Kitabı oku: «Sperduti nel buio: Dramma in tre atti», sayfa 4
SCENA II
Il DUCA, l'avvocato BARTOLETTI, LIVIA BLANCHARDT
Livia
(dal fondo, restando di là dall'uscio e aprendone un po' i battenti per sporgere la testa) Io entro?
Il duca
(voltandosi) Vi aspettavo.
Livia
(oltrepassa la soglia, e richiude l'uscio.) Lo so. (Ella è tutta avvolta in un gran mantello ricchissimo. Ha un'aria di sfinge, e mette nell'ambiente la nota, non gaia, bensì quasi fatale, della sua eleganza squisita, della sua grazia serpentina e del suo raccoglimento pensoso.) (Avanzandosi) Quando m'invitate a pranzo, è il solo caso in cui io possa permettermi di credere che mi aspettiate. Disturbo?
Il duca
Tutt'altro. (Senza alzarsi, accennando a Bartoletti) È il mio avvocato ed anche una vecchia conoscenza di casa: il signor Bartoletti.
Bartoletti
(s'inchina lievemente.)
Il duca
Si parlava di affari. Ma abbiamo finito. (A Bartoletti, presentando:) La signora Livia Blanchardt.
Bartoletti
(fa un altro lieve inchino) Domando scusa alla signora se io vado via proprio quando ella arriva; ma…
Il duca
(a Livia, indicando Bartoletti:) Le donne lo hanno sempre messo in fuga.
Bartoletti
Questo non è esatto, signora. Mia moglie è madre di otto figliuoli; e li ho fatti io. Ma gli è che l'ora del desinare è giunta anche per me.
Il duca
(con un sorriso scherzoso) Volete pranzare con noi, avvocato? Sarete in buonissima compagnia. Molte belle donnine. Dateci una prova di essere ancora un cultore del gentil sesso.
Bartoletti
Alla mia età…
Il duca
Garantisco che ringiovanirete.
Bartoletti
Non garentisca, Duca. Per fare un dottor Faust, ci vuole per lo meno una Margherita; e non credo che… Con permesso, signor Duca. Con permesso, signora.
Il duca
Senza complimenti?
Bartoletti
Senza complimenti. (Esce a destra.)
SCENA III
Il DUCA e LIVIA
Il duca
(scrivendo) Finisco subito, sapete.
Livia
Cos'è? Lavorate?
Il duca
Un poco. E lavoro per voi.
Livia
Per me? (Sarebbe tentata di avvicinarsi per guardare; ma si trattiene.) (Un lungo silenzio.) (Ella sguscia dal suo mantello, che lascia cadere sopra una poltrona.) (È décolleté, in gran toilette, piuttosto severa, ma splendida, d'un gusto sopraffino: il suo corpo si delinea snello e flessuoso, promettitore di voluttà morbosamente acri.)
Il duca
(alzando un po' gli occhi) Siete magnifica!
(Ancora un breve silenzio.)
Livia
Avete invitata molta gente?
Il duca
Non molta. I nostri amici.
Livia
Lolotte?
Il duca
Sì, ma con lui. (Pausa.) (Firmando) Ecco fatto. (Lacera la bozza dell'avvocato e la getta in un cestino. Ripone in un cassetto dello scrittoio la carta scritta e chiude a chiave.)
Livia
(segue attentamente con la coda dell'occhio tutti i movimenti di lui.) E questo pranzo, perchè?
Il duca
(alzandosi) È la mia festa. Oggi, cinquant'anni. E poi, un po' di nostalgia. Era da tanto tempo che non vedevo più nessuno!
Livia
Neanche me.
Il duca
Questo, per colpa vostra.
Livia
Sono stata in casa, aspettandovi, venti giorni. Ho inviato ogni mattina il mio servo a chiedere notizie della vostra salute. Mi avete fatto rispondere che stavate bene e… nient'altro. (Si aggira con disinvoltura intorno allo scrittoio guardando, indagando.)
Il duca
Se invece d'inviare il vostro servo, foste venuta voi stessa, ne avrei avuto molto piacere.
Livia
Dimenticate le mie abitudini. In casa vostra non sono mai venuta senza che voi mi abbiate chiamata.
Il duca
Per un orgoglio alquanto esagerato.
Livia
Per un'esagerata umiltà, se mi permettete. O, almeno, per una speciale delicatezza. C'è già chi crede che io tenti di raggirarvi.
Il duca
(sdraiandosi in una poltrona) Per far che? Non vi preoccupate. Si sa perfettamente che tutte le sciocchezze che ho commesse ho voluto sempre commetterle io. E, d'altronde, raggirar me! Adesso? Non ne varrebbe la pena.
