Kitabı oku: «Il Cuore In Attesa», sayfa 3
CAPITOLO 4
Se Dane avesse dovuto scegliere tra farsi arrostire allo spiedo, diventare il pasto di un branco di segugi infernali o andare a cena a casa di Rachel Jackson, avrebbe preferito legarsi ad un rogo e prepararsi per una morte orribile. Ecco quanto odiava la matriarca della famiglia Jackson. Era stato a mangiare lì pochissime volte e ogni volta quella donna l'aveva fatto sentire inferiore in tutti i modi possibili. Dire che era una criticona non le rendeva giustizia. Non si teneva le opinioni per sé e tutti intorno a lei erano dei potenziali bersagli. I suoi figli erano i suoi preferiti da appendere al muro o mettere a testa in giù sul soffitto – era meglio uccidere un pipistrello nella sua pignatta… I suoi pensieri proverbiali stavano sfociando in un caos emotivo.
Non c'era mai stata una cena a cui aveva partecipato in cui qualcuno non se n'era andato in lacrime o arrabbiato. Erano quelli i modi con cui discutevano con la loro madre e spesso prevalevano entrambi. In più di un'occasione era grato che la sua famiglia fosse meglio della loro. Forse non aveva avuto una figura paterna esemplare, ma sua madre era sempre stata fantastica. Ora doveva entrare nella gabbia del leone e sperava che la signora Jackson non li mangiasse tutti e li sputasse per poi spedirli nell'oblio.
"Cosa devo fare per i miei amici…" Mormorò sottovoce e camminò verso l'entrata. Sperava tanto che Carter fosse già arrivato. Non voleva parlare con la signora Jackson senza nessun sistema di supporto in atto. Era sempre venuto con Carter quando doveva cenare con loro, o, piuttosto, era stato il suo collega che lo aveva costretto ad andare. Era una scusa conveniente per Carter per cenare e poi filarsela senza permettere a sua madre di affondare gli artigli nella sua pelle.
"Dane non sapevo saresti venuto anche tu".
Si guardò intorno e incrociò lo sguardo di Claire. Le era sempre piaciuta. Non aveva mai detto una parola crudele e aveva fatto del suo meglio per farlo sentire il benvenuto ogni volta che lo aveva incontrato – anche quando frequentava suo fratello malvagio. Le cose erano peggiorate quando quello schifoso bastardo aveva avuto il privilegio di uscire sia con Reese che con Claire. "Carter ha pensato che fosse una buona idea che venissi anche io. Così possiamo pianificare come trovare il servo di Satana e spedirlo nella cella fredda".
Dane fece cenno di sì con la testa. "Sì… Reese avrà bisogno di qualcuno che la protegga. È testarda e pensa sempre che sia al sicuro". Si era gentilmente offerto di proteggerla.
Non c'era un modo per sapere cosa avrebbe fatto o meno Nolan. Era prevedibile come un tavolo da roulette. La prima volta aveva perseguitato Claire, ma adesso poteva avere un altro piano. Non era stata un bersaglio facile. Ora aveva un fidanzato e molti amici che la proteggevano. Reese, invece… Era diventata un'eremita e a malapena lasciava la sua casa dopo il lavoro. Era sempre a lavoro oppure confinata in casa.
Dane non voleva più pensare a lei, ma chi voleva prendere in giro? Dopo il liceo non l'aveva mai dimenticata. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenerla al sicuro, anche se si fosse innamorata di qualcun altro e non si sarebbero più visti.
"Dov'è Matt?"
"Sarà qui a momenti. Doveva risolvere una questione e ha dovuto incontrare Olivia". Claire si guardò intorno nervosamente. "Non voleva che guidassi da sola fino a qui".
Dane imprecò sotto voce. "Avresti dovuto chiamare Carter o me. Non è sicuro per te stare da sola".
"Sto bene". Claire roteò gli occhi. "Non sono un'idiota. Matt mi ha accompagnato fino alla mia macchina e ho guidato fino a qui. Ero al sicuro per tutto il tempo".
