Kitabı oku: «La Bugia di un Vicino», sayfa 2
CAPITOLO DUE
Chloe non sapeva bene cosa aspettarsi quando entrò nel quartier generale dell'FBI il mattino seguente, ma l’ultima cosa che si aspettava era di essere accolta da un agente più anziano nella hall. Appena la vide, si incamminò verso di lei. Per un momento, Chloe pensò che fosse l'agente Greene, l'uomo che le aveva fatto da istruttore e partner nel caso che aveva portato alla scoperta della verità su suo padre.
Ma guardandolo meglio in viso, si accorse che non era affatto lui. L’uomo che aveva davanti sembrava duro come la pietra, e aveva le labbra serrate in una linea sottile.
“Chloe Fine?” chiese l'agente.
“Sì?”
“Il direttore Johnson vorrebbe parlare con lei prima dell'orientamento.”
Si sentì eccitata e spaventata al tempo stesso. Il direttore Johnson aveva fatto delle eccezioni per lei quando era stata partner di Greene. Aveva forse dei ripensamenti? Le sue azioni nell'ultimo caso gli avevano forse causato problemi? Era arrivata fin lì solo per vedere i suoi sogni infranti il primo giorno?
“A proposito di cosa?” chiese Chloe.
L'agente scrollò le spalle, come se non gli importasse granché. “Da questa parte, prego” disse solamente.
La condusse agli ascensori e, per un attimo, Chloe ebbe la sensazione di essere tornata indietro nel tempo. Poteva vedere se stessa entrare in quegli stessi ascensori poco più di due mesi prima, con lo stesso identico nodo di preoccupazione allo stomaco, sapendo che avrebbe incontrato il direttore Johnson. E, proprio come l'ultima volta, quel nodo di preoccupazione cominciò a stringere sempre di più, mentre l'ascensore iniziava a salire.
L'agente dalla faccia di pietra la fece uscire dall'ascensore una volta giunti al secondo piano. Superarono diversi uffici e stanze, prima di fermarsi davanti a quello di Johnson. La segretaria dietro la scrivania le rivolse un educato cenno del capo e disse: “Entri pure, la sta aspettando.”
L'agente le rivolse un analogo cenno del capo, non altrettanto educato, e fece un gesto verso la porta dell'ufficio. Era chiaro che non sarebbe entrato con lei.
Facendo del proprio meglio per rimanere calma, Chloe si avvicinò alla porta del direttore Johnson. Di cosa ho paura? si chiese. L'ultima volta che sono stata convocata nel suo ufficio, mi sono state assegnate responsabilità e doveri che di solito non ricevono i nuovi agenti. Questo era vero, ma non servì per calmare i suoi nervi.
Il direttore Johnson era seduto alla scrivania, intento a leggere qualcosa sul suo portatile, quando lei entrò. Quando alzò lo sguardo, tutta la sua attenzione fu su di lei; chiuse persino il portatile.
“Agente Fine” esordì. “Grazie per essere venuta. Ci vorrà solo un minuto. Non voglio che si perda niente dell'orientamento - che, ci tengo a farle sapere, sarà abbastanza rapido e indolore.”
Sentirsi chiamare Agente Fine era ancora esaltante per lei, ma cercò di non darlo a vedere. Si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania e sorrise nel modo più composto possibile. “Nessun problema” disse. “C’è... ecco, c'è qualcosa che non va?”
“No, no, no, niente del genere. Volevo presentarle un'opzione riguardante il suo ruolo. Mi pare di capire che vuole intraprendere una carriera nella Squadra Ricerca Prove. È qualcosa a cui ha sempre aspirato?”
“Sì, signore. Ho buon occhio per i dettagli.”
“Già, è quello che mi è stato riferito. L'agente Greene mi ha parlato molto bene di lei. A parte qualche piccolo intoppo negli eventi di due mesi fa, devo ammettere che anch'io sono rimasto molto colpito. Dimostra di possedere un’estrema sicurezza e fiducia nelle sue capacità, il che è raro nei nuovi agenti. Ed è per questo motivo, oltre al riscontro ricevuto dall'agente Greene e da alcuni dei suoi istruttori dell'Accademia, che vorrei chiederle di cambiare idea sul dipartimento in cui entrare.”
