Kitabı oku: «Tutte Le Lettere D'Amore Sono Ridicole»

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Tutte le lettere

d'amore sono ridicole

Diego Maenza

Traduzione a cura di Silvia Casuscelli


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© Diego Maenza, 2020

© Tektime, 2020

© Silvia Casuscelli, traduzione, 2020

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Tutte le lettere

d'amore sono ridicole

Diego Maenza

Traduzione a cura di Silvia Casuscelli

CONTENUTI

PREFAZIONE

CAPITOLO UNO

CAPITOLO DUE

CAPITOLO TRE

CAPITOLO QUATTRO

CAPITOLO CINQUE

CAPITOLO SEI

CAPITOLO SETTE

CAPITOLO OTTO

CAPITOLO NOVE

CAPITOLO DIECI

CAPITOLO UNDICI

CAPITOLO DODICI

CAPITOLO TREDICI

CAPITOLO QUATTORDICI

CAPITOLO QUINDICI

CAPITOLO SEDICI

CAPITOLO DICIASSETTE

CAPITOLO DICIOTTO

CAPITOLO DICIANNOVE

CAPITOLO VENTI

CAPITOLO VENTUNO

ESALTAZIONE

EPILOGO

PREFAZIONE

Abelardo ha lo sguardo rivolto verso il cielo. Sorride, soddisfatto, come non faceva da giorni, da settimane. Le nuvole prendono un colore grigio scuro, come se fossero premonitorie. Le sue gambe, nervose ed eccitate, lo conducono attraverso il sentiero, ma la sua mente vaga immaginandosi l'imminente incontro con Eloisa, l'amore della sua vita. Infilato sotto il suo il braccio destro ha un manoscritto, che stringe a sé come se volesse anticipatamente proteggerlo dalla burrasca che si avvicina. Sente la brezza accarezzare il suo volto, spettinargli i suoi voluminosi capelli, accarezzargli le guance. Abelardo guarda a terra. Osserva la spazzatura che vibra mossa dal vento. I suoi piedi continuano a camminare, tranquilli, come il suo istinto sognatore e i suoi occhi agitati che si perdono di nuovo tra le nuvole. Per questo non si accorge del veicolo che attraversa rapido la strada; per questo non percepisce, se non nell'ultimo ed inutile istante, il suono del clacson disperato dell'imprudente conducente. Il metallo della macchina colpisce il corpo di Abelardo. La sua pelle si increspa, la sua carne si lacera, le sue ossa si rompono, la sua anatomia piena di colpi viene scaraventata a vari metri nella stessa direzione in cui soffiava la brezza. Gli schizzi del suo sangue si confondono, mischiano, integrano, con la carrozzeria vermiglia dell'automobile. La testa del ragazzo sbatte contro il suolo e il colpo ne favorisce i traumi. La pioggia inizia a scendere, molto delicatamente. Il viandante più tranquillo, la cui natura inquisitoria propria dell'essere umano si sarebbe focalizzata sulla verifica dei dettagli circostanziali per riporgli la sua attenzione riguardo l'incidente (magari con l'intenzione di trarre dalla tragica situazione un profitto materiale), sarebbe stata l'unica persona a notare le tre parole che intitolano il manoscritto, caduto vicino a un tombino. Quelle tre parole che iniziano già a diluirsi su tutta la pagina, a causa dell'inconsistente pioggerellina, e che costituiscono il titolo dell'opera che desiderava pubblicare il ferito e giovane Abelardo: Teoria degli Affetti.

