Kitabı oku: «Un Caso Irrisolto », sayfa 4

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CAPITOLO SETTE

Riley non ebbe altri incubi quella notte, ma il suo sonno fu molto agitato. Sorprendentemente, era ben sveglia e motivata, quando si alzò il mattino seguente.

Aveva del lavoro da fare quel giorno.

Si vestì e scese di sotto. April e Jilly erano in cucina a fare la colazione che Gabriela aveva preparato per loro. Le ragazze sembravano tristi, ma non così devastate come erano apparse il giorno precedente.

Riley vide che era stato apparecchiato un posto per lei a tavola, così si sedette e disse: “Quei pancake sembrano meravigliosi. Passatemeli, per favore.”

Mentre mangiava la sua colazione e beveva il caffè, osservò le ragazze, che le parvero più allegre. Non menzionarono l’assenza di Ryan, ma chiacchierarono di altri ragazzi a scuola.

Sono forti, pensò Riley.

E in precedenza avevano avuto la loro serie di momenti brutti.

Era sicura che avrebbero superato anche questa crisi con Ryan.

Riley finì il suo caffè e disse: “Devo andare in ufficio.”

Si alzò e baciò April sulla guancia, poi anche Jilly, che la incoraggiò: “Vai a prendere dei cattivi, mamma”.

Riley sorrise.

“Mi assicurerò di farlo, tesoro” rispose.

*

Giunta nel suo ufficio, Riley aprì i file sul computer dedicati al caso di venticinque anni prima. Mentre scorreva vecchi articoli di giornale, ricordò di averne letti alcuni, quando erano appena stati pubblicati. Era un’adolescente all’epoca, e il Killer della Scatola di Fiammiferi sembrava essere composto dal materiale di cui erano fatti gli incubi.

Gli omicidi erano avvenuti lì in Virginia, vicino a Richmond, e tra un omicidio e l’altro erano trascorse solo tre settimane.

Riley aprì una cartina e trovò Greybull, una cittadina raggiungibile dall’Interstate 64. Tilda Steen, l’ultima vittima, era vissuta e morta a Greybull. Gli altri due omicidi erano avvenuti nelle cittadine di Brinkley e Denison. Riley notò che tutte le località distavano circa 160 chilometri le une dalle altre.

Riley chiuse la cartina e guardò di nuovo gli articoli dei giornali.

Un titolo diceva …

IL KILLER DELLA SCATOLA DI FIAMMIFERI RECLAMA UNA TERZA VITTIMA

Sussultò leggermente.

Sì, ricordò di aver letto quel titolo molti anni prima.

L’articolo proseguiva con la descrizione del panico che quegli omicidi avevano scatenato in quella zona, specialmente tra le giovani donne.

Secondo l’articolo, il pubblico e la polizia si facevano le stesse domande:

Quando e dove il killer avrebbe colpito di nuovo?

Chi sarebbe stata la sua prossima vittima?

Ma non c’era stata una quarta vittima.

Perché? Riley si chiese.

Era una domanda a cui le forze dell’ordine non erano riuscite a rispondere.

L’assassino era sembrato un serial killer, spietato e motivato, il tipo che avrebbe continuato ad uccidere finché non fosse stato catturato. Invece, era semplicemente scomparso. E la sua sparizione era stata misteriosa quanto gli stessi omicidi.

Riley cominciò a leggere attentamente i vecchi registri della polizia, per rinfrescarsi la memoria.

In ogni caso, le vittime non sembravano essere collegate. Il modus operandi del killer era lo stesso per tutti e tre gli omicidi. Aveva scelto delle giovani donne nei bar, le aveva portate in auto in un motel e le aveva uccise. Infine, ne aveva sepolto i corpi in fosse poco profonde, non molto lontano dalla scena del crimine.

La polizia locale non aveva avuto alcuna difficoltà a localizzare i bar dove le vittime erano state scelte, e i motel in cui erano state uccise.

