Kitabı oku: «La Società Del Diavolo»
LA SOCIETÃ
DEL
DIAVOLO
(Il risveglio)
BEN MIDLAND
Di Ben Midland è già apparso:
L'Enigma Hata
Ben Midland
LA SOCIETÃ DEL DIAVOLO
(Il risveglio)
Copyright © 2018 Ben Midland, Portogallo
Tutti i diritti riservati.
Nulla di questa pubblicazione può essere riprodotto e / o reso pubblico mediante stampa, fotocopia, microfilm e / o altro, senza previa autorizzazione scritta dello scrittore. No part of this book may be reproduced in any form, by print, photoprint, microfilm or any other means without written permission from the author.
Copyright © 2018 Ben Midland
Tutti i diritti riservati
Ben Midland Publishing
www.benmidland.com
Curatori: Ben Midland, Paola Agosti
Traduzione: Alberto Favaro
Prima edizione: settembre 2018
Foto di copertina: Alain Rolli
Design: Ben Midland, Rachel Lavooij
Editore edizione tradotta: Tektime
ISBN: 9788873049289
Ad Angelique...
FATTI
Importanti ricercatori russi e americani sono riusciti recentemente a dividere la mente umana in multiple personalità diverse, chiamate âaltreâ per mezzo di traumi deliberatamente provocati.
Le basi per le loro ricerche sono state poste dall'ufficiale nazista dottor Mengele, soprannominato l' âAngelo della morteâ che fece uso del libro dei morti, scritto dagli antichi Egizi in cui si descrivevano le tecniche per ridirezionare la volontà umana con cui le elite riducevano in schiavitù nuove vittime.
Negli anni '70 e '80 un progetto segreto di controllo della mente da parte della CIA chiamato MK Ultra fu sviluppato come predecessore di un altro progetto, ugualmente segreto, sviluppato ulteriormente chiamato programma âMonarchâ con l'intenzione di essere in grado di influenzare lo spirito di milioni di persone e di avere come obiettivo il totale controllo sull'umanità .
Sorge una domanda: sarà l'umanità in grado di liberarsi dal giogo sotto cui ha sofferto per più di quattromila anni?
UNA PAROLA DALL'AUTORE
Tutte le opere d'arte, le tombe, i tunnel, gli edifici di Roma citati in questo libro esistono e possono essere visitati giornalmente come descritto. La Società di Gesù Cristo, le altre società , i Massoni e gli Illuminati esistono ancora.
INTRODUZIONE
Man mano che la vita diventa sempre più complessa, è diventato difficile per l'uomo medio riconoscere una bugia. Non sa che il suo ambiente è determinato dalla manipolazione e dalla suggestione. Vive guidato dalle forze segrete di società nascoste, mentre dovrebbe concentrarsi sulla conoscenza del fatto che la sua vita è parte di una serie di bugie, progettate per tenerlo in schiavitù.
âNulla è reale. Tutto è una commedia, creata per far credere alle persone che il sistema funzioni.â
MAPPA DI OSTIA ANTICA
PROLOGO
Spinto in avanti con insistenza dal prete, Silvio si avvicinò all'immagine illuminata dalla torcia. L'atmosfera del seminterrato dove si trovava odorava di bruciato a causa della cera delle candele.
âBacia la statua!â sibilò il prete. âBaciala, bacia la statua, devi baciarla!â
Tremando, il ragazzo seminudo guardò la statua tra le ciglia. Avrebbe dovuto baciare questo? Aveva baciato solamente sua madre, e, raramente, sua sorella Raffaella, ma questo orribile mostro? Mai!
Il prete lo prese per le spalle e lo scosse vigorosamente.
"Devi baciare la statua ora!"
Silvio iniziò a piangere.
"No! Mi sta facendo male. Non lo farò. Mi fa male! Perché dovrei? E solo una statua! à solo una statua!"
