Kitabı oku: «Un Killer tra i Soldati »
UN KILLER TRA I SOLDATI
(UN MISTERO DI RILEY PAIGE—LIBRO 9)
B L A K E P I E R C E
Blake Pierce
Blake Pierce è l’autore della serie di successo dei misteri di RILEY PAIGE, che include dieci libri (altri in corso di pubblicazione). Blake Pierce è anche autore della serie dei misteri di MACKENZIE WHITE, composta da sei libri (altri in corso di pubblicazione); della serie dei misteri di AVERY BLACK, composta da cinque libri; e della nuova serie dei misteri di KERI LOCKE, composta da quattro libri (altri in corso di pubblicazione).
Accanito lettore, da sempre appassionato di romanzi gialli e thriller, Blake apprezza i vostri commenti; pertanto siete invitati a visitare www.blakepierceauthor.com per saperne di più e restare in contatto.
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LIBRI DI BLAKE PIERCE
I MISTERI DI RILEY PAIGE
IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)
IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)
OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)
IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)
KILLER PER CASO (Libro #5)
CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)
MORTE AL COLLEGE (Libro #7)
UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)
UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)
IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)
I MISTERI DI MACKENZIE WHITE
PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)
UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)
PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)
I MISTERI DI AVERY BLACK
IL KILLER DI COLLEGIALI (Libro #1)
CORSA CONTRO IL TEMPO (Libro #2)
FUOCO A BOSTON (Libro #3)
I MISTERI DI KERI LOCKE
UNA TRACCIA DI MORTE (Libro #1)
INDICE
PROLOGO
CAPITOLO UNO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
CAPITOLO CINQUE
CAPITOLO SEI
CAPITOLO SETTE
CAPITOLO OTTO
CAPITOLO NOVE
CAPITOLO DIECI
CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO DODICI
CAPITOLO TREDICI
CAPITOLO QUATTORDICI
CAPITOLO QUINDICI
CAPITOLO SEDICI
CAPITOLO DICIASSETTE
CAPITOLO DICIOTTO
CAPITOLO DICIANNOVE
CAPITOLO VENTI
CAPITOLO VENTUNO
CAPITOLO VENTIDUE
CAPITOLO VENTITRÉ
CAPITOLO VENTIQUATTRO
CAPITOLO VENTICINQUE
CAPITOLO VENTISEI
CAPITOLO VENTISETTE
CAPITOLO VENTOTTO
CAPITOLO VENTINOVE
CAPITOLO TRENTA
CAPITOLO TRENTUNO
CAPITOLO TRENTADUE
CAPITOLO TRENTATRÉ
CAPITOLO TRENTAQUATTRO
CAPITOLO TRENTACINQUE
CAPITOLO TRENTASEI
CAPITOLO TRENTASETTE
CAPITOLO TRENTOTTO
CAPITOLO TRENTANOVE
CAPITOLO QUARANTA
CAPITOLO QUARANTUNO
CAPITOLO QUARANTADUE
CAPITOLO QUARANTATRÉ
CAPITOLO QUARANTAQUATTRO
CAPITOLO QUARANTACINQUE
CAPITOLO QUARANTASEI
PROLOGO
Il Colonnello Dutch Adams guardò il suo orologio, mentre si aggirava per Fort Nash Mowat, e si rese conto che erano le 5 in punto. Era una mattina di aprile, buia e fredda, nel sud della California, e tutto appariva come doveva.
Sentì un forte grido femminile …
“Arriva il comandante del presidio!”
Il Colonnello Adams si voltò in tempo per scorgere un plotone in addestramento che obbediva prontamente alla voce femminile. Si fermò, per restituire il saluto, e poi proseguì per la sua strada. Affrettò il passo, sperando di non attrarre l’attenzione degli altri sergenti istruttori. Non intendeva interrompere altri plotoni in addestramento, mentre si radunavano nelle loro aree di formazione.
