Kitabı oku: «Insieme Per Trinity», sayfa 3
Capitolo Quattro
“Pensavo di pranzare al ristorante di Almondine, cosa ne dici?” Jarrod entrò nelle stalle con un enorme sorriso stampato in faccia. Il sole rendeva incredibilmente lucidi i suoi capelli e i denti perfetti sembravano brillare sul viso abbronzato.
Cordell appese la sella che aveva tolto a uno dei cavalli e si voltò per fissare incredulo il suo amico. “Vuoi smettere di lavorare e fare tutta quella strada solo per mangiare?” domandò con un ghigno.
Jarrod sorrise. “Oppure possiamo andare alla tavola calda. È una bella giornata. Ho pensato che potessimo cambiare un po' aria. Non ho molto da fare per le prossime due ore e so che anche tu puoi permetterti una pausa. Che ne dici?”
“Dico che non stai prendendo in giro nessuno,” mormorò Cordell, dando una pacca affettuosa sul fianco del cavallo e uscendo dalla porta laterale. “Speri di vedere Trinity Ellis laggiù, ecco cosa.”
Jarrod ridacchiò. “Io? Come puoi pensare una cosa del genere?” Gli lanciò uno sguardo fintamente shoccato e scoppiò a ridere. “Okay, forse c'è una piccola possibilità che Sylvia decida di fare un salto nel suo bar preferito con la sua bellissima nipote. Credi che saremo così fortunati da incontrarle?”
Cordell alzò gli occhi al cielo, poi chiamò uno dei manovali.
“Sam, puoi dare una bella spazzolata a Caspar? E controlla che abbia abbastanza acqua. Ha fatto una bella corsa e fa caldo in montagna.” Indicò le colline dalle quali era appena tornato. Sam annuì e si mise subito al lavoro.
“Ora possiamo andare, Capitan Ovvio. Andiamo a vedere chi c'è ad Almondine, va bene?” Si diresse verso uno dei pick-up ed entrambi saltarono sui sedili.
“Non ti sei dimenticato che quella ragazza è off limits, vero?” Cordell gli lanciò un'occhiata mentre guidava.
“No, certo che no,” rispose Jarrod con fermezza. “Ma questo non significa che dobbiamo ignorarla del tutto.”
Cordell sospirò. “Ne ha passate così tante. Non è trascorso molto tempo da quando ha perso sua madre. E ora ha perso sia il suo ragazzo che la sua casa… non riesco a immaginare come si debba sentire.”
“Ho un'idea di come si sente,” rispose Jarrod con calma.
Cordell colpì il volante, arrabbiato con se stesso. “Amico, mi dispiace così tanto. Non volevo dire…”
“Ehi, va tutto bene,” lo rassicurò Jarrod, alzando una mano per fermare le sue scuse. “Sto solo dicendo che so cosa vuol dire perdere qualcuno. Tutti che si muovono in punta di piedi intorno a te, che hanno paura di dire la cosa sbagliata. Il problema è che finiscono per non dire nulla. Ti evitano. Allora senti che è tutta colpa tua per averli fatti sentire a disagio. Non c'è una via d'uscita.”
“Mi dispiace,” ripeté Cordell, scuotendo lentamente la testa. “Non ho pensato prima di parlare.”
“Ecco. È proprio questo il punto. Non voglio che tu debba fermarti a pensare ogni volta che apri bocca. Cristo, se passassi tutto il tempo a chiederti se quello che stai per dire potrebbe offendermi, smetteresti del tutto di parlare. Mamma e papà sono morti. È brutto e lo odio, ma è successo. Devo affrontarlo e andare avanti con la mia vita. Non posso continuare a guardare avanti se tutti intorno a me guardano indietro, no?” Jarrod sorrise.
“Sei davvero una brava persona, sai?” Cordell non poteva fare a meno di ammirarlo.
