Kitabı oku: «Il Killer Pagliaccio », sayfa 2
CAPITOLO DUE
Riley sentiva il respiro e il battito cardiaco accelerare, mentre camminava dalla fermata della metro fino all’enorme e bianco J. Egar Hoover Building.
Perché sono così nervosa? si chiese. Dopotutto, era riuscita a viaggiare per la prima volta da sola in una metropolitana, attraversando la città più grande che avesse mai visitato prima di trasferirsi lì.
Provò a convincersi che non era un grande cambiamento, che stava soltanto andando di nuovo a scuola, così come aveva fatto a Lanton.
Ma non riusciva a fare a meno di sentirsi timorosa e intimidita. Innanzitutto, l’edificio si trovava sulla Pennsylvania Avenue, proprio tra la Casa Bianca e il Campidoglio. Lei e Ryan erano passati in auto davanti all’edificio all’inizio della settimana, ma in quel momento si rendeva semplicemente conto che stava andando lì ad imparare e a lavorare per le prossime dieci settimane.
Sembrava quasi un sogno.
Si diresse all’entrata principale, passò attraverso l’atrio e l’accesso di sicurezza. La guardia all’ingresso trovò il suo nome su una lista di visitatori e le diede una targhetta identificativa da indossare. Poi, la invitò a prendere l’ascensore per scendere di tre piani fino ad una piccola aula.
Quando Riley trovò l’aula e vi entrò, le furono consegnati dei fogli, che contenevano regole, norme ed informazioni che doveva leggere in seguito. Si sedette in mezzo a una ventina circa di altri tirocinanti, che sembravano avere all’incirca la sua età. Sapeva che alcuni, come lei, si erano appena laureati al college; altri invece ancora no e sarebbero tornati al college in autunno.
Molti tirocinanti erano uomini, e la maggior parte ben vestita. Si sentì un po’ insicura nel suo tailleur con pantaloni, che aveva acquistato in un negozio al risparmio di Lanton. Era il miglior completo da lavoro che possedesse, e sperava di apparire sufficientemente rispettabile.
Poco dopo, un uomo di mezza età, dall’aspetto curato, si posizionò di fronte ai tirocinanti seduti.
Esordì: “Sono l’Assistente Direttore Marion Connor, e sono responsabile per il Programma Estivo di Tirocinio dell’FBI. Dovreste essere tutti molto orgogliosi di essere qui oggi. Siete un gruppo molto selezionato ed eccezionale, scelto tra migliaia di candidati …”
Riley deglutì rumorosamente, mentre l’uomo continuava a congratularsi col gruppo.
Migliaia di candidati!
Quanto sembrava strano. La verità era che non aveva nemmeno fatto domanda. Era semplicemente stata scelta per il programma non appena uscita dal college.
Merito davvero di stare qui? si chiese.
L’Assistente Direttore Connor presentò al gruppo un agente più giovane, Hoke Gilmer, il supervisore all’addestramento, che aveva chiamato Riley il giorno prima. Gilmer chiese ai tirocinanti di mettersi in piedi, alzare la mano destra e pronunciare il giuramento dell’FBI.
A Riley venne un nodo in gola, mentre pronunciava le parole …
“Io, Riley Sweeney, giuro solennemente di sostenere e difendere la Costituzione degli Stati Uniti contro tutti i nemici, stranieri e interni …”
Dovette sbattere le palpebre per non piangere e proseguì.
Questo è reale, si disse. Sta accadendo davvero.
Non aveva idea di che cosa l’aspettasse da quel momento in poi.
Ma era sicura che la sua vita non sarebbe più stata la stessa.
Dopo la cerimonia, Hoke Gilmer portò gli studenti a fare un lungo giro del J. Edgar Hoover Building. Riley rimase sempre più stupita per via delle grandezza e complessità dell’edificio, e per tutte le diverse attività che si svolgevano al suo interno.
