Kitabı oku: «Prima Che Prenda», sayfa 3
CAPITOLO QUATTRO
Delores Manning stava pensando alla madre quando aprì gli occhi. Sua madre viveva in uno schifoso parco per roulotte appena fuori Sigourney. La donna era molto orgogliosa e testarda. Delores aveva programmato di farle visita dopo la presentazione del libro a Cedar Rapids. Dato che aveva appena firmato un contratto per la stesura di tre libri con il suo attuale editore, Delores aveva preparato un assegno da 7.000 $, nella speranza che la madre lo accettasse e lo usasse saggiamente. Forse era snob da parte sua, ma Delores si vergognava che la madre vivesse di sussidi e che facesse la spesa con i buoni pasto. Le cose erano state così fin dalla morte del padre e...
Quei pensieri annebbiati svanirono quando i suoi occhi si abituarono al buio. Era seduta con la schiena premuta contro qualcosa di molto duro e quasi freddo al tocco. Lentamente cercò di mettersi in piedi, ma sbatté la testa contro una superficie identica a quella che sentiva contro la schiena.
Confusa, alzò un braccio e scoprì di non riuscire a distenderlo di molto. Mentre il panico la assaliva, si accorse che l’oscurità era tagliata da sottili lame di luce. Proprio davanti a lei c’erano tre rettangoli di luce. Capì subito la sua situazione.
Si trovava in una sorta di container... era piuttosto certa che fosse di ferro o un altro metallo. Non era più alto di un metro e venti e non le permetteva di stare dritta in piedi. Anche la larghezza e la profondità non superavano il metro e venti, facendone una specie di quadrato. Iniziò a sentire il fiato corto, assalita dalla claustrofobia.
Si schiacciò contro la parete frontale e inalò aria fresca attraverso le aperture rettangolari. Le fenditure erano alte quindici centimetri e larghe otto. Quando ispirò, sentì odore di terra e di qualcosa di dolce ma al tempo stesso sgradevole.
Da un punto lontano, così debole che sembrava provenire da un altro mondo, le sembrò di udire un suono. Era un macchinario? Oppure un animale? Sì, doveva essere un animale... anche se non aveva idea di quale. Maiali, forse?
Con il respiro tornato più regolare, arretrò di un passo, rimanendo accucciata, e sbirciò attraverso le aperture.
Dall’altra parte vide quello che sembrava l’interno di un fienile, o comunque una costruzione in legno. Circa sei metri più avanti, si vedeva una porta imbarcata da cui filtrava una luce torbida. Anche se non riusciva a distinguere granché, suppose di trovarsi in guai molto seri.
A supportare la sua intuizione, notò che la porta del fienile era sprangata. Si lasciò sfuggire un gemito e spinse la parete davanti del container, che non cedette di un millimetro; non emise nemmeno uno scricchiolio.
Si sentì nuovamente assalire dal panico, ma sapeva di dover ragionare e restare lucida. Tastò con le mani la porta del container. Sperava di trovare dei cardini, così avrebbe avuto qualcosa su cui lavorare. Non era molto forte, ma se ci fosse stata anche solo una vite incrinata o allentata...
Invece non c’era niente. Provò sulla parete alle sue spalle, non trovando nulla nemmeno lì.
In un gesto di assoluta impotenza, sferrò un calcio alla porta con tutta la forza che aveva. Quando nemmeno quello servì, arretrò per prendere la rincorsa e tentare di aprirla con una spallata. L’unico risultato fu che rimbalzò ricadendo all’indietro. Sbatté la testa e atterrò pesantemente sul sedere.
Sentiva un grido risalirle la gola, ma non sapeva se fosse la cosa migliore da fare. Si ricordava perfettamente dell’uomo del furgone e di come l’avesse assalita. Voleva davvero farlo tornare da lei?
No, non voleva. Pensa, si disse. Sfrutta la tua mente creativa per trovare il modo di andartene da qui.
Ma non riusciva a pensare a niente. Anche se era riuscita a soffocare il grido che minacciava di uscirle di bocca, non riuscì a trattenere le lacrime. Diede un calcio alla parete anteriore del container e si accasciò nell’angolo più nascosto. Pianse più piano che poté, cullandosi avanti e indietro, osservando le lame di luce polverosa che filtravano dalle fessure.