“C'è un dipartimento in particolare che aveva in mente?”
“Conosce il ViCAP?”
“Il programma per la cattura dei criminali violenti? Sì, ne ho sentito parlare.”
“Il titolo si spiega da sé, ma penso che il dipartimento sia anche adatto al suo talento con le prove. Inoltre, ad essere sinceri, la Squadra Ricerca Prove ha già un gruppo abbastanza nutrito di agenti del primo anno. Piuttosto che perdersi tra la folla lì, penso che potrebbe trovarsi bene al ViCAP. È qualcosa che potrebbe interessarla?”
“A essere sincera, non saprei. Non ci avevo mai pensato.”
Johnson annuì, ma Chloe era abbastanza sicura che avesse già preso la sua decisione. “Se è disposta, vorrei che facesse un tentativo, per qualche giorno. Se capirà che non fa per lei, mi assicurerò personalmente che sia inserita senza problemi nel gruppo della Ricerca Prove.”
Onestamente, non era sicura di cosa dire o cosa fare. Quello che sapeva, però, era che la faceva sentire alquanto orgogliosa sentire che il suo superiore era disposto a collocarla in un dipartimento esclusivamente in base sulle sue capacità e ai riscontri positivi su di lei.
“Va bene, facciamo così” rispose infine.
“Fantastico. C'è già un’indagine a cui voglio che prenda parte. Dovrebbe iniziare domani mattina. Finora se n’è occupata la polizia dello Stato del Maryland, ma stamattina ha lanciato una richiesta di assistenza. La affiancherò a un altro agente che si ritrova senza un partner. Quello che le era stato assegnato non ha retto alla pressione e ha chiesto le dimissioni ieri.”
“Posso chiedere perché?”
“Con il programma per la cattura dei criminali violenti, alcuni omicidi sono piuttosto raccapriccianti. Succede ad alcune nuove reclute... superano l’addestramento senza problemi, con casi finti e simulazioni della realtà. Ma alla fine, quando realizzano che in quella realtà dovranno viverci... per alcuni è troppo.”
Chloe non disse nulla. Cercò di comprendere le ragioni che potevano spingere alcune persone ad agire così, ma in realtà non le capiva. Aveva desiderato quel lavoro da che aveva memoria, fin da quando era stata in grado di capire la differenza tra giusto e sbagliato.
“Avrò bisogno di ulteriore addestramento?”
“Io le consiglierei di allenarsi con le armi da fuoco” disse Johnson. “Mi assicurerò che sia tutto pronto. I suoi punteggi precedenti con le armi, quelli relativi all'iscrizione alla Ricerca Prove, sembrano abbastanza buoni, ma sarebbe meglio affinare la sua tecnica, se deciderà di restare nel ViCAP.”
“Capisco.”
“Bene, a meno che non abbia delle domande, direi che possa andare al piano di sotto e iniziare con l'orientamento. Ha ancora tre minuti, prima che inizi.”
“Non ho domande, al momento. La ringrazio per l'opportunità e la fiducia.”
“Prego. Sbrigherò io le pratiche e qualcuno la chiamerà a proposito del suo incarico entro la fine della giornata. E, agente Fine... ho un buon presentimento. Penso che sarà un’utile risorsa per il ViCAP.”
Fu allora, mentre si alzava per lasciare il suo ufficio, che si rese conto che non era mai stata molto brava ad accettare i complimenti. Forse perché non ne aveva mai ricevuti molti. Così si limitò a sorridere impacciata e se ne andò. Il nodo di preoccupazione che le aveva stretto la bocca dello stomaco scomparve, sostituito da una sensazione di leggerezza che le diede l’impressione di non toccare nemmeno terra con i piedi, mentre raggiungeva gli ascensori.