Dane voleva poterle credere. Sarebbero potuto succederle molte cose durante il tragitto. Forse pensava di essere al sicuro, ma Nolan poteva raggiungerla in qualsiasi momento. E se avesse deciso di andare a sbattere contro la sua auto? Non sarebbe stata la prima volta che avesse usato quella tattica. Ecco perché Jessica Sousa e Lana Brady erano andate fuori strada qualche mese prima. Tutto era possibile quando una persona impazziva e c'erano stati molti casi di insanità mentale tra la popolazione nell'ultimo periodo.
"Claire" – sospirò – "Non farlo più ti prego. Usa il gioco di squadra e vai in giro sempre con qualcuno. Sarà molto più difficile per una persona – Nolan più precisamente – prenderti. Non vogliamo che si ripeta quello che è successo la scorsa volta".
Lei annuì. "Lo so e lo capisco…"
"Bene. Sei al sicuro, è tutto quello che conta ora. Una volta che saranno tutti qui troveremo delle strategie. Penso che dobbiamo rientrare". Guardò la porta principale e cercò di nascondere l'orrore. "Oppure possiamo aspettare finché non arriva qualcun altro".
Claire sorrise e il suo sorriso le illuminò il viso. "Che tu ci creda o no capisco quell'espressione di terrore. Mia madre è speciale e non in senso buono".
"È un modo per descriverla" – fece spallucce – "Non ti invidio per essere cresciuta con una donna come lei. È difficile da sopportare nei giorni belli, figuriamoci se la temiamo da molto tempo. Pensavo che non avremmo dovuto preoccuparci di un possibile ritorno di Nolan per almeno venti anni".
"Io e te insieme". Claire aggrottò la fronte. "Testimoniare al tribunale è stata dura ma ce l'ho fatta. L'alternativa era inaccettabile. Non potevo vivere sapendo che avrebbe potuto sfuggire alla giustizia e ferire un'altra persona. Ora è in fuga e potrebbe sempre accadere una cosa del genere. Come possono essere così imprudenti? Hai maggiori informazioni su ciò che è successo?"
Dane voleva tanto averle. Dopo aver lasciato l'ospedale, si era fermato alla centrale di polizia per vedere se ci fossero novità. Non era stato riportato nulla di nuovo e le teste di cazzo che l'avevano lasciato fuggire non erano stati di grande aiuto. Erano troppo impegnati a trovare un modo per passarla liscia, considerando che avevano lasciato scappare un serial killer. Lui o Carter dovevano andare nel carcere per chiedere delle rispose alle guardie carcerarie. Il conducente dell'autobus era in ospedale a lottare contro il coma, mentre l'altra guardia era stata curata e rilasciata. Uno di loro magari poteva aiutare a fare luce sulla situazione, ma non l'avrebbero saputo con chiarezza finché non fossero andati a parlare con loro. A volte le informazioni erano più chiare quando si veniva a saperle nei giorni successivi. Sperava davvero che fosse così. La quiete dopo la tempesta, come si suol dire…
Dei passi sul marciapiede riecheggiarono intorno a loro. Tutti si girarono mentre Matt si avvicinava a loro. Olivia lo seguiva. I suoi tacchi a spillo facevano rumore sul cemento mentre camminava. Stava facendo del suo meglio per stare al suo passo con i tacchi che le facevano male, ma era comunque dietro di alcuni passi. Dane era stupito dalle sue abilità. Matt raggiunse Claire e la abbracciò. "Grazie a Dio stai bene. Sono stato preoccupato per tutto il tempo e a malapena sono riuscito a concentrarmi su quello che dicevano".
"Sto bene" ripeté quello che aveva detto a Dane pochi minuti prima. "Sono sana e salva. Non c'è niente di cui preoccuparsi."
