Nulla.
(con segretezza) Anch'io rivedrei volentieri le mie stanze, i miei abiti, i miei specchi…
(dissimulando l'emozione che rigurgita) Ti recheresti volentieri laggiù?
Soltanto una volta!
(con subdolo assenso) Soltanto una volta, s'intende! Una fugace visita al passato! Non piú di questo.
Non piú di questo.
Io, poi, ti faccio notare che se realmente lo vuoi, non ti sarà troppo difficile.
(sottovoce) Non posso.
L'impossibilità è nella tua immaginazione.
Non si esce dall'asilo senza il permesso di lui.
Mi hai assicurato che non tiranneggia, che non è severo con te. Gli chiederai il permesso che ritieni indispensabile, e l'otterrai.
Per andare laggiù, no, non glielo chiedo! Me ne vergognerei.
Ne farai a meno, ed egli ti assolverà.
Mi consigli di uscire di nascosto?
Di tentarlo io ti consiglio.
(accesa d'una sinistra reminiscenza) Di nascosto come per rubare?!
Dove salti con la fantasia? Si tratta semplicemente di uno strappo alle consuetudini di clausura. Non è un crimine. Non è un'azione da paragonare a un furto.
Sí, ne convengo: un crimine non è.
Dunque, nessun ostacolo, nessun rischio e, soprattutto, nessun rimorso.
Tu mi accompagnerai, n'è vero?.. Mi devi accompagnare…
È naturale che io t'accompagni.
E quando andremo? Quando?
Decidi tu. Non dipende che da te.
Io non so… Io non oso decidere… Forse, oggi stesso potremmo!
(levandosi ebro, esagitato, abbacinato, col respiro mozzo) Ma certamente! Oggi stesso! Oggi stesso!.. Perché no?.. E non bisogna ritardare!.. Egli, a quest'ora, è intento ai suoi studî; la zelante Suora ha avuto l'ordine di risparmiarti il suo zelo; la mia riverita persona si trova già, per caso, a tua disposizione: sarebbe una ingratitudine verso la fortuna non profittare di circostanze cosí favorevoli!
(con una esaltazione timorosa e frettolosa) Ebbene, sí! Profittiamone! Profittiamone!.. Tu uscirai prima di me… Mi aspetterai alla svolta della strada… Io cercherò di deviare l'attenzione del guardiano… Gli farò credere che si riversa l'acqua dalla fontana, o, meglio, lo pregherò di cogliere per me qualche fiore… Mi è amico: non si negherà… E appena si sarà allontanato dal cancello, io, di corsa, di corsa, a raggiungerti!.. Sono contenta, Ulrico, sono tanto contenta! – Vai vai vai vai!
Bada che ti aspetto!.. (Si avvia, veloce, sogguardandola un po' diffidente.)
(in un lampo di allarme, dà un grido soffocato:) No!
(arrestandosi di colpo) Sonia?!
(casca a sedere.)
(accorre) Sonia?!
(affaticata, fioca, con negli sguardi e nell'accento una intima solennità) Non mi aspettare… Torna laggiú, se vuoi, ma «solo solo»… come in questi giorni. Io non ci sarò.
(miseramente) Avevi riaperte un poco le ali al volo: le hai richiuse.
Laggiú… è il pericolo. Laggiú è la malia dei vizî, la malia del peccato.
(pallidissimo) Parli di peccato?! Parli di vizî?! Due parole che non conoscevi!
Furono i miei nemici!
Tu distingui, nella tua vita, i fatti umani a cui si riferiscono le due parole paurose e non tue che hai pronunziate?
(con una istantanea percezione) Li distinguo! Li distinguo! Ero nei vizî e nel peccato. Ora, non piú!
E sei capace, in coscienza, di odiarli? In coscienza sei capace di temerli?
Li odio e li temo perché mi benefica l'esserne lontana.
Parole non tue, Sonia! Parole non tue!
Lo sento che ne sono beneficata. Lo sento! Non m'inganno!
Cosí ti hanno detto e a te pare che sia.
Io vorrei che tu sapessi capire quello che sento.
Io vorrei che tu me lo facessi capire con parole che fossero veramente tue!
(stentando a esprimersi)… È qualche cosa che sta tutta dentro di me: una grande dolcezza dell'anima!