Per adesso, era tutto ciò a cui riusciva a pensare.
CAPITOLO CINQUE
Mackenzie non gradiva le decine di cliché stereotipati che le proponeva la sua mente quando lei ed Ellington si avvicinarono all’ingresso del Campo per Roulotte di Sigourney Oaks. Le case mobili erano tutte impolverate e sembravano reggersi in piedi per miracolo. Quasi tutte le auto parcheggiate erano uguali. Superarono un cortile rinsecchito dove due uomini sedevano a torso nudo su sedie da giardino. Una borsa frigo piena di birre stava in mezzo a loro, oltre a molte lattine vuote e accartocciate... ed erano solo le 16:35.
La casa di Tammy Manning, la madre di Delores Manning, si trovava proprio al centro del parco. Ellington parcheggiò l’auto che avevano noleggiato dietro un vecchio pick-up Chevy malridotto. L’auto noleggiata sembrava migliore di quelle parcheggiate lì, anche se non di molto. La scelta all’autonoleggio Smith Brothers Auto era limitata e alla fine avevano optato per una Ford Fusion del 2008, che avrebbe davvero avuto bisogno di una bella riverniciata e di gomme nuove.
Mentre salivano i traballanti scalini che portavano all’ingresso, Mackenzie studiò rapidamente il posto. Dei bambini giocavano con delle macchinine sulla strada polverosa. Una ragazzina alla soglia dell’adolescenza camminava alla cieca, gli occhi incollati al cellulare e la maglietta sgualcita abbastanza corta da lasciarle scoperto l’ombelico. Un anziano, un paio di case più avanti, era sdraiato a terra, alle prese con un tosaerba, con una chiave inglese in una mano e i pantaloni macchiati d’olio.
Ellington bussò alla porta, che si aprì quasi immediatamente. La donna sulla soglia era di una bellezza semplice. Sembrava avere sui cinquant’anni e le ciocche di capelli grigi spiccavano su quelli neri più come un abbellimento che come un segno dell’età. Aveva l’aria stanca, ma dall’odore del suo alito quando chiese “Chi siete?”, Mackenzie intuì che doveva aver bevuto.
Fu Ellington a rispondere, anche se non si mise davanti a Mackenzie. “Io sono l’Agente Ellington e questa è l’Agente White. Siamo dell’FBI” disse.
“L’FBI?” chiese. “E che diamine volete?”
“È lei Tammy Manning?” chiese.
“Sì” disse la donna.
“Possiamo entrare?” chiese Ellington.
Tammy li guardò non con sospetto, ma piuttosto con incredulità. Annuì facendosi da parte, lasciandoli entrare. Appena misero piede dentro casa, furono avvolti da un denso odore di fumo di sigaretta. L’aria ne era satura. Su un posacenere sul tavolino bruciava una sigaretta solitaria, circondata da mozziconi.
Dietro il tavolino era seduta un’altra donna, che pareva leggermente a disagio. Mackenzie pensò che in realtà sembrasse addirittura schifata di stare lì a sedere.
“Se ha degli ospiti” disse Mackenzie, “forse è meglio se parliamo fuori.”
“Non è un’ospite” replicò Tammy. “È mia figlia Rita.”
“Salve” fece Rita, alzandosi per stringere loro la mano.
Adesso era evidente che fosse la sorella minore di Delores Manning. Doveva avere tre o quattro anni in meno e somigliava molto alla foto di Delores che Mackenzie aveva visto sul retro di Un amore ostacolato.
“Ah, ecco” disse Ellington. “Be’, forse è una buona cosa che ci sia anche lei, Rita.”
“Come mai?” chiese Tammy, sedendosi di fianco alla figlia. Prese la sigaretta dal posacenere e fece un lungo tiro.
“L’auto di Delores Manning è stata trovata abbandonata con due pneumatici a terra sulla Route 14 la scorsa notte. Da allora, nessuno l’ha più vista né sentita. Né il suo agente, né gli amici, nessuno. Speravamo che lei sapesse dov’è.”