Jarrod era stato così male, quando i suoi genitori erano morti in un incidente d'auto, che Cordell aveva seriamente pensato che non lo avrebbe mai più visto sorridere. Sapeva che Jarrod si incolpava di non essere stato lì. In qualche modo, era arrivato a credere che fosse colpa sua perché non era andato a trovarli abbastanza spesso. Il senso di colpa gli era pesato talmente tanto sulle spalle che era come sprofondato in una spirale di disperazione.
“Ecco perché siamo ottimi amici,” rispose Jarrod, facendogli l'occhiolino.
Cordell ridacchiò. Era così bello che Jarrod fosse tornato al suo vecchio io sfacciato e frivolo. Si erano conosciuti al liceo, quando avevano legato per una reciproca antipatia per il loro insegnante di matematica, e da allora erano diventati migliori amici. Jarrod aveva sempre avuto un atteggiamento rilassato, ed era stato terribile vederlo sprofondare nella tristezza, ma era sicuramente migliorato una volta che si erano trasferiti a Cavern County. Non c'erano ricordi lì, né persone che continuassero a ripetere a Jarrod quanto fossero dispiaciuti. Niente che gli ricordasse quello che era successo. Era passato un anno da quando si erano trasferiti in quella cittadina ed entrambi sapevano che era la cosa migliore che avessero mai fatto.
“Ti piace davvero, dico bene?” chiese Cordell, fermando l'auto fuori dalla tavola calda.
“Vuoi dirmi che a te non piace?” Jarrod sembrava incredulo, probabilmente a causa della conversazione che avevano avuto la notte precedente, subito dopo averla salutata. Jarrod aveva sempre desiderato fare una cosa a tre con una ragazza, ma Cordell era stato un po' titubante. Si sentivano più fratelli che migliori amici. Ma poi avevano incontrato Trinity Ellis, che aveva avuto un effetto sconvolgente su entrambi, e Cordell aveva ammesso di aver cambiato idea.
“Non fare il saputello.”
“Ti sento.” Jarrod rise mentre scendevano dal pick-up e si dirigevano all'interno.
Riuscirono a trovare un tavolo vicino alla finestra.
“Non c'è,” mormorò Cordell, guardandosi intorno furtivamente. “Anche se non riesco a vedere nulla attraverso quella specie di muraglia umana.” Fece un cenno verso la cassiera, che si stava occupando della folla di persone in attesa di pagare. “E sono sicuro che non sono neppure alla tavola calda, visto che ho controllato bene quando siamo passati lì davanti.”
“Probabilmente stanno ancora facendo shopping,” disse Jarrod con un sorriso. “Sai come sono le donne, quando iniziano chi le ferma più?”
“Non farti sentire da loro,” Cordell ridacchiò.
“Sentire cosa?” Rhona, la cameriera, apparve improvvisamente in piedi accanto al loro tavolo, con un taccuino in mano e un grande sorriso sul viso.
“Oh, niente,” rispose Cordell. “Io prendo un hamburger con una porzione di patatine fritte, per favore, e una birra alla spina.”
“Lo stesso per me.” Jarrod sorrise.
“Arrivano subito.”
Cordell si sporse in avanti quando furono di nuovo soli. “Frank è molto preoccupato per sua nipote,” mormorò. “Ha detto che non gli sembra più la stessa.”
“Cosa si aspettava?” Jarrod si accigliò. “Ha appena perso tutto quello che aveva, a giudicare da ciò che ha detto. Sarebbe difficile che fosse tutta sorrisi e arcobaleni, non credi?”
“Abbassa la tua dannata voce,” sibilò Cordell, notando che alcune persone si voltavano verso di loro. “Non è come sembra.”
Jarrod sbuffò. “E com'è, allora?”
“Frank ha detto che Trinity è…” Il suo sguardo vagò verso il bancone mentre parlava. “Trinity è qui,” disse rapidamente.
“Che diavolo dovrebbe significare… Oh.” Jarrod seguì la direzione del suo sguardo.
