Kitabı oku: «Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9», sayfa 4
Avanti la fine del settimo secolo, il domma dell'Incarnazione fu predicato sino nell'isola della Brettagna, e dell'Irlanda129 tal quale era stato determinato in Roma e in Costantinopoli. Tutti i Cristiani, che avevano accettato per la liturgia la lingua greca o latina ammisero le istesse idee, o piuttosto ripeterono le parole medesime. Il numero loro e la fama che avevano a quei giorni davano ad essi una specie di diritto al soprannome di Cattolici; ma nell'Oriente erano distinti col nome meno onorevole di Melchisti o Realisti130, cioè d'uomini la Fede dei quali invece di posare sulla base della Scrittura, della ragione, o della tradizione, era stata fondata, ed era tuttavia mantenuta dal poter arbitrario d'un monarca temporale. Poteano i loro avversari citar le parole de' Padri del Concilio di Costantinopoli, i quali si dichiararono schiavi del Re, e poteano raccontare con maligna compiacenza, come l'Imperatore Marciano e la sua casta sposa avevano sovente dettato i decreti del Concilio di Calcedonia. Una fazion dominante ricorda continuamente il dovere della sommissione, ed è poi naturale del pari che i dissidenti sentano, e vogliano le massime della libertà. Sotto la verga della persecuzione i Nestoriani ed i Monofisiti divennero ribelli e fuggiaschi, e gli alleati di Roma, i più antichi e più utili, impararono a considerar l'Imperatore non come il Capo, ma come il nemico dei Cristiani. La lingua, quel gran principio d'unione e di separazione tra le varie tribù del genere umano, ben presto distinse definitivamente i Settari dell'Oriente con un segno particolare, che annichilò ogni commercio ed ogni speranza di riconciliazione. Il lungo dominio dei Greci, le colonie, e più di tutto l'eloquenza loro, aveano disseminato un idioma indubitatamente il più perfetto di quanti furono inventati dagli uomini; ma il grosso del popolo nella Siria e nell'Egitto usava tuttavia la lingua nazionale, con questa differenza però, che il cofto non si adoperava che dagli ignoranti e rozzi paesani del Nilo, mentre dai monti dell'Assiria al mar Rosso era il siriaco131 la lingua della poesia e della dialettica. La favella depravata e il falso saper dei Greci infettavano l'Armenia e l'Abissinia; e i barbari idiomi di quelle contrade, che poi rivissero negli studii dell'Europa moderna, non erano intelligibili per gli abitanti dell'Impero romano. Il siriaco e il cofto, l'armeno e l'etiopico sono consecrati nelle liturgie delle Chiese rispettive; e la lor teologia possiede versioni speciali132, scritture ed opere di quei Padri, la cui dottrina fece maggior fortuna colà. Dopo uno spazio di mille trecento sessant'anni, l'incendio della controversia suscitato da prima con una predica da Nestorio, arde tuttavia in fondo all'Oriente, e le comunioni nemiche mantengono sempre la fede e la disciplina dei fondatori. Nella più abbietta condizione d'ignoranza, di povertà e di servitù, i Nestoriani, e i Monofisiti negano la primazia spirituale di Roma, e sanno buon grado alla tolleranza de' Turchi, che permettono ad essi di scomunicare da un lato S. Cirillo e il Concilio d'Efeso, dall'altro Papa Leone e il Concilio di Calcedonia. L'aver essi contribuito al tracollo dell'Impero d'Oriente vuol pure qualche narrativa particolare. Il lettore potrà dare con piacere un'occhiata 1. ai Nestoriani, 2. ai Giacobiti133 3. ai Maroniti 4. agli Armeni 5. ai Cofti e 6. agli Abissinii. Le prime tre Sette parlano il siriaco, ma ognuna delle tre ultime usa l'idioma della sua nazione. Gli abitanti moderni per altro dell'Armenia e dell'Abissinia sermocinar non potrebbero coi lor antenati, e i Cristiani dell'Egitto e della Siria, che ricusano la religione degli Arabi ne hanno accettata la lingua. Il tempo ha secondati gli artifizi dei preti, e tanto in Oriente che in Occidente si parla colla Divinità una lingua morta, dal maggior numero dei Fedeli ignorata.