Come alcuni serial killer fanno, aveva lasciato degli indizi per la polizia.

Insieme ai corpi, aveva lasciato delle scatole di fiammiferi dei bar e della carta da lettere dei motel.

Testimoni ai bar e motel erano persino riusciti a dare delle descrizioni piuttosto buone del sospettato.

Riley tirò fuori l’identikit che era stato realizzato anni prima.

Vide che l’uomo appariva piuttosto ordinario: capelli castano scuro e occhi nocciola. Mentre leggeva le descrizioni dei testimoni, notò altri dettagli. Era stato detto che l’uomo appariva incredibilmente pallido, come se il suo lavoro lo costringesse a stare al chiuso e lontano dal sole.

Le descrizioni non erano state molto dettagliate. Nonostante tutto, a Riley sembrò che il caso non avrebbe dovuto essere così difficile da risolvere. Ma, in qualche modo, era stato l’opposto. La polizia locale non aveva mai trovato il killer. Il BAU aveva studiato il caso, solo per concludere che il killer fosse morto o avesse persino lasciato la zona. Proseguire le ricerche in tutto il paese avrebbe significato cercare un ago in un pagliaio: un ago che poteva persino non esistere.

Ma c’era stato un agente, un maestro della risoluzione dei casi irrisolti, che si era mostrato di opinione contraria.

“E’ ancora in zona” aveva detto a tutti. “Possiamo trovarlo, se continuiamo a cercare.”

Ma i suoi capi non gli avevano creduto, e non lo avevano sostenuto. Il BAU aveva lasciato che il caso restasse irrisolto.

Quell’agente era andato in pensione dal BAU anni prima e si era trasferito in Florida. Ma Riley sapeva come mettersi in contatto con lui.

Prese il telefono della sua scrivania e compose il suo numero.

Un momento dopo, sentì una familiare voce brontolante. Jake Crivaro era stato il suo partner e mentore quando era appena entrata al BAU.

“Salve, straniera” Jake disse. “Dove diavolo sei stata? Che hai combinato? Non chiami, non scrivi. E’ questo il modo di trattare un vecchio, solitario e dimenticato avvoltoio che ti ha insegnato tutto ciò che sai?”

Riley sorrise. Sapeva che lui non intendeva ferirla. Dopotutto, si erano visti piuttosto di frequente di recente. Jake, sebbene fosse in pensione, l’aveva persino aiutata con un caso un paio di mesi prima.

Riley non chiese: “Come stai?”

Ricordò la litania dell’ex partner l’ultima volta che glielo aveva chiesto.

“Ho settantacinque anni. Mi hanno sostituito ginocchia e anca. Gli occhi non funzionano. Porto l’apparecchio acustico e ho un pacemaker. E tutti i miei amici, tranne te, sono morti. Come pensi che stia?”

Chiederglielo lo avrebbe soltanto indotto a iniziare a lamentarsi di nuovo.

La verità era che lui era ancora fisicamente energico, e la sua mente era acuta come sempre.

“Mi serve il tuo aiuto, Jake” Riley disse.

“Questa è musica per le mie orecchie. La pensione puzza. Che cosa posso fare per te?”

“Sto indagando su un caso irrisolto.”

Jake rise leggermente sotto i baffi.

“Il mio tipo preferito. Sai, i casi irrisolti erano una mia specialità quando esercitavo. Lo sono ancora, come hobby. Persino in pensione, riesco a studiare ed esaminare i casi che nessuno ha risolto. Sono un collezionista regolare. Ricordi il killer “Faccia d’Angelo” in Ohio? L’ho risolto un paio d’anni fa. E’ rimasto irrisolto per più di un decennio.”

“Mi ricordo” disse Riley. “E’ stato un buon lavoro per un vecchio strambo avanti con gli anni.”

“Con le lusinghe si va ovunque. Allora, che cos’hai per me?”