CAPITOLO UNO

Parlare di lei (l'ho sempre detto e lo mantengo) è parlare della creatura meno comune. Cosa potrei mai dire di lei che non risuonasse come qualcosa di usuale o una frase facile, come un tema banale? Il problema non è la carenza di aneddoti sui quali discorrere, la difficoltà deriva proprio dall’opposto perché, infatti, ci sono troppi prodigi che potrei raccontare sulla sua vita, ma non ne parlo perché non è di mio gradimento farlo all’inizio di questa storia. E devo affrontare il racconto con calma. Entrare nei dettagli della sua vita sarà un processo interessante, ma potrebbe essere un errore da parte mia sbagliare anche solo per un momento. Forse un altro interlocutore più loquace sarebbe la persona adeguata a captare con esattezza ed obiettività la sua essenza; nonostante questo, il mio scopo è molto più pretenzioso: ho bisogno, durante questo processo, di far capire quello che lei ha significato per me. Dove trovare la più cristallina fonte di verità, se non in lei? Alle sue labbra è vietata la menzogna, e questo le dà la facoltà di fare con me qualunque cosa desideri. La sua lotta per essere donna ha forgiato l'animale più utopico che conduce un'idolatria disperata verso la vita. Le piace amare... Le piace amarmi. Entrare nei dettagli del suo essere, sarebbe come profanarla. I credenti hanno forse cercato di descrivere i loro dei? Devo, però, assumerne il rischio, anche a costo di non salirne indenne. Il suo carattere crudo e signorile, gli altezzosi seni che disegnano curve nell'aria, la melodica voce ipnotica e dolce, lo sguardo malandrino che mi accarezza in maniera indelebile, la sua intelligenza pratica e il suo spirito generoso, il movimento delle sue anche sbattendo contro il vento nella sua peculiare maniera di camminare, il suo senso dell'umorismo, il suo abile sorriso che disegna il suo furbo profilo. Lei è tutto questo, e molto di più. Il prototipo della donna perfetta. Una favola diventata realtà. Il suo nome è Eloisa.

Il mio nome era Eloisa e non sono più giovane, Non dopo tutto quello che accadde. Anche con il passare degli anni e nonostante le mie cellule ancora giovani, mi ritrovai prematuramente divorata da una vecchiaia spirituale che ho conservato fino ad oggi e che non ha mai abbandonato le mie vene. Il corpo, a volte, è il riflesso dell'anima ma, in altre occasioni, la sua tortura. Perché venimmo al mondo in un tempo e in uno spazio in cui la bellezza è sinonimo di sfortuna, anche se ci si impegna per dire l'opposto.

Ero magra e bella, gracile e fragile come la gazzella che mostra la sua esilità senza rendersi conto delle iene affamate e lupi famelici che la aspettano nascosti nell'ombra.

Oggi, raccontandoti questo, giovane amica, posso addirittura sapere che cosa pensò ognuno di loro in quel momento. Il primo, il robusto, aveva notato le mie fini ed abbronzate gambe, che si mostravano appetitose per la sua voracità da rapace. Il secondo, il più forte, aveva riposto l'attenzione sui miei seni nascenti, piccoli bottoni che sporgevano dalla mia camicetta e che incitarono l'uomo a morderli durante tutto il lavoro. E al terzo, il giovincello, risvegliarono l'appetito i miei glutei vistosi, rotondi e sodi grazie all'aerobica e alla danza contemporanea. Erano tutti dei maiali.

LETTERA UNO

Ti disegno, come se delineassi sotto il leggero strato di pioggia un viso immaginario e perfetto, in cui le deliziose fossette rimangono sospese sopra le guance. Ti faccio sorridere, facendo sì che si assopiscano i tuoi dolori e le tue obbligazioni quotidiane che muovono il tuo viso come burattinai del tuo destino. Ti faccio vivere il desiderio impiantato nella tua parte più profonda.

Cominciare una lettera d'amore è difficile, come dare inizio ad una storia che non contiene nessun elemento difettoso e che potrebbe essere manifesto della piena soddisfazione dello scrittore di fronte alla sua opera. Appagamento che, a mio intendere, non sarà mai soddisfatto, allo stesso modo che non lo sarà in queste righe.

Trascrivere i sentimenti a volte è una difficoltà quasi senza soluzione. Assomiglia al compito dello scultore che deve far nascere dal duro marmo la sottile narice del modello ed i suoi rotondi testicoli. Eroico è lo sforzo del pittore che, mescolando le sue vernici, riesce a riprodurre sulla tele la perfezione di una mascella perfetta, dei seni piccoli ma ben definiti e che contrastano con lo splendore di una vulva nascosta dai peli. Non meno ardua e complessa, per non dire impossibile, è il compito del poeta che, appollaiato sul suo momento di lucidità, deve far diventare inafferrabile ciò che è comodamente palpabile e, in un caso paradossalmente analogo, rendere evidenti le grazie che senza il suo intervento sarebbero inaccessibili.

