Kitabı oku: «La Prima Caccia », sayfa 3
CAPITOLO QUATTRO
Riley si sedette al tavolo nella cucina, di fronte al Capo Hintz. Per un istante, quest’ultimo si limitò a guardarla, tenendo una matita sopra ad un taccuino. Riley si chiese se fosse il caso di dire qualcosa.
Sollevò lo sguardo, e vide che l’Agente Frisbie si era posizionata su un lato, appoggiata ad un piano di lavoro. La donna aveva un’espressione irritata sul volto, come se non fosse molto felice del risultato degli interrogatori. Riley si domandò se la Frisbie fosse infastidita dalle risposte delle ragazze o dal modo in cui il suo capo stesse conducendo gli interrogatori.
Infine, il capo esordì: “Innanzitutto, la vittima ti ha mai dato motivo di credere che temesse per la sua sicurezza?”
Riley fu scossa da quel termine …
Vittima.
Perché non poteva semplicemente riferirsi a lei, chiamandola Rhea?
Ma doveva rispondere a quella domanda.
La sua mente tornò alle recenti conversazioni, ma ricordò soltanto degli scambi innocui, come quello che lei, Trudy e Rhea avevano avuto quella sera, sul fatto che Riley prendesse o meno la pillola.
“No” Riley rispose.
“Qualcuno ce l’aveva con lei? Di recente, c’è stato qualcuno arrabbiato con lei?”
Quell’idea sembrò, di per sé, curiosa a Riley. Rhea era, era stata, una ragazza così piacevole ed amabile, che Riley non riusciva ad immaginare che qualcuno potesse restare arrabbiato con lei per più di qualche minuto.
Ma si chiese …
Non ho visto dei segnali?
E le altre ragazze avevano detto ad Hintz qualcosa che lei stessa non sapeva?
“No” Riley rispose. “Andava d’accordo con tutti, per quanto ne sapessi.”
Hintz fece una pausa di un istante.
Poi, riprese: “Raccontaci che cos’è successo quando tu e le tue amiche siete arrivate al Covo del Centauro.”
Una scarica di sensazioni sopraffece Riley: Rhea e Trudy che la spingevano oltre la porta, nel fitto fumo di sigaretta e la musica assordante …
Aveva bisogno di rivivere il tutto?
No, sicuramente Hintz voleva soltanto sentire i fatti principali.
Disse: “Cassie, Heather e Gina si sono dirette al bar. Trudy voleva che ballassi con lei e Rhea.”
Hintz revisionò gli appunti che aveva preso durante gli interrogatori delle altre ragazze, che naturalmente gli avevano detto ciò che sapevano di Riley, incluso il fatto che quest’ultima si era allontanata da loro per andare di sotto.
“Ma non hai ballato con loro” l’uomo disse.
“No” Riley rispose.
“Perché no?”
Riley era stupita. Che cosa importava la sua riluttanza a ballare?
Poi, notò che l’Agente Frisbie le rivolse uno sguardo comprensivo e scosse il capo. Sembrava ovvio che la donna ritenesse Hintz un incapace, ma non poteva farci nulla.
Riley disse lentamente e attentamente: “E’ solo che io … beh, non ero molto dell’umore di andare a una festa. Avevo provato a studiare ma Rhea e Trudy mi ci hanno trascinata. Perciò, ho preso un bicchiere di vino e mi sono diretta di sotto.”
“Da sola?” Hintz chiese.
“Sì, da sola. Mi sono seduta su una panca da sola.”
Hintz sfogliò il suo taccuino.
“Quindi non hai parlato con nessun altro mentre eri al Covo del Centauro?”
Riley rifletté per un momento, poi disse: “Beh, Harry Rampling è venuto al mio tavolo …”
Hintz abbozzò un sorriso alla menzione del nome di Harry. Riley intuì che, come molti della comunità, probabilmente il capo aveva un’opinione piuttosto alta del quarterback della scuola.
Lui chiese: “Si è seduto con te?”
“No” Riley rispose. “L’ho mandato via.”
Hintz si accigliò, disapprovando, infastidito apparentemente dal fatto che una ragazza qualunque avesse così poco cervello da poter rifiutare un vero eroe come Harry Rampling. Riley stava cominciando a sentirsi un po’ esasperata. Perché il suo gusto per gli uomini aveva importanza, comunque? Che cosa aveva a che fare con quello che era accaduto a Rhea?