Riley esitò. Sapeva che stava per suscitare dei ricordi sgradevoli.

“Questo era uno dei tuoi casi, Jake” gli disse.

Jake divenne silenzioso per un momento.

“Non dirmelo” le rispose infine. “Il caso del Killer della Scatola di Fiammiferi.”

Riley fu quasi sul punto di domandare: “Come lo sai?”

Ma era facile immaginare la risposta.

Jake era ossessionato dai fallimenti passati, specialmente dai suoi. Senza dubbio, ricordava molto bene l’anniversario della morte di Tilda Steen. E probabilmente ricordava gli anniversari della morte delle altre vittime. Riley suppose che la cosa lo tormentasse ogni ano.

“Questo è accaduto prima che arrivassi tu” Jake disse. “Perché vuoi ripescare tutta quella vecchia storia?”

Lei percepì amarezza nella sua voce, la stessa amarezza che ricordava di aver sentito in lui, quando lei stessa era ancora una giovane recluta. Era stato furioso con le autorità, perché avevano chiuso il caso. Se ne era lamentato, anche quando era andato in pensione pochi anni dopo.

“Sai che sono stata in contatto con la madre di Tilda Steen nel corso degli anni” Riley disse. “Ho parlato con lei proprio ieri. Stavolta …”

La donna si fermò. Come poteva tradurlo in parole?

“Mi ha colpito più del solito, immagino. Se nessuno fa niente, quella povera donna morirà senza che l’assassino della figlia venga consegnato alla giustizia. Non sto seguendo altri casi e …”

La voce le si fermò.

“So come ti senti” Jake esclamò, con un tono comprensivo. “Quelle tre donne morte meritavano di meglio. Le loro famiglie meritavano di meglio.”

Riley si sentì sollevata accorgendosi che Jake condivideva i suoi sentimenti.

“Non posso fare molto senza il sostegno del BAU” Riley disse. “Pensi che ci sia un modo per farmi riaprire il caso?”

“Non lo so. Forse. Mettiamoci subito a lavoro.”

Riley sentì le dita di Jake digitare sulla tastiera del suo computer, mentre riapriva i suoi file.

“Che cosa è andato storto quando tu ci lavoravi?” Riley chiese.

“Che cosa non è andato storto? Le mie teorie non combaciavano con quelle degli altri al BAU. L’area era tipicamente rurale all’epoca, solo tre cittadine. Tuttavia, lungo una strada interstatale vicina a Richmond, i viaggiatori erano numerosi. Il Bureau si è limitato a decidere che dovesse esserci passato un vagabondo. Il mio istinto mi diceva qualcosa di diverso: che lui vivesse nell’area e potesse ancora essere lì. Ma a nessuno importava che cosa mi suggerisse l’istinto.”

Mentre digitava, borbottò: “Avrei risolto questa cosa anni fa, se non fosse stato per il mio partner coglione.”

Riley aveva sentito parlare dell’incompetente partner di Jake, che era stato licenziato prima che Riley fosse assunta al BAU.

Lei disse: “So che ha fallito con quasi tutto quello che ha toccato.”

“Sì, letteralmente. In uno dei bar, ha maneggiato un bicchiere che il killer aveva toccato, imbrattando definitivamente tutte le sue impronte.”

“Non c’erano delle impronte sui fazzoletti o sulle scatole di fiammiferi?”

“Non dopo essere state ricoperte di terra in una fossa non molto profonda. Quel tipo ha incasinato davvero tutto alla grande. Avrebbe dovuto essere licenziato proprio allora. Non è durato a lungo, in ogni caso. L’ultima cosa che ho sentito di lui è che lavorava in un minimarket. Bella liberazione.”

Riley sentì Jake smettere di digitare. Suppose che ora avesse tutto il materiale a portata di mano.

“OK, ora chiudi gli occhi” Jake la invitò.