Sul suo volto si era formata un’espressione contrariata. Dopo tutti questi anni, non era ancora abituato a sentire delle voci femminili impartire degli ordini. Anche la presenza di plotoni misti lo sbalordiva un po’ talvolta. L’Esercito era certamente cambiato da quando aveva intrapreso la sua carriera, come recluta adolescente e non gli piacevano molte di quelle novità.
Mentre proseguiva per la sua strada, sentì le voci tonanti di sergenti istruttori, uomini e donne, che ordinavano ai loro plotoni di mettersi in formazione.
Non hanno più molta energia, pensò.
Non avrebbe mai potuto dimenticare gli abusi ad opera del suo stesso sergente in fase di addestramento, moltissimi anni prima, gli insulti selvaggi contro la sua famiglia e le sue origini, mescolati a oscenità varie.
Sorrise un po’. Quel bastardo del Sergente Driscoll!
Driscoll era morto molti anni prima, rammentò il Colonnello Adams, non in combattimento, come avrebbe senz’altro preferito, ma per ictus dovuto all’ipertensione. In quei giorni, la pressione sanguigna raggiungeva picchi altissimi nei sergenti che addestravano.
Il Colonnello Adams non avrebbe mai dimenticato Driscoll, per quanto lo riguardava, e così le cose dovevano restare. Un sergente istruttore aveva il compito di lasciare un’impronta indelebile nella mente di un soldato per il resto della sua vita. Doveva rappresentare un esempio vivente del peggiore inferno che la vita di un soldato poteva riservare. Il Sergente Driscoll aveva avuto senz’altro quel tipo di impatto sulla vita del Colonnello Adams. Gli addestratori che erano sotto il suo comando lì, a Fort Nash Mowat, stavano lasciando quel tipo d’impressione sulle loro reclute?
Il Colonnello Adams ne dubitava.
Troppa maledetta correttezza politica, l’uomo pensò.
Ora la morbidezza era persino contenuta all’interno del manuale d’addestramento dell’Esercito …
“Lo stress generato da abusi fisici o verbali è improduttivo e proibito.”
Gli venne da ridere, mentre pensava a quelle parole.
“Che mucchio di stronzate” mormorò sottovoce.
Ma l’Esercito si era spostato in quella direzione sin dagli anni ’90. Sapeva che ormai avrebbe dovuto esserci abituato. Ma non lo avrebbe mai fatto.
Per fortuna, non doveva sopportare tutto questo ancora a lungo. Era ad un anno dalla pensione, e la sua ultima ambizione consisteva nel diventare Generale di brigata prima di allora.
Improvvisamente, Adams fu distolto dalle sue riflessioni da una scena sconcertante.
Le reclute del Plotone #6 vagavano senza meta nella propria area di formazione; alcuni facevano esercizi di corpo libero, altri invece stavano semplicemente parlando pigramente tra loro.
Il Colonnello Adams si fermò ed urlò.
“Soldati! Dove diavolo è il vostro sergente?”
Sconvolte, le reclute rivolsero improvvisamente la loro attenzione all’uomo, scattando sull’attenti senza profferire parole.
“Riposo” il colonnello sbottò. “Qualcuno ha intenzione di rispondere alla mia dannata domanda?”
Una donna recluta rispose.
“Non sappiamo dove sia il Sergente Worthing, signore.”
Adams riuscì a malapena a credere alle proprie orecchie.
“Che cosa vuol dire che non lo sapete?” chiese.
“Non è mai arrivato qui, signore.”
Adams ringhiò sottovoce.
Non era affatto tipico del Sergente Clifford Worthing. Infatti, era uno dei pochi sergenti istruttori su cui Adams aveva potuto fare affidamento. Era un vero tipo tosto della vecchia scuola, o almeno intendeva esserlo. Spesso raggiungeva l’ufficio di Adams per lamentarsi di quanto le regole lo tenessero sotto controllo.
Nonostante ciò, Adams sapeva che Worthing aggirva le regole per quanto possibile. Talvolta, le reclute si lamentavano delle sue richieste impegnative e degli abusi verbali. Quelle lamentele rallegravano Adams.