I. L'eresia dello sciagurato Nestorio andò presto dimenticata nella provincia che gli avea dato i natali, e nella sua diocesi ancora: que' Vescovi d'Oriente che nel Concilio d'Efeso osarono attaccare apertamente l'arroganza di S. Cirillo si ammansarono tosto che il Prelato rinunciò di poi ad alcuna delle sue proposizioni. Questi Vescovi, o i successori loro sottoscrissero non senza mormorare i decreti del Concilio di Calcedonia. Potè l'autorità dei Monofisiti rappattumare i Nestoriani coi Cattolici e congiungere le due parti negli odii stessi, negli stessi interessi, e a poco a poco nei dommi medesimi, e la disputa dei tre Capitoli fu un momento in cui mandarono di mala voglia l'ultimo sospiro. Da leggi penali furono schiacciati que' lor fratelli, che men moderati, o più leali non vollero far causa comune coi Cattolici, e sin dal tempo di Giustiniano era difficile rinvenire nei confini dell'Impero una chiesa di Nestoriani. Al di là di que' confini scoperto avevano un nuovo Mondo, ove sperare libertà, e aspirare a conquiste. Con tutta la resistenza dei Magi aveva il Cristianesimo gettate in Persia radici profonde; e le nazioni dell'Oriente si riposavano alla sua ombra salutare. Il Cattolico o primate risedeva nella capitale; i suoi Metropolitani, i suoi Vescovi, il suo clero avevano nei Sinodi e nelle diocesi loro la pompa e l'ordinanza d'una gerarchia regolare; da gran numero di proseliti fu abbandonato lo Zendavesta per l'Evangelo, la vita secolare per la monastica; era avvivato il loro zelo dalla presenza d'un nemico scaltro, e terribile. Fondatori della Chiesa persiana erano stati alcuni missionari della Siria; quindi la lingua, la disciplina, la dottrina del lor paese erano già una parte inerente della sua costituzione. I primati erano eletti ed ordinati dai suffraganei; ma provano i Canoni della Chiesa d'Oriente la lor filiale dependenza verso i Patriarchi d'Antiochia134. Nuove generazioni di fedeli s'andavan formando nella scuola persiana d'Edessa al loro idioma teologico135: studiavan esse nella versione siriaca i diecimila volumi di Teodoro di Mopsuste, e rispettavano la Fede apostolica, e il santo martirio del suo discepolo Nestorio, la persona e la lingua del quale erano sconosciute alle nazioni che abitavano al di là del Tigri. Alla prima lezione di Ibas, vescovo d'Edessa, s'impresse nell'animo loro un ribrezzo indelebile contro gli empi Egiziani, che nel lor Concilio d'Efeso aveano confuse le due Nature di Gesù Cristo. La fuga dei maestri e degli alunni, espulsi due volte dall'Atene della Siria, disperse una turba di missionari, spinti ad un tempo dallo zelo di religione, e dalla vendetta. Quella rigorosa unità sostenuta dai Monofisiti che, regnando Zenone ed Anastasio, invasi aveano i troni dell'Oriente, provocò i loro antagonisti a riconoscere in una terra libera piuttosto una union morale, che una union fisica nelle due Persone del Cristo. Dopo l'epoca in cui s'era predicato l'Evangelo alle nazioni, i Re sassaniesi vedean con inquietudine e con diffidenza una razza di stranieri e d'apostati, che poteano dar sospetto di favoreggiare la causa dei nemici naturali del lor paese, come ne aveano abbracciata la religione. Soventi volte s'era proibito per via d'editti il lor commercio col clero di Siria; piacquero gli avanzamenti dello scisma all'orgoglio geloso di Perozes, il quale porse orecchia ai discorsi d'uno scaltro Prelato, che dipingendogli Nestorio come amico della Persia, l'indusse ad assicurarsi della fedeltà dei sudditi cristiani, mostrandosi protettore delle vittime e dei nemici del despota romano. Erano i Nestoriani la parte più numerosa del clero e del popolo; presero coraggio dal favore del principe, e il despotismo mise in loro mano la sua spada; ma