Dane era geloso della loro relazione e non era la prima volta che desiderava avere anche lui un amore così profondo. Forse un giorno sarebbe stato fortunato abbastanza da trovare una donna che lo amasse tanto quanto lui amava lei. Ad un certo punto aveva sperato che fosse Reese e mentiva se avesse detto che non la pensava più, ma ad un certo punto dovette smettere di fantasticare. Lei non gli aveva dato nessun segnale per fargli capire che fosse interessata a lui in un modo romantico. Senza dimenticare che aveva persino frequentato Nolan, tra tutte le persone – quello avrebbe dovuto spegnere il suo interesse molto tempo prima. Olivia si fermò al suo fianco e guardò la coppia palesemente innamorata. "Non ti fanno venire il vomito a volte? Sono circondata da queste sdolcinatezze ogni giorno".
Dane sorrise "Non sono così male".
Lei lo guardò in modo fisso. "Lo dici solo perché non hai a che fare con loro ogni giorno. Prova a lavorare nel nostro ufficio per alcuni giorni e poi dimmi se non ti fanno venire voglia di vomitare nel cestino più vicino".
"Sono d'accordo con Olivia" disse Reese.
Dane era stato così distratto che non si era accorto che lei e Carter si erano avvicinati a loro. Sarebbe stato un pessimo bodyguard se avesse continuato così. Voleva essere una delle persone che davano una mano a proteggere Reese e stava fallendo nel suo compito. Guardò Carter e annuì.
"Perché siete tutti qui a comportarvi come se foste tutti dei bersagli di un assassino?" chiese Carter. "Pensavo che foste già tutti dentro".
"Ed essere dei bersagli per la lingua tagliente di tua mamma?" Dane alzò un sopracciglio. "Fuori è più sicuro".
"Cavolo, devo ammetterlo ma su questo punto hai perfettamente ragione" brontolò il suo collega. "Odio le cene di famiglia".
Olivia incrociò le braccia al petto e batté i tacchi impazientemente. "Entriamo?"
"E tu perché sei qui?" Carter la guardò. "Non ricordo che ti abbiamo invitata".
"La domanda è perché tu non mi vuoi qui? Ho fatto tutto bene". Fece l'occhiolino. "Ammettilo, detective, sei contento di vedermi".
Carter guardò verso il cielo e sussurrò qualcosa che Dane a malapena riuscì a capire. Forse stava pregando per avere pazienza o per la perdizione di Olivia. In quel momento non era più sicuro che gli importasse di lei.
Aveva detto una cosa giusta qualche attimo prima, stare fuori casa non era una delle azioni più sicure. Era arrivato il momento di entrare e avere a che fare con la signora Jackson, per quanto tutti lo detestassero. "Perché non entriamo? La cena è pronta". Dane si avvicinò verso la casa. "Dobbiamo anche metterci d'accordo su come mettere al sicuro Reese e Claire e non possiamo farlo qui fuori".
Tutti mormorarono qualcosa ma poi si avviarono verso la porta d'ingresso. Reese la raggiunse per prima e la aprì. Non aveva prestato attenzione a tutti quegli avvertimenti? O forse qualcuno si era dimenticato di avvertirla che uno psicopatico era scappato dalla prigione e poteva ucciderla? Aveva sempre sostenuto Nolan. Forse non pensava realmente che potesse farle del male.
La signora Jackson non li stava aspettando per saltarli addosso. Dane non sapeva se esserne felice o preoccupato. "Mi chiedo dove sia mamma…" Reese passò oltre Dane e Carter per andare nella salone. "Mamma" la chiamò.
La signora Jackson graziosamente scese le scale e aveva la testa alta mentre si avvicinava a loro. "Era ora che arrivaste. Perché siete in ritardo?"
"Mamma" – Carter si toccò la punta del naso – "La cena è alle sei. Sono le cinque e mezza".
"Esattamente" – rispose – "Siete in ritardo. L'aperitivo è un'ora prima della cena".
Dane trattenne l'impulso di ridere. Soprattutto perché Carter avrebbe volentieri tirato fuori la pistola e si sarebbe sparato se avesse potuto. Il suo collega aveva davvero poca pazienza per sua madre e si era già esaurita con una breve frase. "Ci scusiamo per il nostro ritardo". Fece un cenno alla signora Jackson. "C'è qualcosa che possiamo fare per aiutarla con la cena?"
