Kitabı oku: «Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 4», sayfa 8
LIBRO DECIMOTERZO
1781
Mentre nel modo che abbiamo detto, Greene e Cornwallis, i quali si erano sì lunga pezza vicendevolmente perseguitati, ora spiccatisi l'uno dall'altro s'incamminavano il primo contro la Carolina Meridionale, il secondo contro la Virginia, gl'Inglesi e gli Olandesi, nuovi nemici, si apparecchiavano alla guerra, e già tra di loro esercitavano le ostilità. Speravano i primi, siccome quelli, che veduto avevano già da qualche tempo addietro la guerra olandese nell'aria, e perciò meglio acciviti d'uomini, e d'ogni sorta di arnesi guerreschi si appresentavano, di potere sulle prime affliggere con qualche gran fatto la potenza e la ricchezza del nemico; la quale speranza era stata la principal cagione dell'affrettata denunziazione della guerra. Intendevano, colle vittorie da acquistarsi contro gli Olandesi, potersi rifare delle perdite fatte all'incontro dei Francesi e degli Americani, e così arrecare nei futuri negoziati della pace, quando che fossero, tale somma in tutto di vantaggi, che bastevol fosse a procurar loro le più favorevoli condizioni. Da un altro canto aspettavano gli Olandesi cogli aiuti dei confederati, e colle forze proprie di potere l'antica loro gloria marittima rinverdire, ricuperare le ricche possessioni state tolte loro nell'ultime guerre, e liberare il commercio dall'avanìe britanniche. Nel che grande era la contenzione d'animi in Olanda, e gagliardi gli sforzi che vi si facevano. Decretava la repubblica, si allestissero da novantaquattro navi da guerra tra le quali undeci di alto bordo, quindici di cinquanta cannoni, due di quaranta, le rimanenti minori. Dovessero governare tutto questo navilio, la più ferma speranza della repubblica, diciottomila eletti marinari. Si spedirono le più veloci saettìe ne' varj luoghi dei dominj olandesi, per avvertire i governatori, ed i capitani dell'incominciata guerra, esortandogli di farsi forti sull'armi, ed a stare a buona guardia. Il Re di Francia ebbe tosto mandato in tutti i porti del suo Reame avviso della cosa, acciò le navi olandesi, che vi si trovavano, conosciuto il nuovo pericolo, pensassero ai casi loro, e non si esponessero a diventar preda ad un nemico svegliato, e forte sull'armi navali. Era la Francia intentissima nel procacciare, che l'Olanda non ricevesse danno in quella causa, che questa aveva più pel di lei, che per suo proprio interesse intrapresa. Ma tutte queste cautele, quantunque opportunamente usate, non poterono tanto operare, che gl'Inglesi, ai quali la fresca rottura della guerra era stata piuttosto il colore per usare le già apparecchiate armi, che un motivo per apparecchiarle, non si avvantaggiassero, e molti, e gravi danni non facessero in su quelle prime prese al più animoso che provvido nemico. Parecchie navi da guerra, o cariche di preziose merci vennero in poter loro. Tra le prime si notò principalmente il vascello il Rotterdam di cinquanta cannoni predato dal vascello inglese il Warwick. Ma quest'eran cose di poco momento a paragon di quelle, che intervennero a pregiudizio degli Olandesi nell'Indie occidentali. Avevano i capitani britannici in quelle spiagge ricevuto dall'Inghilterra tostane commissioni d'impadronirsi delle possessioni olandesi, tanto delle isole, quanto di terra-ferma, le quali per la lunga e sicura pace non si guardavano, e male stavano armate, sicchè poco atte essendo a resistere agli assalti del primo nemico, che si appresentasse, vi era da far del bene assai. Rodney, il quale sul finir del trascorso anno sen'era dalla Nuova-Jork ritornato a Santa Lucia, e Vaughan si mettevano all'impresa, in ciò altrettanto più pronti, in quanto che aveva il Re loro, negli editti pubblicati per regolar le prede da farsi contro gli Olandesi, una notabil parte di quelle ai predatori conceduto. Fiutata prima invano l'Isola di San Vincenzo, e sollevati, verosimilmente per dar probabile copritura al vero disegno, con subita apparita sulle coste loro gli abitatori della Martinica, si appresentarono improvvisamente con diciassette vascelli, e quattromila soldati da terra il giorno tre di febbraio avanti l'isola di Sant'Eustachio appartenente agli Olandesi. Era ella altrettanto indifesa, che ricca preda ai conquistatori. Imperciocchè sebbene sia essa assai montagnosa ed aspra, e che non si vi possa sbarcare altro che in un solo luogo, e questo ancora facilmente difendevole, tuttavia nissuna speranza si aveva di poter ributtare