taluni, troppo deboli di spirito, furono sgomentati dall'idea di segregarsi dalla comunione del Mondo cristiano. Il sangue di settemila settecento Monofisiti o Cattolici fissò l'uniformità della fede e della disciplina nelle Chiese di Persia136. Le loro instituzioni religiose si segnalavano con una massima di ragione, o almen di politica; s'era già rilassata l'autorità claustrale, e cadde a poco a poco; si dotarono case di carità, le quali ebbero cura dell'educazione degli orfani e degli esposti; il clero della Persia non volle la legge del celibato, tanto raccomandata ai Greci ed ai Latini, e i matrimonii approvati e reiterati dei sacerdoti, dei Vescovi, e del Patriarca medesimo crebbero notabilmente il numero degli eletti. Giunsero fuorusciti a migliaia da tutte le province dell'impero d'Oriente a quel paese, fatto asilo della libertà naturale e religiosa. La scrupolosa devozione di Giustiniano fu punita coll'emigrazione de' suoi sudditi più industriosi, i quali trasportarono in Persia le arti guerresche e pacifiche, ed un accorto monarca innalzò alle cariche coloro che per merito erano raccomandati al suo favore. Quei disgraziati Settarii che stando sconosciuti aveano continuato a vivere nelle loro città native, coi consigli, col braccio, e cogli averi loro, diedero aiuto alle armi di Nuschirvan, e a quelle ancor più formidabili del suo nipote, e in guiderdone di tanto zelo ottennero le chiese dei Cattolici: ma quando ebbe Eraclio riconquistate quelle città e quelle chiese, conosciuti ormai per ribelli, e per eretici, non trovarono più altro rifugio, che gli Stati del loro alleato. In quel mentre la apparente tranquillità dei Nestoriani corse assai rischi, e fu turbata più volte; ed essi parteciparono alle disgrazie ch'erano necessarie conseguenze del dispotismo orientale. Non bastò sempre la nimicizia che portavano a Roma per espiare il loro attaccamento al Vangelo; ed una colonia di trecentomila Giacobiti fatti prigionieri in Apamea e in Antiochia ebbe la permissione d'innalzare i suoi altari nemici a veggente del Cattolico, e sotto la protezione della Corte. Nell'ultimo suo trattato inserì Giustiniano parecchi articoli diretti ad estendere e a rafforzare la tolleranza di cui godeva il Cristianesimo nella Persia. Mal informato l'Imperatore dei diritti di coscienza, non sentiva nè pietà, nè stima per gli eretici che rifiutavano l'autorità dei santi Concilii; ma davasi a credere che potrebbero a poco a poco osservare i vantaggi temporali dell'unione coll'impero e colla chiesa di Roma; e se non gli venia fatto d'ottenerne gratitudine, sperava almeno di renderli al lor Sovrano sospetti. In un'epoca più recente s'è veduta la superstizione e la politica del Re cristianissimo condannare al fuoco i Luterani in Parigi e proteggerli in Alemagna.
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Il desiderio di guadagnare anime a Dio, e sudditi alla Chiesa, ha in ogni tempo solleticato lo zelo dei sacerdoti cristiani. Dopo il conquisto della Persia portarono le lor armi spirituali nell'Oriente, nel Settentrione, nel Mezzogiorno, e la semplicità dell'Evangelo prese le tinte della teologia siriaca. Se prestisi fede a un viaggiator nestoriano137, si predicò con frutto il Cristianesimo nel sesto secolo ai Battriani, agli Unni, ai Persiani, agli Indiani, ai Persameni, ai Medi e agli Elamiti; infinito era il numero delle chiese che si vedeano nei paesi dei Barbari dal golfo di Persia al mar Caspio, e diveniva notabile la nuova fede di costoro per la moltitudine e santità dei lor monaci e dei lor martiri. Venivan moltiplicandosi di giorno in giorno i Cristiani sulla costa del Malabar, sì fertile di pepe, e nelle isole di Socotora e di Ceylan: i Vescovi e il clero di quelle remote contrade ricevevano