(attonito) Dell'anima!.. (Si tortura i capelli con le dita nervose. La sua sensibilità fluttua scompigliata. Il suo pensiero brancola nel vuoto.)
(rasserenata, buona, amicale – si leva.) Addio, Ulrico!
(in un urgente trapasso) Questo addio, Sonia, io lo respingo. (Egli è come colui che sul punto di affogare si rinvigorisce di una suprema energia istintiva per salvarsi.) Lo respingo non per cercare ancora di ricondurti dove si annida il pericolo, non per esortarti ancora a rivivere il passato che hai misconosciuto. Io ti esorto unicamente a non escludermi, a non sacrificarmi, a non distaccarti da me. Eri la donna dei miei piaceri, non sarai piú tale, e non t'inciterò a ridiventarla, non ti biasimerò, non soffrirò. Un'altra donna tu, un altro uomo io. Ti farò abitare una casetta appartata, cheta, gentile, sorridente. Verrò a bussare alla tua porta senza molto insistere, e quando me l'aprirai io te ne sarò grato, e ti terrò compagnia, ci terremo compagnia a vicenda, tu serbandoti come hai imparato a essere, io volendoti sempre piú un bene che non avevo mai immaginato di poterti volere. Questo, questo ti offro, Sonia, con un fervore profondo, e se di ciò che senti nulla è rimasto in te inespresso e inesprimibile, non c'è nessuna ragione, nessuna, per la quale tu debba rifiutare e ridirmi addio.
(è commossa, ma non conquistata. Sulla sua fisonomia si disegna l'implorazione:) Ulrico!..
Rifiuti?.. Rifiuti?!.. (Prorompendo in un furore cattivo) Ah, non inutilmente ho rimescolato il mistero! (Esce a destra, violento, clamoroso) Vieni, Francesco! Il mio colloquio con Sonia Zarowska è terminato.
(in orgasmo) No! Lui, no, te ne supplico! Lui, no!
(di dentro, ancora clamoroso) È necessario che tu venga, e súbito! Vieni! Vieni!
(gridando) Ma perché? Ma perché?
(tornando) I «perché» e i «ma», in un manicomio, fanno cilecca!
(entra – freddo – accigliato – senza guardare.)
(prontamente) Ho bisogno che tu apprenda e che tu giudichi. Ciò che ti dirò è straordinario, è incredibile. Tuttavia, sul mio onore!, non smercio menzogne.
Molte cose che a te debbono parere incredibili non sono incredibili. E che tu non smerci menzogne ho la piú ferma persuasione.
In breve. Poiché ella non ha ceduto alle visioni risvegliate in lei dalla prepotenza della mia frenesia e l'ho trovata salda, irremovibile nel suo odio al passato, nella sua volontà di seppellirlo, io le ho sinceramente offerto un avvenire di onestà e di pace, le ho sinceramente promesso di rispettare il suo odio e la sua volontà, le ho sinceramente promesso di volerle bene, di volerle un bene tutto simile a quello che sanno volere a una donna onesta i piú probi degli uomini. Come mi sia accaduto di balzare da un polo all'altro, non me lo domandare. M'imbroglierei a risponderti. Ma mi fulmini Dio o il diavolo se i miei propositi non li ho concepiti e non li ho manifestati in piena lealtà.
E lei?
(con un groppo alla gola) Ha rifiutato.
Si è lasciata, forse, vincere dalla diffidenza.
Non dalla diffidenza si è lasciata vincere.
Piú che di te, di sé stessa ha diffidato. E non avrebbe dovuto! (A lei) Voi, Sonia, aspettate da me, dal vostro medico, la garanzia della vostra salute morale?.. Io non esito a darvela. Voi siete guarita. Ed è un prodigio: – un prodigio non mio. Io non ho fatto che alimentare qualche imprevedibile seme di virtú scorto improvvisamente in voi come nel fondo sconvolto di una piccola bolgia. La guarigione è cosí perfetta che avete potuto resistere all'uomo che piú vi ha desiderata e perfino mutare il suo desiderio… in amore. Egli vi ha promesso di volervi bene. Non ha avuto il coraggio di pronunziare la parola divina. Quel che egli vi ha promesso è piú ampio e migliore. Vi ha promesso di amarvi! E voi, Sonia, lo amerete. Nel vostro corpo strappato agli artigli del vizio e del peccato, un'anima è sorta. Quest'anima è nuova, ed è pura come quella di una adolescente. Dell'amore, dunque, si è dischiusa, nel centro del vostro essere, la piú facile fonte. Il mio buon Ulrico non avrà che da ricercarla.