Hintz chiese: “Hai parlato con qualcun altro?”
Riley deglutì.
Sì, aveva parlato con qualcun altro.
Ma avrebbe messo nei guai quel ragazzo parlando di lui?
Lei disse: “Ecco … uno studente di giurisprudenza è venuto alla mia panca. Si è seduto con me, ed abbiamo chiacchierato per un po’.”
“E poi?” Hintz chiese.
Riley alzò le spalle.
“Ha detto che doveva studiare e se n’è andato.”
Hintz si mise a trascrivere appunti.
“Come si chiama?” chiese ora.
Riley disse: “Ascolti, non capisco perché lui sia importante. E’ soltanto uno dei tanti ragazzi al Covo del Centauro. Non c’è alcun motivo perché lei pensi ...”
“Rispondi alla domanda.”
Riley inghiottì rumorosamente e disse: “Ryan Paige.”
“Lo avevi incontrato prima?”
“No.”
“Sai dove vive?”
“No.”
Riley si sentì contenta che Ryan fosse riuscito a restare così misterioso, senza fornirle il suo indirizzo o il suo numero di telefono. Non c’era alcun senso nelle domande su di lui, e di certo, non voleva che finisse nei guai. Sembrava quasi stupido che Hintz insistesse. E Riley dedusse, dal modo in cui l’Agente Frisbie roteava gli occhi, che la pensava allo stesso modo.
Hintz picchiettò il gommino della matita contro il tavolo e chiese: “Hai visto Rhea Thorson con qualcuno in particolare al Covo del Centauro? Oltre alle amiche con cui sei andata, voglio dire.”
Riley stava iniziando a provare più frustrazione che nervosismo.
Hintz non comprendeva nulla di quanto lei stava dicendo?
“No” la giovane rispose. “Come ho detto, sono andata via da sola. Non ho più visto Rhea da allora.”
Hintz continuava a picchiettare con il gommino, guardando i propri appunti.
Lui domandò: “Il nome Rory Burdon significa qualcosa per te?”
Riley rifletté rapidamente.
Rory …
Sì, quel nome le era familiare.
Lei disse: “Rhea sembrava interessata a lui, immagino. L’ho vista ballare con lui altre volte al Covo del Centauro.”
“Ma non stasera?”
Riley soffocò un sospiro. Voleva dire …
Quante volte devo ripeterglielo, non ho più visto Rhea dopo che sono arrivata lì?
Invece, si limitò a dire: “No.”
Immaginò che Rory dovesse essere stato anche lui al locale, e che le altre ragazze avessero detto ad Hintz di aver visto Rhea intorno a lui.
“Che cosa sai di lui?” Hintz chiese.
Riley fece una pausa. Il poco che sapeva sembrava irrilevante. Rory era un ragazzo alto, magro e strano con spessi occhiali e tutte le ragazze, ad eccezione di Riley, avevano preso in giro Rhea per essere interessata a lui.
Lei disse: “Non molto, tranne il fatto che vive da qualche parte fuori dal campus.”
Si rese conto che Hintz la stava di nuovo fissando, come se si aspettasse che la ragazza aggiungesse altro.
Hintz lo considera un sospettato? si chiese.
Riley era certa che il capo fosse proprio fuori strada, se sospettava di Rory. Il ragazzo le era sempre parso timido e gentile, neanche un po’ aggressivo.
Stava per dirlo ad Hintz, ma il capo della polizia tenne lo sguardo sulle carte di fronte a lui, e proseguì poi con le sue domande.
“Quando hai lasciato il Covo del Centauro?” domandò.
Riley fece del proprio meglio per ricordare l’ora; era stato piuttosto tardi.
Poi Hintz chiese: “Prima di andartene, hai visto qualcuna delle tue amiche?”
Riley ricordò di aver visto le ragazze barcollare in fondo alle scale, e il modo in cui Trudy stava portando il boccale di birra, quando lei aveva chiesto …
“Hey, Riley! Chi era il ragazzo carino?”
Riley disse: “Trudy, Heather, Gina e Cassie sono scese tutte di sotto. Hanno detto che Rhea se n’era già andata. Ed è stato allora che sono andata via.”