Livia
(stendendosi tutta sopra una dormeuse) Si dice perfino che io cerchi di diventare vostra moglie.
Il duca
Si dice questo?
Livia
Sì, sì.
Il duca
(tranquillissimo) È una calunnia che potete completamente disprezzare… tanto più che non diventerete mia moglie. I fatti vi daranno ragione. Del resto, sono sicuro che ciò non vi sorriderebbe.
Livia
O Dio, per una donna come me sarebbe, dopo tutto, una graziosa vittoria svegliarsi un bel giorno duchessa di Vallenza. Ma, visto che il Duca di Vallenza siete voi, non è il caso. Con voi non ho ambizioni.
Il duca
Ah!?.. Mi amate?
Livia
Se pure vi amassi, non saprei nè come convincerne voi, nè come convincerne me stessa. Ma mi sento legata a voi più che non mi sia sentita legata ad altri. Questo è più semplice, ed è più convincente.
Il duca
È più convincente, difatti, perchè, senza dubbio, qualche cosa di simile sento io per voi.
Livia
Sul serio?
Il duca
Sul serio. E, anzi, a questo proposito vi voglio dare una notizia che… potrà interessarvi. Mi sono deciso a fare il mio testamento.
Livia
(ha una scossa quasi impercettibile.)
Il duca
Non l'avreste immaginato.
Livia
(dissimulando bene una pungente curiosità) Ma me lo spiego. Siete in un quarto d'ora di spleen.
Il duca
Non si tratta di spleen. Al vostro servo, in questi giorni, per ordine mio, non fu mai detta la verità. Io sono stato molto male…
Livia
La solita idea fissa!
Il duca
Già, ma io ho finalmente costretti i miei medici a non mentirmi sul viso, e sono riuscito a carpir loro la verità, che io avevo intuita da un pezzo. Ci siamo, mia cara! La vita che ho voluto vivere non poteva essere più lunga di così. (Si alza, prende una sigaretta e l'accende.) Certo, con le donne si passa il tempo assai bene; ma il tempo che si passa con le donne è sempre un prestito che si contrae. Ora, la scadenza della mia cambiale è prossima. Una scadenza bizzarra. Senza data. E senza dilazione. Pagamento repentino. (Risiede.) Pagherò.
Livia
Sicchè, se tutto ciò fosse vero, io sarei una di quelle che vi hanno abbreviata l'esistenza.
Il duca
Siete indubbiamente quella che più me l'ha abbreviata, mia buona amica.
Livia
(sempre fredda, sempre indagando) E allora dovreste odiarmi.
Il duca
Sarebbe una contraddizione. Io ho amato in voi appunto questa potenza distruggitrice.
Livia
Un vampiro!
Il duca
No. Ma nella categoria di donne a cui appartenete, siete la più completa. E io (sorridendo con una vaga amarezza)… io premio la vostra superiorità. Non avete ancora indovinato in che modo?
Livia
(eccedendo nella finzione) Io, no.
Il duca
Volete provare il godimento dell'annunzio ufficiale? E sia. Il mio testamento è tutto a favor vostro.
Livia
(non ha neppure un batter di palpebre. Tuttavia, passa sul suo volto come un'onda luminosa.)
Il duca
Lo vedete: non ve ne siete sorpresa.
Livia
Se lo avessi indovinato, avrei finto di sorprendermi.
Il duca
E non mi ringraziate?
Livia
Mi sembrerebbe disgustevole.
Il duca
Neanche un po' di curiosità?
Livia
(stringendosi nelle spalle, fa appena col capo cenno di no.)
Il duca
Vi ammiro. Ma io devo pur comunicarvi ciò che dite di non voler sapere.
Livia
(ascolta acutamente, con la testa arrovesciata sulla breve spalliera della dormeuse, guardando il soffitto, nell'atteggiamento di chi si rassegni mal volentieri ad ascoltare.)
Il duca
Non sarete erede, aimè, d'una gran fortuna. Quello che mi resta. Nondimeno, avrete di che vivere con discreta agiatezza. Non si sa mai! Potreste… potreste… anche essere stanca di avventure…
Livia
Possibilissimo.
Il duca
Sarà in tutto un patrimonio di circa settecentomila lire. Senza pesi. Senza noie. Ma badate, non vorrei aver l'aria di quel che non sono, cioè d'un uomo troppo generoso o troppo stravagante. Il fatto è che non ho parenti. Non ho nessuno. In fondo, io non vi ho preferito che allo Stato, col quale non ho mai avuto nulla di comune, e agli istituti di beneficenza, che il più delle volte beneficano i loro amministratori. Nè più, nè meno.