"Ti stai offrendo di servire a tavola?" – alzò un sopracciglio – "Appartieni ad una classe sociale inferiore, quindi ha senso, ma no. È tutto sotto controllo. Siediti e tieni i tuoi pensieri per te. Non voglio che li condivida con noi né che tu dia dei consigli alle mie figlie. È già abbastanza brutto che entrambe siano uscite con lo stesso patrimonio genetico, non voglio che scivolino in ranghi sociali ancora più bassi".
Cosa avrebbe detto se si fosse ricordata che anche lui proveniva dallo stesso patrimonio genetico, come lei aveva detto? Dane si rifiutò di lasciarsi infastidire dalla vecchia strega. Claire, invece, non si faceva problemi. "Datti una calmata, mamma. Dane è un brav'uomo e non può essere giudicato da te né nessun altro solo per le circostanze della sua nascita – cosa di cui non ha colpa". Puntò il dito verso di lei. "Inoltre sei stata tu quella che ci ha spinte verso quell'uomo spregevole. Tu eri stregata dal suo fascino. Sono felice di aver smesso di darti retta da molto tempo e di aver seguito il mio cuore".
"Mmm" La signora Jackson la guardò. "Sei sempre così schietta".
"Ci provo" – sorrise – "Ad ogni modo io e Matt ci sposeremo. Non ti preoccupare. Non mi aspetto che ti congratuli con noi".
Durante gli scambi di battute, tutti erano rimasti in silenzio, soprattutto Reese. Era come se stesse cercando di evitare l'attenzione di sua madre. Dane aveva intenzione di chiederglielo non appena ne avrebbe avuto l'occasione. Non era mai sembrata il tipo da rannicchiarsi in un angolo, ma era l'ombra di se stessa. Odiava vederla così sconfitta. La vera domanda era chi l'aveva ridotta così: Nolan, sua madre o entrambi?
"Se volete scusarmi, vado a finire di preparare la cena. Dovete essere a tavola alle sei in punto". Con quelle parole la signora Jackson scomparve. Sarebbe stata una serata infernale…
Carter si girò verso tutti e disse "Ho bisogno di un drink e anche voi se volete sopravvivere a questa cena. Seguitemi e vi offrirò la salvezza".
Dane non era uno stupido e lo seguì. Probabilmente avrebbero avuto bisogno di più di un drink per sopravvivere alla lingua affilata della signora Jackson. Tutti erano dello stesso parere e Carter iniziò a versare lo scotch in diversi calici e glieli offrì come bomboniere. Nessuno li rifiutò…

Carter odiava tornare a casa. Amava sua madre tanto quanto la odiava, ma sfiorava con lei quella linea sottile più spesso di quanto avesse mai desiderato. Era una donna crudele soprattutto con i suoi figli. Da lì proveniva l'odio. Che razza di madre trattava i suoi figli con un'indifferenza così sprezzante? Non c'erano stati momenti sereni e confortanti nella sua infanzia e, da adulto, si erano ottenebrati ad ogni incontro. Fissò il bicchiere vuoto tra le mani e voleva poterlo riempire. L'alcool aveva attenuato l'impatto della sua presenza. Però non poteva bere quanto avrebbe voluto. Con Nolan in fuga doveva avere la mente lucida. Tutti l'avevano seguito quando era andato alla ricerca di un drink. Ora erano tutti rilassati nel soggiorno, in attesa della cena. Non aveva molta fame, ma avrebbe mangiato ugualmente. Non perché sua madre lo avesse ordinato, ma perché doveva mangiare per mantenere alte le sue energie. La debolezza l'avrebbe solo rallentato e si rifiutava di lasciar accadere qualcosa che potesse impedirgli di trovare Nolan. Quel bastardo psicopatico aveva ferito Claire e molte altre donne. Avrebbe potuto ferire anche Reese. Tutte e due le sue sorelle erano coinvolte nello stesso serial killer. Se fosse riuscito di nuovo a mettere le mani addosso ad una di loro… Non avrebbe permesso che accadesse. L'avrebbe trovato per primo.