Cordell notò le due donne che sorseggiavano il caffè comodamente sedute a un tavolino dall'altra parte della stanza. Ora che la folla si era un po' diradata era facile vederle.
“Vado a chiamarle,” disse Jarrod, alzandosi.
“No.” Cordell lo fermò.
Jarrod si accigliò. “C'è qualcosa che non va, amico?”
“Non ne sono sicuro.” Cordell si leccò pensieroso il labbro inferiore, mentre Jarrod si sedeva di nuovo. “Non credo che Trinity voglia vederci, in questo momento,” sussurrò.
La ragazza tremava mentre si asciugava il viso con il fazzoletto.
“È sconvolta,” commentò Jarrod.
Dopo un paio di minuti Rhona portò le loro ordinazioni e i due si tuffarono sul cibo, anche se l'umore allegro di poco prima era ormai sparito.
“Sembra proprio che abbiano fatto un po' di shopping,” osservò Jarrod.
Anche Cordell aveva notato le borse di fianco al loro tavolino. “Se tutto ciò che le è rimasto era davvero in quella borsa la scorsa notte, direi che ne aveva bisogno.”
“È difficile immaginare di perdere tutto ciò che possiedi in quel modo,” disse Jarrod. “Voglio dire, tutte le tue cose personali: fotografie, ricordi della tua infanzia…”
“Anche i ricordi dei suoi genitori, immagino,” aggiunse Cordell, pensieroso.
“E il lavoro? Frank non ha detto che lavora da casa?”
Cordell non ci aveva pensato. “È una specie di artista… una illustratrice o qualcosa del genere. Cazzo, potrebbe aver perso qualcosa di importante.”
“Credo che la maggior parte l'abbia fatta in digitale,” commentò Jarrod, infilandosi in bocca l'ultima patatina. “Spero che abbia copiato tutto su qualche memoria esterna.”
Cordell annuì. Non riusciva a finire l'hamburger. Il suo stomaco era sottosopra. Trinity appariva fin troppo carina con i capelli rosa da Barbie e la borsa giallo canarino. La sua immagine era sicuramente in contrasto con l'atteggiamento malinconico, e, pur non conoscendola, sapeva che di solito era molto più vivace di quanto apparisse. Frank gli aveva detto che era la gioia fatta persona, la vita e l'anima della festa. Beh, prima che accadesse tutto quanto. Non era giusto che un simile disastro fosse accaduto a una ragazza come lei. Sperava che quelle buste contenessero dei vestiti dai colori vivaci e allegri. La semplice t-shirt e i jeans che indossava quel giorno non sembravano affatto rispecchiare il suo stile.
“Tutto bene, amico?” Jarrod si accigliò davanti all'hamburger mezzo mangiato di Cordell.
“Sì, ma non ho molta fame.”
“Sei sicuro che non abbia qualcosa a che fare con una certa ragazza dai capelli rosa seduta laggiù?”
Cordell sospirò. “Forse. Comunque, non so te, ma io ho un sacco di lavoro da sbrigare questo pomeriggio, quindi immagino sia ora di darsi una mossa.”
“Va bene, oggi offro io.” Jarrod prese lo scontrino dal tavolo e si avvicinò al bancone per pagare.
Cordell si mosse per seguirlo e fu sorpreso di sentirsi chiamare.
“Cordell, qui!” Sylvia lo stava salutando dal suo tavolo.
Cordell aveva volutamente evitato di guardare in quella direzione, ma ora si voltò verso le due donne. “Sylvia, Trinity, ciao.” Sorrise, camminando lentamente verso di loro. “Com'è andato lo shopping?” Guardò le loro borse.
“È stato divertente, vero?” rispose Sylvia, annuendo in direzione di Trinity. “Penso che ci siamo stancate, però.”