Il rifiuto di Silvio fece sì che l'uomo vestito di nero stringesse la sua presa sul ragazzo. Forse era la sua immaginazione ma questa volta sentì la voce del prete risuonare più minacciosa. Si sforzò di trattenere le lacrime, la voce prese possesso della sua mente.
âBaciala Silvio, baciale i piedi!" Silvio, pieno d'ansia, osservò la scultura con quella strana forma. Quello che vide non assomigliava alle immagini della Cattedrale sopra di loro, il posto che frequentava con sua madre di domenica. Lei li chiamava âSantiâ, queste figure di uomini e donne scolpite nel marmo lucido che guardavano passivamente verso di lui.
Con la luce iridescente che cadeva su di loro attraverso le finestre sembravano eteree, non di questo mondo.
"Ora bacia i piedi del padrone e pronuncia le parole che ti ho insegnato," sibilò il prete. "Bacia i piedi del maestro e ripeti le parole che ti ho insegnato."
Con esitazione gli occhi di Silvio scivolarono sulla testa da capra della statua. Il corpo di quasi due metri con la pelle liscia e le ali da angelo lo faceva sembrare femminile. Questa impressione divenne più forte quando guardò lungo il collo fino a posare gli occhi sui suoi seni ben torniti. Ma gli organi genitali della statua, intrecciati con due serpenti provavano che era maschile.
Lacrime salate inondarono i suoi occhi. Silvio cercò di liberarsi ma la stretta del suo torturatore era troppo forte.
"Mi lasci andare, per favore," singhiozzò. âSono solo un ragazzino!"
Silvio si spaventò ancora di più. Non ricordava nulla di un ordine di baciare l'immagine, o delle parole che doveva dire ad alta voce.
"Smettila di pigolare. à troppo tardi," gli sussurrò il prete nell'orecchio. "Ora che lo hai visto, non puoi tornare indietro. Bacia la statua e accetta il tuo destino giovane uomo!"
"Prima di tutto non ho mai voluto vederlo," gemette Silvio. "Io...ho cambiato idea."
Un forte strattone del tutto inaspettato gli abbassò i pantaloni, lasciandolo completamente nudo.
"Xalla!" sussurrarono all'unisono i testimoni. âFagli pronunciare la parola!"
âBacia i piedi e dillo," ringhiò il prete. "Te lo ordino!"
"Xalla," urlò il ragazzo e baciò la fenditura degli zoccoli dell'immagine dove presumeva ci fossero piedi.
Come diavolo ci era finito lì in quel seminterrato.
"Xalla!" urlarono all'unisono i testimoni.
Un forte dolore all'ano fece fremere Silvio. Mentre due mani lo tenevano fermo con la loro presa ferrea cercò di sollevare la testa per vedere che cosa gli stava accadendo. Solo dopo che il mormorio alle sue spalle cambiò in un lieve respiro ritmico affannoso, il dolore cominciò a diminuire fino a quando rimase solo una sensazione di malessere allo stomaco.
Silvio si sentì sporco e cattivo. Si sentì pieno di vergogna.