Prima ancora che Ellington avesse terminato la frase, Mackenzie aveva già intuito la risposta dall’espressione scioccata sul volto di Rita Manning.
“Mio Dio” esclamò Rita. “Siete sicuri che sia la sua macchina?”
“Ne siamo certi” disse Ellington. “C’era anche uno scatolone con i suoi libri nel bagagliaio. Era appena stata ad una presentazione a Cedar Rapids.”
“Esatto” confermò Rita. “Probabilmente... stava venendo qui. O almeno quello era il piano. Quando a mezzanotte non era ancora arrivata, ho pensato che avesse deciso di fermarsi in un albergo.”
“Vi eravate organizzate perché dormisse qui?” chiese Mackenzie. Guardò Tammy mentre lo chiedeva, anche se quest’ultima pareva più interessata alla sua sigaretta.
“Più o meno” disse Tammy. “La scorsa settimana mi aveva chiamato dicendomi che sarebbe andata a Cedar Rapids e che voleva passare a trovarci, così le ho detto che per me andava bene. L’ho detto a Rita, che ieri dopo pranzo è arrivata qui. Doveva essere una specie di sorpresa.”
“Sono venuta in macchina fin qui dall’università, la Texas A&M” disse Rita.
“Quando è stata l’ultima volta che ha parlato con Delores?” chiese Ellington a Rita.
“Più o meno tre settimane fa. Cerchiamo di tenerci in contatto regolarmente.”
“Qual era il suo stato d’animo l’ultima volta che vi siete sentite?” chiese Mackenzie.
“Ah, era al settimo cielo. Aveva appena firmato un contratto con il suo editore per altri tre libri. Abbiamo parlato di andarci a fare un drink in città la prossima volta che veniva in Texas.”
“Quindi sei una studentessa?” chiese Ellington.
“Sì, sono all’ultimo anno.”
“Signora Manning” disse Mackenzie per essere sicura che la madre capisse che si stava rivolgendo a lei e non alla figlia, “se posso permettermi, non mi sembra molto sconvolta.”
La donna scrollò le spalle, sbuffò del fumo, quindi soffocò il mozzicone nel posacenere già traboccante. “Quindi voi dell’FBI sapete meglio di me come dovrei sentirmi?”
“Non era quello che intendevo, signora” disse Mackenzie.
“Sentite... Stiamo parlando di Delores. Lei è una con la testa sulle spalle. Sono sicura che ha chiamato il soccorso stradale o che so io, quando è rimasta con le gomme a terra. Adesso probabilmente sarà già a metà strada per New York. Per fare soldi e viaggiare. Se avesse avuto problemi, avrebbe chiamato.”
“Quindi non si sarebbe sentita in imbarazzo a chiederle aiuto?”
Tammy ci pensò su un minuto. “Probabilmente no. Mi avrebbe chiesto aiuto e avrebbe fatto il diavolo a quattro se le avessi fatto anche solo una domanda. Lei è fatta così.”
Il risentimento nella sua voce era quasi denso come il fumo nell’aria del prefabbricato.
“Allora non ha idea di dove possa essere?” chiese Ellington.
“No. Dovunque sia, non si è scomodata a farmelo sapere. Ma non mi stupisco. Lei non mi dice mai niente.”
“Capisco” disse Ellington. Si guardò intorno corrugando la fronte. Mackenzie sapeva che stava pensando la sua stessa cosa: un’ora e dieci di viaggio per niente.
Mackenzie guardò Rita, che sembrava seccata dalla mancanza di collaborazione della madre. “Del caso se ne stanno occupando la polizia di Bent Creek e agenti federali di due uffici diversi. Da quello che possiamo capire, Delores è scomparsa da circa ventinove ore. Ci metteremo in contatto con voi non appena scopriremo qualcosa.”
Rita annuì e mormorò: “Grazie.”
Sia Mackenzie che Ellington attesero un istante per vedere se Tammy volesse aggiungere altro. Quando la donna si limitò ad accendersi un’altra sigaretta e prendere il telecomando del televisore dal tavolino, Mackenzie andò verso la porta.
Una volta fuori, inspirò a fondo l’aria fresca, poi andò dritta alla macchina. Quando anche Ellington uscì dalla casa, lei stava già aprendo la portiera dal lato del passeggero.
