Kitabı oku: «Definita»

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Definita

Indice

PARTE 2

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

Capitolo 11

Capitolo 12

Capitolo 13

Capitolo 14

Capitolo 15

Capitolo 16

Capitolo 17

Capitolo 18

Capitolo 19

Capitolo 20

Capitolo 21

Capitolo 22

Capitolo 23

Capitolo 24

Capitolo 25

Capitolo 26

Capitolo 27

Capitolo 28

Capitolo 29

Capitolo 30

Capitolo 31

Capitolo 32

Capitolo 33

L’autore

PARTE 2

“La vita è fatta di scelte. Alcune le rimpiangeremo, di alcune ne saremo orgogliosi. Alcune ci perseguiteranno per sempre.”

- Graham Brown

1

Washington, D.C.

OGGI

Cadence

Sedevo nel mio ufficio e scuotevo la testa. Avevo appena finito di leggere un’altra notizia che mi aveva dato il voltastomaco. Cambiamento climatico, sanità, sparatorie a scuola, immigrazione, scandali nel governo—non c’era modo di sfuggirne. Qualche volta desideravo spegnere tutto quel rumore, la politica e le ingiustizie nel mondo. Poi, però, c’erano giorni in cui vedevo il bene sconfiggere il male, ricordandomi il motivo per cui facevo quello che facevo. Ogni volta che vedevo i buoni segnare un punto tutto tornava a valere la pena.

Alzai lo sguardo verso la gigantesca bacheca appesa sulla parete davanti al mio computer, piena di immagini di famiglie e di bambini sorridenti e di bigliettini di ringraziamento. C’erano lettere di apprezzamento dirette a me e ai miei colleghi dei Sognatori di Dahlia, che esprimevano gratitudine per il nostro lavoro nel tenere insieme la loro famiglia.

Sì, ne valeva la pena. LORO ne valevano la pena.

Sorrisi a me stessa proprio quando sentii bussare alla porta del mio ufficio. Allontanando il mio sguardo dalle foto dissi ad alta voce, “Avanti.”

Joy Martin, la mia migliore amica sin dai tempi del Campeggio Riley e attuale responsabile della pianificazione, fece capolino con la testa. Stava sorridendo, i suoi denti bianchi in netto contrasto con la sua liscia pelle color cacao. Restituii il sorriso, apprezzavo sempre il suo sorriso contagioso che non falliva mai nell’illuminare anche le stanze più buie. Il suo nome, Joy, cioè Gioia le si adattava—la emetteva ovunque andasse. Quella qualità la rendeva una vera risorsa per I Sognatori di Dahlia. Le persone che entravano dalle nostre porte avevano bisogno di tutti i sorrisi che potevano avere.

“Mi dispiace, Cadence. Sono stata bloccata in un miliardo di conference call oggi. Volevo passare prima. Come sta andando la giornata?” chiese Joy buttandosi su una sedia davanti a me.

“Non male. Ho fatto qualche piccolo progresso sul caso Álvarez dopo che la famiglia se ne è andata, ma non quanti avrei voluto. Poi sono stata distratta dalla notifica di una notizia che è apparsa sul mio telefono.”

“Ragazza, quante volte te l’ho detto? Ignoralo prima che ti faccia diventare pazza.”

“Ci è già riuscito,” dissi ridendo. “Comunque, devo ancora ripassare i miei appunti per l’incontro con Simon Reed. Dovrebbe essere qui alle tre. Si arrabbierà se non sarò preparata.”

“In realtà sono venuta per parlarti giusto di questo. Ha appena chiamato per dire che è bloccato in tribunale e che per oggi non ce la fa. Ha chiesto se può venire domani mattina alle nove.”

“Chiaro che vuole vedermi di sabato,” brontolai e alzai gli occhi al cielo. “Voglio dire, capisco che sta facendo questo lavoro gratis, ma qualche volta è una vera rottura di palle. Se non fosse un così bravo avvocato lo depennerei dalla nostra lista.”