***
L'orientamento era quello che si era aspettata. Consisteva in un elenco di cose da fare e da non fare spiegato da un gruppo di agenti con più esperienza. Furono riportati esempi di casi andati male, casi così gravi che avevano spinto alcuni colleghi a dimettersi o addirittura a suicidarsi. Gli istruttori raccontarono storie orribili di bambini assassinati e stupratori seriali che fino ad oggi non erano ancora stati arrestati.
Mentre ascoltava queste testimonianze, Chloe poteva sentire piccoli mormorii di disagio sollevarsi tra la folla. Due posti alla sua sinistra, sentì una donna sussurrare all'uomo accanto a lei.
“A quanto pare, il mio partner ha sentito queste storie prima di noi. Forse per questo se l’è filata.” Lo disse in modo maligno, e Chloe fu istantaneamente infastidita da lei.
Con la mia fortuna, sarà lei la partner senza partner a cui Johnson mi vuole abbinare.
La sessione si concluse per ora di pranzo. Gli istruttori sul palco divisero i nuovi agenti in gruppi, a seconda dei reparti specifici. Quando Chloe sentì chiamare la Squadra Ricerca Prove, provò una piccola fitta di dolore. Osservò circa venti reclute radunarsi a destra del palco. Pensare che, fino a poco più di tre ore prima, avrebbe dovuto essere tra loro la fece sentire un po’ isolata, soprattutto quando vide che alcuni agenti sembravano già aver fatto amicizia.
Quando furono chiamati gli agenti del Programma per la Cattura dei Criminali Violenti, si alzò e avanzò. Il gruppo in mezzo a cui camminava era più ristretto di quello della Squadra Ricerca Prove. Compresa lei stessa, erano solo in nove. E una di loro era davvero la donna che aveva fatto il commento di prima.
Era così concentrata su di lei che non si accorse dell'uomo che si avvicinò mentre avanzavano.
“Non so tu” disse, “Ma io sento che dovrei nascondermi il volto. Fare parte di un programma che include la parola violenti... mi fa pensare di essere giudicato.”
“Non credo di averlo mai considerato in questo modo” disse Chloe.
“Allora, sei portata per la violenza?”
Lo chiese con un sorrisetto che le fece notare che quel ragazzo era estremamente bello. Naturalmente, il commento sulla violenza stonava un po’.
“Non che io sappia” rispose imbarazzata mentre raggiungevano il punto dove doveva riunirsi il loro gruppo.
“Bene” disse l'istruttore, un signore che indossava jeans e maglietta nera. “Prima pranziamo, poi ci incontreremo nella Sala Riunioni Tre per esaminare alcuni dettagli e rispondere alle vostre domande. Ma prima...” Si fermò e guardò un foglio di carta, scorrendo con un dito “È presente Chloe Fine?”
“Sono io” disse Chloe, iniziando a sudare per essere stata messa al centro dell’attenzione in un gruppo di persone che non conosceva.
“Vorrei parlarle un attimo, per favore.”
Chloe si diresse verso l'istruttore e vide che il signore stava facendo cenno di avanzare anche a qualcun’altro.
“Agente Fine, vedo che è una nuova aggiunta al ViCAP, su raccomandazione del direttore Johnson.”
“Esatto.”
“È un piacere averla tra noi. Ora vorrei presentarle il suo partner, l'agente Nikki Rhodes. "
Indicò l'altro agente a cui aveva fatto cenno di avvicinarsi. Naturalmente era la stronza di prima. Nikki Rhodes sorrise a Chloe in un modo che rendeva chiaro che sapesse di essere bella. E anche Chloe doveva ammetterlo. Slanciata, pelle perfettamente abbronzata, luminosi occhi azzurri, capelli biondi incredibilmente lisci.
“Piacere di conoscerti” fece lei.
“Piacere mio” disse Chloe.
“Adesso andate pure a pranzo” concluse l'istruttore. “Da quello che ho capito, domani dovrete lavorare subito a un caso. Entrambe eravate le migliori della vostra classe, quindi mi aspetto di sentire grandi cose su di voi.”
Nikki le fece un sorriso e Chloe capì all’istante che era finto. Detestava dare subito giudizi, ma il suo istinto era sempre azzeccato in cose come quella. L'istruttore si era tornato a rivolgere al resto del gruppo, lasciando le due donne sole. Notando che non erano più controllate, Nikki Rhodes girò sui tacchi e se ne andò senza dire niente.
