Kitabı oku: «Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C.», sayfa 2

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6. Agatone e altri poeti

I frammenti agatonei rappresentano per la maggior parte massime di carattere morale. Il contenuto sentenzioso si ritrova in termini simili anche in altri poeti tragici: per il fr. 3, cfr. Aeschyl. fr. 313 Radt; per il fr. 5, cfr. Soph. Aj. 377s.; Tr. 743s.; per il fr. 7, cfr. Eur. fr. 1070 Kannicht; per il fr. 9, cfr. Eur. fr. 396 Kannicht; per il fr. 12, cfr. Eur. fr. 1036 Kannicht; per il fr. 14, cfr. Eur. fr. 199 Kannicht; per il fr. 20, cfr. Trag.adesp. fr. 717 Kannicht–Snell; per il fr. 26, cfr. Eur. Hipp. 967–969; per il fr. 27, cfr. Eur. fr. 200 Kannicht. Troviamo un esempio di ‘dialogo agonale’ (HGL I p. 52) tra poeti tragici nel caso del fr. 4: il diretto antecedente di Agatone è il fr. 382 Kannicht dal Teseo di Euripide, e sia il frammento euripideo che quello agatoneo sono il modello del fr. 6 Snell–Kannicht di Teodette. Il prologo delle Tesmoforiazuse aristofanee è inoltre un esempio della ricezione comica delle scelte poetico–musicali di Agatone, e conferma inoltre la vicinanza della produzione agatonea a quella euripidea (testt. 4. 14. 21. 25).

7. Ricezione e fortuna

Nonostante si sia conservata una minima parte della sua opera poetica, Agatone continua a rappresentare un affascinante oggetto di studio anche a causa della fortuna da lui riscossa nel panorama letterario dell’Atene classica e nella tradizione successiva. I testi decisivi per interpretare il successo di Agatone nell’antichità e oltre sono le Tesmoforiazuse di Aristofane, il Simposio di Platone e la Poetica di Aristotele.

Le opere di Aristofane e Platone testimoniano e riflettono la fama e il fascino esercitato dalla figura del tragediografo tanto sulla propria generazione (Aristofane) quanto su quella successiva (Platone). Al tempo stesso, è evidente il carattere paradigmatico del loro Agatone. Gli elementi più incisivi delle due rappresentazioni sono l’aspetto fisico del poeta, di cui si enfatizza la bellezza e la gioventù (con tutte le implicazioni omoerotiche del caso), e la sua preparazione retorica, improntata agli insegnamenti di un retore professionista quale Gorgia. L’Agatone letterario rappresenta dunque delle categorie: il giovane eromenos bello e raffinato; la generazione educata alla retorica dai sofisti; gli innovatori nel campo musicale; i nuovi poeti tragici, che stavano subentrando ai grandi autori del V sec. a.C. Pertanto, oltre ad avere una fondamentale funzione di testimonianza, Aristofane e Platone sono stati decisivi nel tramandare ai posteri un Agatone inteso come figura simbolica. Gli stessi scolî, ultima traccia a noi rimasta degli studi filologici condotti dagli antichi eruditi, mostrano chiaramente che la maggior parte delle informazioni da loro fornite su Agatone dipendono dalle commedie di Aristofane e dal Simposio di Platone (vd. testt. 8c*. 5. 6).

Nell’opera di Eliano (tra II e III sec. d.C.; vd. testt. 15. 16. 22) sono tramandati a proposito di Agatone diversi aneddoti ambientati in Macedonia e di contenuto erotico, erotico–simposiale e retorico. Non è possibile datare l’origine di questa tradizione macedone, tuttavia la coincidenza delle tematiche con i tratti salienti attribuiti all’Agatone aristofaneo e platonico lascia pochi dubbi sul fatto che i due testi di epoca classica abbiano influenzato anche l’aneddotica. In generale, negli autori di II–III sec. d.C. – forse in virtù degli interessi retorici coltivati nell’ambito della Seconda Sofistica – il nome del poeta tragico ricorre con relativa frequenza come esempio paradigmatico e spesso negativo di uomo, o talvolta più precisamente retore, raffinato ed effeminato. Tracce di questa cristallizzazione della figura di Agatone nel ruolo di effeminato e omosessuale passivo si notano già in un epigramma attribuito (forse erroneamente) a Platone, dove Agatone è il nome scelto per l’amato (vd. test. 14). Nel II–III sec. d.C. la citazione del tragediografo avviene tendenzialmente nell’ambito della letteratura simposiale o della trattatistica retorica (Plutarco, Ateneo, Luciano, Massimo di Tiro, Ermogene, Filostrato; vd. testt. 12. 13. 14); in questo caso, sembra che il testo di riferimento sia il Simposio di Platone. Ancora nel IV sec. d.C. il nome di Agatone compare in un elenco di uomini effeminati stilato dal retore Libanio. Poiché in questo contesto il poeta è associato ad altre figure che ricorrono nella commedia antica, Libanio deve aver recepito lo stereotipo di Agatone omosessuale attraverso l’opera di Aristofane.

