Kitabı oku: «Venuti Dal Cielo, Volume 1»
Elena Kryuchkova, Olga Kryuchkova
VENUTI DAL CIELO
Volume 1
Traduzione: Roberto Felletti
Copyright © 2021
Elena Kryuchkova, Olga Kryuchkova
Tutti i diritti riservati
Copertina: Immagine di Mystic Art Design da Pixabay (Mysticsartdesign)
Titolo originale: Coming from Heaven, Book 1
Editora Tektime
www.tektime.it
Sommario
Personaggi
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Personaggi
Inghilterra
William Adamson – insegnante di mitologia e storia antica
Alice Adamson – medium, sorella minore di William
Chris Aldridge – avvocato e futuro sposo di Alice
Genevieve Adamson-Parker – madre di William e Alice, sposata con Harold Adamson e successivamente con Raymond Parker
Grace Adrian – sorella di Harold, zia di William e Alice, proprietaria di una sfarzosa tenuta in Scozia
Questa storia è frutto di fantasia e ogni riferimento a persone o fatti reali è casuale.
I nomi delle persone reali che sono vissute nel passato sono contrassegnati da note a piè di pagina. Ma le descrizioni delle loro vite in questa storia sono inventate.
Questa storia è interamente un’opera di fantasia.
VOLUME I: L’EREDITÀ SCOZZESE
Capitolo I
Inghilterra, Londra, 1870, durante il regno della Regina Vittoria1
In uno dei distretti della City di Londra2, Islington, in una delle molte strade, da centinaia di anni sorgeva una casa di mattoni rossi. Vi abitavano fratello e sorella, William e Alice Adamson. Il padre di famiglia, Harold, era morto d’infarto. La loro madre, Genevieve, essendo più giovane del marito defunto, e avendo ancora conservato la sua avvenenza, avendo trascorso il periodo di lutto previsto, si era risposata. Il nuovo marito, Raymond Parker, era considerato un uomo ricco.
William aveva già superato i trent’anni, ma nonostante la sua età, l’uomo non si era ancora fatto una famiglia sua. Insegnava mitologia, storia antica e fondamenti di archeologia presso uno dei college femminili di Londra, non molto prestigioso. Naturalmente, il reddito di Mr. Adamson era modesto.
A volte egli scriveva articoli di storia, archeologia e analisi della mitologia che venivano pubblicati con un certo successo. Ma questa occupazione era più per l’anima e la conoscenza che per il guadagno. Perché non era molto remunerativa.
In gioventù, William aveva partecipato a una spedizione archeologica francese in Mesopotamia e in Media, promossa dal governo francese. La spedizione era guidata dal famoso orientalista e diplomatico Fulgence Fresnel3. La spedizione durò tre anni, fu raccolta una quantità enorme di materiali preziosi e terminò nel 1854. Julius Oppert4 prese parte alla medesima spedizione; William e Oppert diventarono amici e continuarono a scriversi. Fresnel rimase per sempre a Baghdad.
Dopo essere tornato dalla spedizione, a Julius fu riconosciuta la cittadinanza francese in onore dei risultati conseguiti in archeologia e in storia. Julius era di origine franco-tedesca: era francese da parte di madre e tedesco da parte di padre. Studiò a lungo il materiale ottenuto durante la spedizione, specialmente le tavolette d’argilla con la scrittura cuneiforme. Il risultato del suo scrupoloso lavoro diede vita al concetto scientifico di “lingua sumera” e a un’opera corposa intitolata “Expédition Scientifique en Mésopotamie”. Questo lavoro fu pubblicato dopo la morte di Fresnel. Dopo l’acclamata ed eccezionale pubblicazione, Julius fu nominato professore di filologia assira e archeologia presso il prestigioso College de France. Oppert restò in Francia e cominciò a farsi chiamare Jules, alla francese.
Durante la spedizione in Mesopotamia, Adamson era ancora giovane. Aiutò negli scavi e con le incombenze della vita da campo. Tuttavia, la partecipazione alla spedizione francese lasciò per sempre il segno nell’anima di William. Egli, chiaramente, decise di diventare uno scienziato e si dedicò allo studio delle culture antiche.