Mentre Hintz prendeva appunti, la testa di Riley cominciò a riempirsi di domande. Ricordò di aver chiesto dove fosse Rhea, e Trudy aveva risposto …
“Non lo so. Dov’è Rhea?”
… e poi Heather aveva detto …
“Rhea è tornata al dormitorio.”
Riley si chiese che cosa Heather o qualcuna delle altre ragazze sapessero della partenza di Rhea.
Sapevano se aveva lasciato il Covo del Centauro da sola oppure no?
E che cos’avevano detto ad Hintz in merito?
Riley avrebbe voluto chiedere, ma sapeva che non avrebbe dovuto farlo.
“Hai lasciato il bar da sola?” Hintz le domandò.
“Sì” fu la risposta di Riley.
“E sei tornata al dormitorio da sola?”
“Sì.”
Hintz si accigliò ancora di più, mentre la guardava.
“Sei certa di aver fatto una cosa saggia? La scuola offre un servizio di accompagnamento per attraversare il campus di notte. Perché non l’hai contattato?”
Riley deglutì. Questa le sembrava la prima domanda davvero buona che Hintz le aveva posto finora.
Lei disse: “A dire il vero mi sono sempre sentita al sicuro a camminare di notte per il campus. Ma ora …”
La sua voce si interruppe.
Adesso le cose sono davvero diverse, pensò.
Hintz si accigliò di nuovo.
“Beh, spero che sarai più giudiziosa in futuro. Specialmente dopo aver bevuto tanto.”
Riley sgranò gli occhi.
“Ho soltanto bevuto un bicchiere di vino” replicò.
Hintz strizzò gli occhi verso di lei. La giovane intuì dalla sua espressione che pensava che stesse mentendo. Le altre ragazze dovevano aver ammesso di aver bevuto molto, e lui desumeva che lo avesse fatto anche Riley.
Lei era infastidita dal suo atteggiamento, ma si disse rapidamente che, qualunque cosa Hintz pensasse di lei, non importava al momento. Sarebbe stato stupido e futile mostrarsi risentita al riguardo.
Hintz continuò a trascrivere sul taccuino e disse: “E’ tutto, per adesso. Devi obbedire alle stesse regole di tutti gli altri al dormitorio. Resta nella tua stanza stanotte. Non lasciare il campus fino ad ulteriori istruzioni. Presto, ti faremo delle altre domande.”
Riley era stranamente stupita.
Tutto qui? si chiese.
L’interrogatorio era davvero terminato?
Perché senz’altro, lei aveva ancora delle domande, anche se Hintz aveva terminato.
Una domanda in particolare le era sorta in mente sin da quando aveva scoperto il corpo di Rhea. Ricordò di essere entrata nella stanza poco illuminata dell’amica, e di aver visto la sua gola squarciata e gli occhi spalancati, ma non si era fermata a guardare attentamente il corpo.
Con voce esitante, si rivolse ad Hintz …
“Potrebbe dirmi … sa …”
Improvvisamente, si rese conto di quanto fosse difficile persino formulare quella domanda.
Proseguì: “Prima di morire … prima che lei fosse uccisa … Rhea è stata …?”
Non riusciva a pronunciare la parola …
Violentata.
E dall’espressione spenta di Hintz, Riley dedusse che non riusciva proprio ad immaginare ciò che lei stava provando a chiedere.
Per fortuna, l’Agente Frisbie comprese ed intervenne: “Non so dirlo per certo, il coroner ci sta ancora lavorando. Ma non penso che abbia subito violenza sessuale. Mi è sembrato che i suoi vestiti non siano stati toccati durante l’aggressione.”
Respirando un po’ meglio, Riley rivolse alla Frisbie uno sguardo di silenziosa gratitudine.
La donna annuì leggermente, e Riley lasciò la cucina.
Quando Riley uscì dalla sala comune, si ritrovò a chiedersi ancora che cosa le ragazze avessero detto ad Hintz, ad esempio, se Rhea avesse lasciato il bar da sola oppure no. Sapevano qualcosa che era accaduto a Rhea di cui lei era ignara? Dopotutto, erano state con lei finché non aveva deciso di andarsene.