1
"Figlio mio, fino a ora hai imparato ad agire come un ipocrita, un cattolico romano tra i cattolici romani e a essere una spia, non un uomo che creda o si fidi di qualcuno, neppure dei tuoi stessi fratelliâ¦"
Di fronte all'altare, vestito in giallo e bianco, stava il Superiore Generale con una spada contro il cuore del novizio. Con l'altra mano diede al novizio un piccolo crocefisso nero. "...a essere un riformatore tra i riformatori, un ugonotto tra gli ugonotti, un calvinista tra i calvinisti, un protestante tra i protestanti, e in generale a ottenere la loro fiducia, mettendoli alla prova sotto i loro pulpiti, a predicare per proclamare la nostra sacra religione e l'esistenza del Papa con fierezza, abbassandoti come un ebreo tra gli ebrei in modo da poter diventare un fedele soldato del papa per raccogliere tutte le informazioni per gli scopi dell'Ordine.â
âHai imparato a piantare i semi della gelosia e dell'odio tra le città , le province e gli stati che sono in pace per incitarli a gesta di sangue, coinvolgendoli in guerre tra loro e a creare rivoluzioni e guerre civili in nazioni prospere e indipendenti, che coltivano le arti e le scienze e si godono le benedizioni della pace.â
âHai imparato anche a fare il tuo dovere come una spia, a fare tutto quello in tuo potere per raccogliere tutte le statistiche, i fatti e le informazioni da qualsiasi fonte, con la fiducia della famiglia, protestanti ed eretici di qualsiasi classe e tipo, come anche del commerciante, del banchiere e dell'avvocato, nelle scuole e nelle università , nei parlamenti e tra i legislatori, tra i magistrati e nelle scuole di legge, ed essere lì per tutte le persone, per il bene del Papa, di cui siamo servitori fino alla morte.â
âCome novizio, come neofita, hai ricevuto tutte le tue istruzioni e hai servito come richiedente, confessore e prete, ma non hai ancora mostrato tutto quello che è necessario per svolgere il tuo dovere nell'esercito di Ignazio di Loyola al servizio del Papa. Devi servire al tempo giusto, essere lo strumento e l'esecutore secondo le indicazioni dei tuoi superiori."
2
Puoi sopravvivere a questo, disse tra sé Raffaella. Non lo dimenticherò. Non lo perdonerò mai.Nuda, privata negli ultimi minuti delle poche certezze che le forniva la fede, sentiva il pavimento ghiacciato sotto la sua nuda pelle. âUn evento Sacro ti accadrà ," le aveva detto il prozio una settimana prima. "à il Portatore di Luce stesso che scivolerà nel tuo cuore per starci per sempre. Questo è l'unico modo con cui potrà proteggerti." Essere abbracciata da qualcuno che lei potesse amare, era quello che voleva più di qualsiasi altra cosa. Sperava che le facesse dimenticare il più velocemente possibile i tempi bui che lei e Silvio avevano attraversato dopo la morte della mamma.
Il suo Prozio, come le aveva permesso di chiamarlo, era sempre di buon umore. Lei non aveva mai dimenticato i tempi in cui lei e Silvio lo avevano incontrato per le strade fuori dal Colosseo e aveva dato loro alcune spiccioli. Quando lui si piegava per guardarla dall'alto dei suoi occhiali e le parlava nel suo modo paterno, lei si sentiva confortata e lieta della sua amicizia.
Le loro conversazioni riguardavano quasi sempre il Portatore di Luce. Raffaella pensava dovesse essere un angelo ma non ne era sicura. I racconti del prozio erano interessanti ma sempre troppo corti. Avrebbe volentieri passato giorni, e non solo poche ore, ad ascoltare i racconti del prozio.
Raffaella si ricordava i racconti che il prozio le aveva detto sul Portatore di Luce, ma non era mai stata in grado di ricordare tutti i dettagli. Sin dall'inizio, aveva pensato che dovesse essere un cardinale o un prete per le parole solenni che usava.
Ora lei era lì, neppure tredicenne, distesa sul pavimento ghiacciato.
Aveva così freddo che non era più in grado di sentire la sua pancia o il suo petto. Se soffrisse per il freddo o perché aveva paura di quello che sarebbe successo dopo, non aveva più nessuna importanza. Desiderò di essere di nuovo fuori per le strade anche se sapeva che lì era molto più freddo.
Pensò a suo fratello, Silvio. Era lui che le aveva detto quanto era stato gentile con lui il prozio, permettendogli di stare nella sua casa e di mangiare quanto voleva.
Raffaella era molto più che gelosa, non voleva altro che stare al sicuro e al caldo con un sacco di cibo da mangiare come suo fratello. Le cose andavano male, poche persone stavano comprando i biglietti della lotteria che lei e suo fratello vendevano davanti alla chiesa di san Lorenzo.