C’erano stanze destinate agli usi più svariati, un campo da pallacanestro, una clinica medica, una tipografia, molti tipi di laboratori e stanze adibite ad uso informatico, un poligono di tiro, e persino un obitorio e un’officina.
Tutto la sconvolse.
Alla fine del giro, il gruppo fu condotto alla mensa, all’ottavo piano. Riley si sentì esausta, quando mise il cibo sul proprio vassoio, non tanto per i chilometri che aveva percorso a piedi, ma per tutto quello che aveva visto e stava provando ad assorbire.
Quanto di questa meravigliosa struttura poteva sperare di conoscere nelle settimane che avrebbe trascorso al suo interno? Voleva apprendere tutto ciò che poteva, quanto velocemente avrebbe potuto.
E voleva iniziare subito.
Mentre reggeva il vassoio, guardandosi intorno in cerca di un posto in cui sedersi, si sentì stranamente fuori posto. Gli altri tirocinanti sembravano già impegnati a fare amicizia e, seduti in gruppi, chiacchieravano entusiasti della giornata che stavano trascorrendo. Si disse che forse avrebbe dovuto sedersi tra alcuni dei colleghi giovani, presentarsi e conoscerli.
Ma sapeva che non sarebbe stato facile.
Spesso Riley si era sentita fuori posto, e fare amicizia e unirsi agli altri non era mai stata una cosa naturale per lei.
E, al momento, si sentiva più timida di quanto ricordasse di essersi mai sentita.
Ed era solo la sua immaginazione, o alcuni tirocinanti la stavano guardando e facendo commenti sotto voce su di lei?
Aveva appena deciso di sedersi da sola, quando sentì una voce accanto a lei.
“Sei Riley Sweeney, non è vero?”
Si voltò e vide un giovane che aveva catturato la sua attenzione nell’aula e durante il giro. Non era riuscita a fare a meno di notare il suo fascino: un po’ più alto di lei, robusto ed atletico, con corti capelli ricci e un sorriso piacevole. Il completo che indossava sembrava costoso.
“Um, sì” Riley rispose, sentendosi improvvisamente sempre più timida di prima. “E tu … ?”
“John Welch. Piacere di conoscerti. Ti direi di stringerci le mani, ma …”
Lui accennò ai vassoi che entrambi stavano trasportando, e accennò una risata.
“Vorresti sederti con me?” le chiese.
Riley si augurò di non arrossire.
“Certo” gli rispose.
Si sedettero ad un tavolo l’uno di fronte all’altra e cominciarono a mangiare.
Riley chiese: “Come conosci il mio nome?”
John sorrise maliziosamente e disse: “Scherzi, vero?”
Riley rimase stupita. Si sforzò di non rispondere…
No, non scherzo.
John alzò le spalle e disse: “Qui tutti sanno chi sei. Immagino che si possa dire che la tua reputazione ti procede.”
Riley posò lo sguardo su alcuni degli altri studenti. Come previsto, erano ancora intenti a guardarla e a scambiarsi commenti sottovoce.
Riley cominciò a capire …
Devono sapere che cos’è successo a Lanton.
Ma quanto sapevano?
Ed era un bene o un male?
Certamente non aveva preso in considerazione la possibilità di avere una “reputazione” tra i tirocinanti. L’idea la imbarazzava profondamente.
“Di dove sei?” gli chiese.
“Proprio di qui, Washington DC” fu la risposta. “Mi sono laureato in criminologia questa primavera.”
“Che università?” fu ora la domanda di Riley.
John arrossì leggermente.
“Um … George Washington University” rispose.
Riley spalancò gli occhi al nome di un college così costoso.
Dev’essere ricco, pensò.
Sentiva anche che lui si sentiva un po’ a disagio per questo.
“Wow, una laurea in criminologia” esclamò. “Io sono laureata in psicologia. Sei in vantaggio rispetto a me.”
John rise.
“Rispetto a te? Penso di no. Voglio dire, probabilmente sei l’unica tirocinante nel programma con una vera esperienza sul campo.”