Riley chiuse gli occhi e sorrise. L’avrebbe sottoposta allo stesso esercizio che aveva insegnato agli studenti. In effetti, era stato lui ad insegnarglielo.

Jake disse: “Sei il killer, ma non hai ancora ucciso nessuno. Sei appena entrato nel McLaughlin’s Pub a Brinkley, e ti sei appena presentato ad una ragazza di nome Melody Yanovich. La stai corteggiando, e le cose sembrano andare piuttosto lisce.”

Lei cominciò a vedere le cose dal punto di vista del killer. La scena si svolse chiaramente nella sua mente.

Jake proseguì: “C’è una piccola ciotola di scatole di fiammiferi sul banco del bar. Nel ben mezzo della serata, ne afferri una e la metti in tasca. Perché?”

Riley riuscì praticamente a sentire la piccola scatola di fiammiferi tra le dita. S’immaginò ad infilarla nella tasca della sua camicia.

Ma perché? si chiese.

Quando il caso era stato aperto, era stata formulata una teoria piuttosto sensata al riguardo. Il killer aveva lasciato le scatole di fiammiferi dei bar e la carta da lettere dei motel sui corpi delle vittime, per schernire la polizia.

Ma in quel momento comprese: Jake non era affatto d’accordo.

E neppure lei.

Disse: “Lui non sapeva nemmeno che stava per ucciderla, almeno non quando era al McLaughlin’s Pub, non quella prima volta. Ha preso la scatola di fiammiferi come souvenir della sua imminente conquista, un trofeo per il bel momento che si aspettava di vivere.”

“Bene” Jake disse. “E poi?”

Riley riuscì chiaramente a visualizzare il killer che aiutava Melody Yanovich a scendere dalla sua auto, e la accompagnava nella sua stanza del motel.

“Melody era consensiente, e lui si sentiva sicuro. Quando entrarono nella stanza, lei andò in bagno a prepararsi. Nel frattempo, lui prese un foglio di carta da lettera con il logo del motel, per la stessa ragione per cui aveva preso la scatola di fiammiferi, come un souvenir. Poi, si tolse i vestiti e si mise sotto le coperte. Presto, Melody uscì dal bagno …”

Riley fece una pausa, per visualizzare una scena più chiara.

La donna era nuda già allora?

No, non esattamente, pensò Riley.

“Melody venne fuori dal bagno con l’asciugamano intorno a sé. Proprio allora, lui cominciò a sentirsi a disagio. Aveva avuto problemi con le donne in passato. Quel problema gli si sarebbe palesato di nuovo stavolta? Lei si mise a letto con lui, e si tolse l’asciugamano e …”

“E?” Jake la persuase a continuare.

“E lui seppe immediatamente che non poteva farlo. Si vergognava e si sentiva umiliato. Non poteva lasciare andare quella donna, sapendo che lui aveva fallito. Una bruciante rabbia lo investì totalmente. La sua furia spazzò via ogni suo briciolo di umanità. Afferrò la donna per la gola e la strangolò nel letto. La vittima morì molto velocemente. La sua rabbia scemò, e poi si rese conto di ciò che aveva fatto, e fu sopraffatto dal senso di colpa. E …”

La mente di Riley si concentrò sul resto del crimine. Il killer non solo aveva sepolto le vittime in fosse poco profonde, ma aveva scavato le fosse vicino a strade ed autostrade. Sapeva perfettamente che i corpi sarebbero stati ritrovati. Infatti, se n’era assicurato.

Riley spalancò gli occhi.

“Ho capito, Jake. La prima volta che ha raccolto le scatole di fiammiferi e carta da lettera, stava solo collezionando souvenir. M,a dopo gli omicidi, li ha usati per qualcosa di diverso. Li ha lasciati con i corpi per aiutare la polizia, non per deriderla. Voleva essere catturato. Non ha avuto il coraggio di consegnarsi, perciò lasciare indizi era il modo migliore per farsi trovare.”