“Dai, dai, abbi pazienza,” disse Joy con voce cantilenante. “Sai che è una rottura solo perché ti sei rifiutata di uscire con lui.”

“Chissene,” dissi facendo un gesto con la mano e usando di proposito uno dei termini preferiti da mia figlia perché sapevo quanto la irritasse. Odiava il modo in cui le generazioni più giovano accorciavano le parole. “Sai cosa ne penso dei maglioni a rombi che non si toglie mai. Sono orribili. E poi non sono in alcun modo interessata a lui.”

“Sì, sì, questo l’ho già sentito,” borbottò.

“Non cominciare con la solita storia che ‘devo uscire con qualcuno’. Sembri proprio come Kallie. E, a proposito, la cancellazione di Reed significa che posso tornare a casa prima e aiutarla a prepararsi per questa sera. Non ero sicura che ci sarei riuscita prima di questa notizia.”

Joy aggrottò le sopracciglia per dimostrare tutta la sua confusione.

“Cosa c’è questa sera?”

“Il ballo di fine anno, ricordi? Riesci a crederci? Dio, mi sento così vecchia. Sembra solo ieri che sono andata al mio, e ora sto per mandare la mia bambina al suo ballo. Vuoi venire da noi e unirti per tutta la preparazione? Sono sicura che a Kallie piacerebbe molto avere la zia Joy lì con lei,” aggiunsi.

“Mi piacerebbe molto! Mi dispiace perderlo, ma il prossimo mese sarà l’anniversario del terzo anno di matrimonio. Marissa sarà fuori città per lavoro e così abbiamo deciso di celebrare prima e abbiamo programmato una piccola gita per questo fine settimana. Andremo in auto fino a Philadelphia questa sera.”

“Wow! Sono già passata tre anni?”

“Il 26 giugno, bimba. Un giorno da segnare nei libri di storia!”

“Certo che sì,” risi. “Come potrei dimenticare il modo in cui ve la siete squagliata non appena è arrivata la sentenza della Corte Suprema? Tu e Marissa non potevate aspettare di stringere il nodo. Eravate proprio come dei teenager la sera del ballo scolastico!”

Non appena le parole uscirono dalla mia bocca la visione di mia figlia sedicenne che faceva delle cose che non volevo neppure pensare colpì la mia mente. Impallidii. Joy, dal canto suo, si schiaffeggiò il ginocchio con il palmo della mano e scoppiò a ridere.

“E qui c’è la speranza che la notte del ballo di Kallie non sia come la mia notte di nozze!”

“Non è divertente. Non è divertente per nulla,” dissi arrabbiata, ma avevo proprio pensato a quello.

“Oh, e un’altra cosa,” aggiunse Joy una volta calmatasi dal suo attacco di risa. “Il tuo editore ha chiamato mentre eri con la famiglia Álvarez.”

Mi accigliai subito.

“Per favore dimmi che sono buone notizie. Il ritardo ci sta uccidendo. Dobbiamo far sì che il libro sia pubblicato presto se vogliamo tenere accesi I riflettori sull’argomento.”

“Tutto va secondo i piani ed è tutto pronto per essere rilasciato entro le prossime due settimane. Ti ha mandato i file finali per la tua revisione. Dovrebbero già essere nella tua cartella di Dropbox.”

“Meraviglioso! É un enorme sollievo! Diamoci subito un’occhiata, vuoi?”

Joy venne dalla mia parte della scrivania mentre aprivo il link a Dropbox. Come previsto, trovai un file etichettato come E io sorrido—FINALE. Ci cliccai sopra con l’eccitazione che percorreva le mie vene. Quando la prima immagine apparve sullo schermo, non riuscii a trattenere la scarica di adrenalina che sentivo sempre quando i miei disegni prendevano vita in formato digitale. I colori sembravano più netti e molto più vivaci.