Ora Riley si sentì davvero sbalordita.
Esperienza sul campo?
Non aveva pensato a quanto accaduto a Lanton come un’“esperienza sul campo”.
John continuò: “Beh, hai già aiutato a trovare e catturare un vero serial killer. Non riesco ad immaginare a come debba essere stato. Ti invidio, sul serio.”
Riley si accigliò e divenne silenziosa. Non voleva dirlo, ma l’invidia sembrava un’emozione molto inappropriata da provare per quanto aveva vissuto.
Che cosa pensava John fosse successo durante quelle terribili settimane a Lanton? Aveva idea di che cosa avesse provato a trovare i cadaveri delle sue migliori amiche, con le gole brutalmente squarciate?
Sapeva quanto si fosse sentita terrorizzata e distrutta dal dolore e anche quanto si sentisse in colpa?
Era ancora perseguitata dal pensiero che la sua coinquilina, Trudy, sarebbe stata ancora viva, se Riley avesse semplicemente fatto un lavoro migliore prestandole attenzione.
E aveva idea di quanto fosse stato terribile per lei cadere nelle grinfie del killer?
Riley bevve un sorso della sua bibita e infilzò il cibo con una forchetta.
Poi, disse: “E’ stato … beh, non è stato come potresti pensare. E’ soltanto qualcosa che è successa.”
Ora John le rivolse uno sguardo colmo di vera preoccupazione.
“Scusa” disse. “Immagino che tu non voglia parlarne.”
“Forse un’altra volta” Riley replicò.
Cadde uno strano silenzio. Non volendo essere scortese, Riley cominciò a fare delle domande a John sulla sua vita. Quest’ultimo sembrò riluttante a parlarne, ma riuscì a tirargli fuori delle risposte.
I genitori di John erano entrambi noti avvocati, pesantemente coinvolti nella politica di Washington DC. Riley rimase colpita, non tanto dall’ambiente benestante in cui era cresciuto John, ma dal modo in cui aveva scelto un percorso diverso da tutto il resto della famiglia. Invece di perseguire una carriera prestigiosa in legge e politica, John si era dedicato ad una vita più umile di servizio nelle Forze dell’Ordine.
Un vero idealista, Riley pensò.
Si ritrovò a confrontare lui e Ryan, che stava provando a mettersi alle spalle le sue umili origini, diventando un avvocato di successo.
Naturalmente, ammirava l’ambizione di Ryan. Era una delle cose che amava di lui. Ma non poté fare a meno di ammirare anche John, per le scelte che stava facendo.
Mentre continuavano a parlare, Riley sentì che John stava cercando di sedurla.
Sta flirtando con me, intuì.
Fu un po’ colpita da questo atteggiamento. La sua mano sinistra era pienamente visibile sul tavolo ed il ragazzo poteva senz’altro vedere il suo nuovo anello di fidanzamento.
Doveva dire di essere fidanzata?
In qualche modo, sentiva che forse sarebbe stato strano, specialmente se si fosse sbagliata.
Forse non sta affatto flirtando con me.
Poco dopo, John cominciò a farle delle domande, assicurandosi di non toccare l’argomento degli omicidi di Lanton. Come sempre, Riley evitò determinate questioni: il suo travagliato rapporto col padre, i suoi ribelli anni adolescenziali, e in particolare come avesse assistito all’omicidio di sua madre quando era ancora una bambina.
Riley si accorse del fatto che, a differenza di Ryan o John, non aveva davvero molto da dire sulle proprie speranze per il futuro.
Che cosa dice questo di me? si chiese.
Infine, parlò del suo rapporto d’amicizia con Ryan, che era culminato nel loro fidanzamento solo il giorno prima, sebbene non avesse fatto cenno alla gravidanza. Non notò alcun particolare cambiamento nel comportamento di John.
Immagino che sia proprio affascinante per natura, pensò.
Fu sollevata al pensiero di essere saltata alle conclusioni e che non stesse affatto flirtando con lei dopotutto.