l'inimico, non essendovi dentro presidio di ragione alcuna; Olandesi pochi, una moltitudine d'uomini di diversa natura e costumi, Francesi, Spagnuoli, Americani, Inglesi, tutta gente usa al mercanteggiare, non al guerreggiare. Inoltre vivevanvi dentro gli abitatori molto sprovveduti, nissune armi vi erano apparecchiate, ed il governatore, e con esso lui tutti gli altri, a tutt'altra cosa avrebbero pensato fuori che a questa. Tanto erano le menti loro occupate nelle bisogne del commercio, e nell'amor del guadagno. È l'Isola di Sant'Eustachio sterile e bretta in sè stessa, non essendo abile a produrre più di seicento, o settecento bariglioni di zucchero ciascun anno. Ma per altro era divenuta a quei tempi la più frequentata, e la più ricca scala dell'Indie occidentali. Era essa, come un porto franco al quale concorrevano in grandissimo numero i mercatanti da tutte le parti del mondo, sicuri di trovarvi e sicurezza, e facilità di scambj, e moneta copiosissima. La neutralità sua, e la guerra altrui l'avevano a tanta prosperità condotta, e fattala diventar il mercato di tutte le nazioni. Là venivano i Francesi e gli Spagnuoli per vendervi le derrate loro, e comperarvi le merci inglesi. Là accorrevano gl'Inglesi per vendervi queste merci, e levarvi i proventi francesi e spagnuoli. Ma gli Americani massimamente lungo tempo si giovarono della prosperevole neutralità di Sant'Eustachio. Perocchè portandovi i proventi loro ne levavano poscia con inestimabile utile, ed evidente avanzamento dell'impresa loro le armi e le munizioni da guerra, che i Francesi, gli Spagnuoli, gli Olandesi, e gl'Inglesi stessi vi arrecavano. Certo grande aiuto agli Americani si fu questo franco mercato di Sant'Eustachio. Il che fu causa, che un oratore della Camera dei Comuni, non so con qual prudenza, ma certo con biasimevole smoderatezza orando, ebbe detto, che se l'Isola di Sant'Eustachio fosse stata precipitata negli abissi, avrebbe l'independenza americana avuto corta vita. Queste cose si dicevano; ma quelle che si fecero, furono bene consuonanti colle parole. Si riempì l'Europa di querele contro l'avarizia inglese. Gli uomini più prudenti e più modesti dell'Inghilterra stessa condannavano i barbarici eccessi, veggendo con tanta insolenza essere offesa la dignità del nome britannico. Rodney e Vaughan fecero la chiamata al governatore dell'isola, si arrendesse fra lo spazio di un'ora; altrimenti ne starebbe alle seguenze. Il signor Graaf, il quale non aveva ancora avuto notizia della nuova guerra, non sapeva, che cosa questo volesse dire; ed appena che volesse prestar fede all'uffiziale, che gli aveva intimato la resa. Infine conoscendo benissimo, che era giuocoforza risolversi, ed essendo il luogo spogliato d'ogni presidio, rispose, dar in mano di Giorgio Rodney e di Giovanni Vaughan l'isola con tutte le sue pendici; solo raccomandando la città e gli abitatori alla clemenza e mercè dei capitani britannici. Le quali quante, e quali siano riuscite, or ora siamo per raccontare. Era l'isola non che piena, pinza di tutti i beni, e delle più preziose merci del mondo. Non solo tutti i magazzini, ch'erano numerosissimi e capacissimi, ne erano da capo in fondo zeppi; ma le spiagge stesse erano gremite di barili di zucchero e di tabacco. Gli stessi conquistatori, tuttochè assetati di preda, ed in grande aspettazione fossero, ne rimasero fortemente maravigliati. Si fe' una stima così un cotale alla grossa, che il valor delle merci arrivasse a meglio di tre milioni di sterlini. Tutte furono senza distinzione veruna pigliate, inventariate e confiscate. Gravissimo fu il danno degli Olandesi, massimamente della loro Compagnia dell'Indie, e degli Amsterdammesi, i quali ne possedevano una ragguardevol parte. La qual cosa riuscì di non poco contento agl'Inglesi irritatissimi contro i cittadini di Amsterdam per cagione del calore, col quale nella patria loro seguitato avevano le parti francesi. I principali sofferitori però non furono già gli strani; ma sibbene i proprj mercatanti inglesi, i quali confidatisi nella neutralità del luogo, ed in alcuni atti del Parlamento, che a ciò fare gli autorizzavano, accumulato vi avevano una inestimabile quantità di proventi antillesi, siccome pure di derrate e merci d'Europa. Nè il danno si rimase al pigliamento delle merci stivate nei magazzini; che anzi da dugento trenta bastimenti di ogni foggia con ricchissimo carico, i quali si ritrovavano nel porto, vennero in poter dei vincitori. Oltreacciò s'impadronirono nel