Ma, oltre all’eccitazione, c’era anche una sensazione di nervosismo. Anche se avevo pubblicato in passato molti bestseller, non c’era alcuna garanzia che l’avrei fatto di nuovo con questo specifico libro per bambini. I sognatori di Dahlia, l’organizzazione non profit che avevo fondato dieci anni prima si basava sul successo dei miei racconti e delle mie illustrazioni. Le implicazioni finanziarie legate a un possibile fallimento pesavano sempre molto sulle mie spalle. Visto che tutti ricevevano lo stesso salario, dovevo anche affidarmi a una parte dei proventi per sostituire il mio reddito personale. Nessuno diventava ricco lavorando per una organizzazione non profit.

“Wow, questi sono incredibili!” disse Joy entusiasta. “E se non te l’ho già detto, di questo mi piace molto la storia. Per me colpisce nel segno. Credo che tu abbia fatto un ottimo lavoro.”

“Mhmm…forse,” fu la mia sola risposta. Fissai pensierosamente il testo che era stato inserito per seguire le illustrazioni.

“Cosa c’è che non va?”

“Non lo so. Voglio dire, ne sono felice, ma mi domando se mi sono spinta troppo oltre o detto troppo in una volta.”

“No, non credo proprio tu l’abbia fatto.” Joy scosse la testa con veemenza. “E io sorrido tocca ogni aspetto, mostrando come il pregiudizio sia un comportamento appreso, anche se non lo hai fatto in maniera diretta se capisci cosa voglio dire. Non farti venire troppi dubbi. Secondo me ci dovrebbero essere più libri per bambini come questo.”

“Credo di essere solo nervosa, tutto qui. Considerando che i nostri fondi federali hanno appena ricevuto un taglio drastico, non possiamo permetterci poche vendite con questo libro.” Non aggiunsi che neppure io potevo permettermelo. La retta della scuola di Kallie era prevista per la fine del mese.

Joy tornò dall’altro lato della scrivania e riprese il suo posto. Poi si sporse in avanti con un’espressione d’intesa.

“Cadence, abbi un po’ più di fiducia in te stessa. Tutto andrà bene. Inoltre, non dimenticare il galà che sta per arrivare. I biglietti sono andati esauriti molto velocemente, sono sicura che sarà un successo. Hai fatto una cosa incredibile qui. Pensa solo a tutte le famiglie che I sognatori di Dahlia ha rimesso insieme o a tutti i giovani studenti a cui è stata data l’opportunità di fare qualcosa di grande. Quelle persone non avrebbero mai avuto una possibilità se non ci fossi stata tu. Sei amata da così tante persone, e il nuovo libro andrà bene anche per questo motivo.”

Contrassi le mie labbra ma non risposi. Forse mi stavo preoccupando troppo. Però, nuovamente, c’erano in palio delle vite. Le persone stavano contando su di me e il mio gruppo.

Diedi un’occhiata all’angolo superiore dello schermo del mio computer. Indicava le tre del pomeriggio.

“Visto che Simon non verrà, finirò le poche cose che mi sono rimaste da fare, poi andrò da Kallie. Ti dispiace tenere la postazione per il resto della giornata?”

“Cosa stai aspettando?” Joy fece un gesto con la mano come per sparare. “Va’ ora! Il ballo è una serata speciale per lei!”

Risi, pensando all’urlo di gioia di Kallie dopo che aveva finalmente trovato il vestito ‘perfetto’.

“Già, lo è. É anche così eccitata,” aggiunsi e cominciai a raccogliere i documenti con le informazioni sul caso Álvarez. “Andrò via fra pochissimo. Voglio solo sistemare tutto questo disastro sopra la mia scrivania prima di andare.”

“Beh, non metterci troppo.” Joy si alzò per andarsene. “Divertiti a farla bella stasera—non che Kallie ne abbia realmente bisogno. Quella ragazza ha il volto di un angelo!” Sorrise, ma il suo volto si incurvò un attimo, il rammarico era evidente nei suoi occhi. “Mi manderai delle foto, vero?”

Joy non aveva mai saltato neppure una festa di compleanno di Kallie. Sapevo che si stava sentendo un po’ male per perdersi quella serata. Le sorrisi per rassicurarla, dicendole in silenzio che capivo la sua situazione imbarazzante.