Livia
(sempre guardando il soffitto) Ciò non diminuisce la mia gratitudine.
Il duca
In questo momento sono io grato a voi che non vi sia parso anco una volta disgustevole di dirmi una parola gentile.
Livia
Mi accorgo che poco fa non mi avete compresa. (Stendendogli un braccio) Via, datemi la vostra mano. Sarebbe veramente una cattiva cosa che proprio questa conversazione creasse qualche equivoco fra noi o lasciasse qualche pena nell'animo vostro!
Il duca
(andando a lei e stringendole la mano fortemente) Sì, Livia, avete ragione. Io sono in una condizione di spirito… terribile!
Livia
Lo vedo.
Il duca
(sovreccitandosi e spasimando) Io ho bisogno di dolcezza. Ho bisogno… (quasi non vorrebbe pronunziare la parola) ho bisogno di bontà. Ne sono come assetato. Per quanto ciò vi possa parere un fenomeno maraviglioso, credetemi, credetemi, Livia, ve ne prego!
Livia
(si è alzata e gli si trova di faccia, fissandolo come per penetrarne il pensiero e per ispirargli fiducia.) Vi credo.
(Un silenzio.)
Il duca
(cercando di calmarsi) Io, Livia, vi farò delle confidenze. Le farò a voi… Siete oramai la persona a me più vicina… Vi farò delle confidenze strane. E sarà strano, soprattutto, che a tante ore pazze che abbiamo passate insieme ne succedano delle altre… così diverse, così piene di tristezza! (I suoi sguardi errano nel vuoto. Poi, egli sorride quasi stupidamente. Poi, si rivolge a lei con timidità) Volete accogliere le mie confidenze?
Livia
(fermamente) Sì.
Il duca
Per assistere un condannato a morte, sarà pur necessario che cerchiate nel fondo del vostro cuore qualche cosa che somigli alla tenerezza. E forse la troverete davvero. La nostra natura ha complicazioni imprevedibili… (Pausa.) (Scrutando sè stesso, tutto assorto, siede.)
Livia
(gli resta accanto, dritta in piedi.)
Il duca
Io, per esempio, da quando ho cominciato a sospettare non lontana la mia fine, ho vagamente, inconsapevolmente, cercato di mettere in pace la mia coscienza. E quando più tardi ho potuto ascoltare la condanna sicura, ho avuta immediatamente la consapevolezza di questo mio desiderio di pace intima. Io! Capite?.. Inesplicabile! E ho rivangata tutta la mia vita. Distinguere bene ciò che era stato biasimevole non sapevo, e non saprei nemmeno adesso. A lungo andare se ne perde il concetto preciso. E, inoltre, l'impossibilità assoluta di riparare suggerisce il dubbio che quello che si chiama pentimento non sia… non sia che una burletta, molto comoda. E poi!.. Pentirsi solamente è un'impotenza! E questa impotenza è asfissiante, è umiliante!.. Un uomo come me, abituato a non vedere ostacoli dinanzi alla propria volontà, non dovrebbe potersi soltanto pentire. Pentirsi, va bene; ma anche fare, fare, fare qualche cosa! (Pausa.) E… per uno solo degli episodi della mia vita, io ho tentato, ho insistentemente tentato di tradurre in fatto il pentimento! Ne avevo un ricordo che mi tormentava più di ogni altro ricordo. Ai suoi tempi, quell'episodio non ebbe nessuna importanza; ma nel ricordarmene assumeva un aspetto severo, concreto, implacabile: un aspetto di colpa senza attenuanti.
Livia
(misurando le parole) Probabilmente, voi ingrandite l'aspetto di questa colpa.
Il duca
(reciso) No, perchè io ho la sicurezza di avere una figlia!
Livia
(ha un sussulto. Poi si ferma.) Dov'è questa figlia?
Il duca
Non lo so. L'ho cercata. Ma non avevo nè una traccia, nè un indizio. Sua madre mi sembrava d'averla riveduta, una sola volta, di sera, allo sbocco d'un angiporto sinistro della vecchia Napoli, nella penombra. Uno dei fantasmi della prostituzione più umile. Ne avevo avuto un senso di fastidio momentaneo. Poi, più nulla. E dimenticai. Ebbene, in questo periodo di risveglio della mia coscienza, in quell'angiporto sono tornato io stesso più volte. Ma erano passati altri nove anni! Nessuno seppe darmi notizie. Quel mondo, laggiù, è un immenso mare che l'occhio non vede e che pur trasporta di qua e di là, capricciosamente, come nel buio, creature vive a guisa di corpi morti. Talvolta le ingoia addirittura, tal'altra le scompone, le ricompone, le trasforma, le nasconde, le avvolge di mistero impenetrabile. Dove sono? Che fanno? Che sono diventate?.. Impossibile sapere!