porto medesimo di una fregata olandese, e di cinque altri legni da guerra di minore levata. Nè a questo fu contenta la fortuna in quei dì contraria agli Olandesi. Era partita poco prima dal porto di Sant'Eustachio una conserva di trenta bastimenti mercantili carichi di zucchero e di altre grasce di quelle terre alla volta d'Europa, ed era convogliata da una nave da guerra. Tosto Rodney, che era uomo vigilantissimo ed operosissimo, la faceva perseguitare da due grossi vascelli e da una fregata. Non indugiarono molto ad arrivar sopra la conserva. L'Ammiraglio olandese Krull, quantunque tanto inferiore di forze volle piuttosto pericolosamente combattere, che disonoratamente arrendersi. Si attaccarono la sua nave il Marte, e la inglese il Monarca. Non fu lungo il combattimento; perciocchè Krull di prima presa vi perdè la vita. Il successore, abbassata la tenda, si arrendè. In questo mezzo le altre navi avevano dato la caccia ai bastimenti della conserva, e presigli, tutti gli condussero nel porto. Lasciarono gl'Inglesi un pezzo le bandiere d'Olanda sventolare sulle cime del Forte di Sant'Eustachio, al quale inganno prese molte navi olandesi, francesi ed americane entrarono nel porto, non meno ricco, che sicuro acquisto ai nuovi signori. L'aver posto mano nelle proprietà dei particolari uomini, quantunque nemici, solite a rispettarsi anche a' tempi di guerra dalle civili nazioni, diè luogo a molte rimostranze da parte degli abitatori delle Antille inglesi, e della Gran-Brettagna stessa, che vi avevano interesse. Allegarono, che le merci avevano colà portate in virtù delle leggi del Parlamento; che in ogni età i conquistatori, i quali del tutto barbari non siano stati, rispettarono non che le proprietà private dei concittadini loro, ma ancora quelle dei nemici; che l'esempio sarebbe perniziosissimo; imperciocchè se per la variabile fortuna della guerra le isole inglesi venissero in poter del nemico, questi per rappresaglia ne sarebbe autorizzato a far lo stesso contro le proprietà dei privati uomini inglesi con grave danno, e totale rovina loro; che con questi barbari modi proceduto non avevano i Francesi a tempo della conquista della Grenada, i quali tutte le proprietà private franche ed inviolate conservarono, quantunque per assalto, e senza capitolazione veruna di quell'isola impadroniti si fossero; che anzi avendo il conte D'Estaing sequestrato sino alla pace le proprietà degli assenti, la Corte di Francia con parole gravissime aveva disapprovato questa risoluzione del suo ammiraglio, e fatto levar il sequestro; che Sant'Eustachio era un porto franco, e per tale riconosciuto da tutti i Potentati marittimi dell'Europa, e dall'Inghilterra stessa; che le leggi di questa non solo permesso, ma incoraggiato avevano il traffico con quell'isola; che gli uffiziali della dogana nella Gran-Brettagna avevano conceduto le bollette d'uscita per quelle merci stesse indiritte a Sant'Eustachio, che ora state erano poste al fisco; che questo commercio era stato quello che aveva alimentato le isole di Antigoa e di San Cristoforo, senza del quale ne sarebbero gli abitatori morti di fame, o stati costretti a gettarsi in grembo al nemico; che gli Eustachiesi andavano debitori di grosse somme ai mercatanti inglesi, ai quali non avrebbero potuto soddisfare, se le robe loro rimanessero confiscate; che finalmente si doveva pur credere, che si fosse la conquista dell'isole olandesi intrapresa dall'armi del Re per un altro più nobil fine, che quello non era dello spogliamento e del sacco. Tutto fu nulla. Rodney aveva ciò fatto, perchè il governo suo aveva voluto, che così facesse. Rispose ai rimostranti, che si maravigliava bene, che mentre i mercatanti inglesi avevano la facoltà di portar le merci loro nelle isole di spettanza inglese a sopravvento, le avessero mandate a sottovento in quella di Sant'Eustachio, dove ad altro fine non potevano portate essere, se non a quello di sopperir ai bisogni dei nemici del Re e della patria loro. Nel che si dee notare, che se i mercatanti avevano il torto, non l'avevano minore i capitani delle navi britanniche, e quelli stessi dell'armata di Rodney, i quali le prede fatte in sui mari di vettovaglie, ed anche di armi e di munizioni da guerra erano andati vendendo nel medesimo porto di Sant'Eustachio, dond'erano state ricompre, e convertite in usi guerreschi dai nemici della Gran-Brettagna. Aggiunse Rodney, che l'isola di Sant'Eustachio era olandese; che tutto ciò, che in essa si conteneva, era pure