Kitabı oku: «Приключения Пиноккио. История деревянной куклы. Уровень 1 / Le avventure di Pinocchio. Storia d’un burattino», sayfa 2
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Geppetto torna a casa, e dà al burattino la colazione che il povero uomo aveva portata per sé
Il povero Pinocchio, che aveva sempre gli occhi fra il sonno, non ha avvisto che i piedi si erano tutti bruciati: per cui appena ha sentito la voce di suo padre, è schizzato giù dallo sgabello per correre a tirare il paletto; ma invece, dopo due o tre traballoni, è caduto.
– Aprimi! – intanto gridava Geppetto.
– Babbo mio, non posso, – rispondeva il burattino piangendo.
– Perché non puoi?
– Perché mi hanno mangiato i piedi.
– E chi te li ha mangiati?
– Il gatto, – ha detto Pinocchio, vedendo il gatto che si divertiva a fare ballare alcuni trucioli di legno.
– Aprimi, ti dico! – ha ripetuto Geppetto.
– Non posso stare ritto, credetelo. Oh! povero me! povero me, che mi toccherà a camminare con i ginocchi per tutta la vita!..
Geppetto arrampicatosi su per il muro, è entrato in casa dalla finestra.
Quando ha visto il suo Pinocchio sdraiato in terra e rimasto senza piedi davvero, allora ha sentito intenerirsi; l’ha preso subito in collo, si è dato a baciarlo e gli ha detto singhiozzando:
– Pinocchiuccio mio! Com’è che ti sei bruciato i piedi?
– Non lo so, babbo, ma credetelo che è stata una notte d’inferno. Tonava, e io avevo una gran fame, e allora il Grillo-parlante mi ha detto: «Ti sta bene: sei stato cattivo, e te lo meriti» e io gli ho detto: «Bada, Grillo!..» e lui mi ha detto: «Tu sei un burattino e hai la testa di legno» e io gli ho tirato un manico di martello, e lui è morto, ma la colpa era sua, perché io non volevo ammazzarlo, ho messo un tegamino sulla brace accesa del caldano, ma il pulcino è scappato fuori e ha detto: «Arrivederla… e tanti saluti a casa». E la fame cresceva sempre, motivo per cui quel vecchino con il berretto da notte mi ha detto: «Fatti sotto e para il cappello» e io con quella catinellata d’acqua sul capo, perché il chiedere un po’ di pane non è vergogna, non è vero? Sono tornato subito a casa, e perché avevo sempre una gran fame, ho messo i piedi sul caldano per rasciugarmi, e voi siete tornato, e me li sono trovati bruciati, e intanto la fame l’ho sempre e i piedi non li ho più!
E il povero Pinocchio ha cominciato a piangere.
Geppetto ha tirato fuori di tasca tre pere e ha detto:
– Queste tre pere erano la mia colazione: ma io te le do volentieri. Mangiale, e buon pro ti faccia32.
– Fatemi il piacere di sbucciarle.
– Sbucciarle? – ha replicato Geppetto meravigliato. – Male! In questo mondo, fin da bambini, bisogna avvezzarsi abboccati e a sapere mangiare di tutto, perché non si sa mai quel che può capitare. I casi sono tanti!..
– Voi direte bene, – ha detto Pinocchio, – ma le bucce non le posso soffrire.
E quel buon uomo di Geppetto ha sbucciato le tre pere, e ha posto tutte le bucce sopra un angolo della tavola.
Quando Pinocchio in due bocconi ha mangiato la prima pera, ha fatto l’atto di buttare via il torsolo: ma Geppetto gli ha trattenuto il braccio, dicendogli:
– Non lo buttare via: tutto in questo mondo può far comodo33.
– Ma io il torsolo non lo mangio davvero!.. – ha gridato il burattino.
– Chi lo sa! I casi sono tanti!.. – ha ripetuto Geppetto.
I tre torsoli, invece di essere gettati fuori dalla finestra, sono stati posati sull’angolo della tavola in compagnia delle bucce.
Pinocchio ha fatto un lunghissimo sbadiglio e ha detto:
– Ho dell’altra fame!
– Ma io, ragazzo mio, non ho più nulla da darti.
– Proprio nulla, nulla?