Sfortunatamente, William non poté vantare i brillanti successi di Oppert. Ciononostante, Adamson dedicò parecchio tempo al lavoro scientifico e alla scrittura di articoli per varie pubblicazioni accademiche. Egli ebbe anche accesso ai cataloghi che descrivevano i materiali portati dalla spedizione di Fresnel, ed ebbe un’attiva comunicazione epistolare con Oppert. Adamson non si lasciò sfuggire l’opportunità di trarre vantaggio dalla decifrazione della scrittura cuneiforme sumera, che fu realizzata da Julius Oppert e da orientalisti e fondatori dell’Assiriologia5 di chiara fama, tra cui Henry Rawlinson e il suo studente George Smith.6 E il risultato dei suoi molti anni di sforzi fu la versione letteraria di alcune traduzioni di tavolette d’argilla della Mesopotamia e del loro adattamento in inglese. Adamson intitolò il suo lavoro “Miti Sumeri”. Studiando le traduzioni, egli giunse alla conclusione che le antiche divinità mesopotamiche, come quelle greche e romane, avevano tutte vizi umani. Come dimostrato dai documenti antichi.
Dopo un po’ di tempo, in seguito all’analisi del suo lavoro, Adamson avanzò una supposizione estremamente audace: le antiche divinità mesopotamiche non erano soltanto un mito, bensì creature viventi di sangue e carne – rappresentanti di una civiltà più sviluppata che arrivò nel territorio dell’antica Mesopotamia da un’altra regione. O forse da un altro mondo.
Secondo uno dei miti, riraccontato alla lettera da Adamson, nei tempi antichi, a nord della città-stato sumera di Uruk7, fu eretto il complesso di templi dorati di Inanna, la dea della fertilità, dell’amore e del raccolto. Tracce di questo, una volta magnifico, complesso di templi furono, secondo quanto si dice, scoperte dal geologo e archeologo britannico William Kenneth Loftus nel 1849. Gli antichi Sumeri chiamavano questo posto Eanna. Era un sito sacro cinto da mura, un luogo di adorazione della dea Inanna, sul quale erano stati eretti tre templi.
Come insinuava William, il complesso di templi fu distrutto da un disastro naturale. La supposizione non veniva dal niente; Oppert aveva decifrato un frammento di una delle molte tavolette d’argilla parzialmente sopravvissute. Su di essa c’era scritto: “Per sette giorni i cieli furono coperti dall’oscurità, balenavano i lampi, i fiumi strariparono sulle loro rive e la terra tremò… I templi della dea Inanna scomparvero senza lasciare traccia…”
Poi Mr. Adamson si pose una domanda: il tempio di Inanna era stato distrutto da un diluvio? Ma più di un documento storico non menziona alcun diluvio in quel periodo storico.
Una spedizione condotta da William K. Loftus ha ipotizzato che Uruk fosse il primo insediamento in Mesopotamia. Questo era chiaramente dimostrato dal possente muro che la circondava. Durante la ricerca, furono trovati frammenti di colonne con decorazioni a mosaico e varie sculture raffiguranti divinità antiche; cominciarono degli scavi nel luogo d’incontro degli antichi – l’Edificio Rosso, costruito con mattoni rossi, e il complesso di templi della dea Inanna. Ma i fondi stanziati per la spedizione di Loftus furono spesi, e il lavoro dovette essere interrotto con urgenza.
Nel corso degli anni passati, Mr. Adamson aveva sognato di organizzare privatamente una spedizione archeologica per andare alla ricerca del leggendario santuario. Tuttavia, un’impresa simile sarebbe costata molto denaro. Adamson, semplicemente, non l’aveva. Conduceva l’umile vita di un insegnante di college. Purtroppo, i fatti erano fatti: la mancanza delle finanze necessarie non permetteva all’insegnante di storia e mitologia di realizzare il suo sogno.