Davanti a questa parete mi trovo in questo momento, non come pittore, scultore o poeta, perché le mie abilità non arrivano a tanto. Sbatto contro questo muro con come artista, ma come essere umano. La mia anima (chiamo in questo modo l'insieme delle mie scarse qualità, che non gli si dia altra accezione) si inorgoglisce di appartenere al gruppo di persone che loda la condizione dell'essere umano al di sopra di ogni artificio del mondo, per quanto sublime possa essere. Prima di tutto siamo umani, e come tale mi esprimo.

A volte mi chiedo il motivo per cui mi consumo scrivendo. La risposta non può essere semplice. Per denunciare i mali che affliggono la società? No, sicuramente. Per risolvere problemi personali, convertendo la letteratura in una grande masturbazione psicologica? Nemmeno. Per raggiungere la fama o la ricchezza, o per rendere attuale il modo in cui utilizziamo la lingua (non l'organo ma il sistema di comunicazione verbale)? Ancora meno. Mi spiego: il mio modello da seguire, per quanto riguarda il comportamento, è lo Scrittore Fantasma. Solo penso a scrivere, il resto non importa.

Forse le risposte sono meno pragmatiche di quello che, generalmente, si creda.

Cerco di rispondere: scrivo per comprendere in maniera migliore ciò che mi circonda. Magari la risposta è la stessa che mi do ogni volta che mi domando il perché io pratichi la lettura: per rendermi più umano.

Divento più umano scrivendoti lettere d'amore? L'amore cresce forse per il fatto di scriverti? E l’'amore, quindi, può crescere, proprio come fanno i neonati o i girini o i fiumi? O sarà invece che scrivendoti una lettera a poco a poco si staccano (come se si trattasse di un frattale infinito) i pezzi che costituiscono l'intero amore e, in questo modo, a poco a poco ne rimani senza? L'amore appassisce come fa un anziano, come carne alla brace o come frutta marcia? Probabilmente, l'unica risposta valida è questa: scrivere mi fa sorgere dubbi, inquietudini, allo stesso modo di quando l'intento di descrivere il profumo marcato dei tuoi capelli ritorna confuso, opaco di fronte a quello che la mia mente mi risputa fuori. O nello stesso modo in cui il tuo viso si converte nella parola che mi sfugge, o come l'adorazione per i tuoi occhi mi fa deglutire con la perplessità di chi è estasiato e non prova poi più piacere per le storie o le poesie.

No, non si tratta nemmeno di questo. Non lo so. Non ne sono così sicuro.

Tuo, Abelardo.

AFFETTO

L'affetto nasce dal pancreas e si diluisce nei nostri vasi sanguigni, fino a ritornare all'ipotalamo. È di colore ambra, che simbolizza la felicità e la ricerca del benessere. Si manifesta con ultrasuoni e con un profumo floreale. Nella simbologia universale è rappresentato dalla Luna. Nei tarocchi lo identifico con La Forza, sinonimo di controllo e sicurezza. Nello zodiaco occidentale lo personifico nel segno della Vergine, caratterizzato dalla spiritualità, l'ordine, l'intelligenza. Nello zodiaco cinese, invece, lo trovo nel Coniglio, pieno di prudenza, tenerezza ed armonia. L'affetto è Liquido e si dirige al Nord su di un Unicorno, perché è verginale.

CAPITOLO DUE

Come è solito succedere nel processo di incontri della razza umana, le nostre vite si scontrarono per un caso arbitrario del destino. Lei, quindici anni e nel suo splendore del periodo mestruale; io, con quattordici anni e i deliri della masturbazione. Fu sufficiente come pretesto un incontro casuale, una fiera del paese e cinque amiche impiccione per far sì che la nostra relazione cominciasse.

Lei era la ragazza più bella della scuola ed io un aspirante galantuomo che iniziò ad abbandonare gli studi a causa dell’appena conosciuta filosofia dell'amore.

A me, l'inizio della nostra relazione, risultò tenero. A lei, non molto. Ciò che motivò il suo avvicinamento fu l'affanno di iniziare una storia non con me, ma con un mio amico. La cosa ironica (e, perché non dirlo, romantica) fu che, nel processo, alla fine si innamorò di me. La conquistai, e ci conquistammo.