– Ci avrei soltanto queste bucce e questi torsoli di pera.
– Pazienza!34 – ha detto Pinocchio, – se non c’è altro, mangerò una buccia.
E ha cominciato a masticare. Da principio ha storto un po’ la bocca: ma poi una dietro l’altra, ha spolverato in un soffio35 tutte le bucce: e dopo le bucce anche i torsoli, e quando ha finito di mangiare ogni cosa, si è battuto contento le mani sul corpo, e ha detto:
– Ora sì che sto bene!
– Vedi dunque, – ha osservato Geppetto, – che avevo ragione io quando ti dicevo che non bisogna avvezzarsi troppo delicati di palato. Caro mio, non si sa mai quel che può capitare in questo mondo. I casi sono tanti!..
8
Geppetto ha rifatto i piedi a Pinocchio, e vende la propria casacca per comprargli l’Abbecedario
Il burattino ha cominciato subito a piangere, perché voleva un paio di piedi nuovi.
Ma Geppetto, per punirlo della monelleria fatta, l’ha lasciato piangere e disperarsi per una mezza giornata: poi gli ha detto:
– E perché devo rifarti i piedi? Forse per vederti scappare di nuovo da casa tua?
– Vi prometto, – ha detto il burattino, – che da oggi in poi36 sarò buono…
– Tutti i ragazzi, – ha replicato Geppetto, – quando vogliono ottenere qualcosa, dicono così.
– Vi prometto che andrò a scuola e studierò…
– Tutti i ragazzi, quando vogliono ottenere qualcosa, ripetono la medesima storia.
– Ma io non sono come gli altri ragazzi! Io sono più buono di tutti. Vi prometto, babbo, che imparerò un’arte, e che sarò la consolazione e il bastone della vostra vecchiaia.
Geppetto che aveva gli occhi pieni di pianto e il cuore grosso dalla passione nel vedere il suo povero Pinocchio, non ha risposto altre parole: ma, ha preso in mano gli arnesi del mestiere e due pezzetti di legno stagionato, si è posato a lavorare di grandissimo impegno.
E in meno di un’ora, i piedi erano fatti.
Allora Geppetto ha detto al burattino:
– Chiudi gli occhi e dormi!
E Pinocchio ha chiuso gli occhi e ha fatto finta37 di dormire. E nel tempo che si fingeva addormentato, Geppetto con un po’ di colla gli ha appicciato i due piedi al loro posto, e li ha appicciati così bene, che non si vedeva nemmeno il segno dell’attaccatura.
Appena il burattino si è accorto i piedi, è saltato giù dalla tavola dove stava disteso.
– Per ricompensarvi di quanto avete fatto per me, – ha detto Pinocchio al suo babbo, – voglio subito andare a scuola.
– Bravo ragazzo.
– Ma per andare a scuola ho bisogno di un po’ di vestito.
Geppetto, che era povero e non aveva in tasca nemmeno un centesimo, gli ha fatto allora un vestito di carta fiorita, un paio di scarpe di scorza d’albero e un berretto di midolla di pane.
Pinocchio è corso subito a specchiarsi in una catinella piena d’acqua e è rimasto così contento di sé, che ha detto:
– Paio proprio un signore!
– Davvero, – ha replicato Geppetto, – ma non è il vestito bello che fa il signore, ma è piuttosto il vestito pulito.
– A proposito, – ha soggiunto il burattino, – per andare alla scuola mi manca sempre qualcosa.
– Cioè?
– Mi manca l’Abbecedario.
– Hai ragione: ma come si fa per averlo?
– È facilissimo: si va da un libraio e si compra.
– E i quattrini?
– Io non ce l’ho.
– Nemmeno io, – ha soggiunto il vecchio, facendosi triste.
E Pinocchio si è fatto triste anche lui: perché la miseria, la intendono tutti: anche i ragazzi.
– Pazienza! – ha gridato Geppetto rizzandosi in piedi; si è infilato la vecchia casacca di frustagno, è uscito correndo di casa.
Dopo poco è tornato: e quando è tornato, aveva in mano l’Abbecedario per il figliolo, ma la casacca non l’aveva più. Il pover’uomo era in maniche di camicia38, e fuori nevicava.