Ma dov’era ora Worthing?
Adams si fece largo tra le reclute, entrò nella caserma, attraversò il dormitorio passando in mezzo alle file di letti, finché non arrivò all’ufficio di Worthing.
Bussò forte alla porta.
“Worthing, sei lì?”
Non ci fu alcuna risposta.
“Worthing, sono il tuo Colonnello, e, se sei lì, faresti meglio a rispondermi.”
Ancora una volta, nessuna risposta.
Adams girò la maniglia della porta, spalancandola.
L’ufficio era perfettamente ordinato, e al suo interno non c’era nessuno.
Dove diavolo è andato? Adams si chiese.
Worthing si era presentato alla base quella mattina?
Poi, Adams notò il cartello VIETATO FUMARE appeso alla parete dell’ufficio.
Ricordò che il Sergente Worthing era un fumatore.
Il sergente istruttore era appena uscito a fumare?
“No, impossibile” esclamò ad alta voce Adams.
Non aveva alcun senso.
Nonostante ciò, Adams uscì dall’ufficio e si diresse alla porta sul retro della caserma.
Aprì la porta e rimase immobile a guardare nella prima luce del mattino.
Non dovette guardare a lungo.
Il Sergente Worthing era accovacciato con la schiena contro la parete della caserma, una sigaretta ormai esaurita pendeva fuori dalla bocca.
“Worthing, ma che diavolo…?” Adams ringhiò.
Poi, indietreggiò di fronte a quello che vide.
Al livello degli occhi di Adams, c’era una grossa chiazza scura sulla parete.
Da lì, un rivolo di liquido scuro arrivava fin dove Worthing era accovacciato.
Poi, il colonnello scorse il buco nero nel bel mezzo della testa del sergente.
Era stato raggiunto da un proiettile.
Il foro d’entrata era minuscolo, ma quello d’uscita era nel retro del cranio di Worthing. L’uomo era stato colpito a morte, mentre fumava lì una sigaretta di mattino presto. Il colpo era stato così preciso, che il sergente istruttore era stato ucciso all’istante. Persino la sigaretta era rimasta tranquillamente nella sua bocca.
“Gesù Cristo” Adams mormorò. “Non di nuovo.”
Poi, si guardò intorno. Un grande campo vuoto si estendeva dietro la caserma. Il colpo era stato esploso da una grande distanza. Il che significava che l’autore doveva essere un tiratore scelto.
Adams scosse la testa, incredulo.
Sapeva che la sua vita stava per complicarsi molto.
CAPITOLO UNO
Riley Paige guardava fuori da una finestra della sua casa di città. Era una piacevole giornata primaverile, una di quelle che, comunemente nelle fiabe, vengono descritte con gli uccelli che cantano ed i fiori che sbocciano. L’aria era fresca e pulita. Ma, nonostante tutto, una certa oscurità sembrava essere in agguato.
Aveva la strana sensazione che tutta quella bellezza fosse in qualche modo terribilmente fragile.
Ecco perché teneva le mani lungo i fianchi, come se si trovasse in un negozio di porcellane delicate, e un singolo movimento sbagliato rischiasse di rompere un oggetto grazioso e costoso. O forse, come se quel perfetto pomeriggio fosse semplicemente una sottile illusione di carta, che sarebbe svanita al tocco di una mano, solo per svelare …
Che cosa? Riley si chiese.
L’oscurità di un mondo pieno di dolore, terrore e male?
O l’oscurità che si celava nella sua stessa mente, l’oscurità di troppi pensieri e segreti?
Una voce femminile adolescenziale destò Riley dai suoi pensieri.
“A che cosa stai pensando, mamma?”
Riley si voltò. Si rese conto di aver momentaneamente dimenticato le altre persone presenti in soggiorno.
La ragazza che aveva parlato era Jilly, la magra tredicenne che Riley stava per adottare.
“Niente” Riley rispose.