âLa gente ha sempre fretta. Al giorno d'oggi tiene meno soldi in tasca," le aveva detto Silvio. âà colpa della crisi, della crisi,â le aveva detto, sembrando saggio, e Raffaella aveva annuito anche se non sapeva cosa significasse.Lei aveva notato che in quei giorni le strade erano molto più tranquille, ma dopo che Silvio se ne era andato erano sembrate tranquille come non lo erano mai state prima.
Era scomparso improvvisamente, e lei non aveva idea di cosa gli fosse successo. Nessuno ce l'aveva, e sembrava lo stesso anche per il prozio.
A Raffaella mancavano Silvio e i suoi consigli. Quando il prozio la incontrò per le strade e le promise di aiutarla ne fu così grata che gli aveva baciato l'anello, come aveva visto fare a Silvio.
"Raffaella, se ti dicessi che il Portatore di Luce è in questo anello," le disse , quando si sedettero insieme in un ristorante, "mi crederesti?"
"Si, mio caro prozio," aveva risposto lei con tutto il cuore. "Crede che se lo bacio, Lui entrerà nella mia anima?"
Il prozio era apparso visibilmente commosso dalla sua domanda e capì che lo aveva compiaciuto.
"Quasi certamente," disse. "Vorresti che ti aiutassi ad averlo dentro di te?"
Raffaella si ricordò che il prozio le aveva proibito di parlare con la bocca piena, così, come risposta, si limitò ad annuire.
"Bene, se è questo che vuoi devi provarmelo, ma dovrai anche guardarlo in faccia nella sua casa. Credi di essere pronta a riceverlo?"
Raffaella annuì.
Questa era successo tre giorni prima. Ora, distesa in quel tetro seminterrato senza vestiti, davanti a quella strana immagine e circondata da nove estranei, i dubbi la assalirono. Dentro di sé aveva timore di quello che stava per accadere. Ebbe il desiderio di alzarsi subito e fuggire, anche se questo significava che non avrebbe più rivisto il prozio.
"Tempus Fugit Memento Mori," urlò alle sue spalle una persona vestita come un prete. âOsserva il volto del tuo pastore, il Portatore di Luce. Ricorda che è Lui che ti guiderà da adesso fino alla morte.â
Sentì una mano prendere i suoi capelli sciolti, unirli, attorcigliarli e tirarli con forza all'indietro, in modo che lei fu costretta a guardare dritta davanti a sé. Lacrime di dolore appannarono i suoi occhi. Quello che vide non assomigliava alla sua visione del Portatore di Luce. Vide, invece, una statua con una testa di capra, circondata di serpenti. Cercò di non pensare al dolore ma era più di quello che poteva sopportare e urlò.
"Ad Majorem Dei Gloriam," proclamò ad alta voce il prete.
Con le parole ancora rimbombanti nelle sue orecchie, l'uomo tolse il mantello che copriva Raffaella. Mani sconosciute la obbligarono a restare sulla schiena, spalancandole le gambe.
"Tu," iniziò a dire il prete, tenendo un'ostia tra le sue mani piegate. "Nella mia qualità di prete, ti impongo di discendere nell'ostia; di incarnarti in questo pane di Gesù, artigiano degli imbrogli, ladro di affetti, rapinatore di passioniâ Ascoltami! O prolungata depravazione di Betlemme, ti obblighiamo a confessare i tuoi spudorati imbrogli, i tuoi crimini inesplicabili! Vorremmo affondare in profondità i chiodi nelle tue mani, premere la corona di spine più a fondo sulla tua fronte e far sgorgare il sangue dalle ferite ormai secche."
Dopo questo il prete prese l'ostia, e bruscamente la spinse in profondità all'interno della vagina di Raffaella.
"Ad Majorem Dei Gloriam," disse.
"Ad Majorem Dei Gloriam," ripeterono tutti.