– E la casacca, babbo?
– L’ho venduta.
– Perché l’avete venduta?
– Perché mi faceva caldo.
Pinocchio ha capito questa risposta a volo39, è saltato al collo di Geppetto e ha cominciato a baciarlo per tutto il viso.
9
Pinocchio vende l’Abbecedario per andare a vedere il teatrino dei burattini
Pinocchio, con il suo bravo Abbecedario nuovo sotto il braccio, ha preso la strada che menava alla scuola: e fantasticava mille ragionamenti e mille castelli in aria uno più bello dell’altro.
E diceva:
– Oggi, alla scuola, voglio subito imparare a leggere: domani imparerò a scrivere, e domani l’altro imparerò a fare i numeri. Poi, con la mia abilità, guadagnerò molti quattrini e con i primi quattrini che mi verranno in tasca, voglio subito fare al mio babbo una bella casacca di panno: perché, insomma, per comprarmi i libri e per farmi istruire, è rimasto in maniche di camicia… a questi freddi!
Mentre tutto commosso diceva così, gli è parso di sentire in lontananza una musica di pifferi e di colpi di gran cassa: pì-pì-pì, pì-pì-pì, zum, zum, zum, zum.
Si è fermato e è stato in ascolto. Quei suoni venivano di fondo a una lunghissima strada traversa, che conduceva a un piccolo paese fabbricato sulla spiaggia del mare.
– Peccato che io devo andare a scuola, se no…
E è rimasto lì perplesso. A ogni modo40, bisognava prendere una risoluzione: o a scuola, o a sentire i pifferi.
– Oggi andrò a sentire i pifferi, e domani a scuola: per andare a scuola c’è sempre tempo, – ha detto quel monello, facendo una spallucciata.
Detto fatto, ha infilato giù per la strada traversa e ha cominciato a correre a gambe. Più correva e più sentiva distinto il suono dei pifferi e dei tonfi della grancassa: pì-pì-pì, pì-pì-pì, pì-pì-pì, zum, zum, zum, zum.
Quando si è trovato in mezzo a una piazza tutta piena di gente, la quale si affollava intorno a un gran baraccone di legno e di tela dipinta di mille colori.
– Che cos’è quel baraccone? – ha domandato Pinocchio, voltandosi a un ragazzetto.
– Leggi il cartello, che c’è scritto, e lo saprai.
– Lo leggerei volentieri, ma per l’appunto oggi non so leggere.
– Bravo bue! Allora te lo leggerò io. In quel cartello a lettere rosse come il fuoco, c’è scritto: GRAN TEATRO DEI BURATTINI…
– È molto che41 è incominciata la commedia?
– Comincia ora.
– E quanto si spende per entrare?
– Quattro soldi.
Pinocchio, che aveva addosso la febbre della curiosità, ha perso ogni ritegno e ha detto al ragazzetto:
– Mi daresti quattro soldi fino a domani?
– Te li darei volentieri, – gli ha risposto l’altro canzonandolo, – ma oggi per l’appunto non te li posso dare.
– Per quattro soldi, ti vendo la mia giacchetta, – gli ha detto allora il burattino.
– Cosa devo fare con una giacchetta di carta fiorita?
– Vuoi comprare le mie scarpe?
– Sono buone per accendere il fuoco.
– Quanto mi dai del berretto?
– Bell’acquisto davvero! Un berretto di midolla di pane!
Pinocchio era sulle spine42. Stava lì lì43 per fare un’ultima offerta: ma non aveva coraggio. Alla fine ha detto:
– Vuoi darmi quattro soldi di quest’Abbecedario nuovo?
– Io sono un ragazzo, e non compro nulla dai ragazzi, – gli ha risposto il suo piccolo interlocutore, che aveva più giudizio di lui.
– Per quattro soldi l’Abbecedario lo prendo io, – ha gridato un rivenditore di panni usati.
E il libro è stato venduto su due piedi44. E pensare che quel pover’uomo di Geppetto era rimasto a casa, a tremare dal freddo, per comprare l’Abbecedario al figliolo!