Il suo splendido ex vicino Blaine Hildreth le sorrise.
“Sembravi di certo distante” le disse.
Blaine era appena arrivato a casa di Riley, con la sua figlia adolescente, Crystal.
Riley disse: “Immagino mi stessi chiedendo dove sia finita April.”
Era preoccupata. La figlia quindicenne di Riley non era ancora rientrata da scuola. April si era dimenticata che avevano in programma di andare a breve a cena al ristorante di Blaine?
Crystal e Jilly ridacchiarono maliziosamente tra loro.
“Oh, sarà qui presto” Jilly disse.
“Scommetto che arriverà da un momento all’altro” Crystal aggiunse.
Riley si chiese che cosa le ragazze sapessero che lei ignorava. Sperava che April non si fosse messa nei guai. Aveva attraversato una fase ribelle, e aveva affrontato un grande trauma alcuni mesi prima. Ma sembrava stare molto meglio ora.
Poi, Riley guardò gli altri nella stanza, rendendosi conto di essere stata una pessima ospite.
“Blaine, Crystal, non vi ho nemmeno offerto qualcosa da bere. Ho del ginger ale. E anche del bourbon, se ti va, Blaine.”
“Il ginger ale è perfetto, grazie” Blaine rispose.
“Anche per me, grazie” Crystal aggiunse.
Jilly iniziò ad alzarsi dalla sedia.
“Vado a prenderne un po’” Jilly si offrì.
“Oh, no, non ce n’è bisogno” Riley replicò. “Ci penso io.”
Riley andò dritta in cucina, contenta di avere qualcosa da fare. Servire bibite sarebbe normalmente spettato a Gabriela, la governante guatemalteca che viveva in casa con Riley. Ma Gabriela aveva il giorno libero, ed era andata a trovare degli amici. A volte, la governante faceva sentire Riley una donna viziata, ed era bello poter servire da bere per una volta. Manteneva anche la sua mente concentrata sul presente piacevole.
Versò il ginger ale nei bicchieri per Crystal e Blaine, e anche per se stessa e Jilly.
Mentre portava il vassoio con le bibite in soggiorno, Riley sentì la porta di casa aprirsi. Poi riconobbe la voce di April parlare a qualcuno che aveva portato dentro con lei.
Riley stava servendo da bere, quando April entrò, seguita da un ragazzo che aveva circa la sua età. Rimase sorpresa nel vedere Blaine e Crystal.
“Oh!” April esclamò con un sussulto. “Non mi aspettavo …”
Poi, divenne rossa per l’imbarazzo.
“Oh mio Dio, l’ho completamente dimenticato! Stasera dovevamo uscire! Mi dispiace tanto!”
Jilly e Crystal ridacchiarono. Ora Riley comprendeva la ragione del loro divertimento. Sapevano già che April aveva un nuovo ragazzo, e che probabilmente aveva dimenticato la loro cena, perché era così impegnata con lui.
Ricordo come ci si sente, Riley pensò, ripensando con nostalgia alle sue cotte adolescenziali.
Contenta che April lo avesse portato a casa per presentarlo, Riley adocchiò facilmente il ragazzo. Le piacque subito ciò che vide. Come April, era alto, allampanato e dall’aspetto piuttosto impacciato. Aveva luminosi capelli rossi, lentiggini e brillanti occhi blu e un sorriso bizzarro ed affabile.
April disse: “Mamma, questo è Liam Schweppe. Liam, questa è mia madre.”
Liam offrì la mano a Riley.
“Molto piacere di conoscerla, Signora Paige” esordì.
La sua voce aveva un piacevole tono adolescenziale, che fece sorridere Riley.
“Puoi chiamarmi Riley” gli rispose.
April disse: “Mamma, Liam è …”
April si bloccò, apparentemente non pronta a dire “il mio nuovo ragazzo.”
Invece la giovane disse: “E’ il capitano della squadra di scacchi del liceo.”
La contentezza di Riley cresceva sempre di più.