olandese; che tutto vi stava sotto la protezione della bandiera olandese, e che intendeva, che ogni cosa vi fosse trattata, come se olandese fosse. Gli stessi rigori si esercitarono sopra le vicine isole di San Martino e di Saba, le quali a quei medesimi dì seguitarono la fortuna del vincitore. Ma i capitani britannici non contenti al rapir le robe, incrudelirono contro le persone. Tutti coloro, che il nome inglese non portavano, non solo dall'isola sbandirono, ma ancora crudelmente trattarono. Furono gli Ebrei, assai numerosi e ricchi, i primi a pruovar la rabbia loro. Gli stivaron tutti dentro la magione della dogana; gli stazzonarono da capo a piè; tagliaron loro i gheroni delle vestimenta; ruppero, e ricercaron le casse e le valige; gli spogliarono degli effetti e del denaro loro, ed imbarcatigli così nudi e miseri gli mandarono a cercar loro civanza nell'Isola di San Cristoforo. Un Saxton, capitano di una nave britannica, era il soprantendente, e l'esecutore della crudeltà dei Capi. Tennero dietro agli Ebrei gli Americani, i quali spogliati di tutto furono anch'essi, come gente disperata, buttati a San Cristoforo. Eppure vi erano fra di questi non pochi di coloro, i quali venuti in odio ai conterranei loro per cagione dello zelo, che dimostrato avevano in favore del Re, erano stati costretti ad andar a cercare in estrane contrade asilo contro il furore di quelli. Così questi leali erano cacciati dalla patria loro, come amici agli Inglesi, e perseguitati dagli Inglesi come amici agli Americani, del pari infelici per aver serbato la fede al Re, che se l'avessero violata. Dimostrò l'assemblea di San Cristoforo molta pietà verso i confinati, concedendo ai medesimi provvisioni e per l'immediato ristoro loro, e pel futuro collocamento. Furono in ultimo luogo banditi da Sant'Eustachio i mercatanti francesi, ed olandesi, gli Amsterdammesi più aspramente di tutti. Nel medesimo tempo Rodney bandì un pubblico incanto di tutte le robe confiscate, facendo facoltà a chiunque di venirle a comprare. Concorsero in grandissimo numero i mercatanti delle nazioni amiche, o neutrali, e per sè stessi, e per conto dei nemici dell'Inghilterra, massime dei Francesi e Spagnuoli, i quali come più vicini, ed in guerra ne avevano più degli altri bisogno. Così quelle robe stesse per aver fatto comodità delle quali ai nemici della Gran-Brettagna per la via ordinaria del commercio erano stati gli Eustachiesi sì crudamente manomessi, e quasi all'ultimo termine condotti, ora per la pubblica e franca vendita fattane dai Capi britannici, in mano di quei medesimi nemici liberamente trapassarono. Questo fu il maggior incanto che mai si facesse, e la parte delle ricchezze, che ne toccò a Rodney, ed a Vaughan non fu poca. Ma era fatale, che essi lungo tempo non ne godessero; poichè Dio, che, come si vuol dire, non paga il sabbato, altro fine riserbava all'avarizia loro; della quale cosa faremo noi parole, quando avremo quelle cose raccontate, che più da vicino si appartengono al filo di queste storie.
Ritornando adunque al principal proposito nostro, dal quale il dolore giustissimo del danno pubblico, e della nuova infamia inglese ci aveva, forse più lungamente, che non conviene alla legge dell'istoria, traportati, la perdita di Sant'Eustachio non fu la sola sventura, alla quale siano gli Olandesi andati soggetti nelle occidentali Indie, avendo gl'Inglesi preso, come a gara il correre contro di essi, quasi dimenticatisi degli altri nemici, che avevano alle mani. Possedevano sulla terra-ferma d'America una ricca colonia, che chiamano di Surinam, la quale è parte di quella vasta contrada, a cui fu dato il nome di Guianna. Stavanvi i governatori a mala guardia, e senza sospetto, non avendo peranco nissuna notizia avuto della guerra. Ma in questo mezzo arrivarono alcuni corsari inglesi, la maggior parte bristolesi, i quali entrati, non senza grave pericolo, nei fiumi di Demerary, e d'Essequibo molte navi cariche di preziose merci recarono in poter loro. Gli Olandesi, conosciuta la cosa, e temendo di diventar preda agli sfrenati venturieri, mandarono dicendo al governatore della Barbada, che si arrendevano, e davano in balìa del Re della Gran-Brettagna. Solo pregarono, non sapendo, quali fossero, si concedesser loro i medesimi patti, che agli Eustachiesi erano stati conceduti. Il governatore consentì. Ma quando poco dopo gli conobbero, aspettavano di esser depredati. Ciò nondimeno mostrò Rodney maggior umanità verso gli abitatori di Demerary, di Essequibo e