Nell’ambito della letteratura latina, si tramandano due versi di una satira menippea di Varrone (II–I sec. a.C.) intitolata Agatho (vd. test. 12). Il contenuto del frammento superstite sembra avvalorare l’ipotesi di un riferimento nel titolo all’Agatone del Simposio platonico, assunto come esempio paradigmatico del giovane ricco e ciononostante desideroso di seguire gli insegnamenti dei sapienti.

Agatone è citato anche nel Purgatorio di Dante (XXII 107): insieme ad altri illustri poeti dell’antichità, il tragediografo si trova nel primo cerchio dell’Inferno, nel Limbo. La ricezione non è avvenuta in questo caso attraverso Aristofane o Platone, bensì attraverso Aristotele, conosciuto da Dante grazie ai commenti aristotelici di Tommaso d’Aquino. Lo stagirita esprime un’alta opinione dell’attività poetica di Agatone, e infatti nell’opera dantesca questi compare tra i grandi poeti dell’antichità.1

Agatone è inoltre il nome del protagonista del romanzo di formazione Geschichte des Agathon (pubblicato per la prima volta in due volumi nel 1766–1767) di Christoph Martin Wieland (1733–1813), esponente di rilievo della cultura illuminista tedesca. La storia è ambientata nel mondo greco–mediterraneo nel periodo a cavallo tra V e IV sec. a.C. Per dichiarazione dell’autore, la figura del protagonista è ispirata soprattutto al personaggio di Ione dell’omonima tragedia euripidea. Tuttavia, per quanto riguarda alcuni caratteri fondamentali del suo Agatone (a partire dal nome), Wieland riconosce di essersi ispirato proprio alla figura tratteggiata da Platone.2 A distanza di secoli, l’immagine del giovane poeta καλòς καὶ ἀγαθός e desideroso di seguire le orme dei sapienti non ha cessato di esercitare il suo fascino.

8. Studi moderni sui frammenti

I frammenti di Agatone sono stati editi diverse volte a partire dalla prima metà del XVII sec.:

 Grotius, H., Excerpta ex tragœdiis et comœdiis Graecis, Parigi 1626, pp. 436–439;

 Ritschl, F.W., Commentationis de Agathonis vita, arte et tragoediarum reliquiis particula, Halis Saxonum 1829 (pubblicazione dei soli capitoli dedicati alla cronologia, ossia i capitoli V–VII, e delle Sententiae controversae);

 Welcker, F.G., Die griechischen Tragödien, vol. 3, Bonn 1841, pp. 989–1006;

 Kayser, W.C., Quaestionum tragicarum pars 1: fragmenta Agathonis collecta, Sorau 1845;

 Martini, C.B., De tragoedia Agathonis pauca quaedam disputavit et fragmenta poetae edidit, Deutsch–Crone 1846;

 Wagner, F.W., Poetarum tragicorum Graecorum fragmenta, vol. 3, Bratislava 1848, pp. 73–83;

 Reichardt, R., De Agathonis poetae tragici vita et poesi, Ratibor 1853;

 Nauck, A., Tragicorum Graecorum fragmenta, Leipzig 1889 (1856), pp. 592–596;

 Snell, B.–Kannicht, R., Tragicorum Graecorum fragmenta, vol. 1, Editio correctior et addendis aucta curavit Richard Kannicht, Göttingen 1986 (1971).