Era un brav’uomo, e lei non vedeva l’ora di conoscerlo meglio. Infatti, era piuttosto sicura che John e Ryan sarebbero andati d’accordo. Forse, qualche volta, sarebbero potuti uscire tutti insieme.
Quando i tirocinanti terminarono il loro pasto, Hoke Gilmer li radunò e li condusse in una grande spogliatoio, pochi piani più in basso, in quello che sarebbe stato il loro quartier generale per la durata delle dieci settimane. Un agente più giovane, che assisteva Gilmer, assegnò a ciascuno dei tirocinanti un armadietto. Poi, tutti si sedettero ai tavoli al centro della stanza, e l’agente più giovane cominciò a distribuire dei cellulari.
Gilmer spiegò: “Presto entreremo nei ventunesimo secolo, e all’FBI non piace restare indietro con le nuove tecnologie. Non distribuiremo dei cercapersone quest’anno. Alcuni di voi hanno già un cellulare, ma vogliamo che ne abbiate uno separato specifico per l’FBI. Troverete le istruzioni nel vostro pacchetto d’orientamento.”
Poi, Gilmer rise aggiungendo: “Spero che sarà più facile per voi imparare ad usarli di quanto lo sia stato per me.”
Anche alcuni tirocinanti risero, mentre presero i loro nuovi giocattoli.
Il telefono di Riley sembrava stranamente piccolo nella sua mano. Era abituata ad avere dei telefoni fissi più grandi a casa, e non aveva mai utilizzato un cellulare in vita sua. Sebbene avesse usato i computer a Lanton, e alcuni amici avessero dei cellulari, lei continuava a non possederne uno. Ryan aveva già un computer e un cellulare, e qualche volta prendeva in giro la fidanzata per essere così fuori moda.
A lei non piaceva molto. La verità era che l’unica ragione per cui non possedesse ancora un computer o un cellulare era che non poteva permettersene uno.
Questo sembrava quasi identico a quello di Ryan, molto semplice, dotato di un piccolo schermo per i messaggi, una tastiera numerica e solo tre o quattro altri pulsanti. Eppure, fu strano accorgersi del fatto che non sapesse ancora come effettuare una comune telefonata con esso. Sapeva che sarebbe anche stato strano essere raggiungibile al telefono in qualsiasi momento, a prescindere da dove si trovasse.
Rammentò a se stessa …
Sto iniziando una nuova vita.
Riley notò che un gruppo di persone, degli agenti probabilmente, la maggior parte dei quali uomini, era entrato nello spogliatoio.
Gilmer disse: “Ad ognuno di voi sarà assegnato un agente speciale esperto durante le settimane che passerete qui. Cominceranno a insegnarvi le loro specialità: analisi dei dati del crimine, lavoro forense, lavoro svolto nel laboratorio di informatica, e tutto il resto. Ora ve li presenteremo, e si occuperanno loro di voi.”
Quando l’agente più giovane accoppiò agenti e tirocinanti, Riley notò un particolare …
C’è un agente in meno rispetto ai tirocinanti.
Di fatto, dopo che i tirocinanti se ne andarono con i loro mentori, Riley si ritrovò sola. Guardò Gilmer con perplessità.
Gilmer le rivolse un sorriso appena abbozzato e disse: “Troverai il tuo agente in fondo al corridoio nella stanza diciannove.”
Sentendosi un po’ turbata, Riley lasciò lo spogliatoio e percorse il corridoio, finché trovò la stanza giusta. Aprì la porta e vide un uomo basso, dal largo torace, di mezza età seduto ad un tavolo.
Riley ebbe un sussulto, quando lo riconobbe.
Si trattava dell’Agente Speciale Agent Jake Crivaro, lo stesso che aveva incontrato a Lanton e che le aveva salvato la vita.
CAPITOLO TRE
Riley sorrise, riconoscendo l’Agente Speciale Jake Crivaro. Aveva trascorso la mattinata tra estranei, ed era piuttosto contenta di vedere quel volto familiare.