"A cosa stai pensando?" Dane chiese avvicinandosi a lui nell'altro lato della stanza. Era rimasto a fissare fuori dalla finestra, in disparte. Carter non sapeva cosa avesse spinto il suo amico a lasciare il suo posto e andare al suo fianco, né cosa avesse nel suo stato d'animo introspettivo. Dane era stato più pensieroso del solito in merito alla fuga di Nolan. Carter aveva le sue ragioni per essere arrabbiato per quella situazione e lui aveva le sue. Entrambi lo odiavano per le cose terribili che aveva fatto nel corso degli anni. Carter non poté fare a meno di chiedersi se Dane stesse rivivendo gli incubi della sua traumatica infanzia a causa di suo fratello. "Riesco quasi a vedere le rotelle che girano".
"Non è niente" – rispose il suo collega con un tono calmo – "Voglio solo che questa cena finisca".
Dane incrociò le braccia al petto e si appoggiò al muro. Aveva esaminato la stanza nello stesso modo in cui aveva fatto Carter poco prima. Erano colleghi da molti anni, erano avvezzi alle abitudini dell'altro. Dane era più giovane di lui di un paio di anni e non erano andati a scuola insieme. Prima che fossero stati scelti come colleghi, Carter non sapeva molto di lui. Ci era voluto un po' di tempo per familiarizzare abbastanza da condividere le loro vite personali l'uno con l'altro. Aveva scaricato il suo dolore su sua madre e Dane aveva fatto lo stesso riguardo suo padre ed il suo fratellastro. Carter odiava Nolan per quello che aveva fatto alle sue sorelle – Dane aveva molte ragioni per detestare quel bastardo psicopatico. Non importava quanto riflettesse sulla situazione, era troppo incasinata.
"Questa cena" – iniziò a dire – "Capisco che sia un male necessario, ma tua madre non ce lo renderà facile".
"Non lo farà mai" – confermò il suo amico – "Ma è mia madre e dovrebbe capire la situazione. Non posso correre il rischio che lui la lasci in pace. È improbabile che la cerchi…" Scosse la testa. "Onestamente non ho proprio idea di quello che potrebbe fare. È un'incognita". Nolan stava aspettando qualcosa. Carter non credeva nemmeno per un momento che avesse lasciato la città. Non aveva i mezzi per farlo. Tutti i suoi beni erano stati confiscati per pagare le cause civili contro di lui. I familiari delle donne che aveva ucciso lo avevano citato in causa per danni. Era sembrato quasi insignificante in quel momento, ma ora ne era grato. Nolan era completamente al verde e questo lo rendeva pericoloso in diversi modi. Non aveva niente da perdere.
"È sempre stato così" Dane disse in modo calmo. Non si era mosso da quando si era appoggiato al muro. Aveva uno sguardo fisso come se si aspettasse che Nolan sbucasse fuori da un momento all'altro. "Mio fratello è sempre stato cattivo da quando è nato. Nessuno se n'è mai accorto".
"Questo ti fa pensare alle capacità di osservazione della gente". Le labbra di Carter si inclinarono verso l'alto in un piccolo sorriso. "Non sempre ti accorgi di quello che hai davanti agli occhi. A volte si ammette solo ciò che è difficile da sopportare, altre sei volontariamente cieco perché vuoi vedere solo il buono nelle persone. Suppongo che sia questo il caso di Nolan. Le persone intorno a lui hanno visto solo l'apparenza, senza notare la sua cattiveria. Tu hai visto l'altro lato di lui perché te lo ha mostrato".
"Come sei perspicace" – Dane disse sarcasticamente – "Ci stavi pensando da un po', vero?"