Quando Riley giunse in fondo al corridoio, vide che due poliziotti del campus erano posizionati fuori dalla stanza di Rhea, ora sigillata con il nastro della polizia. La ragazza rabbrividì all’idea che il corpo dell’amica fosse ancora lì, in attesa dell’operato del coroner. Riley trovò difficile immaginare che qualcuno avrebbe dormito di nuovo in quella stanza, ma naturalmente, non sarebbe rimasta per sempre vuota.
Riley aprì la porta della sua stanza, che era buia all’interno, ad eccezione della luce che proveniva dal corridoio. Vide Trudy girarsi nel letto, per guardare il muro.
E’ ancora sveglia, Riley pensò.
Forse ora potevano parlare, e Riley avrebbe potuto ottenere delle risposte alle sue domande.
Riley chiuse la porta, sedette sul proprio letto e disse: “Trudy, mi chiedevo se forse potevamo parlare dei nostri interrogatori.”
Ancora fissando il muro, Trudy rispose …
“Non dovremmo parlarne.”
Riley era stupita dalla voce severa e fredda di Trudy.
“Trudy, non penso che sia vero, almeno non più. Hintz non mi ha detto nulla del genere.”
“Mettiti a dormire” l’amica replicò.
Le parole di Trudy colpirono duramente Riley. E improvvisamente, per la prima volta, Riley sentì le lacrime agli occhi, e un singhiozzo emerse dalla sua gola.
Era già abbastanza brutto che Rhea fosse stata brutalmente assassinata.
Adesso la sua migliore amica era arrabbiata con lei.
Riley si mise sotto le coperte. Le lacrime le scesero lungo il viso, mentre qualcosa cominciò a incombere su di lei …
La sua vita era stata cambiata per sempre.
Ma non riusciva nemmeno a immaginare come.
CAPITOLO CINQUE
Il mattino seguente Riley sedeva nell’auditorium dell’università con gli altri studenti; il suo sguardo era cupo. Sebbene l’umore generale all’interno del campus tendesse alla depressione, si domandò se qualcun altro si sentisse triste quanto lei. Alcuni studenti sembravano più infastiditi che rattristati. Altri ancora sembravano nervosi, come se fossero spaventati da ogni singolo movimento intorno a loro.
Come faremo a superare una cosa simile? si domandò.
Ma, naturalmente, non tutti erano stati amici di Rhea. Non tutti l’avevano conosciuta. Senz’altro, sarebbero inorriditi al pensiero di un omicidio nel campus, ma per molti non sarebbe stata una questione personale.
Ma lo era per Riley. Non riusciva a scuotersi di dosso l’orrore che l’aveva colpita alla vista della sua amica …
Non riusciva a trovare le parole necessarie. Non riusciva nemmeno a pensare alla sua amica come un cadavere, nonostante ciò che aveva visto la notte prima.
L’assemblea di tutto il campus, quel giorno, sembrava completamente distaccata da quanto era successo. Sembrava anche avere una durata infinita, cosa che la faceva sentire persino peggio.
Il Capo Hintz aveva appena terminato di impartire una tradizionale lezione sulla sicurezza del campus, promettendo che il killer sarebbe presto stato catturato; ora il Preside Trusler avrebbe parlato di come far tornare tutto alla normalità all’Università di Lanton.
Buona fortuna allora, Riley pensò.
Per oggi le lezioni erano cancellate, secondo quanto aveva detto Trusler, ma sarebbero riprese lunedì. L’uomo proseguì asserendo di comprendere quegli studenti che non fossero pronti a tornare a lezione così presto, e anche coloro che intendessero tornare a casa dalle propria famiglia per alcuni giorni; assicurò che i consiglieri scolastici erano pronti ad aiutare tutti ad affrontare questo orribile trauma, e … e … e …
Riley si deconcentrò e soffocò uno sbadiglio, mentre il preside continuava serioso il suo discorso; fino a quel momento non era riuscito a dire nulla che apparisse utile a Riley. La ragazza aveva dormito poco la notte scorsa. Non era riuscita a restare a letto, quando la squadra del coroner era arrivata, facendo un gran baccano. Era rimasta sulla porta, ad osservare, immersa in un silenzioso orrore, mentre la squadra trasportava via una forma coperta da un lenzuolo su una barella.
Sicuramente, aveva pensato, non può essere una persona che rideva e ballava ore fa. Non può essere davvero Rhea.