“Tutto ok?” le chiese avvicinandosi all’auto.
“Sì” disse. “Solo che non sopporto le persone che se ne fregano completamente del sangue del loro sangue.”
Stava per salire in macchina quando la porta della casa di Tammy Manning si aprì. Entrambi guardarono Rita scendere i gradini con una corsetta. Li raggiunse ed emise un sospiro tremante.
“Oddio, mi dispiace per prima” disse. Mackenzie notò che anche Rita sembrava respirare molto meglio, adesso che era fuori. “Le cose tra la mamma e Delores non vanno molto bene, da quando papà è morto. Quando poi Delores è diventata una scrittrice benestante, la mamma si è quasi sentita offesa.”
“Non c’è bisogno che ci racconti dei vostri problemi personali” disse Ellington. “Ognuno di noi ha i suoi.”
“Ditemi la verità... Delores... credete che la troveranno? Credete che possa essere da qualche parte, morta?”
“È decisamente troppo presto per dirlo” disse Mackenzie.
“È stato... insomma, qualcosa faceva pensare ad un’azione premeditata?”
Mackenzie ripensò ai vetri colorati di nero. Era sicura di avere ancora delle scaglie di vernice sotto le unghie. Ma le indagini erano troppo indietro per rivelare quel dettaglio ai famigliari – almeno fino a quando non avessero scoperto altro.
“Anche questo non possiamo dirlo con certezza” disse.
Rita annuì. “Grazie per averci avvertite. Quando scoprite qualcosa, chiamate direttamente me. Per ora lasciate perdere mia madre. Non so quale sia il suo problema. Lei è solo... non lo so. Una donna che sta invecchiando che ha lasciato che la vita la prendesse a calci senza prendersi la briga di rialzarsi.”
Diede loro il suo numero, poi tornò lentamente a salire i gradini. Li salutò con un cenno mentre Ellington usciva dal parcheggio e si allontanava dalla casa.
“Allora, che ne pensi?” chiese Ellington. “È stato un viaggio a vuoto?”
“No. Penso che adesso conosciamo abbastanza Delores da sapere che avrebbe chiamato, se i suoi programmi fossero cambiati e se fosse stata in grado di chiamare.”
“Come fai ad esserne certa?”
“Non ho detto che ne sono certa. Però, da quello che ho capito da Tammy e Rita, Delores stava cercando di riavvicinarsi alla sua famiglia. Rita ha detto che il suo rapporto con la madre era teso. Non credo che Delores si sarebbe scomodata per chiedere se poteva passare a trovarla se non c’era speranza di riconciliazione. E se è quello il caso, sicuramente avrebbe chiamato se i suoi programmi fossero cambiati.”
“Forse ha avuto un ripensamento.”
“Ne dubito. Quando madri e figlie si allontanano... è dura. Delores non avrebbe fatto un passo avanti per poi fare marcia indietro.”
“Un’analisi da strizzacervelli” disse Ellington. “Sono colpito.”
Mackenzie non fece caso al complimento. Stava pensando a sua madre, una donna con cui non parlava da molto tempo. Era così facile rovinare una relazione che in teoria doveva essere fondamentale nella vita di ogni donna. Lei sapeva tutto delle madri che deludevano i figli, quindi poteva relazionarsi a Delores.
Si chiese se Delores Manning pensasse a sua madre in quei momenti disperati. Ammesso, certo, che Delores Manning fosse ancora viva.
CAPITOLO SEI
Mackenzie sapeva che l’ufficio dell’FBI più vicino a Bent Creek si trovava ad Omaha, nel Nebraska. Il pensiero di tornare in Nebraska in veste ufficiale la intimidiva, ma allo stesso tempo le sembrava perfetto. Eppure fu più che sollevata quando Heideman chiamò per informarli che la base attuale per le operazioni del caso era la stazione di polizia di Bent Creek.
Lei ed Ellington arrivarono lì quella sera, poco dopo le sei. Entrando, Mackenzie fu assalita di nuovo dalla sensazione di essere una delle poche donne a lavorare nelle forze dell’ordine. Erano gli sguardi al limite del misogino che alcuni degli uomini in uniforme le stavano rivolgendo. A quanto sembrava, il cambio di divisa e di titolo non era servito a niente. Gli uomini l’avrebbero continuata a considerare di seconda classe.
