Kitabı oku: «La Fossa Di Oxana», sayfa 3

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Capitolo Cinque

Oxana estese la sua ospitalità a Raymond Chase permettendogli di trascorrere la notte nella sua remota baracca nella giungla. Lo fece dormire nella sua infermeria, che per puro caso conteneva un letto appena liberatosi.

Il giorno seguente, dopo aver consumato il pranzo preparato dal cuoco e Alginon, sulla veranda di Oxana, il signor Chase esaminò venticinque esemplari di ambra. Apparentemente non impressionato da questi, chiese di rivedere la salamandra e gli scorpioni.

Nel frattanto che Oxana lo osservava studiare l’ambra contenente la salamandra maculata, notò un lieve tremore nella mano destra.

Cos’è che lo rende così nervoso? Spero che non faccia nulla di stupido.

“Oxana!” urlò qualcuno dalla fossa.

Spostò la sedia dal tavolo traballante e zoppicò verso la ringhiera, dove si sporse per vedere chi l’aveva chiamata.

Devereux. Ma guardalo, lì sul fondo alla fossa, flettendo quegli enormi bicipiti per me. La sua camicia è di nuovo sbottonata e non capisco come possa mettersi quegli stretti pantaloncini. Sono così dannatamente stretti, che il suo... Guardò oltre la sua spalla verso Chase. Non appena mi libererò di lui, farò fare un allenamento a quel giovane stallone.

Uno degli indigeni si inginocchiò ai piedi di Devereux, piegandosi a metà, con le braccia premute contro il suo stomaco. Sembrava un adolescente.

“Qual è il problema, Devereux? Perché quegli uomini non stanno lavorando?”

Una dozzina di nativi, tutti indiani Yanomani, stavano in semicerchio dietro Devereux, guardando qualcosa. Tre guardie puntarono i loro fucili sugli uomini scheletrici.

“Questo ragazzo qui è in pessimo stato,” gridò Devereux. “Quello laggiù è quasi morto, di sicuro.” Annuì verso gli altri indiani che si stavano sporgendo sulle loro pale iniziando un lamento doloroso per il caduto membro della loro tribù.

“Portali entrambi in infermeria, sciocco! Non vedi che siamo a corto di lavoratori? Devo proprio prendere ogni decisione?” Prima che Devereux potesse risponderle, gridò a una delle guardie: “Hamo, se non riesci a far lavorare quei pigri bastardi, troverò qualcuno che potrà farlo. Devono prendersi una vacanza ogni volta che qualcuno cade?”

Devereux ordinò a quattro di loro di portare i due feriti fuori dalla fossa e poi in infermeria.

Hamo fece oscillare l’impugnatura del suo fucile, colpendo un uomo sulla spalla ossuta, urlando loro di iniziare a scavare.

Oxana tornò al tavolo, si lasciò cadere sulla sedia e si schiacciò una grossa zanzara che aveva sull’avambraccio. “Quel cretino e stupido Devereux è proprio un rompipalle,” mormorò. “Se non fosse così fico...”

“Mi perdoni?” Chiese Chase.

“Ho detto che odio questo fottuto posto. Faremo affari oppure no?”

“Accetta dollari americani?” Chase sorrise mentre rimetteva con cura l’ambra sul tavolo, in linea con quella che conteneva gli scorpioni.

“Per quale pezzo?”

“Entrambi. Gli scorpioni e la lucertola.”

“Voglio ottantamila Real brasiliani per i due.”

“Sì.” Si leccò le labbra e deglutì. “Sono circa quarantamila dollari americani.”

“Mi faccia vedere i suoi soldi.”

La zanzariera si aprì cigolando e Alginon uscì con due bevande fredde su un vassoio. Rajindar lo seguì.

Alginon posò le bevande sul tavolo mentre Chase infilava la mano in una tasca interna della giacca e tirava fuori un fagotto di soldi. Contò i soldi, cercando di separare le banconote appiccicose con le dita.

Rajindar si appoggiò al muro, le braccia incrociate. Alginon poggiò il vassoio e rimase in piedi accanto a Oxana, con la mano sullo schienale della sua sedia.

Mentre sorseggiava il suo drink, Oxana e i due uomini guardarono Chase contare i soldi.

Finalmente Chase fece scivolare una grande pila di banconote sul tavolo. Mise il resto dei soldi accanto al suo drink.

“Tutte da cento?” Oxana prese la banconota in cima alla pila e la tenne controluce.