Chloe restò in disparte per un momento, cercando di riordinare le idee. Si era svegliata quella mattina entusiasta di iniziare la sua carriera come membro della squadra di Ricerca Prove. In pratica tutto il suo futuro era stato già pianificato. E adesso eccola lì, in un dipartimento che non le era affatto familiare, assegnata a una partner che aveva una scopa infilata nel culo.
“Non sembra esattamente un tipo socievole, vero?” disse qualcuno dietro di lei.
Si voltò e vide l'uomo che l'aveva accompagnata prima, quello affascinante che le aveva chiesto se avesse tendenze violente.
“Proprio così.”
“Immagina seguire con lei quasi tutti i corsi all'Accademia. È stato davvero terribile. A proposito... Non mi sembra di averti vista in nessuno dei miei corsi.”
“Sì... sono nuova, diciamo. Sono entrata in questo dipartimento stamattina.”
Un'espressione di lieve stupore apparve sul suo viso. “Ah, ok. Allora benvenuta al ViCAP. Mi chiamo Kyle Moulton e visto che la tua nuova partner non vuole pranzare con te, mi piacerebbe prendere il suo posto.”
“Fa’ pure. Oggi va tutto così.”
“Che vuoi dire?”
“Che oggi niente è andato secondo i piani.”
Moulton si limitò ad annuire, mentre lasciavano l'auditorium. Anche se Moulton era un estraneo (per quanto bello), Chloe era contenta di averlo al suo fianco mentre andavano a pranzo. Temeva che, se avesse dovuto affrontare quel futuro incerto completamente da sola, avrebbe potuto avere dei ripensamenti.
“E comunque, i piani sono sopravvalutati” disse Moulton.
“Non per me. I piani significano struttura, prevedibilità.”
“Non credo che ci fosse anche la voce prevedibilità, nella descrizione del nostro lavoro” scherzò Moulton.
Chloe sorrise e annuì, ma non ci aveva mai pensato. Francamente, la spaventava un po’. Il che non aveva senso, davvero. La sua vita non era stata altro che una sequenza di episodi imprevisti, quindi perché la sua carriera avrebbe dovuto essere diversa?
Fortunatamente, aveva imparato a difendersi. E se stronzette presuntuose come Nikki Rhodes le avessero sbarrato la strada, potevano togliersi dai piedi con le buone o con le cattive.
CAPITOLO TRE
La mattina seguente, Chloe ebbe un assaggio su come sarebbe stato il resto della sua vita da agente. Il suo telefono squillò alle 5:45, e la telefonata veniva da uno dei vicedirettori che lavoravano sotto Johnson. Era riuscita a malapena a gracchiare un roco “Pronto?” prima che l'uomo all'altro capo del telefono attaccasse a parlare.
“Sono il vicedirettore Garcia. Parlo con l’agente Chloe Fine?”
“Sì, sono io.” Si mise a sedere sul letto, con il cuore che le martellava mentre un'ondata di adrenalina la invadeva, spazzando via gli ultimi residui di sonno.
“Deve incontrare l'agente Rhodes a Bethesda alle sette in punto. Lavorerete insieme a quello che crediamo sia un caso piuttosto semplice di violenza tra gang, probabilmente c’entra la MS-13. Per qualsiasi domanda, contattate direttamente me, a questo numero. L’agente Rhodes riceverà le stesse identiche informazioni. Dopo questa chiamata, riceverà l'indirizzo sul cellulare. Ha qualche domanda, agente Fine?”
Chloe era certa di averne, ma in quel momento non le veniva in mente niente, eccitata com’era di aver ricevuto il suo primo, vero incarico.
“No, signore.”
“Bene. Occhi aperti, là fuori, agente Fine.”
E fu così che ottenne il suo primo incarico. Sapeva che non sarebbe stato così in futuro; a tutti loro era già stato detto, durante l'orientamento del giorno prima. Tuttavia, era un ottimo modo per iniziare il suo primo giorno di lavoro.