di Berbice, i quali tutti addomandato avevano i patti, di quello, che verso di Sant'Eustachio fatto si avesse. Furono assicurati nella roba e nelle persone, e permessi a continuare ad aver quelle leggi e quei maestrati, che fin là governati gli avevano. Così arrideva ovunque agl'Inglesi la fortuna nell'indiana guerra, che con tanta rabbia contro gli Olandesi esercitavano. Ma a questo tempo le cose succedevan loro sinistramente contro gli Spagnuoli, i quali erano entrati coll'esercito ne' confini della Florida occidentale. Conciossiachè Don Galvez e Don Solano dopo d'essere stati stranamente strabalzati e rotti da una furiosa tempesta vennero a por l'assedio sotto le mura di Pensacola, città forte, e capitale di quella provincia. Stavavi dentro il generale Campbell, il quale si difese valorosamente lunga pezza. Ma finalmente una bomba caduta vicina alla polveriera, dato fuoco alle polveri, fe' con orribile scoppio saltar in aria un grosso bastione. Se ne giovarono gli Spagnuoli, e, presone possesso, minacciavano di prossimo assalto la piazza. Campbell calò agli accordi, che furono molto onorevoli. Così tutta la provincia della Florida occidentale, la quale era stata uno de' più preziosi frutti della guerra del Canadà, ritornò dopo non molto tempo in poter degli Spagnuoli.
Ora dagli estremi campi, sui quali si esercitava la guerra, l'ordine della storia richiede, che ci accostiamo alle fonti, dond'ella procedeva, e che andiamo divisando, quali fossero a questi tempi i pensieri, ed i disegni dei Re, e delle repubbliche guerreggianti. Si erano gli Americani posti in mal umore, ed aspramente si dolevano dei Francesi loro alleati, siccome di quelli, che da alcune vane dimostrazioni in fuori, nissuno aiuto, che efficace fosse, prestato avessero, e quasi gli abbandonassero ad arrissarsi soli nell'aspra contesa contro di un potente nemico. Affermavano, le genti sbarcate all'Isola di Rodi essere riuscite di niun frutto per la mancanza delle forze navali; così sempre ancora inutili dover riuscire, o poco manco, quando da un prepotente navilio non fossero accompagnate; non potersi sperare di poter una guerra fruttuosa fare in quelle spiagge, se non da colui, che abbia il dominio del mare; continuar intanto gl'Inglesi a posseder la Giorgia, la più gran parte della meridional Carolina, tutta la Nuova-Jork; minacciare per soprassoma la Virginia; nissuna insegna francese essersi veduta in difesa, ed a ricuperazione di queste province; venir meno intanto gli Stati Uniti sotto il peso di sì sproporzionata guerra; logorarvisi gli uomini, mancarvi la industria, negligentarvisi l'agricoltura, disseccarvisi le fonti del pubblico tesoro; nissun prossimo fine discoprirsi a tante calamità. Così si lamentavano i popoli dell'America. Ma in Europa si maravigliavano le genti, come una tanta, e sì possente lega così pochi frutti partorito avesse contro il comune nemico, che paresse in vero, che questi in luogo di rimanerne al di sotto, se ne stesse in sul vantaggio; imperciocchè l'Inghilterra e correva alle offese in America, e signoreggiava i mari delle Antille, e conquistava le colonie olandesi, e si avvantaggiava nelle Indie orientali, e teneva la fortuna in bilico in Europa. Quindi è, che i nomi spagnuolo e francese ne andavano soggetti a diminuzion di riputazione. La Francia specialmente, come quella, che era l'anima, e la principal guidatrice di tanta mole, ci metteva del suo. Il Re Cattolico stesso era scontento, ed assai si richiamava del Cristianissimo, perchè non l'avesse aiutato nell'impresa della Giamaica, che voleva incominciare, ed in quella di Gibilterra, che già aveva incominciato, nelle quali posto aveva un ardentissimo desiderio. Gli Olandesi poi, i quali avevano principiato a pagare sì duro scotto, sclamavano a cielo, che fossero senza sovvenimento lasciati stare soppozzati in quel pericolo, nel quale erano stati gittati dai consiglj, e dalle instigazioni della Francia. E tanto maggior rammarico facevano, in quanto che avevano avuto sentore, che si allestiva nei porti della Gran-Brettagna una possente armata destinata ad assaltar il capo di Buona Speranza, scala di tanto momento a quelle nazioni che fanno il traffico nelle Indie orientali. Temevano di aver a pruovar in oriente altrettanti danni, quanti di già provato avevano in occidente. E certamente priachè avessero potuto apparecchiar le difese, e mandar gli aiuti, gl'Inglesi meglio preveduti, e provveduti avrebbero avuto tempo di trarre il disegno loro a compimento.