Naturalmente, l’aspirante scienziato cercò di trovare dei finanziatori tra i ricchi interessati alla storia antica e alla ricerca di manufatti. Ma tutte le sue iniziative, ahimè, non furono coronate da successo; nessuno voleva finanziare una spedizione con prospettive così “spettrali”. Sebbene l’esistenza del complesso di templi e di Uruk stessa fosse stata dimostrata da William Kenneth Loftus. Tuttavia, per tutto questo tempo, poco più di vent’anni, dal giorno della spedizione, nessuno aveva osato avvicinarsi alla leggendaria Uruk. Nel mondo scientifico, la possibilità di ricercare il complesso di templi dorati di Inanna era vista con molto scetticismo. E William Adamson, un semplice insegnante di un college poco conosciuto, con le sue aspirazioni generava soltanto sarcasmo e un indulgente sorriso tra i rispettabili studiosi e i collezionisti di antichità. Tuttavia, Adamson non si perse d’animo e continuò a cercare finanziatori per la futura spedizione.
***
… Dopo la morte di suo padre e il secondo matrimonio di sua madre, William ha vissuto con la sorella minore, Alice. Lei recentemente ha passato i venticinque anni, ma non ha figli né un marito. Questo, in parte, è dovuto al fatto che Alice, contrariamente all’opinione comune (secondo la quale una donna dovrebbe essere sposata!), non ha voluto formare una famiglia, e, di fatto, non c’erano uomini che volessero sposarla. Perché Alice godeva di una pessima reputazione.
Quasi dieci anni fa, quando era ancora molto giovane, Alice, insieme ai genitori e al fratello maggiore, andò a trovare una ricca zia (la cugina di suo padre, Grace Adrian) in una tenuta scozzese vicino a una piccola città. Un giorno, la ragazza uscì per fare una passeggiata e scomparve. I genitori e zia Grace allertarono l’intero vicinato e la polizia. Cercarono la ragazza ovunque, setacciarono la vicina foresta, tutti gli edifici abbandonati. Ma, ahimè, invano.
La polizia raccolse le testimonianze dei vicini, dei genitori, di William e anche dei conoscenti di zia Adrian. Poi si scoprì che, recentemente, un gruppo di circensi si era esibito in città. Alice aveva assistito a diversi spettacoli, ammirando le esibizioni degli acrobati con il trapezio, specialmente uno di loro. L’acrobata era giovane e bello. E una ragazza di quindici anni avrebbe potuto essere attirata facilmente, incapace di resistere alla bellezza e al corpo forte di un giovane. Pertanto, la polizia stabilì che Alice si era innamorata e se n’era andata dalla città con il gruppo di circensi. Quello spiegava la sua scomparsa.
La polizia inviò i propri uomini sulle tracce del circo. Con loro sorpresa, quando i poliziotti raggiunsero i circensi, questi ultimi non sapevano nulla della scomparsa di Alice. Il giovane e bell’acrobata fu interrogato. Purtroppo, lui non fu in grado di fare luce sulla misteriosa scomparsa della ragazza. La polizia non riuscì mai ad avere la conferma del coinvolgimento dell’acrobata nella fuga di Alice Adamson. Ma c’era il sospetto che lei avesse litigato con il suo amante e avesse lasciato il circo. E i circensi sono solidali fra loro, uno per tutti e tutti per uno. Ecco perché rimasero tutti zitti, fingendo di non sapere nulla della ragazza scomparsa. La polizia tornò in città. E annunciò alla famiglia Adamson che non riuscivano a trovare la loro figlia. Però c’era la possibilità che presto sarebbe tornata a casa.
Genevieve e Harold pensavano già che non avrebbero più rivisto la figlia, ma per loro fu una felice sorpresa quando, qualche giorno dopo, lei si mostrò, come aveva suggerito la polizia. Il fatto che Alice sembrasse, in un certo senso, diversa e più fiduciosa in sé stessa non sfuggì allo sguardo attento di sua madre. La donna stabilì che il motivo di tutto fosse da attribuire alla precoce intimità di sua figlia con un uomo. Genevieve e zia Grace chiamarono subito una dottoressa che andasse a casa per esaminare la fuggitiva. Con grande gioia della madre e della zia, scoprirono che Alice era vergine.
Tuttavia, Alice fu severamente sgridata per “essere scappata con un acrobata” e fu segregata in casa, sebbene la fuggitiva stessa non smettesse di sostenere che era andata nel mondo delle fate8 e di avervi trascorso, più o meno, alcuni anni. Nel frattempo, nel mondo degli umani erano trascorsi soltanto alcuni giorni. Naturalmente nessuno credette alla storia raccontata da Alice, e fu stabilito che lei fosse tornata perché l’acrobata l’aveva abbandonata.