Aveva già preparato i suoi abiti e fatto la doccia la sera prima, facendo tutto il possibile per assicurarsi di non essere in ritardo il primo giorno. Si vestì, afferrò una ciambella alla crema e riempì un thermos di caffè. Nel frattempo arrivò il messaggio di Garcia, con l’indirizzo di Bethesda. Quando Chloe arrivò alla macchina, erano passati solo quindici minuti da quando aveva ricevuto la chiamata.
Era stata più volte a Bethesda, nel Maryland, quindi sapeva che si trattava di un breve tragitto, poco meno di mezz'ora, specialmente partendo così presto ed evitando il traffico mattutino dei pendolari. Una volta fuori da Washington, inserì l'indirizzo nel navigatore e vide che era a soli ventidue minuti di distanza.
Si ritrovò a voler chiamare Danielle. Sentiva di stare per vivere uno dei momenti più memorabili e significativi della sua vita, e avvertiva il bisogno di condividerlo con qualcuno. Ma sapeva che Danielle probabilmente stava dormendo, e comunque non avrebbe capito la sua eccitazione. A Chloe stava bene. Avevano interessi e passioni diversi, e nessuna delle due era mai stata particolarmente brava a fingere entusiasmo.
Arrivò all'indirizzo due minuti prima di quanto previsto dal navigatore. Si trattava di un fatiscente condominio a un piano, di quelli che erano visitati dalla polizia almeno una dozzina di volte durante i fine settimana, per violenza, droga, stupri e praticamente qualsiasi altra cosa immaginabile.
Era certa di essere arrivata prima di Nikki Rhodes, così fu delusa nel vedere che la collega non solo era già lì, ma stava salendo i gradini del portico per entrare in casa.
Infastidita, parcheggiò accanto al marciapiede e si affrettò a raggiungerla. Arrivò proprio mentre Nikki apriva la porta per entrare.
“Buongiorno”, cinguettò Nikki in tono falso.
“Buongiorno. Come sei arrivata... volando?”
Nikki si limitò a scrollare le spalle. “Non mi ci vuole molto tempo per prepararmi al mattino. Va tutto bene, agente Fine. Questa non è una gara.”
Quando entrarono, videro un uomo in piedi al centro di un piccolo soggiorno. Si voltò verso di loro e il suo sguardo sembrò indugiare qualche istante sull'agente Rhodes. Indossava pantaloni neri molto modesti e una maglietta bianca accollata. I capelli erano perfettamente stirati e, sebbene avesse affermato di averci messo pochissimo tempo per prepararsi, era anche truccata.
“Siete del Bureau?” domandò l'uomo.
“Sì” disse velocemente Chloe, come per assicurarsi che l'uomo sapesse che c'erano due agenti presenti, non solo la stangona bionda.
“Siamo le agenti Rhodes e Fine” presentò Nikki. “E lei è?”
“Detective Ralph Palace, Squadra Omicidi del Maryland. Sto solo prendendo qualche ultimo appunto, so che ora il caso è vostro.”
“Cosa può dirci per iniziare?” chiese Chloe.
“È piuttosto semplice. Si tratta di un omicidio legato alle gang. La MS-13 è l’organizzazione criminale più potente qui, quindi crediamo che sia coinvolta. I corpi di un uomo, sua moglie e il loro figlio di tredici anni sono stati rimossi ieri pomeriggio, circa sette ore dopo che siamo stati chiamati. Ci avevano segnalato dei colpi d’arma da fuoco e questo è quello che abbiamo trovato.” Agitò un braccio tutt'intorno, indicando il caos nell'appartamento. “Con una semplice indagine, abbiamo scoperto che l’uomo un tempo aveva legami con una banda rivale, i Binzo".
“Se è coinvolta la MS-13, perché non se ne occupa l'ICE, l’ufficio immigrazione?” chiese Chloe.
“Perché non è ancora stato dimostrato” disse Palace. “Con i crimini delle gang legate agli immigrati, dobbiamo essere abbastanza sicuri. Altrimenti, possiamo aspettarci cause e rimostranze riguardo al trattamento ingiusto di minoranze etniche.” Scosse la testa e sospirò. “Quindi, se riusciste a dimostrarlo voi, sarebbe fantastico.”