Immagino che non dovrebbe sorprendermi, pensò.
Dopotutto, ricordò ciò che lui le aveva detto a Lanton, quando le aveva dato i documenti per iscriversi al Programma di Tirocinio …
“Ho diritto alla pensione, ma potrei restare per un po’ per aiutare qualcuno come te ad iniziare.”
Doveva aver richiesto di essere specificatamente il mentore di Riley per il tirocinio.
Ma il sorriso di Riley svanì rapidamente, quando comprese …
Non sta sorridendo.
Infatti, l’Agente Crivaro non sembrava neanche un po’ felice di vederla.
Ancora seduto al tavolo, l’uomo incrociò le braccia ed annuì verso un uomo ordinario ma apparentemente affabile sui vent’anni, che era in piedi vicino a lui. Crivaro disse …
“Riley Sweeney, voglio presentarti l’Agente Speciale Mark McCune, proprio di qui, Washington DC. E’ il mio partner su un caso a cui sto lavorando oggi.”
“Piacere di conoscerti” l’Agente McCune disse con un sorriso.
“Il piacere è mio” Riley rispose.
McCune sembrava decisamente più amichevole di Crivaro.
Crivaro si alzò dal tavolo. “Considerati fortunata, Sweeney. Mentre gli altri tirocinanti sono bloccati dentro ad imparare a riempire armadietti ed usare le graffette, tu starai proprio sul campo. Sono appena arrivato qui da Quantico per lavorare ad un caso di droga. Ti unirai all’Agente McCune e me, adesso andremo sulla scena del crimine.”
L’Agente Crivaro uscì dalla stanza.
Mentre Riley e l’Agente McCune lo seguivano, pensò …
Mi ha chiamata “Sweeney.”
A Lanton, era abituata a farsi chiamare “Riley” da lui.
Riley sussurrò a McCune: “L’Agente Crivaro è infuriato per qualcosa?”
McCune alzò le spalle e le rispose, sussurrando anche lui: “Speravo che potessi dirmelo tu. Questo è primo giorno che lavoro con lui, ma ho sentito dire che hai già lavorato ad un caso con lui. Dicono che sia rimasto particolarmente colpito da te. Gode di una reputazione da uomo brusco. Il suo ultimo partner è stato licenziato, sai.”
Riley quasi disse …
In realtà, non lo sapevo.
Non aveva mai sentito Crivaro menzionare un partner quando erano a Lanton.
Sebbene Crivaro fosse stato duro, non lo aveva considerato “brusco”. Infatti, era giunta a considerarlo come una gentile figura paterna, anche se diversa dal suo vero padre.
Riley e McCune seguirono Crivaro fino ad un’auto al livello del parcheggio dell’edificio dell’FBI. Nessuno fiatò, mentre Crivaro, alla guida, li portò fuori dall’edificio e continuò in direzione nord, tra le strade della città.
Riley cominciò a chiedersi se Crivaro le avrebbe spiegato che cosa avrebbero fatto, ovunque fossero diretti.
Alla fine, raggiunsero un quartiere di aspetto squallido. Sui lati della strada c’erano file di case, che, un tempo, pensò Riley, dovevano essere state graziose ma ora apparivano pericolanti.
Mentre continuava a guidare, l’Agente Crivaro finalmente le rivolse la parola.
“Due fratelli, Jaden e Malik Madison gestiscono un giro di droga in questo quartiere da ormai un paio d’anni. Appoggiati dalla loro gang, hanno passato il segno, vendendo persino sulla strada, come se fosse una sorta di mercato all’aperto. La polizia del posto non è riuscita a fermarli.”
“Perché no?” Riley chiese.
Crivaro rispose: “La gang è riuscita ad isolare la polizia. In effetti, hanno spaventato a morte l’intero quartiere: colpi di pistola da auto in corsa, quel genere di cose. Un paio di ragazzi sono stati colpiti a morte, perché si sono ritrovati nel posto sbagliato. Nessuno ha osato parlare con la polizia di quanto sta accadendo.”