"Niente affatto" – ammise – "Da quando ha aggredito Claire… l'ho incontrato diverse volte. Quando si frequentavano e poi quando usciva con Reese. Non mi piaceva e non perché non fosse all'altezza di una di loro, quello è scontato. Sembrava troppo perfetto e diceva sempre la cosa giusta. Senza aggiungere che mia madre lo adorava ed era abbastanza da farmi accapponare la pelle" – sospirò pesantemente – "Nessuna di queste cose mi ha fatto capire che è un serial killer. Tutto quello che potevo fare era sperare che le mie sorelle si accorgessero del suo finto fascino e lo allontanassero dalla loro vita".
Nessuna delle due si era svegliata volontariamente da quell'infatuazione. Nolan aveva scaricato Claire per mettersi con Reese. Dopo aver attaccato Claire ed essere stato arrestato, Reese non aveva avuto altra scelta che chiudere la loro relazione. Altrimenti sarebbe stata considerata come un'idiota.
"Non essere così duro con le tue sorelle". Dane si voltò per guardarlo. "Mio fratello ha molta esperienza su come ingannare le persone che lo circondano. Mi odia e me l'ha fatto capire dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti. Non sopporta la mia esistenza. Dio solo sa perché. Non gli ho mai fatto niente".
"Forse non è così semplice" – Carter rispose – "È cattivo. Dubito che abbia un motivo".
"Hai ragione" – concordò Dane – "È cattivo, ma non l'avrà vinta. Farà dei casini e quando succederà sarò lì per fermarlo".
"Lo faremo entrambi" anche Carter voleva essere lì. Voleva assicurarsi che quell'uomo non sarebbe mai più uscito dal carcere. "Nolan non farà più del male a nessuno. La sua cattiveria non merita più di vedere la luce del giorno".
"Non lo farà".
Carter poggiò il suo bicchiere vuoto sul tavolino accanto a lui. Aveva molto lavoro da fare, lo sapeva, anche se avrebbe voluto affogare la sua rabbia e frustrazione in una bottiglia di scotch. Nolan ne avrebbe approfittato della sua debolezza. Carter ne aveva già troppe quando si trattava delle persone a cui teneva. Non voleva aggiungerne altre alla lista.
"La cena è pronta" urlò sua madre dalla sala da pranzo. "Venite qui subito".
"È l'epitome della benevolenza". Dane disse seccamente guardando il suo collega. "Come hai fatto a vivere con questo esemplare?"
Roteò gli occhi "Zitto e andiamo nella gabbia del leone. Se siamo fortunati, ci mangerà per poi sputarci fuori, preferirei uscire vivo da questa casa".
"Ti ho mai detto quanto odio cenare qui?"
"No" – Carter ridacchiò – "Ma non ce n'è bisogno". Gli diede una pacca sulla spalla e camminarono lentamente avviandosi verso la sala da pranzo. "Se mia madre fosse stata cortese con te mi sarei preoccupato. Ma quando prima ti ha risposto male è stata una bella giornata".
"Sei pazzo".
"No, tuo fratello lo è" – sorrise – "Era un test. Anche se non è stato corretto, ma sono i risultati quelli che contano. La prima volta che ti ho trascinato a cena qui sapevo che alla fine saresti diventato uno dei miei migliori amici. Ci vuole un uomo forte per affrontare la mia cara mamma. Ce l'hai fatta senza nemmeno prendertela con me. Fidati, molte persone non mi hanno più parlato dopo averla conosciuta".
"Oh, ti credo" – disse – "Ma non permetto alle persone di decidere chi devo essere. Se lo facessi, mi sarei scavato la fossa molti anni fa" – sospirò – "Buon per te, ho capito. Andiamo a vedere quanti coltelli tua madre è in grado di lanciarci a cena. Poi dopo possiamo concentrarci su quell'idiota di mio fratello".
Carter ridacchiò e lo seguì nella sala da pranzo. La cena sarebbe stata un inferno, ma almeno aveva degli alleati nella stanza. Sua madre avrebbe anche potuto torchiarli, ma sarebbero riusciti a sopravvivere alla sua lingua tagliente. Anche se in qualche modo feriva più di un coltello piantato nello stomaco. Almeno le parole non erano fatali…
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