(si è contratta, schiva, ritrosa, con gli occhi bassi.)
(è stato, ed è, intento a sorprenderne le sensazioni.)
(Una breve pausa.)
(impassibile, calca, sul tavolino, un bottone della soneria elettrica.)
(Si ode, lievemente, il suono interno.)
(ne è tutta percorsa nei nervi.)
(nota quella specie di brivido.)
(entra con sollecitudine) Qualche ordine per me, Direttore?
Nessun ordine, Suora. Ho da farvi una comunicazione e da rivolgervi una preghiera. Sonia Zarowska è congedata. Tra pochi minuti non sarà piú nostra ospite.
(ha una forte scossa interiore.)
(proseguendo) Mi risulta in modo positivo che le sue condizioni psichiche sono tali che le sarebbe superfluo, se non dannoso, costringerla a prolungare la dimora in questo Ricovero. Intanto, mi è impedito di trattenermi con lei per gli ultimi doveri dell'ospitalità. Mi occorre disbrigare molto lavoro, e al piú presto. Voi, Suora, – e questa è la preghiera che vi rivolgo – avrete la cortesia di sostituirmi, come frequentemente desidero. Le sarete accanto col vigile garbo che vi è consueto se ella vorrà salutare le amiche che l'hanno cullata nella loro affezione e la sua cameretta dove per la prima volta ha conosciuto il riposo affrancato dall'insidia. Poi l'accompagnerete fino al cancello del giardino, e lí cederete a Ulrico Nargutta – il quale ne sarà felice – la vostra e la mia prosciolta responsabilità.
Sta benissimo.
(si è curvata nella schiena, simile a un giunco colpito dalla grandine. Il capo le pende in avanti. I suoi occhi, aperti e soffusi di cupezza, non hanno piú battito di ciglia.)
(attraverso lo sconforto, non cessa un attimo di osservarla.)
E voi, che avete, che avete, Sonia? Non deve né attristarvi né avvilirvi il commiato. Deve, invece, rendervi lieta, secura, orgogliosa. Su! Su! Alzate la testa! Alzate la testa con la piú balda lietezza come per una resurrezione, e sia tutto ridente il vostro saluto!
(rifugiandosi, a un tratto, presso la Suora) Suora Marta! Suora Marta! Voi siete la madre generosa di noi tutte e a lui, nella generosità, siete sorella. Intercedete voi perché non mi mandi via!
(tagliente) Spetta a me d'intercedere! E sarà una intercessione efficace.
(impetuoso) A te spetta di tacere, e tacerai! (Indi a Lei) È inconcepibile che confondiate i provvedimenti suggeritimi da ponderate considerazioni con l'atto di un ostile congedo. Io mi sono proposto di ridonarvi il respiro d'una libertà completa per rafforzare in voi la consapevolezza delle vostre rapide conquiste, della vostra vittoria. Se è per voi troppo nebuloso quel che vi dico, proverò di chiarirvelo.
No, non darti piú pena! Sarà di me quello che tu vuoi!.. (La cupezza si risolve in lagrime dirotte.) Ti obbedirò.
L'obbedienza non l'ho insegnata mai, e non mi piace. Io non ammetto di essere obbedito!
Queste lagrime, Direttore, chiedono ancora aiuto!
Ancora aiuto chiedono, ancora aiuto! La vostra bontà, Suora, lo intende, lo vede. Fate che lo veda la bontà di lui!
(si abbatte sopra una sedia.)
(nonostante una recondita preoccupazione, accondiscende.) Voi sapete, Suora, che spesso mi è di sollievo subordinare le mie decisioni al vostro discernimento. Voi mi consigliate di rinviare il congedo di Sonia Zarowska?
Mi permetto di consigliarvelo.
E sia. Conducetela nella sua camera, e ripetetele bene che rimarrà.
(con un recrudescente effluvio di lagrime, si avvinchia a Suora Marta) Tenetemi stretta!.. Non mi lasciate!
(traendola dolcemente) Non vi lascio, no, figliuola mia!.. E cessate di piangere come una bimba sperduta!.. Rimarrete. Rimarrete. Il Direttore lo desidera. Non vi si mentisce. Rimarrete…
(Escono.)