Chase estrasse un bianco fazzoletto sgualcito da una tasca per asciugarsi la fronte.

Oxana guardò Rajindar e inclinò la testa verso la porta. Egli entrò e tornò un attimo dopo con un pennarello. La donna ne tolse il cappuccio, e lo passò sulla banconota da cento dollari.

Gli occhi di Rajindar si spalancarono a causa di ciò che vide. Si schiarì la gola per attirare l’attenzione di Alginon. L’uomo magrolino guardò Rajindar mentre quello spostò gli occhi verso il muro, via da Oxana. Alginon corrugò la fronte mentre guardava Rajindar, poi lasciò il fianco di Oxana per unirsi all’uomo vicino al muro.

Chase lanciò un’occhiata tra loro e Oxana.

Lei sorrise e fece scorrere il pennarello sulla seconda banconota.

Chase cercò qualcosa sul pavimento e mentre si sporse, Oxana fece scivolare la mano destra sotto il tavolo.

L’uomo si alzò con il cappello in mano e cominciò a farsi vento.

Oxana usò la mano sinistra per posare le prime due banconote sul tavolo. “Ha notato,” disse, con un tono quasi disinvolto, “che tutte queste banconote da cento dollari hanno lo stesso numero di serie?” Alzò gli occhi su Chase.

“D-davvero?” Il fazzoletto gocciolava di sudore, ma lo usò comunque per asciugarsi il collo. “Presumo il governo le stampi in quel modo. N-N-Non ne so molto di questo genere di cose.”

“D-davvero?” Oxana si prese gioco del modo nervoso di parlare.

Il boato della sua pistola scosse il tavolo mentre il proiettile .357 lo frantumò da sotto e si schiantò contro il petto di Chase. L’impatto lo fece cadere all’indietro dalla sedia. Rotolò verso il bordo della veranda, lasciando una traccia di sangue. Era morto ancora prima che colpisse il pavimento.

Oxana appoggiò il revolver sul tavolo e allungò la mano per prendere il resto dei soldi di Chase vicino al suo drink rovesciato. Scrollò via il whisky e il sangue, poi sfogliò alcune delle banconote.

“Hmm... che strano, Rajindar. I numeri di serie su queste banconote da cento dollari sono tutti diversi. Che cosa ne pensi?”

* * * * *

Tosh fissò le domande di lavoro della terzia spiegazzate nel cestino. La brutta macchia marrone del tè si stava allargando sui bordi della carta mentre la rabbia gli divorava i nervi. Se solo si potesse recedere così facilmente dal contratto ferreo della signora Applegate.

La signora Applegate scosse Tosh dai suoi pensieri. “Ho detto loro di andare all’Agenzia Temp di Paddington Ramaport. E ho dato alle ragazze un ottimo consiglio.” Guardò la signorina Wishington con un sorrisetto, sicura di sé.

La signorina Wishington sorrise.

“Ossia?” Tosh agitò delicatamente le dita per separare la sua mano da quella della signorina Wishington.

“Ho suggerito loro di trovare posizioni da stagiste in qualche ufficio e apprendere le operazioni partendo dal basso, come ho fatto io. Dopo qualche anno, potrebbero essere considerate per la posizione di manager. Un’istruzione universitaria non è tutto, lo sa. Non ho mai finito l’università, eppure guardi dove sono arrivata.”

“Ottimo consiglio, signora Applegate.”

Si diresse verso il suo ufficio e, una volta dentro, chiuse la porta e accese il computer. Usò Google cercando freneticamente tra i numeri di telefono dei residenti di New York. Gli ci sono voluti cinque minuti per trovare quello che cercava. Proprio quando prese il telefono, la porta si aprì e la signora Applegate fece entrare la signorina Wishington per il suo colloquio.

Tosh lasciò ricadere il ricevitore del telefono al suo posto e guardò l’anziana signora sorridente camminare verso di lui a passi misurati, come quelli di un becchino in pensione. L’ammirava per il voler lavorare alla sua età e per avere un così buon umore, ma questo colloquio non era proprio quello che voleva fare.

Si alzò, fece il giro della scrivania e sistemò una sedia per lei.

* * * * *

Trenta minuti più tardi, dopo che la signorina Wishington lasciò il suo ufficio, Tosh prese il telefono.

Brontolò e si sedette. Aveva composto il numero di casa delle sorelle Bravant però sentì solo un messaggio registrato che diceva che la linea era temporaneamente fuori servizio. O ConEd aveva messo fuori uso un’altra linea telefonica con il loro scavatore di fossati o le tre erano state cacciate dal loro appartamento.