“Volete tornare a casa? Abbiamo il pick-up e…”
“Oh, no, va bene, grazie. Ho pensato di mostrare Almondine a Trinity e poi di prendere un taxi per tornare a Pelican's Heath, dove incontreremo Frank. È appena andato a trovare Matt Shearer al loro ranch. Non c'è fretta.”
“Siete sicure?”
“Sì, caro. Grazie comunque.”
Notò che anche Trinity annuiva, ma non parlava. Era bellissima, nonostante avesse il viso arrossato e gli occhi gonfi. Cordell dovette combattere l'impulso di abbracciarla.
“Incontreremo Frank a Pelican's Heath,” continuò Sylvia. “Voleva sapere se voi ragazzi potete passare più tardi. Non è urgente se siete occupati, ovviamente.”
“No, per niente,” la rassicurò Cordell.
“Grazie. Ha inscatolato alcuni vecchi libri che vorrebbe conservare. Sta facendo spazio nello studio per Trinity, quindi ha bisogno di togliere un po' di cose. Sono troppo pesanti da sollevare per noi vecchietti.”
Cordell inarcò le sopracciglia. “Vi daremo una mano noi.”
“Sembra che mi abbiano offerto volontario per qualcosa, qui,” disse la voce di Jarrod alle sue spalle.
“Ciao, Jarrod. Stavo giusto chiedendo se a voi ragazzi dispiacerebbe spostare dei vecchi libri più tardi. Frank sta mettendo un po' in ordine.” Sylvia sorrise.
“Sul serio?” Jarrod rimase a bocca aperta. “Si sente bene?”
Sylvia fece una smorfia scherzosa. “Lui sta bene. Vuole solo liberare la scrivania dello studio in modo che Trinity possa lavorare lì.”
Jarrod sorrise a Trinity. “Lavorare, eh? Significa che hai intenzione di restare qui per un po', bellezza?”
La voce di Trinity era un po' gracchiante. “Non ho ancora deciso cosa fare,” rispose lentamente, cercando chiaramente di non incrociare il suo sguardo.
“Vuole aspettare ancora un po' prima di decidere. Non possiamo lasciare che si annoi mentre è con noi, non è vero?” disse Sylvia.
“E io che mi stavo già montando la testa sperando che volessi restare qui per noi,” disse Jarrod con una risata, portandosi una mano al petto.
“Verremo dopo cena,” disse Cordell in fretta, notando l'espressione tesa che era apparsa sul viso di Trinity. “Dai, amico, sarà meglio andare.”
Lo trascinò fuori dal locale e poi fino al pick-up.
“Che ti prende?” chiese Jarrod, ovviamente seccato per essere stato spinto via.
“L'hai vista. Quella povera ragazza sembrava sconvolta,” rispose Cordell mentre salivano sul pick-up.
“Non per colpa nostra. In realtà stavo cercando di tirarla un po' su di morale,” protestò Jarrod.
“So benissimo cosa stavi cercando di fare,” disse Cordell, scuotendo la testa. “Tendi a dimenticare quanto bene ti conosco.”
* * * *
Trinity si sentiva un po' meglio mentre aiutava zia Sylvia a portare via i piatti della cena. Aver fatto un bel pianto liberatorio e aver raccontato a qualcuno quello che era successo con Kev sembrava averle fatto bene, anche se lì per lì non ci aveva pensato. Era stata imbarazzata nel vedere Cordell e Jarrod nella caffetteria ed era contenta che non le avessero chiesto come stava. Sapeva che era palese che avesse pianto ed era rimasta sorpresa quando avevano fatto finta di niente. Erano davvero molto gentili ed educati, oltre che belli.
Sentì un piccolo tremito nello stomaco al pensiero che li avrebbe rivisti a breve, e fu contenta di essersi lavata la faccia e di essersi truccata. Non poteva fare a meno di pensare a quanto fossero stupendi e a quanto le piacesse il pensiero di passare altro tempo con loro.