Forse cerco di spiegare gli avvenimenti ricorrendo a complicate astrazioni, ciò invece un superficiale si avventurerebbe ad esprimere con un paio di vocaboli. Ma lo sottolineo, il mio obiettivo ha un'ambizione maggiore.

La sua allegria contagiosa di fronte alla mia costante battaglia contro la malinconia; il suo carisma ed intelligenza riflessi nei contorni dei suoi occhi curiosi e vivaci ogni volta che le veniva in mente un'idea o in ogni occasione in cui cercava delle scuse nell'immaginario più recondito di fronte ai suoi genitori per giustificare le nostre uscite furtive, o di fronte alle mie pretese fisiologiche; la sua passione per la danza e la mia per la scrittura. Tutto lo rendeva ingiustificabile e, caro lettore, amata lettrice, capirete che per noi è stata la relazione più intensa che sia mai esistita al mondo e spero potervi comunicare in modo adeguato tutte le mie sensazioni.

La notte scese con sorpresa alla fine di quell'estate. Ero uscita dalla lezione di ballo che un giovane e bell’istruttore europeo aveva iniziato ad impartire nel paese, e che si tenevano di pomeriggio nell'istituto in cui studiavo. Ricordo che quel giorno avevamo provato una danza turca che, dopo l'accaduto, non avrei mai più ballato. La madre di una delle mie compagne si era offerta di accompagnarmi a casa in macchina. Mi negai. Desideravo camminare e schiarirmi alcune idee da adolescente quale ero.

Presi la strada più grande costeggiata da grandi alberi, che avvolgono con la loro penombra il cammino. Le stelle si affacciavano timide e una grande luna faceva sì che le pietre sul terreno brillassero come magiche lanterne.

Il destino volle che dalla penombra emergessero i tre rapaci. L'uomo corpulento mi abbordò con la maschera di arcangelo. Non pronunciò nessuna parola e non l'avrebbe fatto per tutta quella angustiosa notte, ma si mise nel mezzo del cammino e aprì orizzontalmente le sue braccia per far sì che mi fermassi, e così capii che era il capo del gruppo. Fecero capolino le altre due figure. Un giovane magro e non molto alto, con corporatura d'adolescente, portava la maschera di un teschio. Disse ―non puoi passare―, e il suono della sua voce mi confermò la sua giovane età. L'individuo alto e tozzo indossava invece la maschera di un ariete. La sua voce era grossa come la sua pancia e mi consigliò di non gridare.

Il mio corpo sentì il pallore tipico dello spavento. I miei pensieri si paralizzarono, come i miei muscoli. I miei peli si rizzarono quando sentii il contatto forzato con quelle tre bestie. Come se quel grasso ariete fosse stato uno stregone e la sua minaccia fosse stata una maledizione: per quanto ci provassi non potei gridare.

LETTERA DUE

La mattina in cui mi svegliai sorpresa di aver capito di essermi innamorata di te, per me fu una rivelazione. Forse non riesco ad esprime la immagine precisa e mi trovo incapace di descrivere la sensazione esatta, ma il ricordo mi emerge quasi nitido, come un dejà vu che aspetta di essere plasmato. Fino a quel momento ero solo un'amica per te, una compagna di circostanze alla quale ti affidavi nei tuoi momenti di noia come se fosse la distrazione più adeguata di qualsiasi adolescente.

Un'altra mattina rivelatrice, nella quale mi resi felice, fu quando mi desti quell'innocente bacio. Arrivando a casa mi coricai nell'amaca e, mentre il vento leggero sfiorava il mio viso felice, il ricordo del tuo tatto mi evocava sensazioni quasi epilettiche, scosse interne che mi smuovevano come insetti rivoltando il mio petto o come dolci piccoli vermi che solcavano le mie viscere.