L’unica differenza adesso era che non gliene fregava niente se questo offendesse qualcuno. Era lì per conto dell’FBI, per aiutare l’esiguo corpo di polizia locale a capire chi stesse sequestrando delle donne sulle loro strade secondarie. Non aveva intenzione di farsi trattare come quando lavorava nel Midwest come detective per la polizia statale del Nebraska.
Scoprì in breve che le sue supposizioni erano in parte errate: forse il cambio di titolo e posizione avevano sortito un qualche effetto. Infatti, quando furono accompagnati nella sala conferenze principale, vide che era stato ordinato del cibo cinese per loro. Era sistemato su un bancone in fondo alla stanza, insieme ad alcune bevande in bottiglie da due litri e spuntini vari.
Thorsson e Heideman si stavano già gustando la cena omaggio, riempiendosi i piatti di noodles e pollo all’arancia. Ellington si rivolse a Mackenzie stringendosi nelle spalle, come a dire che ci vuoi fare? poi andò anche lui al tavolo. Mackenzie lo imitò, mentre altre persone entravano e uscivano dalla sala. Quando prese posto al tavolo da riunione con una porzione di pollo al sesamo e rangoon di granchio, uno dei poliziotti che aveva visto sulla Route 14 si avvicinò porgendole la mano. Guardò il distintivo e vide che si trattava dello sceriffo.
“Agente White, dico bene?” chiese.
“Proprio così.”
“Piacere. Sono lo sceriffo Bateman. Ho sentito che lei e il suo partner siete andati a Sigourney per parlare con la madre dell’ultima vittima. Avete scoperto qualcosa?”
“No, solo una potenziale fonte di informazioni da eliminare dalla lista. Adesso però abbiamo la conferma che non abbiamo a che fare con una figlia che ha semplicemente deciso di non informare la madre dei suoi cambiamenti di programma.”
Chiaramente deluso, Bateman annuì e tornò dall’altra parte della stanza, dove due poliziotti stavano conversando.
Quando Ellington si sedette accanto a Mackenzie, entrambi guardarono verso la parte anteriore della sala. Un uomo che si era in precedenza presentato come il vicesceriffo Wickline stava sistemando fotografie e fotocopie su una lavagna con l’aiuto di calamite. Una poliziotta – l’unica altra donna nella stanza – stava scrivendo una serie di note lungo l’altro lato della lavagna.
“Sembra che siano perfettamente organizzati, qui” commentò Ellington.
Lei aveva pensato la stessa cosa. Era arrivata aspettandosi di trovare una specie di circo, come accadeva nella stazione di polizia del Nebraska, invece rimase colpita dal livello di organizzazione della polizia di Bent Creek.
Parecchi minuti più tardi, lo sceriffo Bateman si consultò con i poliziotti alla lavagna e ne accompagnò due fuori. La poliziotta rimase e prese posto al tavolo. Bateman chiuse la porta e si mise davanti a tutti. Guardò i quattro agenti dell’FBI e i tre poliziotti rimasti nella sala.
“Abbiamo ordinato la cena perché non abbiamo idea di quanto ci metteremo” disse. “Non siamo abituati alla presenza dei federali, qui a Bent Creek, quindi tutto questo è una novità per me. Agenti, vi prego di farmi sapere se posso fare qualcosa per facilitare le cose. Per ora lascio a voi la parola.”
Detto ciò si sedette, lasciando Ellington e Thorsson a scambiarsi uno sguardo confuso. Thorsson sorrise indicando la parte anteriore della sala, lasciando il comando agli agenti di Washington.
Ellington diede una leggera gomitata a Mackenzie sotto il tavolo, poi disse: “Sì, dunque, ora l’agente White spiegherà tutte le informazioni in nostro possesso, oltre alle teorie che abbiamo sviluppato.”
