gabe si liberò il polso ed esitò per un momento così lungo che Mika temette che avrebbe dovuto pregarlo. Chiudendo gli occhi per il dolore del suo uccello pulsante, sapeva che giunto a quel punto lo avrebbe supplicato. Avrebbe fatto qualunque cosa per tenere il suo compagno vicino a lui. Diavolo. Per tenerlo. Punto. Questa attrazione tra compagni era molto più forte di quanto avrebbe mai pensato potesse essere—e molto più spaventosa a causa della sua intensità.

Aprendo gli occhi, Mika si rese conto che Gabe stava fissando l’asta rigida che stava tendendo i suoi vestiti, provocandogli un malessere non da poco. Gemette quando il suo uccello rispose all’ispezione di quei bei occhi verdi.

“Gabe, non puoi guardarmi in questo modo e aspettarti che io mi possa concentrare sul parlare,” borbottò. Gabe rialzò il suo sguardo verso quello di Mika e divenne di un rosso brillante. Dio, il suo compagno era stupendo, seduto lì con le labbra leggermente aperte, l’imbarazzo che lo travolgeva. Il pomo di Adamo di Gabe andò su e giù un paio di volte prima che fosse in grado di parlare.

“È solo che …ecco, quell’uccello è così…distraente,” borbottò Gabe, lanciando un’altra occhiata veloce verso la parte del corpo di cui stavano parlando.

Mika cercò di trattenere una risatina. Quindi il suo uccello lo distraeva? Beh, era sicuramente bello sapere che non era il solo travolto dalla lussuria. Gli dava speranza che Gabriel fosse attirato da lui quanto lui lo era verso il suo compagno. Avrebbe cercato di spiegargli quanto più poteva, ma se non ci fosse riuscito, forse il desiderio che scorreva vorticoso tra lui e Gabe gli avrebbe dato un modo per legare l’uomo a sÈ. Le parole prima dell’azione, però, almeno in quel caso.

“Gabriel—”

“Cosa sei?” Quegli occhi acuti lo fissarono, bloccandolo sul posto e fermandogli il respiro. Nonostante sapesse che doveva rispondere a quella domanda, esitò. Sarebbe stato meglio dire a Gabe il più possibile, chiaro, ma quanto? Quanto poteva dire al suo compagno prima che Gabe sbroccasse di nuovo o prima che gli domandasse di andarsene? Dopo tutto se il suo stesso branco non lo voleva, perchÈ avrebbe dovuto volerlo il suo compagno? La paura avvolse e gli bruciò lo stomaco mentre combatteva per trovare una risposta che non allontanasse Gabe.

“Sei certo di voler sapere la risposta?” PerchÈ sapeva bene che, una volta dette, le parole non potevano essere ritirate. Guardò il suo compagno tremare, sentì la sua paura e la confusione espandersi sulla sua pelle. Mika non riuscì a fermare il modo di orgoglio che provò quando Gabe abbassò le spalle, si sedette diritto e lo guardò come se fosse preparato per qualsiasi risposta potesse arrivare.

Devo sapere la risposta.” Lo sguardo di Gabe lo esaminò, esitando solo brevemente sul rigonfiamento del suo inguine, poi tornò verso il suo viso. “Tu c’eri, in qualche modo, nei miei sogni…” Allungò la mano verso la sua guancia, fermandosi all’ultimo secondo e lasciando ricadere la mano sul letto.

Come poteva sentire la perdita di un tocco che non era avvenuto? Allungò la mano verso quella di Gabe, le punte delle sue dita indugiarono sulla sua pelle calda prima di stringerla. Questa volta il suo compagno non si allontanò e lui non riuscì a bloccare la scintilla di speranza che brillava dentro di sÈ.

“Hai una vaga idea di quello che sono, vero?” disse, accarezzando gentilmente il polso di Gabe con il pollice, incapace di resistere a quel piccolo conforto. Anche quel casto tocco riscaldò il suo sangue. Si spostò leggermente, cercando di alleviare la pressione nei suoi testicoli. Le sue palpebre si abbassarono mentre osservava Gabe. Sentì la sua eccitazione, consapevole del disagio che faceva sì che l’uomo si contorcesse dove era seduto. Il pene del suo compagno era duro e bagnato proprio come il suo; poteva vedere la macchia umida espandersi sui suoi boxer tesi. Dio, quell’uomo gli stava rendendo difficile pensare coerentemente.

“Forse dovrei prendermi cura di quello prima,” si offrì, facendo scivolare la mano dal braccio di Gabe sulla sua coscia, risalendo lentamente, sfiorandogli leggermente il pene. Gabe gemette prima di afferrare la mano con la sua, sollevando prima i suoi fianchi, poi spingendo via la mano di Mika.

“No, non possiamo, non posso… devo sapere cosa sta succedendo qui, Mika. Per favore, aiutami a capire. Voglio dire, c’era un lupo, e poi questi sogni, e ora tu sei qui e tutto questo è maledettamente incredibile! Aiutami a capirlo.”

Lo sguardo caldo di Gabe conteneva una preghiera silenziosa che Mika non potÈ ignorare. Annuì lentamente, poi portò la sua mano sotto quella di Gabe, intrecciando le loro dita. Era lacerato sul cercare di decidere quanto dire al suo compagno. Se l’uomo fosse stato un mutante sarebbe stato tutto molto più facile. Quasi scoppiò a ridere per quello; avrebbe dovuto ben sapere che nulla sarebbe stato più facile da quel momento in poi.

Non avrebbe mentito a Gabriel, ma preferiva semplificare le spiegazioni, darsi del tempo per conquistare la fiducia del suo compagno. Indipendentemente dal fatto che fossero compagni, e quindi legati l’uno all’altro, si rendeva conto che voleva che Gabe lo amasse, come individuo. Era diviso tra rivelare tutto e rivelare solo quello che era necessario, perchÈ ora che Gabe era qui, non credeva che sarebbe stato in grado di sopravvivere ancora da solo—e che era un fardello troppo grande da porre sulle spalle dell’altro uomo.

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Yaş sınırı:
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Litres'teki yayın tarihi:
31 aralık 2021
Hacim:
197 s. 13 illüstrasyon
ISBN:
9781802500868
Tercüman:
Telif hakkı:
Tektime S.r.l.s.
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