Dopo una breve fitta di dolore, Raffaella chiuse gli occhi e si abbandonò al momento, felice che fosse finita, certa ora che il Portatore di Luce fosse entrato per sempre nella sua anima.
"O maledetto Nazareno," continuò il prete. "Scrittore di stupide uguaglianze, re impotente, dio fuggitivo! O Maestà degli inferi, condannalo a un baratro di costante paura in modo che soffra per sempre. Porta la tua collera su di lui, o Principe delle Tenebre."
"Hail Satan, Shemhamphorash!" urlò tutto il gruppo, e tutti sputarono sulla croce.
3
âMio caro, perché non mi baci? Perché le tue labbra sono fredde e ghiacciate? Faust, cosa hai fatto?"
Piena di grazia, barcollante come un cigno morente, Margherita spinse il suo amante lontano da lei e cadde a terra, agitandosi. Faust guardò in basso verso la sua amata che giaceva lì, ora al di fuori della sua portata. Impotente, chiama il suo padrone alla ricerca di aiuto, i suoi occhi rivolti verso il cielo.
âIn una magica fusione di grazia e realismo, l'attore-cantante ripetutamente trascende se stesso. Con la sua sublime rappresentazione del diavolo è impensabile immaginare un'apoteosi più credibile di quello che lui ci mostra.â Anche se non era un critico professionista, William R. Sandwell compose mentalmente la sua recensione dello spettacolo che stava guardando. Dopo settimane di viaggi internazionali per una serie di conferenze e oltre un centinaio di ore su sedili di aereo soffocanti, Sandwell si stava concedendo un premio con una serata all'opera. La sua camera d'albergo poteva aspettare per un po'. Quella sera al Teatro dellâ Opera di Roma l'atmosfera era carica di eccitazione. L'opera della serata, il Mefistofele di Arrigo Boito, un dramma del diciannovesimo secolo su una sinistra scommessa tra Dio e il Diavolo aveva luogo in un ambiente straordinario tra cielo e terra.
Sandwell non era in grado di immaginare un luogo migliore per rilassarsi. Solo un'ora prima al terminal degli arrivi dell'aeroporto di Fiumicino a Roma, Sandwell, Professore of Scintologia all'Università Kokugakuin di Tokyo si era sentito completamente distrutto dal jet-lag, ora che era seduto a guardare la battaglia di Faust con il Diavolo, si sentiva completamente sveglio.
Con i suoi capelli biondo scuro, i pantaloni marroni e la giacca in tweed Sandwell contrastava nettamente con il pubblico italiano composto in gran parte da persone con i capelli scuri. I posti nei palchetti che lo circondavano, per quanto era in grado di vedere al buio, erano occupati dalla crema della società , vestita con abiti stupendi, smoking e abiti da sera. L'aristocrazia romana, pensò, basandosi sulla presenza di giovani donne attraenti che indossavano abiti di alta moda e costosi accessori. Notando parecchie donne meravigliose sedute da sole senza accompagnatori maschili si domandò se l'occasione di sfoggiare la loro ricchezza e la loro bellezza fosse il vero motivo della loro presenza. Dando un'occhiata agli altri palchetti vicini al suo Sandwell notò una giovane donna seduta in diagonale sulla sua sinistra a circa una decina di metri di distanza. Essendo da sola o almeno senza alcun compagno visibile, attirò la sua attenzione. La donna era vestita tutta di nero, in quello che sembrava essere un completo antracite piuttosto elegante con increspature scarlatte sui bordi. Uno Chanel, pensò. Un grande cappello nero piatto con un'ampia falda e un velo nascondeva il suo volto da occhi indiscreti. Da quello che poteva vedere del suo corpo, Sandwell stimò che avesse tra i venticinque e i trent'anni. Chiunque fosse, sembrava conoscere le arti della seduzione. Questa distrazione, comunque, non impedì a Sandwell di ritornare con la sua attenzione sul palco, dove Margherita, implorando la grazia di Dio, collassò davanti ai suoi occhi.