“Joy, è il tuo anniversario. Goditelo! Sai che ti manderò dei messaggi. Diavolo, puoi contare su di me per il fatto che ti farò esplodere il telefono con una cronaca minuto per minuto. Sarà come se tu fossi lì. Ora esci di qui così posso sistemare le mie cose,” le disse facendole l’occhiolino.

Una volta che se fu andata, misi in una cartellina i pacchi di fogli che avevo raccolto per Simon Reed e la depositai in una cassettiera piuttosto vecchia dove tenevamo i casi aperti. C’erano tre altri casi ancora da risolvere. Due di loro erano ancora in corso, e la prospettiva non era buona. Il terzo, invece, era stato chiuso il giorno prima ed era stata una conclusione lieta. Pensai al bambino che, dopo aver passato mesi separato, era stato riunito ai suoi genitori. Il suo caso era finito nella cassettiera con una etichetta con una faccina sorridente. Quello era lo scopo finale del nostro lavoro—creare sorrisi.

Quando mi girai verso la scrivania, notai un documento legale che faceva capolino da sotto un quaderno a spirale. Era una lettera di offerta che mi era arrivata una settimana prima. In un istante, tutta la mia eccitazione per Kallie e il suo ballo scomparve e mi sentii precipitare.

Lo tirai fuori e lo fissai, il testo mi provocò quasi un buco nel cuore. E questo succedeva ogni volta che guardavo quell’offerta. Era per l’ultimo pezzo di terra che i miei genitori possedevano ad Abingdon in Virginia. La proprietà—in tutto cento e quaranta acri—era passata a me dopo la loro morte oltre dieci anni prima. Era stata la loro vita e il loro sogno fino alla loro morte.

Sospirai mentre un’ondata di tristezza mi travolgeva.

“Mi manchi così tanto, mamma,” bisbigliai verso una stanza vuota.

Avevo ventiquattro anni quando mia madre era morta, mio padre l’aveva seguita poco meno di un anno dopo. Le loro morti mi avevano quasi distrutta, specialmente quando mi ero resa conto che mi mancavano le conoscenze e le risorse per mandare avanti il loro campeggio. Ero una madre single che lottava per stare a galla. Dovevo stabilire delle priorità. Incapace di permettermi il carico fiscale, alla fine cominciai a vendere pezzi di terra uno alla volta. Usai un po’ del denaro per pagare i miei debiti studenteschi e per dare vita a i Sognatori di Dahlia. Poi vendetti altra terra per comprare una piccola casa per me e Kallie, ma le scuole non erano il massimo. Vendetti altra terra per potermi permettere di mandarla a una scuola privata.

Ora erano rimasti solo trentasette acri. La retta della scuola di Kallie e il destino de i Sognatori di Dahlia erano sulla bilancia. Nonostante l’incertezza sul mio futuro finanziario, esitavo nel venderla per una delle clausole principali. Il compratore interessato rifiutava di dividere la proprietà che includeva il cottage estivo dove avevo vissuto con i miei genitori e il lago nelle vicinanze.

Il mio lago.

Quello era il vero motivo per cui non riuscivo a convincermi a firmare sulle lineette tratteggiate. Non avrebbe significato solo perdere la casa estiva della mia adolescenza. Avrebbe significato anche rinunciare al lago. Per quanto l’offerta fosse buona, il pensiero di rinunciare al mio posto segreto e al luogo dove ero passata da bambina a donna quasi mi distruggeva. Per me sarebbe stato come vendere un pezzo del mio cuore.

Avevo sempre amato il lago. Aveva un senso di bellezza e mistero che mi attirava. Trovavo magica l’afosa aria estiva e i tramonti. Visto il modo in cui avevo idealizzato il posto non c’era da meravigliarsi che fosse stato sin troppo facile innamorarsi lì.