Lei sapeva che stava cercando di prenderla in giro, gettandola nella fossa dei leoni a quel modo, ma non le importava. Anzi, una parte di lei desiderava stare lì davanti a tutti. Era come una fantasia di rivalsa che si realizzava, poter tornare in quella zona del Paese e dirigere una conferenza come non aveva mai potuto fare in Nebraska. Qualunque fosse il motivo, andò davanti al tavolo e diede una rapida occhiata alla lavagna dove erano state allestite le varie informazioni.
“Il lavoro che hanno fatto i vostri agenti” disse indicando la lavagna “spiega già molto chiaramente i fatti. La prima vittima è una residente di Bent Creek. Naomi Nyles, quarantasette anni. A denunciarne la scomparsa è stata la figlia e l’ultima volta che è stata vista è stato due settimane fa. La sua auto è stata trovata sul ciglio della strada, all’apparenza perfettamente funzionante. A quanto ho capito, i vostri agenti sono riusciti a metterla in moto senza problemi e a portarla qui.”
“Esatto, se ne sono occupati i nostri uomini” disse il vicesceriffo Wickline. “La vettura si trova tuttora nel deposito.”
“La seconda persona scomparsa è Crystal Hall, ventisei anni. Lavora presso il Wrangler Beef a Des Moines e hanno confermato che era stata mandata in un allevamento di bovini appena fuori Bent Creek. Il proprietario dell’azienda conferma che Crystal si è presentata all’incontro programmato, per poi andarsene poco dopo le cinque del pomeriggio. Lo storico della sua carta di credito mostra che ha cenato al Bent Creek Subway alle cinque e cinquantadue.” Indicò l’informazione trascritta da uno dei poliziotti.
“Il che ci porta a domandarci” disse Bateman “quando sia stata rapita. La sua auto è stata scoperta soltanto all’una e mezza di notte. Il fatto che nessuno l’abbia notata prima, anche se si tratta della Route 14, significa che ci sono buone possibilità che fosse da qualche altra parte in città prima di tornare a casa. Dubito seriamente che qualcuno sia stato così avventato da rapirla tra le sei e mezza e le sette e mezza. E se è stato così avventato...”
Lasciò la frase in sospeso, come se non gli piacesse dove portava quel ragionamento. Così Mackenzie si prese la libertà di finire per lui.
“Allora vuol dire che si tratta di qualcuno che conosce bene la zona” disse. “In particolare, il flusso di traffico sulla Route 14. Tuttavia, il profilo del nostro uomo non è compatibile con un’azione tanto rischiosa. Lui si muove al buio, per sorprendere le sue vittime. Le sue azioni non sono plateali.”
Bateman annuì, con gli occhi sgranati e un sorriso sulle labbra. Aveva già visto quella espressione. Era l’espressione di un uomo che non solo era colpito dal suo modo di ragionare, ma che lo apprezzava anche. Vide la stessa espressione sul volto della poliziotta e di un uomo in sovrappeso all’altro capo del tavolo, che stava ancora gustando la cena gratuita. Il vicesceriffo Wickline annuiva, prendendo appunti su un bloc-notes.
“Sceriffo” disse Ellington “abbiamo una stima del traffico medio su quella strada in quella fascia oraria?”
“Un monitoraggio del traffico del 2012 stima che tra le sei del pomeriggio e mezzanotte ci sono in media ottanta veicoli che passano sulla Route 14. Non è una strada molto trafficata. Però tenete presente che solo la scrittrice e Crystal Hall sono state rapite sulla 14. La prima donna scomparsa, Naomi Nyles, è stata sequestrata sulla County Road 664.”
“E lì com’è il traffico a quell’ora?” chiese Mackenzie.
“Quasi inesistente” disse Bateman. “Credo che il numero di veicoli si aggiri sui venti o trenta. Vicesceriffo Wickline, risulta anche a lei?”
“Mi sembra che sia così” rispose Wickline.
“Passiamo alla scrittrice” proseguì Mackenzie. “Delores Manning, trentadue anni. Vive a Buffalo ma ha dei famigliari a Sigourney. Gli pneumatici della sua auto sono stati forati da frammenti di vetro sparsi sulla strada. I vetri erano molto spessi e pitturati di nero, per evitare di riflettere la luce dei fari. L’agente della donna ha denunciato la sua scomparsa circa mezz’ora dopo che la sua auto è stata scoperta da un camionista alle due di notte. L’agente Ellington ed io abbiamo parlato con la madre e la sorella oggi, ma non ci hanno saputo fornire alcuna pista concreta. A dire la verità, sembra non esserci nessuna pista concreta, per nessuno dei casi di scomparsa. Sfortunatamente, è tutto quello che abbiamo.”