Un lavoro fondamentale sulla produzione agatonea condotto sulla base dei frammenti è pubblicato da W. Rhys Roberts nel 1900, Aristophanes and Agathon («JHS» [20], pp. 44–56). Nella prima metà del XX sec. si riscontra una particolare attenzione per la tragedia di argomento non mitologico Antheus/Anthos, con la pubblicazione degli articoli The Anthus of Agathon di S.M. Pitcher (1939, in «AJPh» [60.2], pp. 145–169) e L’Anteo di Agatone di C. Corbato (1948, in «Dioniso» [11], pp. 163–172). Un picco d’interesse per i frammenti nel loro complesso si registra negli anni ‘50, in particolare nel biennio 1955–1956. Nel 1955 è pubblicata la monografia Agathon di P. Lévêque, suddivisa in due parti corrispondenti rispettivamente alla vita e all’opera del poeta. La vita è ricostruita per temi (origini, vita privata, attività artistica, trasferimento alla corte di Pella) sulla base delle diverse testimonianze. Lo stesso tipo di approccio è adottato nella trattazione dell’opera: testimonianze e frammenti sono utilizzati per la ricostruzione delle singole tragedie e per la trattazione delle scelte drammatiche, stilistiche e metrico–musicali del poeta. Non tutti i frammenti trovano però spazio nell’opera di Lévêque. Sempre nel 1955 è pubblicato in «Dioniso» 18 l’articolo Le tragedie di Agatone di I. Machina: si tratta di un’analisi complessiva dei frammenti unita al tentativo di ricostruire il contenuto delle opere di Agatone. Un’impostazione simile si riscontra nell’articolo di I. Waern, Zum Tragiker Agathon, pubblicato l’anno seguente in «Eranos» 54, che ripropone i 31 frammenti dell’edizione Nauck, accompagnati da una traduzione in tedesco e seguiti da un commento sintetico, teso a riassumere le caratteristiche linguistiche, metriche e stilistiche dei versi. Nel 1958, un articolo in lingua giapponese di R. Takebe (Agathon, the Tragic Poet, in «JCS» [6], 33–46) tratta alcuni frammenti di Agatone parallelamente a passaggi delle opere di Gorgia, ed evidenzia i legami stilistici tra i due autori.1 Più recentemente, nel 1991, il lavoro di un gruppo di filologi di Gottinga ha prodotto un’edizione bilingue greco antico/tedesco di una scelta delle testimonianze e dei frammenti dei TrGF voll. 1–2, accompagnata da note critiche (Musa tragica. Die griechische Tragödie von Thespis bis Ezechiel); per Agatone sono selezionati 13 testimonianze e 22 frammenti.

Testimonianze
I. La vita
I.1. Identità, cronologia e carriera (testt. 1–6)

Test. 1 (1 S.–K.)

Ath. V 216f–217a. 217a–b. b. c

216f–217a Ἀριστίων, ἐφ’ οὗ (a. 421/420) τὸ συμπόσιον (Xenophontis) ὑπόκειται συνηγμένον, πρὸ τεσσάρων ἐτῶν Εὐφήμου πρότερος ἦρξεν, καθ’ ὃν Πλάτων τὰ Ἀγάθωνος νικητήρια γέγραφεν

217a–b ὅτε γὰρ Ἀγάθων ἐνίκα, Πλάτων ἦν δεκατεσσάρων ἐτῶν. ὃ μὲν γὰρ ἐπὶ ἄρχοντος Εὐφήμου στεφανοῦται Ληναίοις (a. 416), Πλάτων δὲ γεννᾶται ἐπὶ Ἀπολλοδώρου (a. 430/429)

217b ἀπὸ δὲ Ἀπολλοδώρου καὶ τῆς Πλάτωνος γενέσεως τεσσαρεσκαιδέκατός ἐστιν ἄρχων Εὔφημος, ἐφ’ οὗ τὰ ἐπινίκια Ἀγάθωνος ἑστιῶνται.

217c ὅτι δὲ πολλὰ ὁ Πλάτων παρὰ τοὺς χρόνους ἁμαρτάνει δῆλόν ἐστιν ἐκ πολλῶν.

216f–217b Aristione, durante il cui arcontato [421/420 a.C.] si colloca lo svolgimento del simposio [di Senofonte], fu magistrato quattro anni prima di Eufemo, al tempo del quale Platone ha scritto che avvennero i festeggiamenti per la vittoria di Agatone

217a–b quando Agatone vinse, Platone aveva quattordici anni. Il poeta fu infatti incoronato vincitore alle Lenee sotto l’arcontato di Eufemo [416 a.C.], mentre Platone nacque sotto l’arcontato di Apollodoro [430/429 a.C.]

217b dall’arcontato di Apollodoro e dalla nascita di Platone, Eufemo è il quattordicesimo arconte, sotto il quale si festeggia con un banchetto la vittoria di Agatone.

217c che Platone faccia parecchi errori di cronologia, è chiaro da molti passi.

Interpretazione

Nel V libro dei Deipnosofisti Ateneo riferisce l’argomentazione proposta polemicamente da uno dei convitati, Masurio, contro le testimonianze a sostegno del valore militare di Socrate, attingendo a un filone di tradizione antiplatonica.1 Masurio discute la cronologia di alcuni eventi attribuiti alla vita di Socrate da Senofonte e Platone in opere filo–socratiche per dimostrare l’incoerenza delle loro informazioni, e considera le difficoltà cronologiche poste dal confronto tra il Simposio senofonteo e il Simposio platonico. Nell’argomentazione volta a smentire le notizie filo–socratiche, Masurio (V 216f) fissa i festeggiamenti per la vittoria di Agatone nel Simposio platonico sotto l’arcontato di Eufemo (417/416 a.C.) in occasione delle feste Lenee, che si tenevano nel mese attico di Gamelione, corrispondente a gennaio/febbraio.2 Diversamente dal testo di Platone (vd. test. 2), qui non si definisce la vittoria come la prima del poeta tragico.3 Stabilito che gli eventi narrati dal Simposio platonico si collocano durante l’arcontato di Eufemo, Masurio contesta l’attendibilità della testimonianza di Platone, che, nato sotto l’arcontato di Apollodoro (430/429 a.C.), appena quattordicenne al tempo dei festeggiamenti, non vi avrebbe preso parte (V 217a–c), ma avrebbe raccolto il racconto degli eventi solo molti anni dopo.