Tosh studiò per un momento la pagina principale del sito di Echo Forests. Sospirò e spostò il mouse, facendo clic su un’icona per visualizzare una serie di immagini sullo schermo. Si appoggiò allo schienale e studiò una foto satellitare del bacino del Rio delle Amazzoni. Mosse il mouse e ingrandì il centro dell’immagine. La città di Manaus, alla confluenza dei fiumi Rio delle Amazzoni e Rio Negro, si presentava come una serie di linee incise leggermente nel mezzo di un immenso paesaggio verde. Cliccò su un’altra icona e comparvero una serie di quadrati rossi, uno alla volta, sovrapposti in ventidue posizioni diverse intorno a Manaus. Quando ruotò la foto per cambiare visuale, contò quarantasette pennacchi di fumo salire dalla foresta pluviale e spostarsi verso est. Nessuna delle scie torreggianti proveniva dai quadrati rossi.

“Tutto bene per adesso,” sussurrò. “Nessun incendio sul nostro territorio, ma è solo una cosa temporanea.” All’improvviso si raddrizzò, spalancando gli occhi per la realizzazione. “Ma certo! Temporaneo.” Prese il telefono e compose un numero per le informazioni. “Signora Succo-di-Mela,” sussurrò a sé stesso mentre aspettava che l’operatore gli rispondesse, “è un genio”.

Capitolo Sei

La mattina dopo Tosh andò presto nel suo ufficio, lasciando la porta socchiusa in modo da poter vedere l’arrivo della signora Applegate.

Lei entrò decisa alle otto e spalancò la bocca nel vedere persone sedute alle scrivanie che non erano state occupate il giorno precedente. Volse lo sguardo dalle tre identiche facce sorridenti e marciò verso il suo ufficio.

Tosh aprì il giornale sulla scrivania e fece finta di leggere.

La porta del suo ufficio si chiuse di colpo ed egli alzò gli occhi, vedendo la signora Applegate venire verso di lui.

“E tutto questo cosa significa?” domandò.

Un incontro con la signora Applegate potrebbe essere paragonato all’essere presentato ad un meccanico mentre questo strappa pezzi strani di cablaggio e peculiari attrezzature da sotto il cofano dell’auto di qualcuno; l’esperienza non è per nulla piacevole.

Tosh si guardò attorno, come se stesse cercando di capire che cosa intendesse. Allargò le mani in un gesto indifeso, sfruttando un misto di innocenza e stupore per mascherare la sua apprensione.

“Quella faccia da ragazzino innocuo non funziona con me come lo fa con alcune persone.” Lasciò cadere la borsa su una sedia e si spinse all’insù gli occhiali. “Voglio sapere che cosa quelle tre–tre,” balbettò, “truffatrici stanno facendo là fuori.” Girò il braccio destro per indicare l’ufficio esterno, continuando a fissare Tosh.

Egli spalancò gli occhi. “Oh, intende le sorelle Bravant?”

“Sa benissimo che intendo proprio loro.”

“Signora Applegate, la sua competenza aziendale e il suo buon senso non smettono mai di stupirmi.”

“Cosa?”

“Hanno seguito il suo consiglio, come ho fatto anche io.” Sorrise e ripiegò il giornale.

La sua faccia si svuotò di ogni emozione e il suo braccio alzato vacillò.

“Ha detto loro di andare all’Agenzia di Paddington e farsi assumere a tempo determinato. E lo hanno fatto.” Tosh unì le mani, mettendo gli indici sotto il mento. “Ho chiamato l’agenzia, ho chiesto loro tre persone a tempo determinato e indovini chi ci hanno inviato?”

Allargò le mani, con i palmi verso l’alto, come se ciò spiegasse in che modo tutto fosse successo. In realtà, quando aveva chiamato l’Agenzia Paddington, le sorelle Bravant avevano già in programma di presentarsi per lavorare in un’altra compagnia. Ha quindi dovuto scavare nella spazzatura della signora Applegate del giorno prima per salvare le loro domande di lavoro e curricula. Lì, scoprì che una delle sorelle aveva inserito il suo numero di cellulare al posto del numero di casa. Ha chiamato e le ha convinte a venire a lavorare per lui.

“Ha firmato un contratto con me,” la signora Applegate si fermò per abbassare la voce ed il braccio, “per assumere del personale al posto suo. Non è forse così?”

“Sì, certo.”