Spostando lo sguardo lungo le file di case, Crivaro proseguì.
“E’ stata chiamata l’FBI ad occuparsene alcuni giorni fa. Proprio stamattina, uno dei nostri uomini sotto copertura è riuscito ad arrestare Jaden. Suo fratello, Malik, è ancora a piede libero, e la gang si è dispersa. Ma, grazie all’arresto, siamo riusciti ad ottenere un mandato per perquisire la casa in cui lavoravano.”
Riley chiese: “Se la gang è ancora là fuori, non ricomincerà di nuovo tutto da capo?”
McCune intervenne: “E’ di questo che dovrebbe occuparsi davvero la polizia del posto. Creeranno una ‘mini stazione’ proprio sul marciapiede: un tavolo da picnic e delle sedie, custodite da un paio di agenti in uniforme. Lavoreranno con i locali per assicurarsi che la cosa non si ripeta di nuovo.”
Riley quasi chiese …
Ma non ricominceranno in un altro quartiere?
Ma sapeva che era una domanda stupida. Naturalmente, avrebbero cominciato altrove, a meno che non venissero catturati. E, a quel punto, polizia ed FBI avrebbe dovuto ricominciare da capo, ovunque si trovassero. Era normale in questo tipo di lavoro.
Crivaro fermò l’auto e indicò la casa più vicina.
“La perquisizione è già in corso in quella lì” indicò. “E siamo qui per aiutare.”
Quando uscirono dall’auto, Crivaro agitò severamente il dito verso Riley.
“Con ‘noi’, intendo l’Agente McCune e me. Tu sei qui per osservare ed apprendere. Perciò, stai fuori dai piedi. E non toccare niente.”
Riley provò un brivido alle sue parole. Ma annuì obbediente.
Un poliziotto in uniforme, che si trovava sulla porta d’accesso, li guidò all’interno. Riley capì subito che una grande operazione era in corso. Lo stretto corridoio brulicava di poliziotti locali ed agenti che indossavano le giacche dell’FBI. Avevano raccolto armi e sacchi di droga nel bel mezzo del pavimento.
Crivaro sembrò contento. Si rivolse ad uno degli uomini dell’FBI: “Sembra che abbiate scoperto una vera miniera d’oro qui.”
L’uomo dell’FBI rise e disse: “Siamo certi che questa sia solo la punta dell’iceberg. Dev’esserci ancora un mucchio di denaro qui da qualche parte, ma non l’abbiamo ancora trovato. Ci sono decine di posti in cui nascondere la roba in una casa come questa. I nostri uomini setacceranno ogni centimetro.”
Riley seguì Crivaro e McCune lungo una rampa di scale fino al secondo piano.
Si accorse che la casa, come le altre che la circondavano, era più grande di quanto apparisse dall’esterno. Sebbene fosse stretta, era tuttavia profonda, con molte stanze lungo i corridoi. Oltre ai due piani a vista, Riley suppose che l’abitazione avesse anche un attico e un sottoscala.
In cima alle scale, quattro agenti quasi si scontrarono con Crivaro, mentre uscivano da una delle stanze.
“Non c’è niente lì” uno degli agenti disse.
“Sicuri?” Crivaro domandò.
“Abbiamo perquisito da cima a fondo” l’altro agente intervenne.
Poi, una voce proveniente dall’interno di una stanza si sentì direttamente dal fondo del corridoio …
“Ehi, credo che abbiamo trovato qualcosa qui!”
Riley seguì Crivaro e McCune in fondo al corridoio. Prima che potesse entrare con loro nella stanza, Crivaro allungò una mano e la fermò.
“Huh-uh” le disse. “Puoi guardare stando qui nel corridoio.”
Riley rimase fuori dalla porta e vide cinque uomini perquisire la stanza. Quello che aveva chiamato Jake era fermo vicino ad una forma rettangolare sulla parete.