Ricordi soffocati cercarono di tornare in superficie. Lottai per scacciarli, ma lo sforzo fu vano. Per quanto volessi negarlo, in fondo in fondo, sapevo il motivo che mi stava bloccando dall’essere d’accordo sulla vendita. Una vendita finale avrebbe significato la chiusura e non ero sicura di esserne pronta. Avrebbe significato rinunciare definitivamente a lui. Avrebbe significato che tutti i ricordi insieme sarebbe finiti con l’essere solo quello che erano—ricordi.

2

Fitz

Ero seduto all’esterno di un famoso pub irlandese di Washington e stavo osservando distrattamente il monumento a Washington in lontananza. Era una limpida giornata di inizio maggio. Era caldo ma il gran calore estivo non era ancora arrivato nella capitale della nazione.

Il senatore Robert Cochran era seduto davanti a me e si stava aprendo il suo secondo pacchetto di Marlboro Rosse. Mentre avvicinava il suo accendino alla punta dell’ennesima sigaretta, mi convinsi che aveva voluto incontrarci lì solo perché il pub permetteva di fumare nel patio esterno.

In realtà non era il posto ideale per incontrarci. Avrei preferito qualcosa di meno pubblico, come una saletta privata per riunioni o una suite al Jefferson Hotel. Cochran mi aveva detto che il mio ufficio era fuori questione e io capivo perché non voleva essere visto entrare nel mio edificio. Nessuno di loro voleva essere trovato lì. Avrebbe segnalato a chiunque stesse controllando che stavano sorgendo problemi. Se l’avessero visto i cani avrebbero cominciato a fiutare in giro. Sarebbero sorte delle domande portando a titoli simili a “Il senatore Cochran entra nell’ufficio di un faccendiere di Washington.” Poi mi sarei trovato un casino ancora più grosso tra le mani.

Mi guardai in giro, controllando la situazione nei dintorni. Era un orario tra il pranzo e la cena e così il ristorante normalmente affollato era quasi vuoto. Oltre a me e Cochran, gli unici altri clienti erano due donne sedute a quattro tavoli da noi. Sembravano giovani, probabilmente appena uscite dal college. Erano vestite professionalmente in tailleur con pantaloni, avevano i tacchi e stavano sorridendo e parlando animatamente tra loro. Potevo appena sentire le loro chiacchiere ma udivo abbastanza per capire che stavano discutendo di politica. Scossi la testa.

Nulla per cui essere eccitate, signore.

I giovani erano sempre così entusiasti. Sapevano così poco, dieci anni a Washington le avrebbero indurite. Avrebbero perso la voglia di lottare—tutta quella speranzosa ambizione che faceva credere loro di poter cambiare il mondo.

Lanciai un’occhiata a Cochran. Anche lui le aveva notate, ma non le stava guardando cautamente come avrebbe dovuto. No, invece di essere preoccupato per le implicazioni di essere visti insieme o per la possibilità che la nostra conversazione fosse sentita, quel coglione era occupato a controllarle. L’espressione sul suo volto era troppo famigliare—stava cercando di ricapitolare quale voleva portarsi a letto per prima.

Disgustoso.

Era vecchio abbastanza per essere il loro nonno.

“Gli occhi di qua,” sibilai a bassa voce. “Quell’occhiata curiosa è quello che l’ha messo nei guai.”

Cochran mi guardò, l’espressione impassibile.

“Ragazzo, non mi dia delle lezioni, sono in grado di cavarmela da solo,” disse in modo strascicato.

“Se fosse vero non sarebbe seduto qui ora. Mentre a me non interessa particolarmente per chi sta prendendo il Viagra, a sua moglie sì”

Questo fece sparire quel sorrisino dal suo volto grasso e arrogante.