l'Ordinazione dal Cattolico di Babilonia. Un secolo dopo, lo zelo de' Nestoriani passò i confini, ove s'erano fermati l'ambizione e la curiosità de' Greci e de' Persiani. I Missionari di Balch e di Samarcanda vennero animosi dietro i passi del Tartaro vagabondo, e s'introdussero nelle vallate dell'Imaus e nelle spiagge del Selinga. Andarono esponendo dommi metafisici a quei pastori ignoranti, e a que' guerrieri sanguinari raccomandarono l'umanità e la quiete. Vuolsi per altro, che un Rhan, di cui si esagerò in guisa ridicola la potenza, ricevesse dalle mani loro il Battesimo ed anche gli Ordini sacri, e lungamente la fama del prete Gianni ha divertito la credulità europea.138 Fu permesso a questo augusto Neofito di valersi d'un altar portatile; ma egli fece chiedere al Patriarca per mezzo d'ambasciatori come potrebbe mai nella quaresima astenersi de' cibi animali, e come celebrar l'Eucaristia in un deserto che non produceva nè grano nè vino. I Nestoriani ne' loro viaggi per mare e per terra penetrarono nella Cina pel porto di Canton e per la città di Sigan, più settentrionale, residenza del sovrano. Ben diversi dai Senatori romani, che faceano ridendo la parte di sacerdoti e di auguri, i Mandarini che affettano in pubblico la ragione dei Filosofi, si abbandonano in secreto ad ogni sorta di superstizion popolare. Confondevano essi nel proprio culto gli Dei della Palestina con quei dell'India; ma la propagazion del Cristianesimo destò inquietudine al governo, e dopo una breve vicenda di favore e di persecuzione smarrissi la Setta straniera nell'oscurità e nella dimenticanza139. Sotto il regno da' Califi la Chiesa de' Nestoriani si dilatò dalla Cina a Gerusalemme, e a Cipro, e si calcolò, che il numero delle Chiese nestoriane e giacobite superava quello delle Chiese greche e latine140. Venticinque Metropolitani o arcivescovi ne componevano la gerarchia, ma per cagion della distanza e dei rischi del viaggio furono dispensati parecchi dall'obbligo di presentarsi in persona colla condizione, facile da adempirsi, che ogni sei anni darebbero un attestazione della lor fede ed obbedienza al Cattolico o patriarca di Babilonia, denominazione indeterminata, che successivamente si diede alle residenze reali di Seleucia, di Ctesifone e di Bagdad. Queste palme lontane son già disseccate da lungo tempo, e l'antico trono patriarcale141 oggi è diviso fra gli Elijah di Mosul, i quali quasi in linea retta figurano la discendenza dei Patriarchi della primitiva chiesa, fra i Gioseffi d'Amida, riconciliatisi colla Chiesa di Roma142, e i Simeoni di Van o di Ormia, che in numero di quarantamila famiglie nel sedicesimo secolo si ribellarono, e favoreggiati furono dai Sofì della Persia. Oggi si contano in tutto trecentomila Nestoriani, che mal si confusero nella denominazione di Caldei e di Assirii colla nazion la più istruita, e la più poderosa dell'Orientale antichità.
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Stando alla leggenda dell'antichità, S. Tommaso predicò l'Evangelo nell'India143. Sulla fine del nono secolo, gli ambasciatori d'Alfredo fecero una devota visita alla sua tomba, situata forse nei dintorni di Madras, e il carico di perle e di spezie che ne riportarono compensò lo zelo del Monarca inglese, che aveva in mente i più vasti disegni di commercio e di scoperte144. Quando fu dai Portoghesi aperta la strada dell'India, già da due secoli aveano stanza i Cristiani di S. Tommaso sulla costa del Malabar; e la differenza di carattere e di colore, che li distingueva dagli abitatori del paese, era una prova della mescolanza d'una razza straniera. Essi superarono gli originarii dell'Indostan nell'armi, nell'arti della pace, e per avventura anche nelle virtù. Quelli che arricchivano