10
I burattini riconoscono il loro fratello Pinocchio, e gli fanno una grandissima festa; ma sul più bello, esce fuori il burattinai Mangiafoco, e Pinocchio corre il pericolo di fare una brutta fine
Quando Pinocchio è entrato nel teatrino delle marionette, è accaduto un fatto che ha destato una rivoluzione.
Bisogna sapere che il sipario era tirato su e la commedia era già incominciata.
Sulla scena si vedevano Arlecchino e Pulcinella, che bisticciavano fra di loro e minacciavano da un momento all’altro45 di scambiarsi un carico di schiaffi e di bastonate.
La platea, tutta attenta, si mandava a male46 dalle grandi risate, nel sentire il battibecco di quei due burattini.
Quando all’improvviso, Arlecchino ha smesso di recitare, e voltandosi verso il pubblico e accennando con la mano qualcuno in fondo alla platea, comincia a urlare in tono drammatico:
– Numi del firmamento!47 sogno o sono desto? Eppure quello laggiù è Pinocchio!..
– È Pinocchio davvero! – grida Pulcinella.
– È proprio lui! – strilla la signora Rosaura, facendo capolino48 di fondo alla scena.
– È Pinocchio! è Pinocchio! – urlano in coro tutti i burattini.
– È Pinocchio! È il nostro fratello Pinocchio! Evviva Pinocchio!..
– Pinocchio, vieni quassù da me, – grida Arlecchino, – vieni a gettarti fra le braccia dei tuoi fratelli di legno!
A questo affettuoso invito, Pinocchio spicca un salto49, e di fondo alla platea va nei posti distinti; e di lì schizza sul palcoscenico.
È impossibile figurarsi gli abbracciamenti, i pizzicotti dell’amicizia e le zuccate della vera e sincera fratellanza, che Pinocchio ha ricevuto in mezzo a50 tanto arruffio dagli attori e dalle attrici.
Questo spettacolo era commovente, ma il pubblico della platea, vedendo che la commedia non andava più avanti, si è impazientito e ha preso a gridare:
– Vogliamo la commedia, vogliamo la commedia!
Ma i burattini, invece di continuare la recita, hanno raddoppiato il chiasso e le grida.
Allora è uscito fuori il burattinaio, un omone così brutto, che metteva paura soltanto a guardarlo. Aveva una barbaccia nera come uno scarabocchio d’inchiostro, e tanto lunga che gli scendeva dal mento fino a terra. La sua bocca era larga come un forno, i suoi occhi parevano due lanterne di vetro rosso, con il lume acceso di dietro; e con le mani schioccava una grossa frusta, fatta di serpenti e di code di volpe attorcigliate insieme.
All’apparizione inaspettata del burattinaio, sono ammutoliti tutti. Quei poveri burattini, maschi e femmine, tremavano come tante foglie.
– Perché sei venuto a mettere lo scompiglio nel mio teatro? – ha domandato il burattinaio a Pinocchio.
– La creda, illustrissimo, che la colpa non è stata mia!..
– Basta così! Stasera faremo i nostri conti.
Difatti, è finita la recita della commedia, il burattinaio è andato in cucina, dove ha preparato per cena un bel montone, che girava lentamente infilato nello spiede. E perché gli mancavano le legna per finirlo di cuocere e di rosolare, ha chiamato Arlecchino e Pulcinella e ha detto loro:
– Portatemi quel burattino, che troverete attaccato al chiodo. Mi pare un burattino fatto di un legname molto asciutto, e sono sicuro che, a buttarlo sul fuoco, mi darà una bellissima fiammata all’arrosto.
Arlecchino e Pulcinella da principio hanno esitato; ma impauriti da un’occhiataccia del loro padrone, hanno obbedito: e dopo poco sono tornati in cucina, portando sulle braccia il povero Pinocchio, il quale strillava:
– Babbo mio, salvatemi! Non voglio morire, no, non voglio morire!..
Упражнения
1. Выберите правильный вариант:
Mastr’Antonio fa il mugnaio.
Mastr’Antonio fa il falegname.
Mastr’Antonio fa il fornaio.
Mastr’Antonio fa il pescatore.
2. Подберите антонимы:
bello – _________________________
grande – _______________________
ricco – _________________________
vivo – _________________________
simpatico – _____________________
forte – _________________________
triste – ________________________
corto – ________________________
3. Выберите нужный предлог:
in – di – a – da – con
Mentre tutto commosso diceva così, gli è parso _______ sentire _______ lontananza una musica _______ pifferi e _______ colpi _______ gran cassa.