(pronto, febbricitante, inquisitorio, imponente) E che pensi, adesso, di lei? Parlami, adesso! Che cos'è, a giudizio tuo, quello che in lei abbiamo insieme osservato?
(vorrebbe distrigarsi dalla preoccupazione. Non ci riesce. – Finge una certa tranquillità.) A me non è parso di osservare nulla che modificasse l'opinione chiara che ti ho manifestata. Su per giú, siamo lí. «Le sue lagrime chiedono ancora aiuto» ha intuito la Suora. E Sonia Zarowska ha confermato. Non significa, in sostanza, che continua a diffidare di sé?..
(con un preciso gesto del braccio che accentua l'indicazione) L'aiuto, per lei, sei tu! Sempre tu sei! Sempre tu!
Perdura il fenomeno cerebrale per cui non può scindere l'idea del soccorso dalla mia persona.
(ricordando con significativa acutezza le parole di Francesco) È sorta un'anima in quel corpo strappato agli artigli del vizio e del peccato – e quell'anima è tua! Ecco il segreto di ciò che accade in lei!
(come aggredito) Ma quale assurdità asserisci con codesta fatua pretesa di veggente miracoloso?!
Non ribellarti e non ti difendere! Nella mia asserzione non è nemmeno l'ombra d'un sospetto che ti accusi. (Levandosi disperato) È tua, solamente tua quell'anima nuova e pura – pura come se fosse di un'adolescente – , perché tu l'hai fatta sorgere, perché da te ne ha lei ricevuto il soffio e l'alimento. Ed io, io, che per lo sperpero quotidiano del suo corpo non provavo ribrezzo, non rancore, non dolore, non il piú lieve morso della gelosia e anzi ne avevo un cinico compiacimento ributtante di cui mi vantavo, ora sono geloso della sua anima, che tu solo possiedi! È una gelosia infinita che non c'è mezzo di placare o di sopire! E sembra una camicia di spine sottili dalle quali si sia ineluttabilmente penetrati fino al midollo!
(ambascioso, esortante, fraterno) Ulrico! Ulrico!.. Amico mio! Fratello mio!..
(gettandogli le braccia al collo, dà in una esplosione di pianto puerile.) Della sua anima sono geloso, io, e tu sai, tu sai che non c'è un tormento piú crudele di questo!..
Fratello mio!.. Fratello mio!..
Il vestibolo.
Tra il vespero e la sera. – La lampada è già accesa. Nel giardino va addensandosi la notte. Il lembo di cielo visibile, attraverso il vano, sulle chiome degli alberi, va, man mano, avvivandosi di qualche stella.
(Dall'interno della Casa di Salute si propaga, sommessa, la preghiera dell'Angelus cantata a coro dalle Ricoverate.)
(sono seduti presso il tavolino, l'uno di faccia all'altro: tutti e due curvi, oppressi, meditabondi nella acuita ascoltazione che li accomuna.)
(È l'ultima strofa:)
Ancora ancora serbaci, o Signore,
il tuo favore,
d'ogni bene, quaggiú, principio e via.
E cosí sia!
(La melopea si spegne, lasciando nell'aria un'ondulata scia di misticismo.)
(I due amici parlano in un tono di segretezza. Non ne sanno il perché. Non se ne danno ragione.)
La sua voce, l'hai distinta?
L'ho distinta, sí.
Anch'io l'ho distinta. E mi ha sorpreso che prettamente modulasse le note d'un canto ascetico quella bocca che sino a qualche mese fa aveva modulate, con esperta lascivia, le note di una danza voluttuosa.
Ed era tra tutte le voci la piú carezzevole.
La piú carezzevole e la piú pacata, la piú ferma.
Verissimo.
Come spieghi la schietta serenità di lei dopo le emozioni che oggi l'hanno squassata?
Ella cantava pregando. E appunto il pregare contribuiva a rasserenarla.
È diventata cosí mistica, cosí religiosa da trovare la serenità nella preghiera?!
È diventata cristiana: – nell'altruismo, le sue aspirazioni; nella temenza di peccare, i suoi spasimi; nella preghiera, il conforto da cui le deriva la serenità.
Converrai che c'è da intontire. Un'atea di quella risma!..