Si avviò verso l’ingresso, prendendo un biglietto da visita dal portafoglio. Non fu affatto una sorpresa quando lo consegnò direttamente a Nikki. “Chiamatemi se vi serve altro.”
Nikki Rhodes non si preoccupò di rispondergli, limitandosi a mettersi il biglietto in tasca. Chloe rifletté che al liceo doveva essere stata una di quelle ragazze abituate ad avere sempre addosso gli sguardi dei ragazzi. L'incontro con il detective Palace doveva essere senza dubbio solo un altro di quei noiosi momenti.
Chloe si prese un momento per guardarsi intorno. Il tavolino davanti al divano era stato capovolto. Una bevanda scura – probabilmente Coca Cola – era stata rovesciata dal tavolo durante una colluttazione. Il liquido scuro si era mischiato a quello che era chiaramente sangue, sulla moquette chiara che ricopriva tutto il pavimento del soggiorno, fino alla cucina adiacente. C'era altro sangue schizzato sulle pareti, e alcune macchie sul pavimento in linoleum della cucina.
“Come ci dividiamo?” chiese Nikki.
“Non lo so. Dato che sono stati sparati più colpi, ci sono buone probabilità che uno sia finito contro una parete, o sul pavimento. E, a giudicare dal caos dell’appartamento, direi che non è stata una semplice sparatoria. C'è stata una lotta. Quindi probabilmente ci sono anche impronte digitali, da qualche parte.”
Nikki annuì. “Dobbiamo anche cercare di capire come è entrato l'assassino. Hai visto la porta d’ingresso? Nessun segno di forzatura. Questo significa che uno dei membri della famiglia ha lasciato entrare il killer, magari era qualcuno che conoscevano bene e di cui si fidava.”
Chloe era d'accordo su tutto e fu colpita che Nikki avesse già controllato la porta prima di entrare.
“Perché non controlli fuori, per vedere se trovi segni di effrazione?” suggerì Nikki. “Io cerco qualcosa che ci faccia capire che tipo di arma è stata usata... tipo frammenti di proiettili o qualcosa del genere.”
Chloe annuì, d’accordo, ma già sentiva che Nikki stava facendo di tutto per assumere il comando nelle indagini. Chloe, tuttavia, stette al gioco. Basandosi su ciò che aveva detto Palace e sul fatto che il caso era stato assegnato a due reclute, sapeva che era considerato un incarico di poco conto. Quindi, se Nikki aveva intenzione di mettere in atto una sorta di lotta per il comando, non valeva la pena prendervi parte. Non ancora, perlomeno.
Chloe tornò all'esterno, cercando di immaginare cosa fosse successo. Se l'assassino era qualcuno che la famiglia conosceva, perché la lotta? Se aveva sparato più colpi in sequenza, questo non avrebbe lasciato alle vittime il tempo di reagire. Ma la porta in effetti non mostrava segni di forzatura. Però era più probabile che si fosse introdotto in casa senza permesso. Ma se non dalla porta principale, allora da dove?
Percorse lentamente il perimetro dell’edificio, rendendosi conto che chiamarlo condominio era un’esagerazione. Era sempre più certa che fosse una di quelle case popolari messe a disposizione dallo Stato. Era l’ultimo di quattro edifici identici, separati da una striscia di erba per lo più secca.
Il lato sinistro non offriva nulla. Non c’era niente, ad eccezione di una piccola bombola di gas e un rubinetto rotto con un tubo dell'acqua arrotolato a terra. Ma quando raggiunse il retro, trovò qualcosa di più interessante. Innanzitutto, c'erano tre finestre. Una era della cucina e le altre due delle camere da letto. C'erano anche dei gradini in cemento che conducevano a una porta sul retro. Controllò e vide che era ben chiusa. Da quello che vedeva, non mostrava segni di forzatura.