“Perché non ci sediamo un po' in veranda?” Suggerì zia Sylvia quando ebbero finito di ripulire. “È rimasto un po' di quel vino ai fiori di sambuco, vero Frank?”
“Ottima idea. Dovremmo averne ancora un paio di bottiglie.”
Il sole stava cominciando a tramontare e una leggera foschia era scesa sul giardino. Le sedie in ferro battuto circondavano un grande tavolo e i tre si sedettero per godersi la tranquillità di quella serata di fine estate.
“Ricordo l'ultima volta che sono stata qui,” osservò Trinity. “Era altrettanto bello, allora. Spesso immagino di sedermi qui a guardare le rose e i lillà.” Sorrise.
“Tua madre adorava i lillà,” disse zia Sylvia, accennando al grande albero. “Quando eri piccola prendevamo una grande coperta e ci sedevamo all'ombra, passando interi pomeriggi a fare corone di fiori.”
“Me lo ricordo.” Trinity sorrise, desiderando tornare a quei giorni spensierati. “Ti sei presa cura molto bene del giardino, zia. È esattamente come lo ricordo quando penso a questo posto.”
“È molto esigente riguardo al suo giardino,” ridacchiò zio Frank mentre il rumore di un pick-up risuonava dalla parte anteriore della casa. “E adesso lo saranno anche i tuoi giardinieri, immagino.” Senza alzarsi, disse ad alta voce: “Siamo sul retro, ragazzi.”
Trinity si accigliò. “Vuoi dire che non ti occupi del giardino da sola, zia Sylvia?” Aveva sempre immaginato sua zia che si aggirava per il giardino con un cesto appeso al braccio e un paio di forbici in mano.
“Vorrei poterlo fare, cara,” disse la donna con una leggera smorfia.
“Fare cosa?” La voce di Jarrod risuonò nell'aria mentre entrambi gli uomini svoltavano l'angolo. Girò senza sforzo una delle pesanti sedie e vi si sedette a cavalcioni, di fronte a Trinity.
“Ciao, ragazzi.” Zia Sylvia versò altro vino per tutti con un sorriso. “Stavamo solo discutendo del giardino.”
Jarrod fece roteare la spalla, massaggiandola con forza. “Sì, ci vogliono forza e impegno, ma ne vale la pena, no?” Sorrise.
“Jarrod ha avuto un piccolo incidente l'ultima volta che ha tagliato quel lillà,” spiegò Cordell, prendendo la sedia accanto a Trinity.
“Avresti dovuto tenere ferma quella dannata scala.” Jarrod fece un broncio infantile.
“L'ho tenuta finché il mio cellulare non ha iniziato a squillare. Era urgente, quindi ho dovuto rispondere,” protestò Cordell, anche se aveva l'aria un po' imbarazzata. “Pensavo che fossi in equilibrio, lassù.”
“Ero lì a tagliare quel ramo,” continuò Jarrod, indicando l'albero, “quando ho allungato la mano per staccare alcuni fiori morti e… puff, sono caduto a terra. Subito dopo mi sono reso conto che la mia spalla si era quasi rotta in due e che stavo andando in ospedale.” La sua espressione incredula avrebbe fatto ridere Trinity, se solo non fosse stata così infastidita dal fatto che si fossero occupati dell'albero preferito di sua madre.
“Pensavo che di solito ti occupassi tu di quell'albero, zia Sylvia,” disse con un filo di voce, giocherellando con il piccolo anello a forma di cuore che indossava sempre.
La zia sospirò. “L'ho fatto fino a quando non è diventato troppo difficile per me, tesoro,” le spiegò. “Quell'albero è cresciuto davvero tanto. Non posso salire e scendere dalla scala per tenerlo in ordine, al giorno d'oggi. Meno male che questi due ragazzi vengono spesso a dare una mano.”
“Il prato non è così complicato da gestire,” aggiunse lo zio Frank, sorridendo a Trinity. “Quando non avevo questo maledetto gesso riuscivo a tenerlo a bada.” Trinity sapeva che stava cercando di farla sentire un po' meglio.