“Quindi presumo che insegnerai ad April a giocare a scacchi” la donna disse.
“Ci proverò” Liam rispose.
Riley non riuscì a fare a meno di ridacchiare un po’. Era una giocatrice di scacchi piuttosto brava, e per anni, aveva provato a trasmettere il medesimo interesse alla figlia. Ma April aveva sempre roteato gli occhi all’idea, e considerava gli scacchi un gioco assolutamente poco interessante, una “cosa da mamma” che non poteva interessarle in alcun modo.
Il suo atteggiamento sembrava essere cambiato ora che un ragazzo carino era coinvolto.
Riley invitò Liam ad entrare, e sedersi con gli altri.
Lei gli disse: “Ti offrirei qualcosa da bere, ma stiamo tutti preparandoci ad uscire a cena.”
“La cena di cui April si è dimenticata” Liam esclamò, allargando un po’ il sorriso.
“Giusto” Riley acconsentì. “Perché non vieni anche tu?”
April arrossì ancora di più.
“Oh, mamma …” esordì.
“‘Oh, mamma” cosa?” Riley ripeté.
“Sono certa che Liam abbia degli altri programmi” April disse.
Riley rise. Stava entrando ovviamente di nuovo in modalità di “mamma antipatica”. Sembrava che April fosse pronta a presentarle Liam, ma una cena in famiglia stava affrettando le cose per quanto ne sapesse.
“Che cosa ne pensi, Liam?” Riley chiese.
“E’ fantastico, grazie” esultò Liam. “Dove andiamo?”
“Blaine’s Grill” fu la risposta di Riley.
Gli occhi di Liam s’illuminarono per l’eccitazione.
“Oh, wow! Ho sentito cose grandiose su quel ristorante!”
Fu il turno di Blaine Hildreth di sorridere.
“Ti ringrazio” si rivolse a Liam. “Sono Blaine. Il proprietario del ristorante.”
Liam rise.
“Sempre più grandioso!” il ragazzo esultò.
“Forza, andiamo” Riley disse.
*
Poco più tardi, Riley si stava godendo una deliziosa cena con April, Jilly, Blaine, Crystal e Liam. Erano tutti seduti nel patio del locale, beandosi del bel tempo così come del meraviglioso cibo.
Riley stava parlando di scacchi con Liam, discutendo di tattiche. Era colpita dalla sua conoscenza del gioco. Si chiese come se la sarebbe cavata in una partita contro di lui. Era una brava giocatrice, ma lui era già il capitano di una squadra di scacchi del liceo, ed era ancora uno studente del secondo anno. Inoltre, aveva avuto ben poche opportunità di giocare ultimamente.
Dev’essere molto bravo, immaginò.
Quel pensiero la rallegrò molto. Riley sapeva che April era più sveglia di quanto credesse, ed era bello che avesse un ragazzo che la stimolasse.
Mentre chiacchierava con Liam, Riley si ritrovò a chiedersi in quale direzione il rapporto che il ragazzo aveva con sua figlia stesse andando. Restavano soltanto due mesi prima della chiusura dell’anno scolastico. Avrebbero intrapreso strade diverse e perso interesse l’uno nell’altra? Riley sperava di no.
“Che cosa farai questa estate, Liam?” Riley gli chiese.
“Andrò al campo scacchi” fu la risposta del ragazzo. “A dire il vero, sarò un giovane coach. Sto provando a convincere April a venire.”
Riley posò lo sguardo su April.
“Perché non ci vai, April?” le chiese.
April arrossì di nuovo.
“Non lo so” la figlia rispose. “Stavo pensando di fare il campo calcio. Potrebbe essere più del mio genere. Probabilmente non sarei abbastanza in gamba per affrontare quello degli scacchi.”
“Oh, no, non sarà così!” Liam intervenne. “Ci saranno giocatori di tutti i livelli, inclusi quelli che hanno appena cominciato a praticare il gioco, proprio come te. Ed è proprio qui, a Fredericksburg, quindi non dovrai lasciare casa tua.”