E’ tornato _______ casa bagnato come un pulcino e rifinito _______ stanchezza e _______ fame.
Il povero burattino è rimasto lì, come incantato, _______ gli occhi fissi, _______ la bocca aperta e _______ i gusci _______ uovo _______ mano.
Allora è uscito fuori il burattinaio, un omone così brutto, che metteva paura soltanto _______ guardarlo.
4. Выберите правильный глагол:
Quei suoni venivano di fondo a una lunghissima strada traversa, che _______ a un piccolo paese fabbricato sulla spiaggia del mare.
andava
conduceva
portava
finiva
Ответы:
1. Mastr’Antonio fa il falegname.
3. 1. di, in, di, di, di. 2. a, dalla, dalla. 3. con, con, con, dell’, in. 4. a.
4. conduceva
11
Mangiafoco starnutisce e perdona a Pinocchio, il quale poi difende dalla morte il suo amico Arlecchino
Il burattinaio Mangiafoco pareva un uomo spaventoso, specie con la sua barba nera; ma nel fondo poi non era un cattivo uomo. Quando ha visto davanti quel povero Pinocchio, urlando «Non voglio morire, non voglio morire!», ha principiato a commuoversi e a impietosirsi, e ha lasciato andare un sonorissimo starnuto.
A quello starnuto, Arlecchino, che fin allora era stato afflitto e ripiegato come un salcio piangente, si è fatto tutto allegro in viso e chinatosi verso Pinocchio, gli ha bisbigliato sottovoce:
– Buone nuove, fratello! Il burattinaio ha starnutito, e questo è segno che si è mosso a compassione per te, e oramai sei salvo.
Perché bisogna sapere che, mentre tutti gli uomini, quando si sentono impietositi per qualcuno, o piangono, o per lo meno fanno finta51 di rasciugarsi gli occhi, Mangiafoco, invece, ogni volta che si inteneriva davvero aveva il vizio di starnutire. Era un modo come un altro, per dare a conoscere agli altri la sensibilità del suo cuore.
Dopo il burattinaio, seguitando a fare il burbero, ha gridato a Pinocchio:
– Finiscila di piangere! Etcì! Etcì! – e ha fatto altri due starnuti.
– Felicità!52 – ha detto Pinocchio.
– Grazie. E il tuo babbo e la tua mamma sono sempre vivi? – gli ha domandato Mangiafoco.
– Il babbo, sì: la mamma non l’ho mai conosciuta.
– Chi lo sa che dispiacere sarebbe per il tuo vecchio padre… Povero vecchio! lo compatisco!.. Etcì, etcì, etcì – e ha fatto altri tre starnuti.
– Felicità! – ha detto Pinocchio.
– Grazie! Del resto bisogna compatire anche me, perché, come vedi, non ho più legna per finire di cuocere quel montone arrosto! Ma ormai mi sono impietosito. Invece di te, metterò a bruciare sotto lo spiede qualche burattino della mia Compagnia. Olà, giandarmi!
A questo comando sono comparsi due giandarmi di legno, lunghi lunghi, secchi secchi, con il cappello a lucerna in testa e con la sciabola sfoderata in mano.
Allora il burattinaio ha detto loro con voce rantolosa:
– Pigliatemi quell’Arlecchino, e poi gettatelo a bruciare sul fuoco.
Figuratevi il povero Arlecchino!
Pinocchio, alla vista di quello spettacolo straziante, è andato a gettarsi ai piedi del burattinaio, e piangendo, ha cominciato a dire con voce supplichevole:
– Pietà, signor Mangiafoco!..
– Qui non ci son signori! – ha replicato duramente il burattinaio.
– Pietà, signor Cavaliere!..
– Qui non ci sono cavalieri!
– Pietà, signor Commendatore!..
– Qui non ci sono commendatori!
– Pietà, Eccellenza!..
A sentirsi chiamare Eccellenza, il burattinaio è diventato più umano, ha detto a Pinocchio:
– Ebbene, che cosa vuoi da me?