“Solo perché hai uno di quei trattori tosaerba all'avanguardia,” disse Jarrod. “Noi ci occupiamo solo dei cespugli.” Ridacchiò, chiaramente ignaro di quanto Trinity fosse infelice per la situazione.
La ragazza bevve un sorso di vino dolce. Era così abituata a vedere sua zia e suo zio che si occupavano del giardino da soli che non le era venuto in mente che non potessero più farcela. Sapeva che avrebbe dovuto essere grata che quegli uomini fossero così disponibili e capaci di dare una mano, ma le bruciava perché si sentiva in qualche modo esclusa. Qualsiasi pensiero gentile avesse avuto su di loro diminuì mentre l'irritazione cresceva.
Con la scusa del tubo dell'acqua rotto al pianterreno, del giardinaggio e ora del braccio di zio Frank fuori uso, Trinity non riusciva a fare a meno di chiedersi se i due uomini in realtà non si stessero approfittando dei suoi zii.
Capitolo Cinque
“Non credo che le piacciamo,” gemette Cordell, in piedi nella grande cucina della casa che avevano da poco finito di ristrutturare. Si stava versando un caffè per contrastare gli effetti del vino ai fiori di sambuco fatto da Frank Crowthorne.
“Avanti, amico. Cosa ti ho detto prima sul pensare?” Jarrod gli si avvicinò, i capelli ancora bagnati dalla doccia. Si allungò e prese una tazza dal bancone. “Abbiamo finito di nuovo il latte?”
“Pensavo che il caffè sarebbe stato più utile senza niente,” spiegò Cordell mentre si sedevano attorno al tavolo di quercia.
“Potresti avere ragione,” concesse Jarrod, bevendo un sorso.
“Riguardo al caffè o alla ragazza?” domandò Cordell con una smorfia.
Jarrod si accigliò. “Il caffè. Immagino che tu sia paranoico per quanto riguarda Trinity.”
“Andiamo, l'hai visto anche tu. Non era felice di vederci nella caffetteria, anche se capisco che forse era un po' imbarazzata perché aveva pianto. Sappiamo entrambi come sono le donne. Ma stasera sembrava pronta a ucciderci quando ha scoperto che stiamo aiutando Sylvia con il giardino. E quando siamo andati nello studio? Sembrava mortificata che sapessi tutto sulla prima edizione dei libri di Frank. Non pensavo che fosse un segreto.” Scrollò le spalle.
“Trinity non sa dell'infarto di Frank. Forse ci sono altre cose di cui non è a conoscenza.” Jarrod si accigliò. “Sylvia ha detto che è successo poco dopo la morte di sua madre, quindi glielo hanno tenuto nascosto. Se non le hanno detto neppure quanto sia diventata grave l'artrite di Sylvia, potrebbe stare chiedendosi perché siamo noi ad occuparci del giardino.”
“Forse hai ragione,” concesse Cordell, leccandosi il labbro inferiore come faceva spesso quando pensava oppure era preoccupato.
“Non c'è nessun 'forse' a riguardo.” Jarrod finse indignazione. “Certo che ho ragione. Se chiedi il mio parere, ci sono troppi segreti in quella famiglia. Tenere nascoste troppe cose può solo portare a incomprensioni e litigi. E diavolo se tu lo sai bene.”
Cordell annuì. Era d'accordo. Lui stesso parlava a malapena con la sua famiglia da quando un malinteso sul funerale di suo padre aveva fatto a pezzi il loro legame. Sebbene continuasse a tenersi in contatto con sua madre, i suoi fratelli e sua sorella non gli parlavano da quasi due anni. La zia e i cugini, invece, lo contattavano solo a Natale. “Pensi che Trinity stia nascondendo qualcosa?”
Jarrod strinse le labbra. “Non so. Non ha detto nulla di quello che è successo davanti a noi, ma questo non significa che non ne abbia parlato con Frank e Sylvia.”