“Ci sei” Jake disse. “Mi chiedo se entrambi i primi due omicidi avessero più o meno quello scopo. Ora dai un’occhiata ai registri della polizia locale sugli omicidi.”

Riley guardò il rapporto sullo schermo del proprio computer.

“In che cosa era diverso l’ultimo omicidio?” Jake chiese.

Riley lesse il testo. Non notò nulla di ciò che non sapesse già.

“Tilda Steen era totalmente vestita, quando lui l’ha sepolta. Sembra che non avesse affatto provato ad avere un rapporto sessuale con lei.”

Jake disse: “Adesso dimmi che cosa dice sulla causa di morte di tutte e tre le vittime.”

Riley trovò rapidamente l’informazione nel testo.

“Strangolamento” lei disse. “Lo stesso per tutte loro.”

Jake grugnì con sgomento.

“Ecco dove i locali hanno sbagliato” lui disse. “Le prime due, Melody Yanovich e Portia Quinn, sono state entrambe senz’altro strangolate. Ma ho scoperto dal coroner, che non c’erano lividi sul collo di Tilda Steen. Era stata soffocata ma non strangolata. Che cosa ti dice questo?”

Il cervello di Riley si mise a lavorare, ragionando su questa nuova informazione.

Richiuse gli occhi, provando ad immaginare la scena.

“E’ accaduto qualcosa, quando ha portato Tilda in quella stanza di motel” Riley disse. “Gli ha confidato qualcosa, forse qualcosa che non aveva mai detto a nessuno. O, forse, gli ha detto qualcosa di se stesso che lui voleva sentire. Lei è improvvisamente diventata …”

Riley si fermò.

Jake disse: “Vai avanti. Dillo.”

“Umana ai suoi occhi. Si è sentito in colpa per ciò che stava per commettere. E in un modo contorto …”

A Riley ci volle un momento, per rimettere insieme le idee.

“Lui ha deciso di ucciderla come atto di pietà. Non l’ha strangolata con le mani. L’ha fatto più gentilmente. L’ha immobilizzata sul letto e soffocata con un cuscino. Si è sentito così tormentato dal rimorso che …”

Riley aprì gli occhi.

“… non avrebbe più ucciso.”

Jake emise un verso di approvazione.

Aggiunse: “Questa è stata la stessa conclusione a cui sono giunto all’epoca. Lo penso ancora. Credo che viva ancora in quell’area, e sia ancora perseguitato da quello che ha fatto anni fa.”

Una parola cominciò a riecheggiare nella mente di Riley …

Rimorso.

Improvvisamente, qualcosa le sembrò chiaro.

Senza fermarsi a pensare, aggiunse: “Prova ancora rimorso, Jake. E scommetto che lascia dei fiori sulle fosse delle donne.”

Jake sorrise con soddisfazione.

“Ottimo ragionamento” le disse. “E’ quello che mi è sempre piaciuto di te, Riley. Conosci la psicologia e sai come mutarla in azione.”

Riley sorrise.

“Ho imparato dal migliore” rispose.

Jake la ringraziò per il complimento. La donna contraccambiò e mise fine alla telefonata. Rimase seduta nel suo ufficio a riflettere.

Sta a me.

Doveva mettersi sulle tracce del killer e consegnarlo alla giustizia una volta per tutte.

Ma sapeva di non poterci riuscire da sola.

Le occorreva aiuto per fare in modo che il BAU riaprisse il caso.

Si precipitò per il corridoio e si diresse all’ufficio di Bill Jeffreys.

CAPITOLO OTTO

Bill Jeffreys si stava godendo un’insolita mattinata tranquilla al BAU, quando la sua partner piombò nel suo ufficio. Lui riconobbe immediatamente l’espressione che aveva sul volto. Era così che Riley Paige appariva eccitata per un nuovo caso.