– Vi domando grazia per il povero Arlecchino!..
– Qui non c’è grazia. Se ho risparmiato te, bisogna che mettere sul fuoco lui.
– In questo caso, – ha gridato Pinocchio, – in questo caso conosco qual è il mio dovere. Avanti, signori giandarmi! Legatemi e gettatemi fra quelle fiamme!
Queste parole hanno fatto piangere tutti i burattini che erano presenti a quella scena. Gli stessi giandarmi piangevano come due agnellini di latte.
Mangiafoco, sul principio, è rimasto duro e immobile come un pezzo di ghiaccio: ma poi, adagio adagio, ha cominciato a commuoversi e a starnutire. E fatti quattro o cinque starnuti, ha aperto affettuosamente le braccia e ha detto a Pinocchio:
– Tu sei un gran bravo ragazzo! Vieni qua da me e dammi un bacio.
Pinocchio è corso subito, è andato a posargli un bellissimo bacio sulla punta del naso.
– Dunque la grazia è fatta? – ha domandato il povero Arlecchino, con un fil di voce53 che si sentiva appena.
– La grazia è fatta! – ha risposto Mangiafoco: poi ha soggiunto sospirando: – Pazienza! Per questa sera mi rassegnerò a mangiare il montone mezzo crudo: ma un’altra volta, guai a chi toccherà!..
Alla notizia della grazia ottenuta, i burattini sono corsi tutti sul palcoscenico e hanno cominciato a saltare e a ballare.
12
Il burattinaio Mangiafoco regala cinque monete d’oro a Pinocchio perché le porti al suo babbo Geppetto: e Pinocchio, invece, si lascia abbindolare dalla Volpe e dal Gatto e se ne va con loro
Il giorno dipoi Mangiafoco ha chiamato in disparte54 Pinocchio e gli ha domandato:
– Come si chiama tuo padre?
– Geppetto.
– E che mestiere fa?
– Il povero.
– Guadagna molto?
– Guadagna tanto quanto ci vuole per non avere mai un centesimo in tasca. Si figuri che per comprarmi l’Abbecedario della scuola ha dovuto vendere l’unica casacca che aveva.
– Povero diavolo! Mi fa quasi compassione. Ecco qui cinque monete d’oro. Va’ subito a portargliele e salutalo tanto da parte mia.
Pinocchio ha ringraziato mille volte il burattinaio: ha abbracciato, a uno a uno55, tutti i burattini della compagnia, anche i giandarmi; e fuori di sé56 dalla contentezza, si è messo in viaggio per ritornare a casa sua.
Ma ha incontrato per la strada una Volpe zoppa da un piede e un Gatto cieco da tutt’e due gli occhi che andavano là là57, aiutandosi fra di loro. La Volpe, che era zoppa, camminava appoggiandosi al Gatto: e il Gatto, che era cieco, si lasciava guidare dalla Volpe.
– Buon giorno, Pinocchio, – gli ha detto la Volpe, salutandolo garbatamente.
– Com’è che sai il mio nome? – ha domandato il burattino.
– Conosco bene il tuo babbo.
– Dove l’hai visto?
– L’ho visto ieri sulla porta di casa sua.
– E che cosa faceva?
– Era in maniche di camicia e tremava dal freddo.
– Povero babbo! Ma, se Dio vuole, da oggi in poi non tremerà più!..
– Perché?
– Perché io sono diventato un gran signore.
– Un gran signore tu? – ha detto la Volpe, e ha cominciato a ridere: e il Gatto rideva anche lui, ma per non darlo a vedere58, si pettinava i baffi con le zampe davanti.
– C’è poco da ridere, – ha gridato Pinocchio impermalito. – Mi dispiace davvero di farvi venire l’acquolina in bocca59, ma queste qui sono cinque bellissime monete d’oro.
E ha tirato fuori le monete.
Al simpatico suono di quelle monete, la Volpe per un moto involontario ha allungato la gamba che pareva rattrappita, e il Gatto ha spalancato gli occhi: ma poi li ha richiusi subito, che Pinocchio non si è accorto di nulla.
– E ora, – gli ha domandato la Volpe, – che cosa vuoi fare con le monete?