“Allora perché cerca di aggirare il mio lavoro?”

“Oh, ma non lo sto–”

“Le ho mandate via, poi Lei ha agito alle mie alle mie spalle e ha assunto quelle tre piccolo sgualdrine, e–” A quanto pare, lo vide teso, anche se la sua unica reazione fu di sollevare il mento e guardarlo dall’alto in basso. “Bene, se sono così brave, possono fare loro i colloqui e assumere il personale. Ma Lei, signore,” spinse il dito sul suo desktop, accanto al suo bombardiere B-17, “ha un contratto valido e vincolante con me. È bloccato con me fino alla fine del mese.” Prese un respiro. “Che lo voglia o meno.”

“Come sempre, ha ragione,” le disse Tosh, poi allungò la mano per salvare il modellino dell’aereo dalla sua mano. “Lei ed io abbiamo un contratto che mi chiede di pagarle una certa somma di denaro per i suoi servizi alla fine del mese.” Tosh poteva sentire la sua pressione aumentare. “È corretto?”

Lei annuì.

“Bene, allora,” aprì il cassetto centrale della scrivania e afferrò un libretto degli assegni, “a quanto ammonterebbe l’importo?” Posò la penna su un assegno in bianco.

“Cinquemila dollari,” Il sibilo delle sue parole sembrava il respiro di un serpente.

Nel frattempo che Tosh scriveva, poteva quasi sentire i suoi occhi seguire ogni tratto della penna. Alla fine, scrisse l’ultimo giorno del mese nel campo della data, strappò l’assegno dal blocco e glielo porse.

“Arrivederci, signora Applegate.”

Prese l’assegno e lo studiò per un momento. Dopo averlo degnato di uno sguardo gelido, afferrò la borsa e si precipitò fuori dall’ufficio.

Cinque secondi dopo che la porta di Tosh sbatté, sentì la porta esterna sbattere ancora più forte, scuotendo la foto di Annibale e uno dei suoi elefanti che aveva appeso al muro. Si girò verso il computer, sollevato per aver finito la sua traversia con la signora Applegate. Quando il computer si accese, andò sul sito web della Echo Forests per vedere se Quinn avesse pubblicato le foto satellitari di quella mattina dell’Amazzonia.

Sentì bussare leggermente alla sua porta.

“Oh Dio,” sussurrò, “è tornata.” Gli ci vollero alcuni istanti per riordinare tutto sulla sua scrivania, aspettando che lei entrasse nel frattanto. Quando sentì di nuovo il delicato colpetto, urlò: “Entri!”

La porta si aprì cigolando e le tre sorelle Bravant entrarono nel suo ufficio. Si allinearono vicino alla porta aperta.

Indossavano abbinate gonne gialle, con camicette bianche con arricciature sul davanti. Gli orli dei loro vestiti arrivavano appena sopra le ginocchia.

Tosh ammorbidì la sua espressione. “Scusatemi, pensavo fosse qualcun altro.”

Si alzò e indicò il lato vicino la finestra del suo grande ufficio, dove un nuovo divano e tre sedie imbottite erano posizionate attorno a un tavolino da caffè in palissandro lucido. Non si sedettero sul divano, come si era aspettato, scelsero invece le sedie. Si sedette ad un’estremità del divano, si appoggiò allo schienale ed incrociò le gambe.

“Signor Scarborough, cosa è successo?” chiese una di loro.

“La signora Applegate non lavorerà più con noi.”

“Oh, no. Non volevamo che venisse licenziata.”

“Non l’ho licenziata. Avevamo un contratto. Ho risolto il contratto.”

“È cosa corretta?”

Tosh guardò colei che aveva posto la domanda. “Le ho pagato il dovuto fino alla fine del mese.”

“Ma–” iniziò un’altra sorella.

“Cosa ha fatto?” la terza la interruppe piuttosto bruscamente.

“L’ho pagata.”

“Quanto?”

“Cinquemila.”

Sta scherzando, vero? Ha buttato via cinquemila dollari dall’azienda solo per soddisfare il suo compiaciuto senso di vanità?”

Non sono vanitoso, e nonerano i soldi dell’azienda.”

“Ambra,” intervenne la sorella seduta più vicina a Tosh, “smettila.”

Questa era la prima volta che Tosh aveva sentito chiaramente un determinato nome appartenente a una particolare sorella delle tre.

Ambra guardò sua sorella, poi di nuovo Tosh.