coll'agricoltura coltivavano le palme, e il traffico del pepe facea doviziosi i mercadanti; i soldati precedeano i Nair o nobili del Malabar, e il re di Cochino, il Zamorino stesso, o per gratitudine, o per timore ne rispettavano i privilegi ereditari; obbedivano a un sovrano Gentù; ma il Vescovo di Angamala anche pel temporale n'era il governatore. Egli continuava a sostenere i diritti del suo antico titolo di metropolitano dell'Indie; ma era ristretta la sua giurisdizione di fatto a mille e quattrocento chiese e a dugentomila anime. Costoro per la religione che professavano, divenuti sarebbero i più fermi e più amorevoli alleati dei Portoghesi; ma ben presto scorsero gl'Inquisitori fra i Cristiani di S. Tommaso lo scisma e l'eresia, delitti imperdonabili per essi. Invece di sottomettersi al Pontefice di Roma, sovrano temporale e spirituale di tutto il Globo, i Cristiani dell'India, come i loro antenati, aderirono alla comunione del Patriarca nestoriano; e i Vescovi ch'egli ordinava a Mosul, si esponevano per mare e per terra ad infiniti pericoli per giungere alle loro diocesi sulla costa del Malabar. Nella lor liturgia in lingua siriaca eran devotamente rammentati i nomi di Teodoro e di Nestorio; univano nell'adorazione le due Persone del Cristo: il titolo di Madre di Dio feriva le loro orecchie, e con una scrupolosa avarizia misuravano gli omaggi per la Vergine Maria, dalla superstizione de' Latini elevata quasi al grado d'una Dea.145 Quando la prima volta fu presentata la sua immagine ai Discepoli di S. Tommaso, sdegnosamente146 esclamarono: «Noi siam Cristiani e non idolatri!» e la lor divozione più semplice si tenne alla venerazion della Croce. Segregati dall'Occidente, essi ignoravano, fra i miglioramenti, ciò che la corruttela non avea potuto produrre per uno spazio di mille anni; e la lor conformità colla Fede e colle pratiche del quinto secolo debbe imbrogliare del pari i papisti ed i protestanti. Il primo pensiero dei ministri di Roma fu la cura d'interdire ad essi ogni commercio col Patriarca nestoriano, e parecchi di que' Vescovi morirono nelle prigioni del S. Uffizio. La potenza dei Portoghesi, gli artificii dei Gesuiti, e lo zelo di Alessio di Menezes, Arcivescovo di Goa, andato a visitare la costa di Malabar, assalirono questa greggia, privata de' suoi pastori. Dal Sinodo di Diamper, al quale Menezes presedette, fu adempiuta la santa opera dell'unione, e fu imposta ai Cristiani di S. Tommaso la dottrina e la disciplina della Chiesa romana, senza dimenticare la confessione auricolare, stromento il più potente della tirannide ecclesiastica.147 Vi fu condannata la dottrina di Teodoro e di Nestorio, e fu ridotto il Malabar sotto il dominio del Papa, del Primate, e dei Gesuiti, che usurparono la cattedra vescovile di Angamala o Cranganor. Sostennero pazientemente i Nestoriani dodici lustri di servitù e d'ipocrisia; ma non così tosto l'industria e il coraggio delle Province Unite ebbero dato il crollo all'impero de' Portoghesi, difesero quelli con energia e con frutto la religion dei lor padri. Divennero impotenti i Gesuiti a mantenere l'autorità, di che aveano fatto abuso; quarantamila Cristiani rivolsero l'armi contro oppressori arrivati nel punto della caduta di quelli; e l'Arcidiacono dell'India sostenne le incombenze episcopali sino a tanto che dal Patriarca di Babilonia venne mandata una nuova provvigione di Vescovi e di Missionari siriaci. Da che furono espulsi i Portoghesi liberamente si professa sulla costa di Malabar il Simbolo nestoriano. Le compagnie mercantili dell'Olanda e dell'Inghilterra amano la tolleranza; ma se l'oppressione non offende tanto quanto il disprezzo, han motivo i Cristiani di S. Tommaso di lagnarsi della fredda indifferenza degli Europei148.