Le indicò la sedia dall’altra parte della scrivania, e Riley si sedette. Ma mentre ascoltava attentamente la sua descrizione degli omicidi, Bill rimase perplesso per il suo entusiasmo. Nonostante tutto, non fece alcun commento mentre lei gli forniva il resoconto completo della sua conversazione telefonica con Jake.

“Allora, che cosa ne pensi?” chiese a Bill quando finì.

“In merito a che cosa?” Bill replicò.

“Vuoi lavorare al caso con me?”

Bill strizzò gli occhi, incerto.

“Certo, mi piacerebbe, ma … ecco, il caso non è nemmeno aperto. Non possiamo lavorarci.”

Riley fece un respiro profondo e disse cautamente: “Speravo che io e te potessimo farlo riaprire.”

A Bill ci volle un momento per cogliere il senso delle parole della partner. Poi, spalancò gli occhi e scosse la testa.

“Oh, no, Riley” lui esclamò. “Questo è un caso molto vecchio. Meredith non vorrà certamente riaprirlo.”

Comprese che anche lei nutriva dei dubbi, ma stava provando a nasconderli.

“Dobbiamo fare un tentativo” lei disse. “Possiamo risolvere il caso. Lo so. I tempi sono cambiati. Abbiamo dei nuovi strumenti a nostra disposizione. Per esempio, il test del DNA era agli inizi all’epoca. Adesso le cose sono cambiate. Non stai lavorando ad un altro caso, vero?”

“No.”

“Nemmeno io. Perché non ci proviamo?”

Bill rivolse a Riley uno sguardo di preoccupazione. In meno di un anno la sua partner era stata rimproverata, sospesa e persino licenziata. Lui sapeva che la sua carriera a volte era stata appesa ad un filo. L’unica cosa che l’aveva salvata era la sua sbalorditiva capacità di trovare la sua preda, talvolta in modi poco ortodossi. Quell’abilità e il sostegno che, di volta in volta aveva avuto, l’avevano fatta restare al BAU.

“Riley, stai chiedendo di metterti nei guai” le disse. “Non esagerare.”

La vide stizzirsi a quelle parole, ed immediatamente si pentì di averle dette.

“OK, se non vuoi farlo” rispose la donna, alzandosi dalla sedia, voltandosi, e uscendo dall’ufficio.

*

Riley odiava quella frase. “Non esagerare.”

Dopotutto, era una che non mollava mai. E sapeva perfettamente, che era una delle cose che la rendeva una buona agente.

Stava per uscire dall’ufficio di Bill, quando lui le disse: “Aspetta un attimo. Dove stai andando?”

“Dove pensi che stia andando?” lei gridò, in risposta.

“OK, OK! Vengo con te!”

Lei e Bill si affrettarono lungo il corridoio, diretti all’ufficio del Capo Squadra Brent Meredith. Riley bussò alla porta del capo e sentì una voce roca pronunciare: “Avanti.”

Riley e Bill entrarono nello spazioso ufficio di Meredith. Come sempre, quest’ultimo era di presenza intimorente, con il suo fisico robusto ed i suoi lineamenti scuri e spigolosi. Sedeva alla sua scrivania, impegnato a leggere alcuni rapporti.

“Fate in fretta” Meredith esordì, senza nemmeno distogliere lo sguardo dal suo lavoro. “Sono occupato.”

Riley ignorò lo sguardo preoccupato di Bill, e sedette accanto alla scrivania di Meredith.

Lei disse: “Capo, io e l’Agente Jeffreys vogliamo riaprire un caso non risolto, e ci chiedevamo se ...”

Ancora concentrato sui suoi fogli, Meredith interruppe.

“No.”

“Come?” Riley disse.

“Richiesta negata. Ora, se non vi dispiace, ho del lavoro da sbrigare.”

Riley restò seduta. Si sentiva spiazzata.

Poi, aggiunse: “Ho appena sentito Jake Crivaro al telefono.”

Meredith sollevò lentamente la testa e la guardò. Un sorriso si formò sulle sue labbra.