“Ascoltate, signorine. Prima di fare un altro passo in qualunque direzione stiamo andando insieme...” Guardò Ambra ma parlò a tutte loro. “Non sono il signor Scarborough. Sono Tosh o Kennitosh e non posso rivolgermi a ciascuna di voi come ‘Signorina Bravant’ per tutto il tempo.” Si rivolse ad Ambra. “Si chiama Ambra?”

Gli diede una risposta brusca. “Sì.”

“E lei?” chiese alla prossima.

“Madeleine.”

“Madeleine,” ripeté il suo nome.

“Dominique,” la terza offrì prima che lui avesse la possibilità di chiederlo. La donna sorrise.

“Dominique,” disse, ricambiando il sorriso. Conosciuta anche come signorina Diplomazia. “Ora, Ambra.” La guardò, ancora incerto se fosse signorina Prudenza oppure Impudenza. “Sì, ho dato alla signora Applegate cinquemila dollari, ma non erano soldi dell’azienda. Provenivano dal mio conto corrente personale.”

“Qual è la differenza?” Domandò Ambra. “Sono cinquemila dollari sprecati.”

Buongiorno, signorina Impudenza.

“Sarei comunque stato obbligato a pagarla alla fine del mese, che rimanesse o meno.”

Signorina Prudenza, ora la bella e gentile Madeleine, fedele al suo vecchio nome, rimase fuori dalla controversia.

“Sì,” rispose Ambra, “ma avremmo potuto ottenere da lei trenta giorni di lavoro per i cinquemila dollari. Si rende conto di quanto avrebbe aiutato quel denaro per fornire un sistema informatico a questo posto?”

“Ambra, per favore,” intervenne Dominique.

Tosh alzò la mano verso Dominique. “Continui,” disse ad Ambra.

“Quel denaro avrebbe permesso di acquistare almeno tre computer, forse quattro. Quindi quello che ha fatto licenziando la signora Applegate – con cui, tra l’altro, avremmo potuto lavorare per trenta giorni – è di lasciarci senza computer. Questo è quello che ha fatto.” Lo lasciò aspettare un momento prima di aggiungere: “Signor Scarborough.”

Tosh deglutì a fatica mentre le parole della donna affondavano i loro artigli. Sì, con quei soldi avrebbe potuto comprare i computer. E aveva ragione riguardo al pagare la signora Applegate; aveva permesso alla sua vanità di influenzare la sua decisione. Ma Ambra non avrebbe vinto, almeno non voleva pensarlo.

“La sua logica ha un difetto.” Tosh non è mai stato bravo nelle discussioni. “I cinquemila dollari erano stati impegnati. Li dovevo alla signora Applegate. Com’è che si sarebbero potuto usare i soldi per i computer quando avrei dovuto pagarli a lei?”

“La mia logica non ha difetti.”Ambra fece un respiro profondo, come se si stesse preparando a spiegare qualcosa a un bambino. “Normalmente, quando paghi qualcuno affinché lavori per te, quella persona è sul posto di lavoro e sta producendo un beneficio. Il vantaggio, presumibilmente, se si ha l’intenzione di gestire un’attività a scopo di lucro, ad un certo punto si convertirà in un importo di denaro superiore a quello che sarebbe stato pagato al dipendente. Mi segue finora?”

Tosh annuì. Voleva dirle di sbrigarsi ed arrivare al punto, ma aveva bisogno di qualche minuto per elaborare la propria tesi.

“A meno che l’impiegata non si stia solo sistemando le unghie o spettegolando al telefono, cosa che dubito nel caso della signora Applegate, sarebbe produttiva, cosa che, dopo trenta giorni, o forse un periodo oltre la fine del suo contratto, avrebbe prodotto un profitto. E quello, signor Scarborough, è Fondamenti del Business 101.” Fece un breve respiro, incrociò le braccia sotto il seno piccolo e si appoggiò allo schienale della sedia. “È abbastanza attrito interdipartimentale per Lei?” Soffiò dall’angolo della bocca, spostandosi un morbido ricciolo marrone dalla guancia.

Tosh sorrise senza mostrare i denti, ma la sua risposta non arrivò.

Fantastico, come posso cavarmela ora?

Si alzò, andò alle finestre e guardò la città. Quando guardò giù per le strade trafficate, colse il riflesso di un leggero movimento dietro di lui. I suoi occhi si concentrarono sull’immagine sul vetro, dove vide Madeleine e Dominique parlare silenziosamente ad Ambra. Le guardò e scrollò le spalle. Tosh chiuse gli occhi.