– Prima di tutto, – ha risposto il burattino, – voglio comprare per il mio babbo una bella casacca nuova, tutta d’oro e d’argento e con i bottoni di brillanti: e poi voglio comprare un Abbecedario per me.
– Per te?
– Davvero: perché voglio andare a scuola e mettermi a studiare a buono.
– Guarda me! – ha detto la Volpe. – Per la passione sciocca di studiare ho perduto una gamba.
– Guarda me! – ha detto il Gatto. – Per la passione sciocca di studiare ho perduto la vista di tutti e due gli occhi.
In quel mentre60 un Merlo bianco, che si stava appollaiato sulla siepe della strada, ha fatto il suo solito verso e ha detto:
– Pinocchio, non dar retta61 ai consigli dei cattivi compagni: se no, te ne pentirai!
Povero Merlo! Il Gatto gli si è avventato addosso, e senza dargli nemmeno il tempo di dire ohi, l’ha mangiato in un boccone. Lui ha chiuso gli occhi, e ha ricominciato a fare il cieco come prima.
– Povero Merlo! – ha detto Pinocchio al Gatto, – perché l’hai trattato così male?
– Ho fatto per dargli una lezione. Così un’altra volta imparerà a non mettere bocca nei discorsi degli altri.
Erano giunti più che a mezza strada quando la Volpe, fermandosi, ha detto al burattino:
– Vuoi raddoppiare le tue monete d’oro?
– Cioè?
– Vuoi tu, di cinque zecchini, farne cento, mille, duemila?
– Magari! e la maniera?
– La maniera è facilissima. Invece di tornarti a casa tua, dovresti venire con noi.
– E dove mi volete condurre?
– Nel paese dei Barbagianni.
Pinocchio ha pensato un poco, e poi ha detto risolutamente:
– No, non ci voglio venire. Oramai sono vicino a casa, e voglio andare a casa, dove c’è il mio babbo che mi aspetta. Chi lo sa, quanto ha sospirato ieri, a non vedermi tornare. Purtroppo io sono stato un figliolo cattivo. E io l’ho provato a mie spese, perché mi sono capitate dimolte disgrazie, e anche ieri sera in casa di Mangiafoco, ho corso pericolo… Brrr! mi viene i bordoni62 soltanto a pensarci!
– Dunque, – ha detto la Volpe, – vuoi proprio andare a casa tua? Allora va’ pure, e tanto peggio per te.
– Tanto peggio per te! – ha ripetuto il Gatto.
– Pensaci bene, Pinocchio, perché tu dai un calcio alla fortuna63.
– Alla fortuna! – ha ripetuto il Gatto.
– I tuoi cinque zecchini, dall’oggi al domani sarebbero diventati duemila.
– Duemila! – ha ripetuto il Gatto.
– Ma com’è mai possibile che diventino tanti? – ha domandato Pinocchio, restando a bocca aperta dallo stupore.
– Te lo spiego subito, – ha detto la Volpe. – Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c’è un campo benedetto, chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro, per esempio, uno zecchino d’oro. Poi ricopri la buca con un po’ di terra: l’annaffi con due secchie d’acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia, e la mattina dopo che cosa trovi? Trovi un bell’albero carico di tanti zecchini d’oro.
– Sicché dunque, – ha detto Pinocchio, – la mattina dopo quanti zecchini ci troverei?
– È un conto facilissimo, – ha risposto la Volpe, – un conto che puoi farlo sulla punta delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque, e la mattina dopo ti trovi in tasca duemilacinquecento zecchini.
– Oh che bella cosa! – ha gridato Pinocchio, ballando dall’allegrezza. – Appena che questi zecchini li avrò raccolti, duemila prenderò per me e gli altri cinquecento di più li darò in regalo a voialtri due.
– Noi, – riprese la Volpe, – non lavoriamo per il vile interesse: noi lavoriamo unicamente per arricchire gli altri.
– Gli altri! – ha ripetuto il Gatto.
– Che brave persone! – ha pensato dentro di sé Pinocchio: e dimenticandosi del suo babbo, della casacca nuova, dell’Abbecedario, ha detto alla Volpe e al Gatto:
– Andiamo subito, io vengo con voi.
Ücretsiz ön izlemeyi tamamladınız.