Sulla base di Ateneo, si è propensi a datare la vittoria di Agatone all’anno 417/416 a.C.; tuttavia, nonostante il riferimento alle Lenee, che pone l’evento nel gennaio del 416, parte della critica si è convinta ad attribuire la vittoria di Agatone all’agone delle Grandi Dionisie del marzo del 416.4 Come proposto da Lévêque, l’attribuzione dello svolgimento del Simposio platonico al 417/416 sotto l’arcontato di Eufemo nei Deipnosofisti si può spiegare con la lettura da parte di Ateneo o della sua fonte di uno scritto relativo ai risultati degli agoni drammatici ateniesi, ossia di una didascalia, menzionante l’anno della vittoria di Agatone.5 Che Ateneo o le sue fonti avessero accesso a documenti di questo genere è confermato dalla menzione nei Deipnosofisti (VI 235e) dell’opera Περὶ διδασκαλιῶν di Caristio di Pergamo, relativa, per quanto possiamo ricavare dai due soli frammenti superstiti, ad autori attivi ad Atene.6 Accettando l’ipotesi che la notizia sia attinta direttamente da una didascalia, dobbiamo ammettere che Ateneo abbia avuto accesso a informazioni attendibili sia sull’anno che sulla festa ateniese in occasione della quale la vittoria fu conseguita.

Test. 2 (2 S.–K.)

Plat. Symp. 173a. 175e. 198a. 194a–b

173a “(…) εἰπέ μοι πότε ἐγένετο ἡ συνουσία αὕτη”. κἀγὼ (Apollodorus) εἶπον ὅτι “Παίδων ὄντων ἡμῶν ἔτι, ὅτε τῇ πρώτῃ τραγῳδίᾳ (τῇ τρ. Athen.) ἐνίκησεν Ἀγάθων, τῇ ὑστεραίᾳ ἢ ᾗ τὰ ἐπινίκια ἔθυεν αὐτός τε καὶ οἱ χορευταί.”

175e (Socr. ad Agath.) παρὰ σοῦ νέου ὄντος οὕτω σφόδρα ἐξέλαμψεν καὶ ἐκφανὴς ἐγένετο πρῴην ἐν μάρτυσι τῶν Ἑλλήνων πλέον ἢ τρισμυρίοις.

194a–b ἐπιλήσμων μεντἂν εἴην, ὦ Ἀγάθων, εἰπεῖν τὸν Σωκράτη, εἰ ἰδὼν τὴν σὴν ἀνδρείαν καὶ μεγαλοφροσύνην ἀναβαίνοντος ἐπὶ τὸν ὀκρίβαντα μετὰ τῶν ὑποκριτῶν, καὶ βλέψαντος ἐναντία τοσούτῳ θεάτρῳ μέλλοντος ἐπιδείξεσθαι σαυτοῦ λόγους, καὶ οὐδ᾽ ὁπωστιοῦν ἐκπλαγέντος, νῦν οἰηθείην σε θορυβήσεσθαι ἕνεκα ἡμῶν ὀλίγων ἀνθρώπων.

198a (de Agath.) ὡς πρεπόντως τοῦ νεανίσκου εἰρηκότος καὶ αὑτῷ καὶ τῷ θεῷ.

173a “[…] Ma dimmi un po’, quando avvenne questa riunione.” E io [Apollodoro] dissi: “Noi eravamo ancora ragazzi, quando Agatone vinse alla [sua] prima competizione tragica, nel giorno successivo a quello in cui lui stesso e i coreuti celebrarono i sacrifici per la vittoria.”

175e [Socr. ad Agat.] da te che sei giovane così tanto [la sapienza] rifulse e si rivelò precocemente di fronte alla testimonianza di più di trentamila Greci.

194a–b Sarei davvero smemorato, Agatone, disse Socrate, se, visto il tuo coraggio e la tua forza d’animo nel salire sul palco insieme agli attori, e nel volgere lo sguardo di fronte a un pubblico tanto grande, quando eri in procinto di dare un saggio delle tue composizioni, senza alcun segno di agitazione, ora credessi che tu possa essere turbato da noi, poche persone.