Riley non era più andata a dormire dopo. Non riusciva a fare a meno di invidiare Trudy, che sembrava essere riuscita a dormire l’intera notte; probabilmente - Riley suppose - era un effetto di tutto l’alcol che aveva ingerito prima.
Quel mattino presto, l’assistente dei residenti del dormitorio aveva annunciato la riunione con l’altoparlante. Trudy era ancora a letto, quando Riley era uscita.
Quando era andata all’assemblea, non aveva visto l’amica da nessuna parte nell’auditorium.
Riley si guardò nuovamente intorno, ma non riuscì a individuarla. Forse era ancora a letto.
Non si sta perdendo molto, Riley pensò.
Non vide neanche la compagna di stanza di Rhea, Heather, da nessuna parte. Ma Gina e Cassie erano sedute un paio di file davanti a lei. Passarono davanti a Riley mentre si recavano all’assemblea, apparentemente ancora furiose con lei, per aver fornito i loro nomi alla polizia.
La scorsa notte, Riley aveva capito perché si sentissero in quel modo, ma ora le stava cominciando a sembrare una reazione infantile. Era anche estremamente doloroso. Si chiese se lo strappo nella loro amicizia sarebbe mai stato rammendato.
In quel momento, la “normalità”, di cui il preside stava parlando, sembrava sparita per sempre.
Finalmente, l’incontro giunse alla conclusione. Quando gli studenti si riversarono fuori dall’edificio, trovarono i giornalisti fuori, in attesa. Immediatamente, si fiondarono su Gina e Cassie, facendo loro ogni genere di domanda. Riley immaginava che fossero riusciti a scoprire chi fossero le amiche di Rhea, la notte prima del suo omicidio.
Se così era, probabilmente sapevano anche di Riley. Ma, fino a quel momento, non l’avevano vista. Forse, era una fortuna che Gina e Cassie avessero snobbato Riley quella mattina. Altrimenti, sarebbe stata lì con loro, costretta a rispondere a domande impossibili.
Riley accelerò il passo per evitare i giornalisti, mescolandosi agli altri studenti. Mentre proseguiva, sentì i giornalisti punzecchiare Gina e Cassie continuamente, ponendo loro la stessa domanda …
“Come vi sentite?”
Riley provò un pizzico di rabbia.
Che razza di domanda è questa? si chiese.
Che cosa si aspettavano che le due ragazze rispondessero?
Riley non aveva idea di che cosa avrebbe detto lei stessa, tranne forse intimare i giornalisti di lasciarla in pace.
Era ancora in balia di sentimenti confusi e terribili: profondo shock, persistente dubbio, assillante orrore e tanto altro. La sensazione peggiore di tutte era una sorta di colpevole sollievo per non aver incontrato il fato di Rhea.
Come potevano lei o le sue amiche tradurre tutto questo in parole?
Che senso aveva porre determinate domande?
Riley si recò alla mensa nell’associazione studentesca. Non aveva ancora fatto colazione, e si era appena resa conto di avere fame. Al buffet, prese della pancetta e delle uova, e poi si versò del succo d’arancia e del caffè. Infine, si guardò intorno alla ricerca di un posto in cui sedersi.
I suoi occhi caddero rapidamente su Trudy, che era seduta da sola ad un tavolo, isolata dagli altri nella stanza, intenta a consumare la sua colazione.
Riley deglutì ansiosamente.
Doveva provare a sedersi con Trudy al tavolo?
Le avrebbe rivolto la parola?
Non si erano scambiate una sola parola dalla notte scorsa, quando Trudy le aveva intimato amaramente di andare a dormire.
Riley raccolse tutto il suo coraggio e riuscì ad andare fino al tavolo dell’amica. Senza dire nulla, appoggiò il vassoio sul tavolo e sedette accanto alla compagna di stanza.
Per alcuni istanti, Trudy tenne la testa bassa, come se non si fosse accorta della presenza di Riley.
Finalmente, senza guardare Riley, Trudy disse: “Ho deciso di saltare l’incontro, com’è andata?”
“Ha fatto schifo” Riley rispose. “Avrei dovuto saltarlo anch’io.”
Rifletté per un momento, poi aggiunse: “Non ci è venuta nemmeno Heather.”