Robert Cochran non aveva nulla di speciale nell’aspetto, ma questo non importava a quelle squillo d’alto bordo. Il suo denaro bastava loro perché gareggiassero per avere la loro parte. Patricia, la moglie di Cochran, non era una donna stupida. Dopo aver tollerato per trent’anni i suoi modi di fare beneficenza, alla fine ne aveva avuto abbastanza e aveva assunto un investigatore privato. Cochran era superficiale perciò non c’erano volute particolari abilità investigative per capire cosa fosse accaduto. In pochi giorni l’investigatore privato aveva raccolto centinaia di foto incriminanti—foto che Patricia non avrebbe avuto alcun problema a far trapelare alla stampa se suo marito non avesse pagato. Per la bella somma di cinque milioni. Gli avrebbe concesso un divorzio tranquillo e il Partito Repubblicano avrebbe evitato uno scandalo imbarazzante. Il problema era che Cochran non voleva darle un singolo centesimo.

“Per questo voglio assumere lei e il suo studio per risolvere il problema,” spiegò Cochran. “Suo padre ha detto che lei è il migliore. Si vanta che suo figlio, Fitzgerald Quinn, è il Faccendiere di Washington. Non posso permettere che la mia, fra poco, ex moglie mi rovini tutto. È una troia e sa cosa c’è in ballo. È l’anno delle elezioni e non possiamo permetterci di perdere un singolo seggio.”

Lo guardai freddamente, non interessandomi del modo in cui parlava di sua moglie, la madre dei suoi due figli in età universitaria. Per quello che sapevo di Patricia, sembrava una brava donna. Era impegnata nella comunità, promuovendo attivamente un programma di alfabetizzazione con le mogli degli altri senatori. Agli occhi del popolo sembrava la moglie modello di un funzionario eletto. Mentre potevo non sapere come fosse essere sposato con lei, sapevo che le apparenze erano tutto. E per questo motivo sapevo anche che non c’era alcun modo con cui potessi dare una svolta positiva alle indiscrezioni su Cochran.

“Mio padre ha ragione, sono il migliore. Ma ha sbagliato nel non dirle che io non prendo clienti che tradiscono le loro mogli con le prostitute. Mi dispiace Senatore, ma è venuto dall’uomo sbagliato.”

Mi alzai per andarmene ma Cochran mi afferrò il braccio.

“Non mi dica certe stronzate,” disse bisbigliando rumorosamente. “So che ha aiutato suo padre a uscire da parecchi casini in passato. Si tolga quell’aria di superiorità e scenda dal piedistallo!”

Quasi sussultai alle sue parole ma ero nel ramo da parecchio tempo e sapevo come mantenere il mio volto imperturbabile. Sapevo a cosa si stesse riferendo ma con chi scopasse mio padre non era di nessun interesse per Cochran. Tirai via il mio braccio e mi spazzolai la manica come se stessi scacciando una mosca. Prendendo il portafoglio gettai un pezzo da venti sul tavolo per pagare il gin tonic che avevo ordinato ma non bevuto.

“Abbia una buona giornata, Senatore Cochran,” dissi. Senza degnarlo di una seconda occhiata mi allontanai con noncuranza dal tavolo. Ero sicuro che il vecchio fosse furioso ma non guardai indietro e chiamai un taxi.

“Dove, signore?” chiese il guidatore.

“East End,” gli risposi.

Il conducente mi portò lungo il Potomac, superò gli elaborati memoriali ed entrò nel cuore della città. Rallentò e si fermò vicino alla Casa Bianca per permettere a un gruppo di turisti di attraversare in modo da poter ammirare l’esterno bianco immacolato. Io l’avevo vista innumerevoli volte e, quindi, quelle visioni avevano perso un po’ del loro fascino.

Tuttavia, sentivo sempre che la capitale aveva una forza discreta, una forza che era un costante ricordo del fatto di essere la casa delle persone più potenti della nazione. Con i suoi grandi monumenti, i prati di un verde lussureggiante, i politici e i candidati speranzosi di diventarlo che affollavano i locali e le strade, Washington era orgogliosa di essere la città più maestosa della nazione. Conoscevo la città a memoria. E se ero in grado di apprezzare e capire il suo ritmo, allo stesso tempo lo odiavo. Sì, c’era della bellezza, ma c’era anche una spietatezza di fondo che non poteva essere incontrata da nessuna altra parte. Chiunque doveva capirlo per sopravvivere lì. Chiunque non volesse alla fine diventare un’esca per gli squali.