198a Ritenendo che il ragazzo [Agatone] avesse parlato in modo adeguato a sé stesso e al dio.

Interpretazione

Il Simposio di Platone rievoca un incontro tra Socrate e altri personaggi tenutosi a casa di Agatone in occasione della sua prima vittoria negli agoni drammatici. L’evento si colloca cronologicamente negli anni immediatamente precedenti alla spedizione ateniese in Sicilia durante la guerra del Peloponneso.7

Si registra una divergenza della tradizione manoscritta di Symp. 173a rispetto ad Ateneo V 217c: nel primo passo si legge τῇ πρώτῃ τραγῳδίᾳ, lezione su cui concordano i codici, mentre Ateneo, in riferimento al passo platonico, omette πρώτῃ. La tradizionale interpretazione dell’espressione è ‘vinse con la [sua] prima tragedia’,8 dove per ‘tragedia’ s’intende l’insieme di opere presentate da Agatone al pubblico:9 in tal caso la prima vittoria di Agatone dovrebbe coincidere con il suo esordio come poeta tragico. Mette in dubbio il testo tràdito Butrica, che contesta la lezione τῇ πρώτῃ τραγῳδίᾳ, negandone la coerenza linguistica e ritenendo πρώτῃ una glossa.10 Butrica nota l’assenza di passi paralleli per il sintagma πρώτῃ τραγῳδίᾳ νικᾶν e trova invece paralleli per τραγῳδίᾳ νικᾶν (Eust. Od. 1.109.17 Stallbaum: ὁ Χῖος Ἴων τραγῳδίᾳ νικήσας Ἀθήνῃσιν), e τραγῳδίαν νικᾶν (Athen. I 3f: ὁ δὲ Χῖος Ἴων τραγῳδίαν νικήσας Ἀθήνησιν [~ Suda α 731; ι 487 Adler]). A differenza di Butrica, riteniamo tuttavia che la lezione tràdita τῇ πρώτῃ τραγῳδίᾳ ἐνίκησεν possa essere mantenuta nonostante l’assenza di paralleli: al posto di ‘vinse con la [sua] prima tragedia’, si può proporre la traduzione ‘vinse in occasione della [sua] prima competizione tragica’, ‘vinse alla [sua] prima competizione tragica’. La possibilità di intendere τραγῳδίᾳ con ‘competizione tragica’ è confermata dall’uso che troviamo in Eustazio e nella Suda in riferimento a Ione di Chio.11 Ateneo potrebbe avere omesso parte della citazione, come accade anche al passo V 217c, dove l’autore, sempre citando il Simposio platonico (172c 2), tralascia ταύτην ἣν ἐρωτᾷς, tramandato invece dai codici di Platone. Inoltre Symp. 175e, οὕτω σφόδρα ἐξέλαμψεν καὶ ἐκφανὴς ἐγένετο, ‘così tanto rifulse e si rivelò’,12 sembra alludere a un esordio. Concordiamo pertanto con la critica tradizionale nell’individuare l’occasione del Simposio nei festeggiamenti per la prima vittoria di Agatone.