Nonostante il fatto che un episodio così spiacevole fosse successo nella lontana Scozia, le voci sulla scomparsa della giovane Alice Adamson arrivarono a Londra. I giornali erano pieni di pettegolezzi vari, dettagli osceni e ogni sorta di menzogne. Uno degli scribacchini scrisse perfino un diario che, a quanto si disse, Alice tenne durante il suo soggiorno nel paese delle fate. Le sue storie ebbero un enorme successo. E Londra non aspettava altro che l’uscita del numero successivo, la circolazione delle pubblicazioni scandalistiche andò alle stelle. Lo scribacchino stesso guadagnò una discreta somma di denaro con le sue invenzioni e si mise in proprio.
La reputazione della famiglia Adamson fu gravemente danneggiata. Varie personalità sospettose e rappresentanti della stampa scandalistica gironzolavano costantemente intorno alla loro casa. Alla fine, i genitori della fuggitiva persero la pace; pensarono di lasciare la capitale e trasferirsi in un’altra città. Tuttavia, il capofamiglia, prima di partire, dovette vendere le sue attività, vale a dire diversi negozi. Però, purtroppo, non riuscì a ricavare un buon prezzo dalla vendita. Perché gli acquirenti, dopo avere letto i giornali, cercarono di acquistare la proprietà di Harold Adamson a un prezzo conveniente. La famiglia dovette restare a Londra e affrontare la derisione e i pettegolezzi per lungo tempo. Tutto questo indebolì di molto la salute dei genitori, specialmente quella del padre.
La visita nel mondo delle fate non fu senza conseguenze per Alice. Alcuni anni dopo, quando diventò ufficialmente un’adulta, la ragazza cominciò a interessarsi di esoterismo e iniziò a predire il futuro. I genitori e il fratello maggiore stabilirono che il motivo dello strano comportamento di Alice fosse l’amore infelice per l’acrobata, uno stile di vita solitario e la mancanza di un degno sposo. Tuttavia, la famiglia non voleva testardamente ammettere che le predizioni di Alice, a volte, erano abbastanza accurate. Padre e madre le consideravano coincidenze. Soltanto William, di tanto in tanto, pensava: “Forse mia sorella ha fatto visita veramente alle fate. E loro le hanno dato poteri soprannaturali.” Tuttavia, William era un materialista, sebbene insegnasse mitologia, e avendo riflettuto sull’essenza della vita, era d’accordo con i suoi genitori. E continuava a mettere in dubbio le capacità di Alice.
Alcuni anni dopo, il padre morì d’infarto. Questa storia scozzese aveva minato seriamente la sua salute. Genevieve, avendo ereditato i negozi di suo marito, e avendo osservato il periodo di lutto previsto, si risposò. Così, la casa fu lasciata a William e ad Alice. Genevieve era felice con il secondo marito. Fece del suo meglio per dimenticare il passato ed ebbe pochi contatti con i suoi figli, specialmente con la figlia.
Alice, finalmente, libera dalle insistenti attenzioni di sua madre, mise in pratica la sua abilità. E per molti anni da allora la ragazza aveva fatto predizioni corrette (riguardanti la famiglia e i vicini, e a volte, dopo la lettura della cronaca nera, riguardanti i crimini commessi), al punto che decise di iniziare l’attività di medium, la nuova moda. Da tanto tempo padroneggiava la chiaroveggenza e la divinazione leggendo i tarocchi e la sfera di cristallo, sapeva come interpretare i sogni, eseguiva alcuni rituali magici (per l’amore, per la prosperità in famiglia, per la buona fortuna negli affari). E, cosa più importante, Alice eseguiva con successo sedute spiritiche, che stavano diventando sempre più di moda. E gli appassionati erano disposti a spendere qualunque cifra pur di riuscire a comunicare con gli spiriti di parenti o personaggi famosi defunti.