Un'atea, no. Non una credente, ma nemmeno un'atea. L'ateismo è un convincimento. Ed è una forza, giacché un convincimento è sempre una forza. Ella non recava in sé nessuna forza, non c'era in lei che una psichica inferiorità, una fiacchezza ignara che vagava e si smarriva nella sua ignoranza. Mi è stato agevole, per questo, fare di lei la piú religiosa delle mie Ricoverate. L'ignoranza dei deboli è un gran vuoto che aspetta d'essere riempito e che la religione può senza fatica riempire.
(ha la mente scompigliata ed esausta, il corpo vinto dalla rilassatezza.) Sarà stato come tu dici! Non discuto… Non ho la capacità di discutere… Del resto, tutto ciò non ha piú alcuna importanza! (Ostenta un gesto noncurante e risolutivo.) Quel che è fatto è fatto! Io ci metto sopra una croce, e la saluto con una voltata di schiena! (Si alza, piglia il cappello.)
(impulsivamente) Cos'è? Te ne vai?.. Te ne vuoi andare?
(Una pausa.)
(come un infermo abbattuto dalla infermità) Mio caro Francesco, ti ho afflitto, vessato, tormentato senza restrizioni. È tempo che ti liberi. Tu, scusami, dimentica e non ti preoccupare piú di me. Tant'è: sono quasi calmo. L'uragano è dileguato. Lo ha disperso quel supremo pacificatore dei piú gravi cataclismi dell'umanità che è… l'Ineluttabile!.. La sola conseguenza che deploro di tutta questa faccenda è che non saprò come impiegare i logori avanzi della mia vita. Ci sarebbe da buttarli via… Ma… vedremo!.. Si ha pure da attendere un po' l'impreveduto. Buona notte, Francesco!
(alzandosi, rude, imperativo) Ulrico, io non ti permetterò d'allontanarti di qui sinché ci sarà lei.
Non me lo permetterai, perché?
Tu la rivedrai! Tu le riparlerai!
E a qual fine?
Per indurla ad amarti, per indurla a seguirti. Non si vince senza combattere. Tu devi vincere!
Queste sono le frasi con cui s'incoraggiano gli eroi delle imprese balorde!
Non è mai una impresa balorda l'ostinarsi d'un innamorato nel proposito di farsi amare.
Tutto quello che potevo dirle per farmi amare, io glielo ho detto.
Non le hai detto abbastanza. Non hai abbastanza insistito.
La sua indifferenza verso i miei sentimenti, verso la mia persona, è, oramai, insuperabile, e tu lo hai compreso come l'ho compreso io.
Il colloquio di oggi è stato troppo brusco, troppo subitaneo, troppo breve, troppo superficiale. Insistere insistere insistere con l'ardente pienezza della tua fiamma nuova! Presto o tardi, il grande amore suscita l'amore!
Non in una donna nella quale l'amore sia già sbocciato con la sua anima stessa!
(muggendo sordamente) E dàgli! E dàgli!..
Contro di me ti adiri?!
Sono tante scudisciate le tue obiezioni!
Le mie obiezioni rispecchiano, con esattezza, qualche cosa di cui il tuo acume di scienziato e la tua sensibilità di uomo hanno ben còlta una prova definitiva.
(acceso, congestionato) Io mi strapperei il cervello per non pensare d'essere colui che te la toglie! Questo pensiero mi sconvolge, mi terrorizza!
Anche di piú ti sconvolge e ti terrorizza, Francesco, il pensiero che presto o tardi il grande amore suscita l'amore, inquantoché – se proprio credi che ciò sia – non puoi ritenerti inaccessibile a un tale fenomeno.
(esaltato di terrore) La tua nefasta gelosia m'impone sempre di piú l'incubo maligno che sorge dall'attaccamento di quella donna! Ma io lo scaccerò! Lo scaccerò come si scaccia il profanatore d'un sacrario! E se non riuscirai tu a farti amare da lei, riuscirò io a farmene odiare! (Si domina. Aduna le idee.)
(inerte, flaccido) Be', non incollerirti di piú. Sono a tua disposizione.