Pur non tramandando alcuna datazione assoluta, il Simposio consente d’individuare il periodo in cui Platone colloca il convito e fornisce qualche informazione sull’età di Agatone in quel momento. La presenza di figure storiche note e il loro comportamento aiuta a posizionare l’evento nel tempo: l’intervento di Alcibiade, accolto come personaggio molto amato, riporta al periodo immediatamente precedente lo scandalo delle Erme e la spedizione ateniese in Sicilia (415 a.C.),13 in accordo con la datazione all’inizio del 416 fornita dalla test. 1. Agatone è qui definito νέος (175e) e νεανίσκος (198a). L’aggettivo νέος in ambito ateniese si applica, secondo Senofonte (Mem. I 2, 35), a tutti coloro che non hanno ancora la facoltà di far parte del Consiglio (ὅσουπερ, εἶπε, χρόνου βουλεύειν οὐκ ἔξεστιν), ossia coloro che non hanno raggiunto trent’anni (νεωτέροις τριάκοντα ἐτῶν), mentre νεανίσκος (o νεάνισκος), termine che Platone utilizza frequentemente (43 occorrenze, contando anche i dialoghi spuri), si trova riferito ad Agatone anche nelle Tesmoforiazuse di Aristofane (νεανίσκε v. 134), commedia da datarsi tra il 411 e il 410 a.C.14 Anche se Ippocrate (Ηebd. 5, ll. 22–26) definisce un’età massima di 21 anni per il νεανίσκος, per Lévêque νεανίσκος è sinonimo di νέος, sulla base del passo platonico νεανίσκος τις Παιανιεύς, μάλα καλός τε κἀγαθὸς τὴν φύσιν, ὅσον μὴ ὑβριστὴς [δὲ] διὰ τὸ νέος εἶναι (Euthyd. 273b).15 Seguendo questa interpretazione moderna, sia νεανίσκος che νέος dovrebbero essere attributi di uomini che non abbiano raggiunto i trent’anni di età: secondo le fonti, Agatone dovrebbe restare dunque sotto i trent’anni almeno fino al 411/410 a.C. L’altro termine che definisce il poeta è μειράκιον. Snell–Kannicht scorgono dell’ironia nell’affermazione di Socrate (Symp. 223a), quando questi chiama Agatone μειράκιον; diversi autori infatti, come Ippocrate (Ηebd. 5, ll. 16–22), Filone di Alessandria (Οpif.mund. 105, ll. 8–9), Plutarco (Brut. 27), Luciano (D.mort. 9, 4), Galeno (VI p. 162, ll. 2–5 Kühn) permettono di identificare il μειράκιον con un giovane uomo fino a circa vent’anni, e dunque appartenente a una fascia d’età più ristretta rispetto a quella che abbiamo attribuito ad Agatone considerando l’uso di νέος e νεανίσκος. Una soluzione alla questione anagrafico–terminologica è proposta da Davidson,16 che analizza il vocabolario usato nell’antichità per identificare le diverse fasce d’età dei giovani cittadini, concludendo che nell’Atene classica il termine μειράκιον, insieme a νεανίσκος, indicava in modo specifico i diciottenni–diciannovenni. Facendo riferimento a studi di carattere antropologico, Davidson puntualizza che nell’antica Grecia l’età della pubertà – quando ai soggetti maschili inizia a crescere la barba – era spostata di circa quattro anni in avanti rispetto all’epoca attuale, per cui in media i primi segni di barba sarebbero stati notati intorno ai 18 anni; una barba piena sarebbe spuntata solo verso i 20 anni.17 Caratteristica di un μειράκιον, o νεανίσκος, nell’Atene di V–IV sec. a.C. sarebbe stata pertanto l’assenza di una barba piena, cosicché la prassi di rasarsi da parte di un uomo adulto avrebbe comportato una somiglianza con la categoria dei μειράκια/ νεανίσκοι. Grazie ad Aristofane (test. 14) sappiamo che Agatone era solito rasarsi e apparire glabro; secondo Davidson, Platone non usa i termini μειράκιον/νεανίσκος come veri e propri indicatori di età, ma come ironiche allusioni all’aspetto giovanile di Agatone, dovuto all’assenza della barba.

Per quanto riguarda la questione della festa dionisiaca dove Agatone avrebbe riportato la sua vittoria, abbiamo anticipato sopra i dubbi della critica (vd. ad test. 1). Parte di essa ritiene che la vittoria di cui parla Platone non sarebbe stata ottenuta alle Lenee. In particolare, è Sider a proporre una lettura dell’opera platonica come la messa in scena delle Grandi Dionisie.18 Tra le altre argomentazioni, Sider analizza diversi passi del Simposio, individuati anche da altri studiosi.19 Si tratta (nell’ordine presentato da Sider) di: 1) 223c ἅτε μακρῶν τῶν νυκτῶν οὐσῶν; 2) 175e πρῴην ἐν μάρτυσι τῶν Ἑλλήνων πλέον ἢ τρισμυρίοις; 3) 194b ἐπὶ τὸν ὀκρίβαντα μετὰ τῶν ὑποκριτῶν κτλ.

Questi passi non supportano tuttavia delle argomentazioni stringenti. Per quanto riguarda il punto 1), Sider nega la presenza di un riferimento alle Lenee, interpretando il passo non in riferimento alla lunghezza delle notti in quel periodo dell’anno, ma al fatto che i convitati erano andati a letto tardi, e portando come parallelo un passo di Omero (Od. XI 373) dove l’espressione νὺξ δ’ ἥδη μάλα μακρή ha il significato di ‘la notte è ancora giovane’.20 L’aggettivo μακρός tuttavia si trova in testi dove è indubbio il riferimento al fattore astronomico della lunghezza delle notti. Un esempio si trova in Ippocrate (Reg. IV 68, 9): Ὁκόταν δὲ ἰσημερίη γένηται, ἤδη μαλακώτεραι αἱ ἡμέραι καὶ μακρότεραι, αἱ νύκτες δὲ βραχύτεραι, dove ἰσημερίη indica l’equinozio di primavera. Le fonti testimoniano che le Grandi Dionisie dovevano tenersi, almeno durante il periodo della guerra del Peloponneso, nei giorni dal 10 al 13 del mese di Elafebolione.21 Considerando che Elafebolione corrisponde al periodo marzo/aprile, i giorni dal 10 al 13 sono prossimi alla data dell’equinozio di primavera, che cade astronomicamente intorno al 21 marzo. L’appunto di Ippocrate sull’equinozio, quando ‘ormai le giornate sono più lunghe e le notti più brevi’, non solo attesta l’uso dell’aggettivo μακρός per indicare la durata delle ore di luce e di buio durante la giornata, ma è anche in evidente contrasto con la possibilità di riportare l’allusione del Simposio alla celebrazione delle Grandi Dionisie.