“No” Trudy disse. “Ho sentito che i genitori sono venuti stamattina e l’hanno riportata a casa. Immagino che nessuno sappia quando tornerà a scuola, o se mai tornerà.”
Trudy poi guardò Riley e disse: “Hai saputo che cos’è successo a Rory Burdon?”
Riley ricordò quando Hintz le aveva chiesto di Rory la notte scorsa.
“No” rispose.
“I poliziotti si sono presentati nel suo appartamento ieri sera tardi, e hanno bussato alla sua porta. Rory non aveva idea di che cosa volessero. Non era nemmeno a conoscenza di quanto è accaduto a Rhea. Era spaventato a morte perché temeva che lo arrestassero, e non sapeva nemmeno il perché. I poliziotti l’hanno interrogato finché non si sono resi conto che non era lui il loro uomo, e poi se ne sono andati.”
Trudy alzò leggermente le spalle ed aggiunse: “Quel povero ragazzo, non avrei dovuto fare il suo nome a quello stupido capo della polizia. Ma continuava a farmi tutte quelle domande, e non sapevo che altro dire.”
Cadde il silenzio tra di loro. Riley si ritrovò a pensare a Ryan Paige, e al fatto di aver fatto il suo nome ad Hintz. I poliziotti erano andati anche a fare visita a lui? Non sembrava improbabile, ma Riley sperava di no.
Ad ogni modo, si sentì sollevata dal fatto che Trudy fosse almeno intenzionata a parlare con lei. Forse ora Riley poteva spiegare.
Disse lentamente: “Trudy, quando i poliziotti sono arrivati lì, quella poliziotta mi ha chiesto che cosa sapessi, e non ho potuto mentirle. Ho dovuto dire che eri uscita con Rhea ieri sera. Ho anche dovuto dirle di Cassie, Gina ed Heather.”
Trudy annuì. “Tranquilla, Riley. Non mi devi alcuna spiegazione. Lo capisco. E mi dispiace … Mi dispiace di averti trattata come …”
Improvvisamente, Trudy si mise a singhiozzare piano, con le lacrime che scorrevano nel suo vassoio della colazione.
Poi aggiunse: “Riley, è stata colpa mia? Quello che è successo a Rhea, voglio dire.”
Riley riusciva a malapena a credere alle proprie orecchie.
“Di che cosa stai parlando, Trudy? Certo che no. Come potrebbe essere colpa tua?”
“Ecco, sono stata così stupida e ubriaca ieri sera, e non ho prestato attenzione a quello che stava succedendo … non ricordo nemmeno quando Rhea ha lasciato il Covo del Centauro. Le altre ragazze hanno detto che se n’è andata da sola. Forse se io …”
La voce di Trudy si affievolì, ma Riley sapeva che cosa avrebbe voluto dire …
“… forse se fossi andata a casa con Rhea.”
E anche Riley provò un terribile senso di colpa.
Dopotutto, avrebbe potuto porsi la stessa identica domanda.
Se non se ne fosse andata via da sola dal Covo del Centauro, e se fosse stata presente, quando Rhea era pronta ad andarsene, e se si fosse offerta di accompagnarla a casa …
Quella parola, se …
Riley non aveva mai immaginato quanto potesse essere orribile una parola.
Trudy continuava a piangere e Riley non sapeva come comportarsi per farla sentire meglio.
Si domandò perchè lei stessa non fosse in lacrime.
Naturalmente, aveva pianto nel suo letto la scorsa notte. Ma, senz’altro, non aveva pianto abbastanza, non in rapporto a qualcosa di così terribile. Sicuramente, c’erano ancora delle lacrime in serbo per lei.
Si sedette a mangiare la sua colazione, mentre Trudy si asciugò le lacrime e si soffiò il naso, e si ricompose un po’.
Trudy disse: “Riley, continuo a chiedermi perché? Perché Rhea, voglio dire. E’ stato qualcosa di personale? Qualcuna la odiava tanto da ucciderla? Non mi sembra possibile. Nessuno odiava Rhea. Perché qualcuno avrebbe dovuto odiarla?”
Riley non rispose, ma quella domanda frullava anche nella sua testa. Si chiese anche se i poliziotti avessero già trovato delle risposte.
Trudy continuò: “Ed è stato qualcuno che conosciamo ad ucciderla? Forse una di noi è la prossima? Riley, ho paura.”