Livia
(pallida, sempre più acuendo il pensiero nella sua abituale concentrazione, si allontana, siede.) Devo dirvi lealmente quello che penso?
Il duca
Lo desidero.
Livia
Io non so capire come il genere di donna a cui avete accennato possa darvi la sicurezza che vi tormenta così. Che cos'era, infine, questa donna?
Il duca
Che cos'era?.. Niente. Era un misero corpicino umano, insignificante, inerte. La più completa assenza di volontà. La più completa assenza del discernimento di qualsiasi diritto. Un istinto di umiltà e di sottomissione da innocua bestiolina domestica. Un povero cervello d'idiota smarrita nella folla. Diciotto anni. Due occhi assai belli. E una verginità scampata, per caso, alla curiosità degli uomini. Ecco quello che era.
Livia
E voi…?
Il duca
Io non ebbi altro scopo che d'impiegare in una qualunque brutalità nuova dieci minuti d'una giornata noiosa! (Breve pausa) Questa piccola operaia senza lavoro, che era venuta a chiedermi non so quale raccomandazione, uscì di casa mia con un po' di denaro, baciandomi le mani e benedicendomi. Mi promise di non darmi nessuna noia, e mantenne la promessa per circa un anno. Ma un giorno, la trovai dinanzi alla mia casa. Lattava una bambina bruna. Mi disse timidamente, tremando: – Eccellenza, questa bambina è vostra. – Finsi di non credere. Mi sottrassi a lei con uno sgarbo disdegnoso. Per mezzo d'un servo le mandai ancora del danaro e l'ordine preciso di non farsi più vedere. Ella volle che il servo mi riferisse le parole della sua riconoscenza… E non la vidi più.
(Un silenzio.)
Livia
(stentando a mostrarsi calma) Sicchè, se le ricerche da voi tentate non fossero riuscite infruttuose, voi avreste raccolta e riconosciuta come vostra la figlia di quella sciagurata?
Il duca
Certamente.
Livia
Anche se l'aveste trovata già nella perdizione, già nel fango, già in un lupanare?
Il duca
(si alza esaltandosi) In tal caso l'avrei raccolta con una più grande gioia, perchè mi sarebbe parso di compendiare nello sforzo della riparazione tutti i sacrifizi necessari a ripagarmi la tranquillità. E di questa tranquillità io sento l'urgenza, Livia!
Livia
È un'aberrazione!
Il duca
È una febbre, è una febbre atroce, che mi possiede e che cresce di minuto in minuto. Io, vedete, non solo vorrei trovare mia figlia ma vorrei pure… vorrei pure scorgerla attraverso un ostacolo da superare, attraverso un pericolo, attraverso le fiamme di un incendio per poter giungere a lei dopo essermi gettato in quelle fiamme, dopo aver sentito nella carne viva le scottature più dilanianti, le trafitture delle piaghe più profonde! (Cade abbattuto sopra una poltrona.)
(Un breve silenzio.)
Livia
(col volto contratto dall'interno rodìo) Continuate a cercare, e… chi sa!
Il duca
Non ne avrò più il tempo!.. Ne sono così persuaso che se mi facessi saltare le cervella o ingoiassi un veleno, non mi parrebbe di compiere un suicidio, ma soltanto mi parrebbe di evitare a me stesso il fastidio dell'agonia.
Livia
(ha un lampo passeggiero negli occhi.)
Il duca
Ci pensate voi all'agonia d'un uomo come me? (Rabbrividisce.) Ci pensate all'agonia spasmodica di quest'uomo, che ha solamente goduto e non lascia nessuna traccia di bene e non vede intorno a sè che il vuoto… il vuoto o le ombre delle vittime fatte dal suo egoismo? Ci pensate, voi, Livia? Ci pensate a tutto questo?
Livia
(fissandolo negli occhi) Ma… voi non commetterete nessuna follia?!
Il duca
(anch'egli in piedi, fissando lei alla sua volta) E siete sincera esortandomi a non commetterla?
Livia
(ha un moto di sdegno e di asprezza felina che tradisce la sfinge.)