Il punto 2) interessa il pubblico di fronte al quale Agatone si è esibito il giorno della vittoria: πρῴην ἐν μάρτυσι τῶν Ἑλλήνων πλέον ἢ τρισμυρίοις (175e). La menzione di un pubblico di più di trentamila Ἕλληνες avrebbe per Sider due implicazioni: in primo luogo, gli spettatori non sono definiti Ateniesi, ma sono identificati con il termine in uso per i cittadini di una qualunque città greca. Vi sarebbe dunque un’allusione a un pubblico panellenico. Dagli Acarnesi di Aristofane, ai vv. 502–506 si apprende che alle Lenee non erano presenti ξένοι, stranieri (v. 505: κοὔπω ξένοι πάρεισιν), a differenza delle Grandi Dionisie. Inoltre, Eschine nell’orazione Contro Ctesifonte ricorda proclamazioni avvenute μάρτυρας τοὺς Ἕλληνας ποιούμενοι (41, 8), ἐναντίον ἁπάντων τῶν Ἑλλήνων (43, 7), proprio durante le Grandi Dionisie.22 In secondo luogo, la presenza di trentamila Greci, per Sider un numero molto alto di spettatori, sarebbe incongruente con l’affluenza di pubblico a una festa cittadina come le Lenee. Tuttavia, trentamila è il numero convenzionalmente usato già da Erodoto per calcolare i cittadini maschi di Atene.23 Dover nel suo commento al Simposio platonico segnala un passo delle Ecclesiazuse di Aristofane (v. 1132), dove si fa riferimento al fatto che la cittadinanza ateniese superava il numero di trentamila cittadini (πολιτῶν πλεῖον ἢ τρισμυρίων), per cui una simile cifra può essere associata anche a una festa di carattere prettamente cittadino, come le Lenee. Per quanto riguarda l’uso di Ἕλληνες anziché Ἀθηναῖοι, Dover non riscontra incongruenze tra la menzione di un pubblico di Ἕλληνες e il contesto lenaico.24 Se è vero che Aristofane fa riferimento all’assenza di stranieri alle Lenee (Ach. 504–507), bisogna però ricordare con Olson che il commediografo sta qui segnalando l’assenza non di stranieri in generale, ma degli alleati di Atene.25 Alle Lenee infatti non erano presenti stranieri in veste ufficiale di alleati, tenuti a portare in città il tributo (Aristoph. Ach. 505), ma non si può tuttavia dedurre un’assenza assoluta di stranieri. Discusso è per esempio il ruolo dei meteci, gli stranieri residenti in città, durante le Lenee. Nell’edizione Dübner lo schol. ΘDvP ad Aristoph. Plut. 953 afferma: οὐκ ἐξῆν δὲ ξένον χορεύειν ἐν τῷ ἀστικῷ χορῷ· παρὰ τοῦτο πέπαιχεν· ἐν δὲ τῷ Ληναίῳ ἐξῆν, con oscillazioni fra Ληναίῳ, Λιναίῳ, Λημίῳ nei diversi manoscritti. Chantry, nella sua edizione agli scolî del Pluto, considera corrotto il passaggio ἐν δὲ τῷ Ληναίῳ ἐξῆν e lo modifica in ἐν δὲ τῷ βαλανείῳ ἐξῆν; per il IV sec. a.C. resta valida l’informazione che i meteci potevano ricoprire la coregia, come riporta Demostene (XX 18–20),26 e che dunque vi erano stranieri residenti in città coinvolti nella preparazione degli agoni drammatici.