“Ci penserò” April disse. “Al momento, voglio solo concentrarmi sui miei voti.”
Riley era contenta che Liam non sembrasse distrarre April dagli studi. Eppure, lei sperava che considerasse di andare al campo scacchi. Ma sapeva che avrebbe fatto meglio a non insistere. Altrimenti sarebbe tornata in modalità “mamma antipatica”. Era meglio lasciare a Liam il compito di persuaderla, se ci riusciva.
Ad ogni modo, a Riley faceva piacere vedere April così felice. Con capelli scuri e occhi nocciola proprio come la mamma, talvolta April sembrava incredibilmente cresciuta. Riley ricordò che aveva scelto quel nome per la figlia, perché aprile era il suo mese preferito. E lo era anche per via di giornate come quella.
Blaine sollevò gli occhi dal pasto, guardando Riley.
Le disse: “Allora, dicci del premio che andrai a ritirare domani, Riley.”
Stavolta fu lei ad arrossire un po’.
“Ecco, non è niente d’importante” la donna rispose.
Jilly emise un verso di protesta.
“Invece è molto importante!” Jilly esclamò. “Si tratta del Premio della Perseveranza, e lo prenderà per via di quel caso irrisolto che ha appena risolto. Sarà il capo dell’FBI a conferirglielo.”
Gli occhi di Blaine si spalancarono.
“Vuoi dire il Direttore Milner in persona?” domandò.
Riley si sentiva davvero goffa e imbarazzata ora.
Scoppiò nervosamente a ridere.
“Non è così incredibile come sembra” lei disse. “Non è un grande viaggio venire a Quantico. Lui lavora a Washington DC, sapete.”
La bocca di Blaine si spalancò per la sorpresa.
Jilly disse: “Blaine, April ed io usciremo da scuola per andare ad assistere. Anche tu e Crystal dovreste venire.”
Blaine e Crystal dissero entrambi che sarebbero stati felici di andarci.
“OK, allora” Riley replicò, sentendosi ancora imbarazzata. “Spero che non vi annoierete. Ad ogni modo, non è l’evento più grande di domani. Jilly sarà la star della recita scolastica domani sera. E’ molto più importante.”
Ora Jilly stava arrossendo.
“Non sono la star, mamma” rispose.
Riley rise per l’improvvisa modestia di Jilly.
“Beh, interpreti uno dei ruoli principali. Sei Persefone in un’opera intitolata Demetra e Persefone. Perché non ci racconti la trama?”
Jilly cominciò a raccontare la storia di un mito greco, inizialmente con timidezza, ma poi diventando più entusiasta, man mano che proseguiva. Una delle sue ragazze stava imparando a giocare a scacchi; e l’altra era emozionata per la mitologia greca.
Forse le cose si stanno mettendo bene, pensò.
Gli sforzi che aveva fatto per il matrimonio e la famiglia l’avevano molto provata. Recentemente, aveva commesso un brutto errore, permettendo che il suo ex marito, Ryan, tornasse nella sua vita e in quella delle ragazze. Ryan si era dimostrato il solito irresponsabile, come sempre.
Ma ora?
Riley guardò Blaine, e si rese conto che anche lui la stava guardando. Le sorrideva, e lei ricambiò il gesto. C’era decisamente una scintilla tra di loro. Avevano persino ballato e si erano baciati durante un appuntamento il mese precedente, il loro unico vero appuntamento finora. Ma Riley si sentì dispiaciuta, ricordando quanto si fosse concluso goffamente, visto che lei era tornata di corsa a lavorare ad un caso.
Blaine sembrò averla perdonata.
Ma come sarebbero state le cose tra loro?
Ancora una volta, quell’oscurità celata emerse in Riley.
Prima o poi, quella felice illusione di famiglia ed amicizia avrebbe finito per essere sostituita dalla realtà del male, popolata da omicidi, crudeltà e mostri umani.
E aveva la profonda sensazione che sarebbe successo molto presto.