II. La storia dei Monofisiti è meno lunga, e meno importante di quella de' Nestoriani. Sotto i regni di Zenone e d'Anastasio, i loro Capi sorpresero la fiducia del principe, usurparono il trono ecclesiastico dell'Oriente, atterrarono la scuola di Siria nella sua terra natale. Severo, Patriarca d'Antiochia, colla più arguta sottigliezza determinò i dommi dei Monofisiti; nello stile dell'Ennotico, condannò le opposte eresie di Nestorio, e d'Eutiche; contro l'ultimo sostenne la realtà del corpo del Cristo, e forzò i Greci a considerarlo come un bugiardo che parlava il vero149. Ma l'approssimazion delle idee non valeva a mitigar la veemenza delle passioni: ogni Setta faceva le maggiori meraviglie del Mondo per la cecità, con che la contraria andava a disputare su differenze di sì poco momento; il tiranno della Siria ricorse alla forza per sostenere la sua credenza, e fu macchiato il suo regno dal sangue di trecento cinquanta monaci svenati sotto le mura di Apamea, i quali probabilmente aveano provocato i nemici, o per lo meno fatta resistenza150. Il successor d'Anastasio piantò di nuovo in Oriente il vessillo dell'Ortodossia; fuggì Severo in Egitto, e l'eloquente Senaia,151 suo amico, scampato di mano ai Nestoriani della Persia, fu soffocato nel suo esilio dai Melchiti della Paflagonia. Cinquantaquattro Vescovi furono rovesciati dalle loro sedi, e imprigionati ottocento ecclesiastici152; e, nonostante l'equivoco favore di Teodora, dovettero le chiese dell'Oriente orbate dei lor pastori perire a poco a poco per difetto d'istruzione, o per l'alterazione dei loro dommi. In mezzo a tanta angustia, ridestatasi la fazione moribonda, si riunì, e si perpetuò per opera d'un monaco; ed il nome di Giacomo Baradeo153 è rimasto nella denominazione comune di Giacobita, tanto aspra ad un orecchio inglese. Dai santi Vescovi incarcerati in Costantinopoli, ricevette l'autorità di Vescovo d'Edessa, e di apostolo dell'Oriente, e da quella fonte inesausta derivò l'Ordinazione di più d'ottantamila di vescovi, preti o diaconi. I più veloci dromedari d'un devoto Capo degli Arabi assecondavano con rapido scorrerie l'ardore del missionario zelante. La dottrina e la disciplina dei Giacobiti ed era un dovere d'ogni Giacobita violarne le leggi, e detestare il Legislatore. Appiattati dentro i conventi, e ne' villaggi, costretti per salvare le lor teste proscritte a cercar asilo nelle caverne dei romiti, o nelle tende dei Saracini, sostenevano sempre, come oggi tuttavia i successori di Severo, il lor dritto al titolo, alla dignità, ed alle prerogative di Patriarca d'Antiochia. Sotto il giogo più lieve degli Infedeli risiedono, lungi una lega da Merdino, nel delizioso monastero di Zafaran, ch'essi hanno ornato di celle, d'acquedotti, e di piantagioni. Il Mafrian che soggiorna a Mosul, dova insulta il Cattolico o primate Nestoriano, a cui contende il primato dell'Oriente, tiene il secondo posto considerato tuttavia come assai decoroso. Ne' diversi tempi della Chiesa giacobita si contarono sino a cencinquanta Arcivescovi o Vescovi sotto il Patriarca ed il Mafrian; ma l'ordine della gerarchia s'è guasto, o rotto, e i contorni dell'Eufrate e del Tigri forman la più gran parte delle loro diocesi. Si trovano ricchi mercadanti e bravi operai nelle città d'Aleppo e d'Amida, spesso visitate dal Patriarca; ma il popolo vive miserabilmente del lavoro giornaliero, e ha potuto la povertà non meno della superstizione contribuire alla imposizione volontaria di digiuni eccessivi; osservano ogni anno cinque quaresime, nel qual tempo e il clero e i laici non solo s'astengono dalla carne e dalle uova, ma ben anche dal vino, dall'olio e dal pesce. Si calcola la lor popolazione presente da cinquanta in ottantamila anime, misero avanzo d'una Chiesa numerosissima, scemata gradatamente sotto una tirannia di dodici secoli. Ma in sì lungo periodo da parecchi stranieri, uomini di merito, fu abbracciata la Setta dei Monofisiti, e Abulfaragio154, Primate dell'Oriente, tanto notabile per la vita e per la morte sua, era figlio di un Giudeo. Scriveva elegantemente il siriaco e l'arabo; fu poeta, medico, storico, filosofo sagace, e teologo moderato. Ai suoi funerali assistè il Patriarca nestoriano, suo rivale, con gran seguito di Greci e d'Armeni, i quali poste in non cale le dispute, vennero a mescer le loro lagrime sulle ceneri d'un nemico. Sembrava per altro che la Setta onorata dalle virtù d'Abulfaragio fosse riguardata come inferiore d'un grado a quella dei Nestoriani. È più abbietta la superstizione dei Giacobiti, più rigidi ne sono i digiuni,155 più molteplici le divisioni intestine, e (per quanto si può misurare la scala dell'assurdità) più lontani dalla ragione dei loro dottori. A questa differenza contribuisce, senza dubbio, la severità della teologia dei Monofisiti; ma molto più probabilmente l'autorevole direzione dei monaci. Nella Siria, in Egitto, in Etiopia i Monaci giacobiti furono sempre singolari per austerità di mortificazioni e per la stravaganza delle loro leggende. In vita e in morte sono venerati come uomini favoriti della Divinità: il Pastorale di Vescovo e di Patriarca è riservato alla lor mano reverenda, e infetti ancora delle consuetudini e dei pregiudizi del chiostro, si prendono l'incarico di governare gli uomini156.