Per quanto riguarda il punto 3), già Bury aveva ipotizzato che l’espressione ἀναβαίνοντος ἐπὶ τὸν ὀκρίβαντα μετὰ τῶν ὑποκριτῶν κτλ. (194b) fosse un riferimento al προαγών che si teneva prima delle Grandi Dionisie, quando poeti e attori presentavano al pubblico la trama delle opere nell’Odeon di Pericle, parlando da una piattaforma.27 Le testimonianze di questa usanza (schol. Vat.Laur.g. ad Aeschin. III 145 Dilts; schol. VΓLhAld ad Aristoph. Vesp. 1109 Koster) non parlano di un palco detto ὀκρίβας; tuttavia, le definizioni assegnate ai termini ὀκρίβας (Hesych. ο 86 Latte s.v. ὀκρίβας; Suda ο 122s. Adler s.v. ὀκρίβας), ὀκρίβαντες (EM 620, 55–57) rimandano a una ‘piattaforma rialzata’, dove stanno e recitano attori e coreuti. Anche lo schol. vet. ad Plat. Symp. 194b2 p. 105 Cufalo spiega il termine ὀκρίβαντα come la piattaforma sulla quale gli attori tragici si confrontavano (τὸ λογεῖον ἐφ’ οὗ οἱ τραγῳδοὶ ἠγωνίζοντο κτλ.). Bury collega l’espressione ὀκρίβαντα in Platone con la notizia dell’esistenza di un προαγών prima delle Grandi Dionisie, e propone di vedere in Symp. 194b un riferimento alla presentazione da parte dei poeti tragici delle trame delle opere che di lì a poco sarebbero andate a concorrere in teatro. La funzione dell’ ὀκρίβας non sarebbe pertanto solo quella di ospitare la recitazione degli attori, ma avrebbe avuto anche altri usi a seconda delle necessità delle cerimonie teatrali. Le conclusioni a cui Sider giunge, sulla base delle considerazioni di Bury, poggiano sulla mancanza di dati riguardanti l’esistenza di un προαγών in occasione delle Lenee; ma l’assenza di notizie al riguardo non esclude la possibilità che una simile cerimonia si svolgesse anche prima di feste che non fossero solo le Grandi Dionisie, senza che ne sia stata tramandata la notizia.

Per concludere, considerando che né l’argomentazione della lunghezza delle notti, né quella del pubblico, né quella del προαγών sono decisive per affermare una vittoria di Agatone nell’agone delle Grandi Dionisie, si può accettare la testimonianza di Ateneo, fondata probabilmente su una didascalia (vd. ad test. 1), e attribuire la prima vittoria di Agatone, non ancora trentenne, alle Lenee del 416 a.C.

Test. 3 (3 S.–K.)

Plat. Prot. 315d–e

παρεκάθηντο δὲ αὐτῷ ἐπὶ ταῖς πλησίον κλίναις Παυσανίας τε ὁ ἐκ Κεραμέων καὶ μετὰ Παυσανίου νέον τι ἔτι μειράκιον, ὡς μὲν ἐγᾦμαι καλόν τε κἀγαθὸν τὴν φύσιν, τὴν δ’ οὖν ἰδέαν πάνυ καλός. ἔδοξα ἀκοῦσαι ὄνομα αὐτῷ εἶναι Ἀγάθωνα, καὶ οὐκ ἂν θαυμάζοιμι εἰ παιδικὰ Παυσανίου τυγχάνει ὤν.

E accanto a lui [a Prodico] sui letti vicini stavano Pausania, del demo di Ceramei, e con Pausania un giovane, che era ancora un adolescente, io sospetto d’illustre e nobile origine, e di sicuro di aspetto bellissimo. Mi parve di capire che il suo nome fosse Agatone, e non mi meraviglierei se fosse il ragazzo amato da Pausania.

Interpretazione

Nel Protagora Platone evoca un presunto incontro, avvenuto ad Atene, tra Socrate e i σοφισταί Protagora, Ippia e Prodico. Prima di raccontare il proprio confronto con Protagora, Socrate elenca gli ammiratori accorsi ad ascoltare i tre stranieri e accenna alla presenza di un ragazzo a lui sconosciuto, Agatone. Il passo offre informazioni interessanti per la cronologia di Agatone, per il suo status sociale e per la sua formazione.

Per quanto riguarda l’aspetto cronologico, tra gli ammiratori dei σοφισταί sono ricordati alcuni giovani aristocratici ateniesi28 tra i quali compaiono anche i figli di Pericle (315a) nonché Alcibiade (316a), definito πώγωνος ἤδη ὑποπιμπλάμενος, giovane uomo al quale ormai spunta la barba (309a–b). La presenza dei sofisti Protagora, Ippia e Prodico ad Atene e di Alcibiade in un’età da prima barba riporta l’ambientazione del Protagora agli anni immediatamente precedenti al 430 a.C.29 Agatone è qui descritto da Socrate come νέoς ἔτι μειράκιον. Come già discusso per la test. 2, il termine μειράκιον è adottato per indicare i giovani che rientrano in una fascia d’età compresa tra i quattordici e i vent’anni circa. A conclusione unanime della critica, Agatone non dovrebbe essere nato molto prima del 450 a.C., o nel momento evocato da Platone nel Protagora il poeta non sarebbe potuto rientrare nella definizione assegnatagli.

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