Tornò alle finestre, in cerca di qualcosa di sospetto, e non rimase delusa. Sulla terza finestra, che si affacciava sulla camera da letto padronale, c'erano due pezzetti di legno che erano stati rimossi dal telaio. Uno era lungo il bordo inferiore, l'altro lungo la parte superiore del telaio. Qualunque cosa fosse stata usata per scheggiare il legno, aveva anche causato la formazione di una crepa nel vetro, sebbene non fosse bastato a romperlo.
Non voleva toccare nulla per paura di danneggiare le impronte digitali. Tuttavia, mettendosi in punta di piedi, vide che grazie a quel pezzo di legno mancante, qualcuno dall'esterno sarebbe riuscito a spingere verso il basso per sbloccare la chiusura della finestra.
Tornò in casa e raggiunse la camera da letto. Non c'erano in apparenza segni che qualcuno fosse entrato dalla finestra. Ma sapeva anche che sarebbe bastata un’ispezione più approfondita per svelare tutta un’altra storia.
“Cosa stai facendo?”
Si voltò e vide Nikki in piedi sulla soglia della camera da letto. Aveva un'espressione scettica sul viso, mentre studiava Chloe.
“Questa finestra è stata manomessa dall'esterno” spiegò Chloe. “Dobbiamo rilevare le impronte.”
“Hai dei guanti per la raccolta prove?”
“No” disse Chloe. Che ironia; se avesse iniziato la sua giornata come da programma, ovvero nella Squadra Ricerca Prove, li avrebbe avuti con sé. Ma dopo che Johnson aveva stravolto i suoi piani, non aveva pensato di portare con sé alcuna attrezzatura per la raccolta di prove.
“Io sì, in macchina” disse Nikki, poi lanciò a Chloe un mazzo di chiavi con espressione seccata. “Sono nel vano portaoggetti. Per favore, chiudilo quando hai finito.”
Chloe mormorò un “Grazie” sommesso mentre le passava accanto uscendo. Si chiese per quale motivo la collega tenesse dei guanti per la raccolta prove in auto. A quanto aveva capito Chloe, ad ogni agente veniva consegnato un kit specifico per il suo dipartimento, direttamente dal Bureau. A Nikki era forse stato recapitato e a lei no? Il suo ingresso non previsto nel ViCAP l’aveva già messa in svantaggio?
Uscì e trovò una scatola di guanti in lattice nel vano portaoggetti di Nikki. C'era anche un kit per la raccolta prove, che prese. Era solo kit di emergenza, ma era meglio di niente. E, anche se dimostrava che Nikki era preparata, indicava anche che non avrebbe fatto nulla per aiutare Chloe. Perché non dirle subito che aveva dei guanti e un kit per la raccolta prove nel vano portaoggetti, se non avesse intenzione di tenerglielo segreto?
Determinata a non lasciarsi distrarre da cose del genere, Chloe si infilò i guanti tornando in casa. Passando davanti a Nikki, le consegnò il kit. “Ho pensato che potremmo aver bisogno anche di questo.”
Nikki le lanciò uno sguardo pungente, mentre Chloe tornava verso la finestra. Controllò l'area che era stata scheggiata e scoprì che la sua prima impressione era stata corretta. Qualcuno dall'esterno sarebbe riuscito a sbloccare la finestra e aprirla.
“Agente Fine?” disse Nikki.
“Sì?”
“So che non ci conosciamo, quindi cercherò di essere più educata possibile: vuoi stare attenta a quello che fai, accidenti?”
Chloe si voltò di nuovo verso Nikki e le rivolse uno sguardo di sfida. “Scusami?”
“Guarda la moquette sotto i tuoi piedi, per l'amor di Dio!”
Chloe guardò in basso e il suo cuore saltò un battito. Lì c'era un'impronta; si vedeva solo la parte superiore, ma era evidentemente l’impronta di una scarpa.
E lei l'aveva calpestata.
Merda...
Chloe arretrò velocemente. Nikki si avvicinò alla finestra, inginocchiandosi per guardare l’orma. “Spero che tu non l'abbia rovinata al punto da renderla inutilizzabile” sbottò.