Quando ci avvicinammo all’East End, diedi istruzioni all’autista affinché accostasse di fronte al mio edificio all’angolo della New Jersey Avenue NW. Pagai la corsa e uscii. Con pochi piccoli passi attraversai il marciapiede, spinsi le porte dai doppi vetri e andai direttamente negli uffici della Quinn & Wilkshire al settimo piano.

Quando si aprirono le porte dell’ascensore, mi apparvero gli interni appena rifatti. Una fontana era posta al centro della sala di attesa, ed emetteva il rilassante suono dell’acqua corrente a tutte le ore della giornata. Tutto era immacolato, compreso il granito nero del bancone della reception e la pelle lucida dei mobili. I pacati tocchi di grigio, crema e bordeaux davano all’agenzia di PR un’aria di fiducia e forza che si adattava bene ai molti clienti che attraversavano le nostre porte. Dai politici alle star del cinema alle importanti figure sportive—lavoravamo duramente per promuovere i nostri clienti e farli apparire di successo, onesti, importanti e il più eccitanti possibile.

Sfortunatamente le persone raramente venivano da noi quando le cose stavano andando bene. I nostri clienti di solito venivano a bussare dopo che le cose si erano messe male. Si andava dall’attrice in ascesa beccata in un video mentre tirava coca, all’atleta che poteva aver festeggiato troppo e aveva preso una multa per guida in stato di ebrezza. Nonostante quello che dicevano le persone sul fatto che non esistesse una cosa come la cattiva stampa, in realtà richiedeva tempo e comunque non era vero. La cattiva stampa non era mai nulla di buono. Il nostro lavoro era quello di allontanarli dalle luci della ribalta negative con una campagna di relazioni pubbliche positive. Lo facevamo e lo facevamo bene.

Quando mi avvicinai al mio ufficio la mia segretaria era lì a salutarmi.

“Buon pomeriggio, Angie,” dissi con un piccolo cenno del capo.

“Salve, signor Quinn. Ehm,” cominciò a dire nervosamente. “L’altro signor Quinn, suo padre, è qui per vederla. È nel suo ufficio.”

Certo che è qui. Quel fottuto Cochran probabilmente lo ha chiamato.

Non dissi, però, queste parole a voce alta. Poteva sapere che non ero felice di sentire che mio padre fosse venuto qui senza annunciarsi ma non c’era alcun bisogno che sapesse cosa fosse successo oggi.

Apparenze. Si tratta tutto di apparenze.

Invece di dire altro, le feci un altro cenno col capo e proseguii verso la porta del mio ufficio. Quando entrai vidi mio padre in piedi vicino alla grande libreria di acero dipinto di nero posta sulla parete sinistra più lontana. Sembrava stesse esaminando attentamente i titoli e questo lo trovai decisamente strano. Non l’avevo mai visto leggere un libro in vita sua nonostante la posizione che copriva all’interno del governo degli Stati Uniti.

Mio padre, Michael Fitzgerald Quinn, senatore dello stato del Maryland, puntava sempre alla perfezione. Emergeva sempre durante i dibattiti pubblici dove non mancava mai di coinvolgere la folla con la meticolosità delle sue parole. Quella precisione si estendeva anche al suo aspetto. Non passavano mai più di due settimane prima che I suoi corti capelli grigi venissero tagliati e il suo volto era sempre accuratamente rasato. Anche il suo abito era sempre impeccabile. Il Maryland, uno stato che normalmente votava democratico, sembrava essere caduto completamente nella trappola di questa finta facciata. Per chiunque lo conoscesse davvero non era altro che un travestimento per nascondere il predatore che si celava sotto la superficie.

“Papà,” dissi, passandogli vicino e prendendo posto dietro la mia scrivania. Mi rifiutai di essere più cortese di quanto meritasse.

“Ha chiamato Robert Cochran,” disse, senza perdere altro tempo sul motivo della sua visita.

“Supponevo che questo fosse il motivo per cui hai abbandonato il tuo piedistallo a Capitol Hill per venire a trovarmi.”