III. Nello stile de' Cristiani dell'Oriente furono i Monoteliti in tutti i sensi dal nome contraddistinti di Maroniti157, nome che a poco a poco passò da un eremita a un monastero, da un monastero ad una nazione. La Siria fu il paese, ove Marone, santo o selvaggio del quinto secolo, espose la religiosa stravaganza; le città di Apamea e di Emesa se ne contesero le reliquie; su la sua tomba s'innalzò una magnifica Chiesa, e seicento de' suoi discepoli congiunsero le loro celle sulle rive dell'Oronte. Nelle controversie dell'Incarnazione si tennero scrupolosamente sulla linea ortodossa tra le Sette di Nestorio e d'Eutiche; ma i loro ozii produssero la malnata quistione d'una volontà o d'una operazione nelle due Nature di Cristo. L'Imperatore Eraclio, loro proselita, respinto come Maronita dalle mura della città di Emesa, trovò un ricovero ne' monasteri dei suoi fratelli, e ne premiò le lezioni teologiche col guiderdone di vasto e ricco demanio. Si propagò il nome e la dottrina di questa ragguardevole scuola fra i Greci ed i Sirii, e si può far giudizio del loro zelo dalla risoluzion di Macario, Patriarca antiocheno, il quale davanti il Concilio di Costantinopoli dichiarò, che si lascerebbe tagliare a pezzi, e gettare in mare, piuttosto che riconoscere due Volontà in Cristo158. Persecuzione di tal fatta, o altra più moderata, valse a convertire ben presto i sudditi della pianura, mentre i robusti popolani del monte Libano si gloriavano del titolo di Mardaiti o di ribelli159. Giovan Marone, di tutti i monaci il più dotto e il più amato dal popolo, si arrogò le facoltà del Patriarca d'Antiochia: Abramo, suo nipote, fattosi Capo dei Maroniti, ne difese la libertà civile e religiosa contro i tiranni dell'Oriente. Il figlio dell'ortodosso Costantino con un santo rancore perseguitò un popolo di soldati, che avrebbero potuto essere il baluardo del suo impero contro i nemici di Gesù Cristo e di Roma. Fu invasa la Siria da un esercito di Greci; consunsero le fiamme il monastero di San Marone; i più prodi capitani della Setta furono traditi e assassinati, e dodicimila dei loro partigiani furono tratti sulle frontiere dell'Armenia e della Tracia. Ciò nonostante l'umile Setta dei Maroniti ha sopravvissuto all'impero di Costantinopoli, e la loro coscienza sotto i Turchi è libera, moderata la servitù. Fra i loro Nobili antichi sono scelti i lor governatori particolari; dal fondo del suo monastero di Canobin, crede tuttavia il Patriarca d'essere assiso sulla sede d'Antiochia; nove Vescovi ne compongono il Sinodo, e centocinquanta sacerdoti, che hanno la facoltà di maritarsi, son destinati alla cura di centomil'anime. S'estende il lor paese dalla catena del monte Libano sino alle coste di Tripoli; e in questa angusta striscia di territorio, con una degradazione insensibile si offrono al guardo tutte le varietà del suolo e del clima, dai grandi cedri che non curvano il capo sotto il peso delle nevi160, sino ai vigneti, ai gelsi e agli olivi della fertile vallata. I Maroniti, dopo aver abiurato nel duodicesimo secolo l'error de' Monoteliti si riconciliarono colle Chiese latine d'Antiochia e di Roma161, e soventi volte l'ambizione dei Papi, non che la miseria dei Cristiani della Siria rinnovellarono la stessa alleanza; ma è lecito dubitare, se questa riunione sia mai stata intera o leale, e indarno i dotti Maroniti del Collegio di Roma fecero il potere per assolvere i loro antenati dal delitto di scisma e di eresia162.