Chloe trattenne la risposta che aveva sulla punta della lingua. Del resto, Nikki aveva ragione. Non si sa come, era riuscita a non notare qualcosa di così evidente come quell’orma. È perché sono troppo assorta nei miei pensieri. Forse il cambio di dipartimento mi sta influenzando più di quanto pensassi.
Ma sapeva che era una scusa pessima. Dopotutto, fino a quel momento si era trattato unicamente di raccogliere delle prove, che era ciò che aveva sempre desiderato fare.
Imbarazzata e infuriata, Chloe uscì dalla stanza per riprendere fiato e pensare.
“Gesù” commentò Nikki osservando l’impronta. “Fine... perché non provi a trovare qualcosa di utile? Ci sono dei fori di proiettile nel muro della cucina che non ho avuto la possibilità di studiare, mentre tu eri fuori. Qui ci penso io... ammesso che sia ancora possibile.”
Di nuovo, Chloe dovette trattenere una rispostaccia. Era nel torto, e questo significava che doveva lasciar perdere il suo astio verso la collega. Quindi tacque e tornò nella zona giorno dell'appartamento, sperando di trovare un modo per riscattarsi.
Andò in cucina e vide i fori di proiettile menzionati da Nikki. Vide i bossoli infilati parecchi centimetri nella parete. Era sicura che sarebbe stato possibile scoprire che tipo di pistola fosse stata usata basandosi unicamente su quelli. Quindi, secondo Chloe, i fori dei proiettili erano un vero e proprio indizio: un indizio facile che avrebbe dato loro le informazioni sufficienti per far progredire le indagini.
Forse però c'è qualcos'altro, pensò.
Tornò verso il corridoio e si fermò dove questo si collegava con la zona giorno. Se l'assassino fosse davvero entrato dalla finestra della camera da letto, probabilmente era in quel punto che doveva essere iniziata la sparatoria. La mancanza di sangue o segni di colluttazione nella camera da letto indicava che là dentro non era successo nulla.
Guardò il divano e vide lo spruzzo di sangue sul pavimento di fronte. Probabilmente è il primo colpo, pensò. Si guardò intorno e le sembrò di vedere chiaramente la scena nella mente. Il primo sparo aveva ucciso qualcuno sul divano, facendo scattare in piedi l’altra persona seduta lì, scaraventando il tavolino. Il sangue e la bibita dall'altro lato del tavolino indicavano che questa seconda persona non era riuscita ad allontanarsi in tempo.
Chloe avanzò lentamente verso il soggiorno, seguendo la probabile traiettoria dei proiettili. La quantità di sangue secco e materiale organico sul retro del divano era abbastanza per provare che la persona seduta lì era morta sul colpo. Non vedeva il foro d’uscita sul divano, il che significava che il proiettile doveva essere rimasto da qualche parte nella testa della vittima.
Poteva facilmente vedere due fori di proiettile nel muro della cucina, a circa otto centimetri di distanza. Riusciva a vederli dal divano. Ma se c’erano due spari lì, forse ce ne erano altri da qualche altra parte. Trovandoli, forse avrebbero potuto dare una ricostruzione più precisa della scena.
Andò al tavolino e si accovacciò. Se qualcuno ci era inciampato prima di essere colpito, l'assassino avrebbe dovuto mirare in basso. Si guardò intorno in cerca di altri colpi vaganti, ma non ne vide. L'assassino aveva apparentemente centrato il suo obiettivo.
Tuttavia, vide qualcos’altro, che non aveva nemmeno cercato. C'era una piccola scrivania contro il muro alla sua destra. Sopra c’erano un vaso e una foto incorniciata. Tra i piedi della scrivania c'era un cestino di vimini con vecchie lettere e libri. E infilato tra il cesto e le gambe di dietro della scrivania, c'era un cellulare.
Lo raccolse e vide che era un iPhone. Premette il pulsante di accensione e lo schermo si illuminò. La schermata di blocco era una foto di Black Panther. Premette il tasto Home, aspettandosi che venisse visualizzata la schermata del codice di sblocco. Invece, con sua sorpresa, non era bloccato e si aprì senza problemi.