“Quanti anni ha Jake?” l’uomo chiese.

Anche Riley sorrise. Sapeva che Jake e Meredith erano stati buoni amici durante i loro primi anni al BAU.

“E’ burbero” Riley disse.

“Lo è sempre stato” Meredith esclamò. “Lo sa, quel vecchio bastardo sapeva essere davvero intimidatorio.”

Riley soffocò a stento una risatina. La sola idea che Meredith trovasse qualcuno intimidatorio era piuttosto divertente. E Riley non si era mai sentita intimidita da Jake.

Poi riprese: “Ieri è stato il venticinquesimo anniversario dell’ultimo omicidio del Killer della Scatola di Fiammiferi.”

Meredith si mosse verso di lei nella sedia, cominciando a sembrare interessato.

“Lo ricordo” disse. “Io e Jake eravamo entrambi agenti sul campo, all’epoca. Lui non ha mai accettato di non essere riuscito a risolverlo. Ne abbiamo parlato tanto bevendo drink.”

Meredith unì le sue mani insieme, e guardò intentamente Riley.

“Allora, Jake l’ha chiamata per questo? Vuole riaprire il caso, rinunciare alla pensione?”

Riley ebbe il forte impulso di mentire. Meredith si sarebbe senz’altro dimostrato più aperto all’idea, se fosse stata di Jake. Ma proprio non poteva farlo.

“L’ho chiamato io, signore” rispose. “Ma ce l’aveva già in mente. Succede sempre in questo periodo dell’anno. E abbiamo parlato di alcune possibilità.”

Meredith tornò a poggiarsi allo schienale della sua sedia.

“Mi dica quello che ha” la invitò.

Riley raccolse rapidamente le sue idee.

“Jake crede che il killer viva ancora nell’area degli omicidi” disse. “E mi fido del fiuto di Jake. Crediamo che sia stato consumato dal senso di colpa, che probabilmente lo sia ancora oggi. E a me è venuta in mente un'idea, il fatto che possa regolarmente lasciare fiori sulla fossa dell’ultima vittima, Tilda Steen. Perciò, è una nuova pista da cui partire.”

Riley lesse sul volto di Meredith, che stava cominciando ad interessarsi.

“Questa potrebbe essere davvero una buona pista” il capo disse. “Che altro ha?”

“Non molto” fu la risposta. “Tranne che Jake ha menzionato un bicchiere che è stato raccolto come prova.”

Meredith annuì.

“Mi ricordo. Il suo partner recluta, un vero idiota, ha rovinato le impronte.”

Riley disse: “E probabilmente è ancora nell’armadietto delle prove. Forse possiamo prendere dei campioni di DNA. Quello, venticinque anni fa, era improponibile.”

“Bene” Meredith disse. “Che altro?”

Riley rifletté per un momento.

“Abbiamo un vecchio identikit del killer” la donna disse. “Non è così buono. Ma forse i nostri tecnici di laboratorio possono invecchiare l’immagine, e raccogliere nuove idee relativamente al suo aspetto attuale. Potrei inoltrarlo a Sam Flores.”

Meredith non disse nulla subito.

Poi, guardò Bill, che era ancora fermo, vicino all’ingresso dell’ufficio.

“Sta lavorando ad altri casi, Agente Jeffreys?”

“No.”

“Bene. Allora voglio che lavori a questo caso con la Paige.”

Senza aggiungere un’altra parola, Meredith rivolse di nuovo la propria attenzione ai suoi rapporti.

Riley guardò Bill. Entrambi avevano la bocca spalancata per la sorpresa.

“Quando cominciamo?” Bill chiese a Meredith.

“Cinque minuti fa” Meredith disse, facendo loro cenno di andare. “Che cosa vi prende? State perdendo tempo. Mettetevi al lavoro.”

Riley e Bill si precipitarono fuori dall’ufficio, parlando con entusiasmo sul da farsi per il caso.

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