IV. Dal secolo di Costantino in poi si segnalarono gli Armeni163 nell'affetto per la religione e l'impero dei Cristiani. Dai disordini del lor paese, e dall'ignoranza della lingua greca fu impedito il loro clero d'assistere al Concilio di Calcedonia, e per ottantaquattr'anni164 stettero fluttuanti nell'incertezza o nell'indifferenza sino al giorno in cui la lor Fede senza guida li diede in mano ai missionari di Giuliano d'Alicarnasso165, il quale in Egitto, dove era esiliato, come i Monofisiti, era stato vinto dagli argomenti e dalla riputazione di Severo, suo rivale, Patriarca monofisita d'Antiochia. Gli Armeni soli sono i puri discepoli d'Eutiche, padre infelice, rinnegato dalla maggior parte de' suoi figli. Quei soli stanno perseveranti nella opinione, che l'Umanità di Gesù Cristo fosse creata, o formata senza creazione, d'una sostanza divina ed incorruttibile. Sono rimproverati i loro avversari d'adorare un fantasma, ed essi ritorcono l'accusa, mettendo in ridicolo, o caricando di maledizioni la bestemmia dei Giacobiti, che attribuiscono a Dio le vili infermità della carne, e fino gli effetti naturali del nutrimento e della digestione. Non potea la religion dell'Armenia menar gran vanto del sapere, o della potenza de' suoi abitanti. Spirò il regno fra loro nel principio del loro scisma, e quelli dei loro Re cristiani, che nel tredicesimo secolo sulle frontiere della Cilicia fondarono una Monarchia momentanea, erano i protetti de' Latini, e i vassalli del Soldano turco che dava leggi in Iconio. Non si permise lungamente a questa nazione abbandonata di goder la quiete della servitù. Dai primi tempi della sua storia sino al giorno d'oggi è stata l'Armenia il teatro d'una guerra perpetua. La crudele politica dei Sofì ha spopolate le terre fra Tauride ed Erivan; e famiglie cristiane a migliaia furono trapiantate nelle province più rimote della Persia a perire o a moltiplicare colà. Sotto la verga dell'oppressione sta imperterrito e fervido lo zelo degli Armeni; sovente preferirono la corona del martirio al turbante di Maometto: piamente detestano l'errore e l'idolatria de' Greci, ed è tanto vera la loro unione effimera coi Latini, quanto il computo di mille Vescovi dal lor Patriarca condotti al piede del Pontefice romano166. Il Cattolico o Patriarca degli Armeni risede del monastero di Ekmiasin, tre leghe lontano da Erivan. Son da lui ordinati quarantasette Arcivescovi, ognuno de' quali ha quattro o cinque suffraganei, ma per la maggior parte non sono che prelati titolari, che colla presenza e col servigio danno risalto alla semplice pompa della sua Corte. Come hanno adempiuto agli uffici ecclesiastici attendono a coltivare il giardino, e farà meraviglia ai nostri Vescovi l'intendere, che in proporzione della sublimità del grado cresce l'austerità della loro vita. Nelle ottantamila città o villaggi di quel governo spirituale riceve il Patriarca da ogni persona, che abbia compiuti i quindici anni, una picciola tassa volontaria; ma i seicentomila scudi, che ne ricava ogni anno, non bastano ai continui bisogni de' poveri, nè ai tributi che si esigono dai Bascià. Dal principio dell'ultimo secolo ottennero gli Armeni una porzion considerevole e lucrosa del traffico dell'Oriente. Tornando d'Europa, sogliono le lor caravane arrestarsi nei dintorni d'Erivan; tributano agli altari i frutti della loro industriosa pazienza, e la dottrina d'Eutiche vien predicata alle congregazioni, che hanno formato da poco in qua nella Barberia e nella Polonia167.
(Dicasi piuttosto che fedele alle nevi, significa fedele ossia sicuro, difeso ec. per le nevi, nel senso anche di Plinio. V. Forcellini. N. del Trad.)