Mosso il Re di Francia da tutte queste cagioni e dal proprio interesse si determinò di mostrarsi nel presente anno più vivo, di quanto stato fosse nel passato, volendo con nuova vigorìa riparar i danni operati dalla antica freddezza. Per la qual cosa faceva lavorar di forza nell'arsenale di Brest, ed apparecchiava in ogni parte del Regno gagliardamente le armi terrestri. Tre erano i fini che principalmente si proponeva di voler conseguire. Il primo era quello di mandar sì fatta armata nelle Antille, che congiunta a quella che si trovava ne' porti della Martinica, se ne venisse ad acquistar superiorità sull'armata inglese. Quest'armata, al governo della quale fu preposto il conte di Grasse, doveva anche trasportare un buon numero di soldati, i quali accozzatisi nella Martinica con quei del Bouillé avrebbero qualche impresa d'importanza tentato contro le Isole inglesi. La qual cosa ottenutasi, e prima che fosse trascorso il tempo di guerreggiare in quei climi, s'intendeva, che il conte di Grasse si recasse sulle americane spiagge per ivi cooperare con Rochambeau e con Washington al sottoponimento delle forze, che la Gran-Brettagna vi aveva. Il secondo poi si era quello d'inviar una sufficiente flotta sulle coste africane, perchè soccorresse al pericolo del capo di Buona Speranza, e ciò fatto s'incamminasse alla volta delle Indie orientali, dove per l'industria e per la gagliardìa dell'ammiraglio inglese Hughes le cose francesi erano al di sotto. Col terzo finalmente si voleva una qualche rilevata fazione fare nei mari d'Europa in benefizio della Lega, e massimamente della Spagna. Si motivava specialmente dell'impresa di Minorca.
Frattanto in Inghilterra parte si sapevano, e parte si presumevano i disegni degli alleati; e perciò vi si facevano contro tutti quei preparamenti che si credevano del caso. Già vi si allestiva con gran sollecitudine una flotta, la quale doveva portar un rinforzo di alcuni colonnelli inglesi, e di tremila Essiani in America al lord Cornwallis, acciocchè fosse in grado non solo di poter conservare quello che acquistato aveva, ma ancora distendere più oltre la prosperità delle sue armi. Perocchè le vittorie di Cambden e di Guilford avevano maravigliosamente sollevato gli animi di tutta la nazione a nuove speranze, e tutti già si promettevano il pronto fine della guerra, ed il soggiogamento dell'America. S'intendeva parimente colla giunta della flotta medesima, quantunque in sè stessa non molto forte, a quella, che già esisteva nell'acque delle Antille, conservar all'armi britanniche quella superiorità, che acquistato vi avevano. Ma ognuno particolarmente stava attentissimo ad osservare, a qual fine tendesse un armamento forte che si faceva nei porti, consistente in una nave di 74 cannoni, una di 54, tre di 50, con parecchie fregate, brulotti, giunchi ed altri minori legni da guerra. Lo dovevano accompagnare molte navi da carico fornitissime di armi e di munizioni. Tre migliaia di valenti soldati erano stati posti a bordo sotto la condotta del generale Meadows. Il governo della flotta era stato commesso al comandante Johnstone. Molto varj erano i romori che correvano fra la gente intorno l'oggetto di questa spedizione, il quale era con grandissima gelosia tenuto segreto. I più però concorrevano nel dire, che la spedizione fosse volta alle Indie orientali per por fine colà alla signoria francese. La qual cosa, per quanto si potè giudicare dagli accidenti che seguirono, fu vera. Ma e' pare ancora, che la guerra, che sopravvenne coll'Olanda, abbia i ministri della Gran-Brettagna indotto a darle altro destino, restringendola alla fazione del capo di Buona Speranza, ed al mandar nelle Indie quegli aiuti, ch'erano creduti necessarj, se non al conquistar nuovo paese, almeno al conservar il conquistato. Ma di tutte le cure, che a questi dì pressavano nei consiglj britannici, forse la più rilevante, e certamente la più premurosa, era quella di soccorrere al presidio di Gibilterra. Nel che, oltre l'importanza della cosa, l'onor della nazione era grandemente interessato. Gli Spagnuoli e gl'Inglesi avevano quell'assedio preso in gara, ed i primi si andavano vantando, che ad ogni modo colla flotta che avevano a Cadice, avrebbero ogni soccorso, che si fosse voluto far entrare, impedito. Già dentro s'incominciava a disagiar grandissimamente di vettovaglie, essendo in gran parte consumate le munizioni l'anno precedente introdotte dall'ammiraglio Rodney, e quelle che sopravanzavano, erano sì