Disse: “A quanto pare deve essere stato un montacarichi. Scommettiamo che ci troveremo qualcosa dentro?”
“Aprilo” Crivaro disse.
Riley fece un passo in avanti, per vedere che cosa stessero facendo.
Jake la guardò e gridò …
“Ehi, Sweeney. Che cosa ti ho appena detto?”
Riley stava per spiegare che non intendeva davvero entrare, quando Jake ordinò ad un poliziotto …
“Chiudi quella maledetta porta.”
La porta fu sbattuta sulla faccia di Riley, che rimase nel corridoio sentendosi sciocca ed imbarazzata.
Perché l’Agente Crivaro è arrabbiato con me? si chiese.
Molti rumori provenivano dall’interno della stanza adesso. Sembrava che qualcuno stesse prendendo un piede di porco, usandolo nella parete dove una volta si trovava il montacarichi. Riley avrebbe voluto vedere che cosa stava succedendo, ma riaprire la porta era fuori questione.
Andò in fondo al corridoio e nella stanza sull’altro lato, quella che gli agenti avevano dichiarato di aver già perquisito. Sedie e mobili erano rovesciati, e un tappeto era sgualcito per essere stato sollevato e gettato di nuovo a terra.
Sola nella stanza, Riley si diresse alla finestra che dava sulla strada.
All’esterno vide numerose persone che si muovevano rapidamente, come se andassero di fretta, qualunque fosse la destinazione.
Non si sentono al sicuro fuori, intuì, e questo le parve incredibilmente triste.
Si chiese da quanto tempo quel quartiere non era più un bel posto in cui vivere.
Si chiese anche …
Facciamo davvero la differenza?
Riley provò ad immaginare come sarebbe stata la vita lì, dopo che la “mini stazione” menzionata dall’Agente McCune fosse stata creata. I vicini si sarebbero sentiti più sicuri solo vedendo alcuni poliziotti seduti ad un tavolo da picnic?
Riley sospirò, mentre le persone per strada continuavano a muoversi con evidente fretta per strada.
Capì che si stava ponendo la domanda sbagliata.
Non c’è un “noi”, almeno non ancora.
Non era per nulla coinvolta in questa operazione. E, certamente, l’Agente Crivaro non riponeva alcuna fiducia in lei.
Si allontanò dalla finestra e tornò verso la porta. Mentre passava sopra il tappeto spiegazzato, avvertì uno strano suono sotto i suoi piedi. Si fermò e rimase immobile per un momento. Poi, batté il tacco contro il pavimento.
Iil punto in cui si trovava sembrava stranamente vuoto.
Si spostò ai lati del tappeto e sollevò il bordo dal pavimento.
Non vide alcunché di insolito, soltanto un normale pavimento in legno massiccio.
Direi che mi stavo immaginando qualcosa, pensò.
Ricordò la frase che uno degli agenti aveva detto uscendo fuori da questa stanza.
“Abbiamo setacciato da cima a fondo.”
Senz’altro, non avrebbe trovato qualcosa che era sfuggito agli agenti dell’FBI.
Eppure, era certa di aver sentito qualcosa di strano. Non lo avrebbe notato se qualcun altro si fosse mosso per la stanza. Se n’era accorta soltanto perché c’era silenzio.
Fece un paio di passi sul lato, e sbatté di nuovo il tacco contro il pavimento, che sembrava solido, anche in questo caso. Poi, si chinò e batté sul punto che aveva notato prima con le nocche.
Di fatto, sembrava vuoto. Non riusciva a vedere alcuna traccia di apertura, ma …
Mi chiedo.
Si rese conto che un’asse era più corta delle altre. Aveva un punto nero su un lato, che sembrava un ordinario nodo del legno.
Riley premette il nodo con il dito.
Fu molto sorpresa, quando l’asse si sollevò un po’ alla fine.
Ho trovato qualcosa! pensò.
Ho davvero trovato qualcosa!