Buon Dio, è la signora Salsa-di-Mela Junior.

Dopo un momento, tornò alla sua scrivania, aprì il cassetto centrale ed estrasse il libretto degli assegni. Quindi aprì un altro cassetto e ne prese un secondo. Tornò sul divano, si sedette e li porse entrambi ad Ambra.

Lei sbatté le palpebre e fissò i libretti degli assegni, ma non li prese.

“Li prenda,” disse Tosh con la sua voce più autorevole, “Signorina Manager della Contabilità.”

Dopo alcuni secondi di silenzio, Dominique si schiarì la gola più forte del necessario. Ambra lanciò un’occhiata a sua sorella, poi prese i libretti degli assegni. Quando aprì il primo, Tosh la vide sollevare un sopracciglio.

Cinque milioni e mezzo.

“Perché ha così tanti soldi in un conto corrente?”

“Volevo solo–”

“Questi dovrebbero essere depositati in un conto fruttifero fino a quando non saranno necessari per le operazioni. Poi trasferirà ciò di cui ha bisogno su un conto corrente. Gestire i soldi in questo modo non è molto intelligente.”

Aprì il secondo libretto degli assegni. Sapeva che avrebbe visto un saldo di quarantamila e spicci. Quello era il suo conto personale. Ambra sollevò gli occhi e tese la mano.

“Cosa?”

“La sua penna.”

Le consegnò la sua penna.

Cliccò e iniziò a scrivere qualcosa nella sezione del registro del libretto degli assegni. “Non ha registrato l’assegno della signora Applegate.”

Tosh si sistemò di nuovo sul divano, con un sorrisetto. “Mi scusi. Numero 666.” Ricordava il numero sull’assegno della signora Applegate perché gli sembrò che le si adattasse alla perfezione.

Ambra smise di scrivere. “Ne è sicuro?” Lo guardò.

“Sì.” Sicuro.”

Ambra sfogliò una pagina nel libretto degli assegni. “Quindi manca un assegno. A chi ha scritto l’assegno numero 665?” Posò la penna sul registro, in attesa.

Si raddrizzò mentre l’adrenalina gli scorreva nelle vene.

Accidenti! pensò. Fregato di nuovo.

Quello era stato per Quinn e aveva lasciato in bianco l’importo sull’assegno.

Esitò. “Uh... non mi ricordo.” Poteva vedere che Ambra non gli credeva, ma se le avesse detto che aveva scritto l’assegno a Quinn, lei avrebbe chiesto quanto e perché.

Perché ho incaricato Ambra della contabilità? Perché ho dovuto dare a Quinn un assegno in bianco invece di dargli il contante per le riparazioni della barca?

Tosh non voleva approfondire tutto ciò, non ancora, e certamente non con le infinite domande e rimproveri di Ambra.

“Beh,”Ambra si alzò per andarsene, “quando recupera la memoria, mi faccia sapere. Non mi piacciono i libretti degli assegni incompleti.” Anche le sue sorelle si alzarono.

“Aspettate un minuto,” disse Tosh. “Sedetevi, tutte voi.”

Madeleine e Dominique si sedettero subito. Ambra si prese un momento prima di tornare alla sua sedia. Tosh andò alla sua scrivania e frugò in giro finché non trovò alcune etichette. Dopo aver scritto i loro nomi sulle etichette, ne porse una a ciascuna.

“Non appena vi alzerete e vi muoverete, non avrò la minima idea di chi sia chi.”

Madeleine e Dominique si scambiarono le etichette con il nome. Ambra guardò la sua, scosse la testa, poi fissò lo sguardo su Tosh. “Perché non marca il nostro–”

“Zitta, Ambra,” la interruppe Dominique.

“Penso siano una buona idea,” aggiunse Madeleine.

Le due staccarono il retro delle etichette e le misero sulle loro camicette bianche, sopra il seno sinistro. Ambra piegò la targhetta in quattro.

“Devo andare a una riunione del consiglio,” le disse. “Voi tre potete iniziare ad organizzare l’ufficio mentre me ne vado.”

“Organizzare?” Chiese Ambra.

“Sì. Preparate questo posto per le attività aziendali. Voglio essere operativo entro il primo del mese.”

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Yaş sınırı:
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Litres'teki yayın tarihi:
17 aralık 2020
Hacim:
299 s. 16 illüstrasyon
ISBN:
9788835409267
Telif hakkı:
Tektime S.r.l.s.
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