corrotte, che poco erano mangerecce. Già Elliot era stato costretto a diminuire di un quarto la provvisione giornaliera del vitto a' suoi soldati; gli uffiziali stessi, perchè i gregarj sopportassero di miglior animo la privazione, furono proibiti dall'usar la polvere di cipri nella cura dei loro capelli. A queste strette era ridotto il presidio. Ma gli abitatori della città per la mancanza delle cose al vivere necessarie travagliavano grandemente. Tal era stata la vigilanza e la prontezza degli Spagnuoli nel vietar le vettovaglie, che dall'ultimo rinfrescamento in poi pochissime navi erano state lasciate entrar dentro dalle più vicine, come dalle più rimote, parti dell'Africa. Solo alcuni legni minorchesi, molto sguizzanti, a volta a volta vi erano trapelati. Ma non bastavano a gran pezza a tanta bisogna, ed i prezzi che mettevano i padroni alle robe loro, erano sì esorbitanti, che pochi vi si potevano accostare. Perfino le miserabili reliquie delle antiche provvisioni guaste, com'erano, si vendevano a prezzi sfoggiati. Una libbra di vecchio biscotto di bordo tutto bacato vi si comperava ventiquattro soldi, e non se ne trovava. Le farine corrotte, ed i piselli intonchiati un terzo più; il sale il più immondo, la spazzatura dei granai valevano sedici soldi la libbra; il butirro salato una mezza corona; un pollo d'India, quando se ne trovava, valeva meglio di trenta franchi; un porcello non si poteva avere, se non con cinquanta franchi; un'anitra ne costava più di dodeci; una gallina magra dieci; un ventre di vitello non si poteva avere per una ghinea, che sono meglio di venticinque franchi; ed un capo di bue si vendeva ancor più caro. Da ardere si aveva sì scarsamente, che le biancherie si lavavano coll'acqua fredda, e non si distendevano co' ferri; cosa, che riuscì di grave danno alla salute degli uomini nella stagione umida, e fredda del varcato inverno. Sopportava bene la guernigione tutti questi disagi con maravigliosa costanza; ma non avrebbe potuto durar più oltre, e quella importante rocca, la chiave del Mediterraneo, sarebbe fra breve ritornata all'obbedienza degli antichi signori, se prontamente non le si soccorreva. Da questi pensieri erano occupate le menti degli uomini in Inghilterra. In Olanda intanto si lavorava incessantemente negli arsenali per allestire un navilio, che capace fosse a rinnovar l'antica gloria, ed a mantener la dignità della repubblica. Si aveva principalmente in animo di proteggere il commercio, che gli Olandesi andavano facendo nel Baltico, e preservarlo dalla rapacità degl'Inglesi. In ciò però non si ottenevano tutti quegli effetti, ch'erano da desiderarci, sì per cagione delle Sette, che tuttavia bollivano in quel paese, e che la forza del reggimento infievolivano, come perchè la lunga pace vi aveva gli animi ammolliti, e fattovi trasandar le provvisioni navali.
Tali erano i rispetti, coi quali reggevano a questo tempo i principi i pensieri e le operazioni loro. Gli apparecchj di guerra, che avevano fatti per venirne a capo, erano grandi. Stava il mondo in grandissima aspettazione delle cose avvenire. I primi ad uscire furono gl'Inglesi. L'intento loro era di recarsi al soccorso di Gibilterra. Partirono da Portsmouth con ventotto navi d'alto bordo il giorno 13 di marzo. Ma furono obbligati a soprastar alcuni dì sulle coste d'Irlanda per aspettar le annonarie e le passeggiere, che in grandissimo numero si erano raccolte nel porto di Cork. Le conserve volte alle Indie sì orientali, che occidentali accompagnavano l'armata; dalla quale, arrivate che fossero in certi luoghi fuori del pericolo delle flotte nemiche, si dovevano spiccare per andarsene al viaggio loro. Viaggiava medesimamente di compagnia colla grande armata la flotta spedita di Johnstone destinata, come si è narrato, alla fazione del capo di Buona Speranza; e questa doveva sin là convogliare la conserva d'Oriente. Era l'armata governata dagli ammiragli Darby, e Digby, e da Lockart Ross; ed essendo partita in tre squadre ciascuna era da uno di essi capitanata. Siccome la necessità di soccorrere Gibilterra era evidente, che i preparamenti, che a questo fine si facevano nei porti della Gran-Brettagna, erano noti a tutti, e che anzi gl'Inglesi apertamente confessavano di voler ciò fare, così gli Spagnuoli avevano fatto ogni sforzo per far tornare vano questo disegno. Per verità avevano allestito nel porto di Cadice una armata di trenta navi di alto bordo, e datone il governo a Don Luigi di Cordova, uffiziale