Tu sarai ospite mio. E a cominciare da stasera avrai modo di ritentare. Dopo la preghiera dell'Angelus e il raccoglimento che segue, è concessa alle Ricoverate una parentesi di emancipazione affinché esse diano segni espliciti delle loro vicende mentali, dei loro progressi o dei loro regressi. Per Sonia Zarowska è convenuto piú specialmente che la Suora la mandi in giardino se l'aria sia mite. Ciò serve a provarle che merita d'essere trattata come una persona normale e a deviarla dalla tendenza che rivela per la clausura. Oltre di che, sotto il cielo stellato o al chiaro di luna, ella si abbevera di poesia; e la poesia si tramuta, per lo spirito, in ossigeno di bellezza morale. Stasera l'aria è mitissima. In giardino ella sarà tra pochi minuti. Lí, la troverai in condizioni propizie ad ascoltarti. – E adesso vieni con me, buono e paziente. Non sarebbe opportuno che súbito tu t'incontrassi con lei. Bisogna che, in giardino, rimanga un pezzo tutta sola. So quel che dico. Fatti guidare da me.
(con accasciata malinconia) Io il burattino, tu il burattinaio; ma siamo ambedue egualmente grotteschi e miserevoli!
(mettendogli, fraterno, una mano sulla nuca) Vieni, vieni, Ulrico! E taci. Non piú sfoghi amari e inutili! Vieni! (Lo conduce via, a destra.)
(Una strampalata vociferazione anima gradatamente l'atmosfera. Le voci di alcune Ricoverate, in diversi toni e accenti, si succedono e anche si mescolano, dissonanti:)
– Uno due tre quattro cinque…
– Tutti manigoldi! Tutti assassini!
– (una specie di ululato) Aùuu! Aùuu!
– Suora Marta, io sono muta!
– (risate.)
– Oh! che festa! che tempesta!
– (con altisonante slancio declamatorio:)
Non vuoi col brando uccidermi, e coi detti
Mi uccidi, intanto?
– Chi di noi è la piú bella?
– Io!
– Io!
– Io!
Andiamo nell'altra sala a chiassare! E sarà bene chiudere la porta!.. È serata bisbetica. Se il Direttore ci sente!..
(La piccola gazzarra gaia e tragica si allontana.)
– Uno due tre quattro cinque sei…
– Aùuu! Aùuu!
– (declamazione:)
O morte, o morte,
Cui tanto invoco, al mio dolor tu sorda
Sempre sarai?
– Chi di noi è la piú savia?
(Risponde un mugolio corale, in sordina:)
– Sonia Sonia Sonia Sonia Sonia…
(Silenzio.)
(Comparisce Agnese nel giardino. – Indossa un abito semplice e scuro. Un semplice cappellino, che ha un po' la foggia d'una cuffia monacale, le incornicia la fronte senza alterare le linee del volto, perspicue come quelle d'un cammeo.)
(indugia di là dalla soglia. La febbrile premura che la sospinge è contrastata da un sopravvenuto sgomento. Quando ella si decide a varcare la soglia, un leggero capogiro la squilibra e la costringe ad appoggiarsi a uno spigolo del vano.)
(Si avanza Sonia dalla porta a sinistra che si è appena aperta e si è richiusa.)
(nel vedere Agnese, si sofferma con un vivo trasalimento.)
(riavendosi, se la trova davanti, a molta distanza, in una strana intensa contemplazione, e, memore delle stranezze che fioriscono tra quelle mura, non si meraviglia.)
(persiste nel guardarla, trasfigurandosi, e un culminante moto interiore traspare dalla sua trasfigurazione.)
(è attirata da quella persistenza, e, facendo qualche passo verso la giovane che le è ignota, la interroga, rinnovando l'antica consuetudine di rivolgere la parola alle Ricoverate con affettuoso interessamento:) Chi siete voi, cara, che tanto mi guardate?
Chi sono io?.. Come dirtelo?.. Sonia Zarowska mi chiamo, ma non sono piú Sonia Zarowska.
Ah, no?
Sono tutta diversa, ora, dal mio nome.
(le si accosta, correggendola, garbata, suasiva) Il nome non conta. Siete tutta diversa da quella che eravate.
(compiacendosi di essere compresa) Da quella che ero, sono diversa.
Una seconda esistenza?!
Una seconda esistenza. Ne dubiti?
Non ne dubito, cara! Non ne dubito. Alcune circostanze della nostra vita producono in noi profondi mutamenti. Dal bene al male, o dal male al bene. Nel caso vostro, io credo, dal male al bene.
Ma non una circostanza della mia vita mi ha mutata. Mi ha mutata Lui. Solamente Lui.