Cordell annuì. “Mi chiedo se sia questo il motivo per cui si è arrabbiata, nella caffetteria. Voglio dire, si vedeva che aveva pianto, quindi ci sono buone probabilità che si sia confidata con sua zia.”
“Lo spero proprio,” rispose Jarrod. “Secondo me, quella ragazza è come una molla che tiene tutto dentro e finisce per tendersi sempre di più. Ha bisogno di sfogarsi oppure finirà per esplodere.”
Cordell annuì. Lo pensava anche lui.
* * * *
La settimana successiva passò lentamente. Era la prima volta da quando avevano incontrato la coppia di anziani che Cordell e Jarrod lasciavano passare così tanto tempo senza andare a chiedergli se avessero bisogno di qualcosa, anche se avevano suonato un paio di volte per assicurarsi che stessero tutti bene. Erano rimasti delusi, anche se non sorpresi, quando Frank gli aveva detto che Trinity era troppo impegnato con il lavoro per andare con loro al bar dove il gruppo country avrebbe suonato dal vivo.
“Non possiamo evitarla per sempre, amico,” commentò Jarrod mentre pranzavano insieme dietro alle stalle.
“Lo so. È solo un po' strano.” Cordell sospirò.
“È per questo che hai detto ad Aiden di essere troppo occupato per andare con lui questo pomeriggio?” chiese Jarrod, prima di dare un morso al suo panino.
Cordell fece una smorfia. “Ti ha spifferato tutto, eh?”
“Aveva paura che avessimo avuto una specie di discussione con Frank,” rispose Jarrod con un lieve cipiglio. “E che non volessi andare a casa sua per questo motivo.”
“Come se fosse possibile.”
“Lo so. Ma non puoi biasimarlo per averlo pensato,” continuò Jarrod. “Dopotutto, di solito siamo laggiù quasi ogni giorno a dare una mano con qualcosa.”
“Sì, beh, forse ora hanno Trinity che lo fa al posto nostro,” commentò Cordell, stringendo i denti.
Jarrod fronteggiò il suo migliore amico a testa alta. “Di che diavolo stai parlando? Sai bene che non sarebbe in grado di fare la metà delle cose che facciamo noi per loro. Non solo è una ragazza, ma è anche minuscola.”
“Non farti sentire mentre dici una cosa del genere,” lo ammonì Cordell. “Non hai mai sentito parlare di pari diritti e opportunità?”
“Possono bruciare tutti i reggiseni che vogliono. Non li aiuterà a mettere su muscoli sulle braccia, o da qualche altra parte, se è per questo.” Jarrod era irremovibile.
Cordell scosse la testa. “Ho come l'impressione che Trinity pensi che ci siamo intromessi nella sua famiglia,” disse. “Non puoi biasimarla per questo.”
“Guardami, Cordell.”
“Oh no, so bene dove vuoi arrivare.” Cordell alzò una mano per cercare di impedire al suo amico di continuare, ma fu una perdita di tempo.
“D'accordo. Tu e tua madre avete fatto bene a fare quello che avete fatto, amico. Lo sapete benissimo entrambi. Era il resto della vostra famiglia che si stava intromettendo, casomai. Erano anni che non venivano a trovare tuo padre. Non avevano il diritto di arrivare di punto in bianco dopo la sua morte e iniziare a fare richieste.”
Cordell sentì una fitta al petto. Quante volte avevano avuto quella conversazione? “Lo capisco, ma erano suoi figli tanto quanto me.”
“Sì. E, in quanto tali, avrebbero dovuto fare quello che avete fatto tu e tua madre, e cioè attenersi a ciò che lui voleva. Era scritto nel suo dannato testamento, per l'amor di Dio. Che tipo di famiglia contesta questo genere di cose nel testamento di un parente?” Jarrod si stava chiaramente irritando, come faceva ogni volta che l'argomento veniva sollevato.