“Grazie, agente White” disse Bateman. “Quindi, ora che si fa?”
Mackenzie fece un sorrisetto e indicò il cibo cinese sul tavolo in fondo alla sala. “Be’, vi siete organizzati bene. Credo che il punto migliore da cui partire sia ripercorrere tutti i casi di scomparsa non risolti degli ultimi dieci anni nel raggio di centocinquanta chilometri.”
Nessuno obiettò, ma gli sguardi sui volti di Bateman, Wickline e degli altri poliziotti erano piuttosto eloquenti. La poliziotta si strinse nelle spalle con aria sconfitta e alzò una mano. “Posso recuperare io tutte le informazioni” disse.
“Perfetto, Roberts” commentò Bateman. “Ce la fa in un’ora? Si faccia dare una mano.”
La donna si alzò e uscì dalla sala conferenze. Mackenzie notò che Bateman la osservò più a lungo degli altri.
“Agente White” disse Bateman. “Si è fatta un’idea di che tipo di persona sia quella che dovremmo cercare? In una cittadina piccola come Bent Creek, prima potremo escludere delle persone, prima riusciremo a indirizzarvi verso quella che cercate,”
“Senza indizi di alcun genere potrebbe essere difficile” disse Mackenzie. “Però ci sono un paio di supposizioni che possiamo fare. Agente Ellington, vuoi proseguire tu?”
Lui le sorrise mentre addentava un involtino primavera. “Ti prego, continua tu. Stai andando benissimo.”
Era uno strano scambio di battute e lei sperò che gli altri non se ne accorgessero. Mackenzie aveva cercato di mostrargli rispetto, di fargli vedere che non era lei che voleva condurre lo spettacolo. Lui però aveva fatto finta di niente. Per il momento, sembrava apprezzare che avesse lei il controllo.
“Prima di tutto” disse, facendo del proprio meglio per non perdere il filo “l’indiziato è quasi sicuramente uno del posto. La sua abilità nello studiare i flussi di traffico su queste strade secondarie dimostra una pazienza rigorosa, che lo rende più facile da inquadrare. Se il nostro uomo si è dato tanto a fare per rapire queste donne, come dimostrano le dinamiche delle sue azioni, allora possiamo concludere che non rapisce le donne per ucciderle. Come ho detto prima, sembra un tipo subdolo. Tutto quello che sappiamo di lui – che le aggredisce quando sono vulnerabili, al buio e, a quanto sembra, seguendo un piano – indica un uomo con tendenze non violente. Dopotutto, che senso ha progettare tanto meticolosamente un rapimento per poi uccidere la vittima poco dopo? Questo ci dice che sta collezionando queste donne, passatemi il termine.”
“D’accordo” disse Roberts, la poliziotta. “Ma a che scopo le sta collezionando?”
“È sbagliato supporre che sia per sesso?” chiese il vicesceriffo Wickline.
“Niente affatto” disse Mackenzie. “In effetti, se il nostro uomo è effettivamente timido, è una motivazione plausibile. Gli uomini che vanno a caccia di donne in quel modo sono in genere troppo timidi, o comunque socialmente oppressi, per avere storie d’amore normali. In genere vale lo stesso discorso per gli stupratori che fanno di tutto per non ferire le vittime.”
Ottenne altre occhiate di apprezzamento dai presenti. Anche se, dato l’argomento trattato, non riuscì a felicitarsene.
“Però non possiamo saperlo con certezza, dico bene?” chiese Bateman.
“No, non possiamo” confermò Mackenzie. “Ed è per questo che dobbiamo agire in fretta. Non si tratta semplicemente di un assassino che dobbiamo fermare prima che uccida ancora. Questo tizio è uno psicopatico, ed è pericoloso. Più tempo ci metteremo a scovarlo, più tempo avrà per fare alle donne quello che vuole.”
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