di molto valore. Tali erano le forze degli Spagnuoli. Ma queste magnificavano ancora vieppiù per istornare, se possibile fosse, gl'Inglesi dal tentar l'impresa. Perchè poi alle forze, ed alle parole si accoppiasse anche l'ardire, Don Luigi entrava, ed usciva spesso da Cadice, ed iva colla sua armata volteggiandosi sulle vicine coste del Portogallo per quella via, che gl'Inglesi dovevano tenere per correre a Gibilterra. Aggiungevano, esser pronte a congiungersi colle loro molte grosse navi francesi, che allora si trovavano nel porto di Tolone, ed in quei dell'Oceano. Infatti vi era nel solo porto di Brest un'armata sì possente, che di per sè stessa stata sarebbe abile a contrastar il passo, ed a combattere con buona speranza di vittoria tutta l'armata inglese. Vi si annoveravano ventisei vascelli d'alto bordo tutti pronti al veleggiare. E certamente, se questa si fosse congiunta coll'armata di Spagna, avrebbero i confederati acquistato una forza prepotente, e sarebbe agli Inglesi riuscita assai dura impresa quella del soccorso di Gibilterra. Così speravano gli Spagnuoli, che i Francesi avrebbero operato. Ma questi avevano troppo a cuore di proseguir i disegni loro nelle Antille, e nella terra-ferma d'America, siccome pure di ristorar le cose loro, che andavano in declinazione nelle Indie orientali, perchè si volessero risolvere, trasandati tutti questi oggetti di sì gran momento, ad aiutar la Spagna in una impresa, la quale ridondata sarebbe in solo e privato utile di questa. Per la qual cosa il giorno 22 di Marzo uscì da Brest con tutta l'armata il conte di Grasse, e volte le prue all'occidente s'incamminò verso le Antille. Viaggiava di conserva con esso lui il Signor di Suffren colla sua flotta consistente in cinque navi d'alto bordo, parecchie fregate, ed una grossa mano di soldati da terra. Doveva questi, tosto arrivato all'isola Madera, partirsi dalla grossa armata, e veleggiando a ostro verso la punta d'Africa, preservare il capo di Buona Speranza; e, ciò fatto, recarsi nell'Indie orientali. Così le due grandi armate, e le due più piccole inglesi, e francesi, alle quali i due nemici Re avevano commesso fazioni di tanta importanza, e nelle quali sì grandi speranze della salute e della prosperità dei regni loro collocato avevano, uscirono le une e le altre quasi nel medesimo tempo all'alto mare; e senza di quel soprastamento, che gl'Inglesi furono costretti a fare sulle spiagge dell'Irlanda; ogni ragion persuade, che si sarebbero incontrate, ed avrebbero definito con una giudicata battaglia sui mari d'Europa quella lite, che non dovevano se non se nelle lontane regioni delle due Indie determinare. Viaggiavano gli Inglesi con vento prospero verso il capo San Vincenzo, dove pervenuti con molta circospezione si governavano per sospetto dell'armata spagnuola. Ma Don Luigi, il quale ne' precedenti dì era ito in volta nel golfo di Cadice, avuto presto avviso dell'avvicinarsi degl'Inglesi, non confidandosi nelle forze proprie, e dimenticatosi dell'importanza della cosa, non gli stette ad aspettare, ed andò tostamente a ricoverarsi nel porto medesimo di Cadice. Così fu lasciata libera la via al nemico sino a Gibilterra. L'ammiraglio Darby, guardato dentro in Cadice, e conosciuto, che gli Spagnuoli nissuna mostra facevano di voler uscire, spinse avanti tutte le navi da carico, le quali sommavano nel torno di cento, facendole scortare da un certo numero di navi da guerra. Parte di queste dovevano stanziare nel golfo stesso di Gibilterra per difender le navi passeggiere dagli assalti delle piatte spagnuole, delle quali abbiamo nel precedente libro favellato; e parte arringarsi alla bocca dello stretto verso il Mediterraneo per impedir le offese, che di là avrebbero potuto venire. Darby intanto continuò a volteggiarsi avanti Cadice per attendere con ogni diligenza gli andamenti del nemico. Le cose riuscirono, come l'Inglese le aveva disegnate. E comechè gli Spagnuoli colle piatte molto si affaticassero per danneggiar alle annonarie, e che male le navi grosse potessero dalle importune bezzicature di quelle liberarle, perciocchè fossero troppo piccole a poter esser prese di mira, del che gli uffiziali inglesi a grandissima rabbia si concitavano, tuttavia nissun notabile frutto poteron'operare. Furono sicuramente poste a terra tutte le armi, e le munizioni sì da guerra, che da bocca con incredibile allegrezza degl'Inglesi, con non poco biasimo degli Spagnuoli, e con molta maraviglia di tutta l'Europa.