Arguisco che il vostro Lui sia l'uomo filantropico e sapiente che vi ha accolta in questo asilo per prendere cura di voi.
Sí, quello è il mio Lui!
E dunque?.. Le azioni buone o cattive che riceviamo non sono appunto le circostanze che piú influiscono su noi e piú ci trasformano?.. L'accoglienza da lui concessavi è stata la circostanza che ha prodotto il vostro salutare mutamento.
È giusto, è giusto. Hai ragione. Tu parli con sapienza: con la medesima sapienza che ha Lui. Io da ignorante parlo.
E mi guardate!.. Ancora mi guardate!?
Non disdegnare che ti guardo!
No, non disdegno. Perché dovrei disdegnare?
Sei cosí in alto!
Troppo si affretta la vostra immaginazione a illudervi sulla mia persona! Io vivo nel piú umile cantuccio della terra.
(irradiandosi d'ammirazione) E non sei forse tu sua moglie?..
(con un sobbalzo) Come lo avete indovinato che sono sua moglie?
Non l'ho indovinato. Ti conosco.
Non ci siamo incontrate mai prima di stasera.
Ti conosco nel tuo ritratto, presso al quale egli lavora e studia, e ti conosco nella costante adorazione ch'egli ha per te.
Ammetto, cara, che un mio ritratto veduto presso di lui vi abbia dato qualche indizio; ma che mi conosciate nella sua adorazione non è che una fantasticheria cortese suggeritavi da un estro sibillino. Voi vi compiacete di fare la zingarella lusingatrice.
Che egli ti adori, io lo so! io lo so!
Non potete saperlo, mia buona creatura. Egli non può averlo palesato a voi.
Io so di saperlo. Quella adorazione, segreta, mi è entrata a poco a poco nel cuore insieme con la sua voce, con i suoi sguardi, col suo fiato, insieme con la sua tristezza. E, triste e sconsolata, quale egli, segretamente, la sentiva, quell'adorazione, segretamente, quasi mia diventava!
(presa e attonita) Quasi vostra!?
… Tu eri assente. Eri assente e non morta. Dove ti nascondevi?.. Perché ti nascondevi?.. Se fossi stata degna di ricondurti a lui, mi sarei data a cercarti, a cercarti, e dovunque ti avrei cercata. Ma ecco che, non cercata da nessuno, non ricondotta da nessuno, tu sei qui. Sei tornata, sei tornata quando piú era provvidenziale che tu tornassi. Sei tornata per la tua volontà e per la tua fede, anche piú fedele e piú amorosa e piú devota di come ti fa il tuo ritratto. Che tu sia benedetta!
(ha l'impressione d'un incantesimo o d'un miracolo) Sonia Zarowska!.. Insomma, chi siete, chi siete, voi? Chi siete realmente, ora, «tutta diversa da quella che eravate»?.. E che cosa è questa vostra generosa dolcezza, che mi si è mossa incontro cosí bizzarra, cosí oltre le facoltà umane?
(con uno scatto di cruccio allarmato) Ti sembro io una demente?
(sollecita e tenerissima) Oh, no!.. Una demente, no! Non è mai demenza l'impulso di confortare, d'incoraggiare, di augurare. E i vostri occhi sono pieni di un pensiero sicuro e sagace, la vostra fronte è rischiarata dalla piú lucida ispirazione… (La trae a sé, e se la stringe al petto.) No, no, mia piccola grande amica misteriosa, voi non mi sembrate e non siete una demente!
(rimpicciolendosi nell'abbraccio) Grazie! Grazie!.. E non mi dimenticare, te ne prego! Non mi dimenticare!
(Irrompono Francesco e Ulrico – che si avviavano verso il vestibolo e, dalla stanza attigua, hanno scorto Agnese.)
(vibrante di stupore) Tu qui, Agnese!
(Le due donne si staccano l'una dall'altra con simultanea rapidità.)
(come trasportata da una raffica, sparisce nella penombra del giardino.)
(oltre che dell'arrivo di Agnese, sono stupiti di aver trovate le due donne unite in un amicale abbraccio.)
(ansima, ammutolita da una emozione in cui annegano le sue forze.)
… Non una lettera, non un telegramma che mi avvertisse del tuo arrivo! Non un cenno qualunque che me ne facesse intravvedere la probabilità!.. Un proposito repentino deve averti spinta a venire proprio all'improvviso.