Ancora una volta, Riley non rispose.
Comunque, era sicura che Rhea conoscesse il proprio assassino. Non sapeva il perché, ma ne era certa: non che lei fosse una poliziotta o sapesse qualcosa sui criminali. Ma qualcosa, nel profondo, le suggeriva che Rhea aveva conosciuto e si era fidata del suo killer, fino al momento in cui era stato troppo tardi per riuscire a salvarsi.
Trudy guardò costantemente Riley, poi osservò: “Tu non sembri spaventata.”
Riley si sentì colta alla sprovvista.
Per la prima volta, se ne rese conto …
No, non sono spaventata.
Aveva provato ogni sorta di tremenda emozione al mondo: colpa, dolore, shock, e sì, orrore. Ma il suo orrore era in qualche modo diverso dalla paura per la sua stessa vita. L’orrore che provava era per Rhea, orrore per l’ingiustizia di ciò che le era accaduto.
Ma Riley non aveva paura.
Si chiese se fosse dovuto a quanto era accaduto a sua madre tanti anni fa, il suono di quello sparo, la vista di tutto quel sangue, l’incomprensibile perdita con cui stava lottando ancora oggi?
Il terribile trauma che aveva patito l’aveva resa più forte delle altre persone?
Per qualche ragione, quasi sperava che non fosse così. Non sembrava molto giusto essere così forte, forte in modi sconosciuti agli altri.
Proprio non sembrava molto …
A Riley occorsero alcuni secondi per pensare alla parola giusta.
Umano.
Rabbrividì leggermente, poi disse a Trudy: “Sto tornando al dormitorio. Ho davvero bisogno di dormire un po’. Vuoi venire con me?”
Trudy scosse la testa.
“Voglio soltanto stare qui per un po’” rispose.
Riley si alzò dalla sedia e diede all’amica un rapido abbraccio. Poi, svuotò il vassoio della colazione e uscì. Non era un lungo tragitto fino al dormitorio e tirò un sospiro di sollievo, quando vide che non c’era alcun giornalista lungo la strada. Giunta alla porta del dormitorio, si fermò per un istante, comprendendo il motivo per cui Trudy non era voluta tornare con lei: non era semplicemente pronta ad affrontare di nuovo il dormitorio.
Ferma sulla porta, Riley si accorse di sentirsi strana: naturalmente, aveva passato la notte lì dentro. Ci viveva.
Ma, dopo aver trascorso del tempo all’esterno, in luoghi in cui era stato proclamato il ritorno alla normalità, lei era pronta a tornare all’interno dell’edificio in cui Rhea era stata uccisa?
Fece un respiro profondo, e attraversò la porta principale.
Inizialmente, si sentì BENE. Ma, mentre procedeva lungo il corridoio, il senso di stranezza s’intensificò. Per Riley fu come camminare e muoversi sott’acqua. Si recò direttamente alla sua stanza. Quando fu sul punto di aprire la porta, i suoi occhi furono attirati verso la stanza più avanti, in fondo al corridoio, quella che era stata condivisa da Rhea ed Heather.
La raggiunse e vide che la porta era chiusa e sigillata dal nastro della polizia.
Riley restò lì, sentendosi orribilmente curiosa.
Che aspetto aveva ora quella stanza?
Era stata ripulita dall’ultima volta che l’aveva vista?
O era ancora presente il sangue di Rhea?
Riley fu colta da una orrenda tentazione: ignorare quel nastro, aprire quella porta ed entrare lì dentro.
Sapeva di non doverlo fare. E naturalmente, la porta sarebbe stata chiusa a chiave.
Ma, ciò nonostante …
Perché mi sento così?
Se ne stette lì, provando a comprendere questo misterioso desiderio. Ad un certo punto comprese: aveva qualcosa a che fare con il killer stesso.
Non poteva smettere di pensare …
Se apro quella porta, potrò guardare nella sua mente.
Non aveva alcun senso, naturalmente.
Ed era un’idea davvero spaventosa, guardare in una mente malvagia.
Perché? continuava a chiedersi.
Perché voleva comprendere il killer?
Perché mai provava una tale innaturale curiosità?
Per la prima volta da quando questa cosa orribile era accaduta, Riley ebbe improvvisamente paura …
… non per se stessa, ma di se stessa.