“Papà aveva sempre detto di volere solo una semplice cremazione,” disse Cordell con un sospiro di rassegnazione. “Io e mamma volevamo solo esaudire la sua richiesta.”
“Lo so, amico, e sono d'accordo con te. Non riesco proprio a capire perché il resto della tua famiglia non possa fare lo stesso. Come diavolo hanno potuto accusarvi entrambi di volere solo i suoi soldi? Non faceva alcuna differenza per loro, comunque, visto che tuo padre aveva già stipulato una parte di eredità anche per ciascuno di loro. È stato decisamente irrispettoso, se me lo chiedi. Nei tuoi confronti, verso quelli di tua madre e pure quelli di tuo padre.”
La vicenda del funerale di suo padre aveva perseguitato Cordell fino a quel momento. Erano passati quasi due anni e ancora non era stata risolta. Come avrebbe potuto risolversi? Papà se n'era andato. Niente lo avrebbe riportato indietro.
Se il resto della famiglia fosse stato più vicino a lui, avrebbe saputo che l'uomo aveva sempre insistito per un funerale semplice e senza fronzoli. Neanche un migliaio di funerali o lapidi avrebbe cambiato le cose, e aveva sempre avuto paura di essere sepolto vivo, quindi non c'era modo che volesse essere chiuso in una scatola di legno e poi ricoperto di terra. Aveva deciso da solo come voleva essere salutato dalla famiglia. Ne aveva discusso con sua moglie e col figlio più giovane, perché tutti gli altri figli si erano trasferiti non appena erano stati abbastanza grandi, e lo aveva addirittura fatto scrivere nel testamento per evitare qualsiasi equivoco.
Quando al resto della famiglia era stato detto che era morto e che sarebbe stato cremato, si era scatenato l'inferno. Suo fratello maggiore aveva accusato lui e sua madre di aver organizzato un "funerale per poveri", che Cordell aveva preso come un insulto personale. Papà aveva avuto un sacco di soldi, quindi avrebbe potuto scegliere qualsiasi tipo di addio, ma aveva volontariamente scelto la cremazione. Il fratello di Cordell, Jacob, era stato determinato a fare un funerale molto più elaborato. Sfortunatamente, Jacob era il fratello maggiore e le sue parole erano sempre state viste come oro colato, quindi anche tutti gli altri fratelli si erano trovati d'accordo con lui. Martin era infatti d'accordo sul fatto che papà meritasse una degna sepoltura e Nancy-Ruth, la sorella più giovane, non aveva mai preso una decisione in vita propria. Neanche dopo aver visto il testamento, i tre avevano cambiato idea.
Cordell aveva sostenuto la decisione di sua madre – e i desideri di suo padre, ovviamente –, cosa che aveva fatto arrabbiare da morire il resto della famiglia. Jacob aveva in qualche modo pensato che, se tutti i figli fossero stati d'accordo, allora avrebbero avuto maggiori possibilità di contestare il testamento. Avevano dapprima iniziato un'azione legale per cercare di modificare le ultime volontà di loro padre, creando una situazione ancora più devastante per la loro madre, già provata dalla morte del marito, poi incolpato Cordell quando non erano riusciti a far annullare la decisione del defunto.
Il funerale era stato il momento peggiore, con Cordell e sua madre snobbati dal resto della famiglia, e Jacob e Martin che avevano invitato un numero spropositato di dignitari locali a condividere il loro dolore, nonostante il desiderio specifico del padre che la cerimonia fosse riservata alla famiglia.
L'intera vicenda aveva lasciato un sapore amaro nella bocca di Cordell e una voragine nel suo cuore, e adesso non voleva rischiare di spaccare a metà la famiglia Crowthorn. Per quanto il solo pensiero lo addolorasse, avrebbe preferito non rivedere mai più nessuno di loro piuttosto che essere accusato di aver fatto a pezzi un'altra famiglia.
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