“Perché non te ne stai occupando, Fitzgerald?”

“Perché non voglio farlo,” ribattei realisticamente.

“Dove è Devon? Non è molle come te. Metti lui su questo.”

Non falliva mai. Quell’uomo raramente mi diceva più di due frasi senza lanciarmi una frecciatina. Gli lanciai un’occhiata impaziente mentre contavo mentalmente fino a dieci.

“Devon è ai Caraibi per una meritata vacanza, non che io debba spiegarti dove sia il mio socio. Si è fatto il mazzo e non lo chiamerò qui per questa stronzata e non ci metterò nessun altro membro del mio staff. Sistemare I casini di un viscido politico che non è in grado di tenere il suo uccello nei pantaloni non sarà mai nei programmi del mio studio.”

“Il tuo lavoro è quello di sistemare la pubblicità negativa. Se questo diventerà pubblico, l’intero partito ne soffrirà!”

Sospirai, seccato che mi stesse facendo sprecare il mio tempo e accesi il computer.

“Tu forse puoi esserti fatto l’idea che io sia un faccendiere di Washington, ma che tu ci creda o no, la mia società aderisce a un codice etico,” risposti bruscamente mentre osservano l’icona della piccola mela che si illuminava. Non mi sarei fatto coinvolgere da lui—avevo già dato. Lui sapeva perché non avrei mai preso un cliente come Cochran anche se non l’aveva mai capito o appoggiato perché anche le sue mani erano altrettanto sporche.

“Ah, scordatelo. É comunque ora che Cochran rinunci al suo posto,” concesse. “Ultimamente è finito molto spesso sotto accusa da entrambi i partiti per argomenti diversi. Sicuramente non vogliamo uno scandalo ma almeno ci dà una scusa per cacciarlo.”

Alzai lo sguardo, quasi scioccato per la sua resa così veloce. Mio padre non rinunciava mai senza combattere.

“Quindi tutto a posto?” chiesi con incredulità.

“Perché discuterne? So come la pensi. Sei un debole, nonostante tutti i miei sforzi di renderti più duro. L’unico motivo per cui rifiuti di prendere questo caso è per quello che è accaduto tra me e tua madre.”

Il mio sangue cominciò a ribollire al sentir parlare di mia madre. Il maledetto bastardo non perdeva mai occasione di menzionarla. Lo odiavo ancora per quello che le aveva fatto ma lui amava ancora ricordarmelo a ogni maledetta opportunità.

“Oh, intendi quando l’hai piantata in asso quando si è ammalata?”

Lui rise, il suono spietato e crudele mentre si sedeva sulla sedia davanti a me.

“Tu devi dimenticare. É morta da quasi trent’anni. Tu credi che io non sia migliore di Cochran, ma ci sono alcune cose che non capirai mai, figlio.”

Le mie dita si strinsero attorno al mouse sotto il mio palmo.

“Vattene,” sibilai, lottando contro l’istinto di urlare. Solitamente ero calmo, razionale—con l’eccezione di quando si trattava di mio padre. Lui sapeva sempre come premere i pulsanti giusti. Allentai la mia presa sul mouse e finsi di scorrere le e-mail, avendo bisogno di una distrazione per non prendere a cazzotti il vecchio.

Sfortunatamente, lui proseguì.

“Credi che non sappia come ti senti? Ti conosco meglio di quanto tu voglia ammettere, e so quanto sei stato e sei ancora devoto alla memoria di tua madre.” Fece una pausa e si massaggiò pensierosamente il mento. “Ma potremmo usarlo a nostro vantaggio. Hai perso tua madre quando eri solo un bambino… i votanti potrebbero essere solidali. Chiaramente dovremmo fare un sondaggio. Questo insieme a —”

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Yaş sınırı:
0+
Litres'teki yayın tarihi:
07 mart 2021
Hacim:
294 s. 7 illüstrasyon
ISBN:
9788835418191
Tercüman:
Telif hakkı:
Tektime S.r.l.s.
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