Sandwell sentì una leggera vibrazione da qualche parte sotto il suo ombelico. Sconcertato, si risistemò al suo posto, ritornando con la sua attenzione alle convulsioni mortali di Margherita, sperando che il suo malessere scomparisse ma, al contrario, la sensazione divenne ogni secondo più forte.
All'improvviso, ne capì il motivo. Imbarazzato e con entrambe le guance rosse per la vergogna estrasse il cellulare dalla tasca.
4
âNumero privatoâ, le parole che scintillavano in cima alla cartella delle chiamate perse.
Mentre stava per toccare il pulsante di spegnimento, il telefono cominciò a vibrare ancora una volta mostrando lo stesso messaggio.
Potrebbe essere qualche idiota, immaginò, come l'ubriaco che aveva osato chiamarlo nel cuore della notte dall'Australia, insistendo che venisse immediatamente a Melbourne a tenere una conferenza.
Come se il dispositivo fosse in grado di leggere i suoi pensieri la vibrazione cessò immediatamente, ma in un minuto arrivarono altre due chiamate.
Lasciando il suo palco irritato e pronto a dare una lavata di capo a chiunque lo avesse chiamato, guardò il suo orologio e vide che erano le ventidue e quindici.
âVeloce o il ritardo ci costerà caro!" cantava Faust in italiano. Affrettandosi all'esterno Sandwell rispose al telefono. "Pronto. sono William Sandwell,â disse. âCon chi sto parlando?" âClic.âStupito, fissò lo schermo; âFine della conversazione. Tempo: 4,03 secondiâ.
Ottimo. Ora stava facendo dei monologhi.
Alzando le spalle disgustato decise di dimenticare tutto l'episodio e di ritornare al suo palco.
Nessuna persona sana di mente chiama lo stesso numero senza ragione per così tante volte. C'era qualcosa sotto.
Una Vespa azzurra comparve all'angolo di Via Firenze, una stretta strada vicina al teatro. Lanciato ad alta velocità tra i pedoni lo scooter attraversò Piazza Beniamino Gigli verso il teatro, mancando di poco un gruppo di ignari turisti. Quando arrivò all'altezza dell'entrata principale la Vespa fece una svolta secca a sinistra e si diresse verso Sandwell. Una collisione sembrava inevitabile, ma, all'ultimo momento, il guidatore premette sui freni, fermandosi a pochi centimetri da Sandwell, che fece un passo indietro.
"Buonasera,â disse l'uomo. âLei è il Signor William R. Sandwell?"
Sandwell annuì, confuso.
âSono io. La conosco?â
Ignorando la sua domanda, il guidatore estrasse un piccolo pacchetto dalla giacca e glielo porse. Senza una parola ripartì nella notte.
Sorpreso da questa consegna inaspettata Sandwell notò che il pacchetto consisteva di una semplice busta bianca con una riga scritta a mano al centro, âWilliam R. Sandwell.â
Il suo nome era scritto con un inchiostro nero e con una calligrafia antica ed estremamente elegante. Sembrava opera della mano di un uomo, ovviamente di qualcuno che aveva imparato a scrivere molto tempo fa. Supponendo che la scrittura fosse genuina e non qualche calligrafia appresa successivamente, significava che l'autore dell'appunto doveva essere molto più vecchio di lui.
Una sensazione di perdita lo travolse, ripensando a tutte le persone anziane che una volta conosceva e che avrebbero potuto scrivere in modo così meraviglioso ma che erano morte da molto tempo.
Guardando la busta pensò che una singola riga scritta aveva improvvisamente trasformato la sua visita non pianificata a Roma in un qualche tipo di strano mistero.
Toccando un angolo del pacchetto sentì una irregolarità , un rigonfiamento di qualche millimetro, della dimensione di una moneta. La busta sembrava accuratamente sigillata.
Con cautela l'aprì.