Le mattine... Forse sono premonitorie, o dei segnali. Le mattine a scuola non sarebbero state piacevoli se non fosse stato per la tua presenza durante le ricreazioni, anche solo per sentire emergere dalla tua bocca qualche sillaba, dato che io (come in varie occasioni ti ho fatto notare) dovevo tirarti fuori le parole con il cucchiaio, metafora in realtà adeguata a quell'epoca in cui eri un ragazzino pallido e silenzioso. La cosa importante era percepire le nostre figure sedute sulla panchina, con le mie gambe unite e le mie mani appoggiate sulle ginocchia, e captare il movimento dei miei capelli che interagivano con te, come due magneti estranei che vogliono attrarsi ma unicamente si toccano in un via vai di tensione. Fu in quei giorni che mi innamorai di te, delle tue lunghe pause di silenzio, del tuo sguardo proiettato verso l'orizzonte alla ricerca di idee e che mi incitavano ad esplorare l'enigma della tua prudenza.

Era una mattina quando mi aspettasti sotto quella pioggia torrenziale. Insistetti sull'appuntamento, senza renderti conto che sarebbe stato più pratico eludere il diluvio e rimandare il nostro incontro fino all'uscita dell'arcobaleno. Erano le mattine quelle che ci facevano incontrare in quel parco pubblico, nell'angolo che ribattezzammo usando un nome stravagante e che avremmo usato codice nelle seguenti occasioni, sempre essendo coscienti che ogni coppia lo aveva rinominato con un nome conforme alla loro relazione. Era un mattino quando sfiorasti i miei seni con l'impudenza propria dei tuoi ormoni. Fu una mattina (voglio sognarlo così) quando accarezzasti le mie natiche al di sopra della tela del pantalone di quei jeans che odiavo.

Fu di mattina la prima volta che facemmo l'amore, anche se il nostro amore già era si era fatto molto prima. Forse perché a quel tempo solo avevamo degli spazi nelle prime ore della giornata, quando il cielo si faceva più chiaro e ci svegliavamo desiderando arrivasse l'istante dell'incontro. E dopo arrivavano i pomeriggi, che chissà non sono così premonitori, ma molto speciali, senza dubbio. Quando il mezzogiorno si avvicinava e con gioia mi preparavo per gli incontri in città.

Il nostro amore maturava, e noi con lui, queste vite pesanti e tristi a causa della distanza, ma nonostante questo ci sentivamo vicini.

Ricordi il tempo in cui non avevamo telefoni e riuscivamo a scambiarci messaggi grazie ad un quaderno o ad un complice momentaneo. Dopo tutti questi ricordi felici, mi tornano alla memoria le nostre situazioni contemporanee, quelle che stiamo costruendo e distruggendo. Un uomo russo disse che anche i più grandi riformisti della società sono dei criminali, perché al promulgare nuove leggi, aboliscono le antiche che venivano conservate come sacre. Per questo dico che, per continuare ad edificare, dobbiamo demolire alcune cose, esorcizzare i nostri errori, praticare una depurazione nella nostra relazione per non lasciarla morire.

Forse non mi comprenderai completamente, è la cosa più probabile. Ma continuo ad essere qui, cercando di dirti che voglio interpretare i codici della tua angustia e iniziare un cammino mano nella mano con te. Magari non una soluzione radicale, immediata, ma una che serva ad aggiustare l'equilibrio di questa relazione che sta tremando come un castello di carte costruito sul sedile di un treno in corsa.

Questa lettera è un simbolo del mio impegno. Mi sento sconcertata perché avverto che ti ho chiesto troppo e, nelle tue circostanze, non hai potuto soddisfare i miei capricci, non perché non lo volessi ma perché la natura della tua tristezza ti ha assorbito e non sono stata capace di avvertirlo, fino a questo momento in cui il giorno si fa più chiaro in quest'alba sconfortante.

Forse si, le mattine sono premonitrici. Perché, proprio ora, mi arriva l'immagine di un ipotetico futuro, con il tuo caldo corpo riposando insieme al mio in un abbraccio mattutino, in un risveglio mentre siamo ancora immersi nei sogni, quando la rugiada ha distillato il sudore sull'erba vicino e il primo crepuscolo della giornata evidenzia il calore che non sarà del sole ma del nostro risveglio.

Tua oggi, domani e sempre.

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Yaş sınırı:
0+
Litres'teki yayın tarihi:
17 aralık 2020
Hacim:
110 s. 1 illüstrasyon
ISBN:
9788835408895
Telif hakkı:
Tektime S.r.l.s.
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