Sin dai tempi antichi, le persone hanno comunicato con gli spiriti, compresi i morti. Un boom nello spiritualismo attraversò il mondo nel 1848, dopo la diffusione della testimonianza di due sorelle americane, Catherine e Margaretta Fox, che si diceva fossero entrate in contatto con lo spirito di un venditore ambulante che fu ucciso dai precedenti proprietari della casa nella quale le due donne vivevano.9
Lo spiritualismo fu particolarmente fastidioso per Genevieve. Precedentemente, lei aveva contrastato in ogni modo possibile le “innovazioni” di sua figlia, vietandole di leggere letteratura esoterica. Per di più, in Inghilterra lo spiritualismo stava guadagnando sempre più popolarità. Comparvero varie associazioni di spiritualisti che praticavano la canalizzazione10, vale a dire che i medium offrivano i loro corpi per ospitare temporaneamente lo spirito di una persona defunta affinché si stabilisse un canale di comunicazione tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Genevieve si considerava una cristiana, e considerava gli spiritualisti e i medium quantomeno degli imbroglioni, se non un prodotto di forze oscure.
La madre aveva privato Alice di qualsiasi sorta di paghetta, ma di tanto in tanto lei riusciva comunque a procurarsi libri di magia nel negozio giusto. Per Genevieve era un mistero; sua figlia dove si procurava il denaro? E così decise di abbassarsi al punto da osare di seguire la figlia quando la ragazza usciva per una passeggiata. Genevieve non poteva segregare la figlia in casa, perché Alice ormai era adulta.
E con sua grande sorpresa, Genevieve vide come sua figlia si fosse messa uno scialle colorato sulle spalle, si fosse seduta a un tavolo pieghevole presso uno dei trafficati incroci a tre isolati da casa e avesse cominciato a leggere i tarocchi a chiunque. Così stavano le cose. Il primo impulso di madre fu correre da sua figlia, afferrarle la mano e trascinarla via. Ma si trattenne, decidendo di parlare con Alice quando fosse tornata a casa. Ma le sue parole non ebbero l’effetto sperato su sua figlia. Dopo essersi risposata ed essersene andata da casa, Genevieve sperimentò un sollievo indescrivibile. E mentalmente, lei giurò che non avrebbe mai più oltrepassato la soglia di quella casa.
E finalmente libera, Alice si sistemò nella casa, al primo piano, utilizzando lo studio di suo padre per ricevere i visitatori e condurre le sedute di comunicazione con gli spiriti. Per trovare clienti, pubblicò annunci su un giornale di dubbia reputazione, in una sezione speciale chiamata “maghi e sensitivi”. Ben presto, Alice ebbe una clientela abituale. E i suoi servizi spesso venivano consigliati con il passaparola.
William si limitava a sospirare di tanto in tanto, stanco di sentire suonare il campanello continuamente (specialmente di domenica) e di avere estranei in giro al primo piano della casa. Egli ordinava alla domestica di aprire la porta. Ma la donna si lamentava di continuo del fatto che la casa fosse diventata un porto di mare, esprimendo il suo malcontento a William. L’anziana domestica era dispiaciuta che Mrs. Genevieve se ne fosse andata via; con lei presente, Alice non avrebbe mai osato allestire una cosa del genere!
William era infastidito, il lavoro sul suo nuovo articolo procedeva a rilento. Si era già trasferito nella stanza più lontana, la soffocante mansarda, in modo da non vedere né sentire nulla. E aveva concesso a sua sorella piena libertà d’azione. Ma l’anziana domestica non riuscì a resistere e se ne andò. Alice pubblicò subito un annuncio e trovò una nuova domestica disposta ad aprire la porta di casa per i visitatori. Dopo tutto, loro procuravano solide entrate.
E quando William, per l’ennesima volta, cercò di parlare con sua sorella della sua attività, a colazione, Alice rispose, con un tono di impaziente obiezione:
“Dobbiamo manutenere la casa, pagare la domestica, la lavandaia, il giardiniere-fuochista. Mangiare! E a te serve anche un vestito nuovo! Ho dovuto calcolare l’ultimo salario del cocchiere, vendere la carrozza. Il tuo salario non basta affatto per coprire tutte le spese. Se ricordi, nostro padre non ha avuto il tempo di lasciare un testamento. E mamma si è presa tutto. E lei, come sai, non ha intenzione di dividerlo con noi. Quindi, sii paziente, caro fratello!”
William si depresse. Provò confusione e vergogna: era un uomo adulto, istruito, ma guadagnava molto meno della sua sorella medium. Improvvisamente, un gatto di nome Coon oltrepassò il tavolo, muovendo fieramente la sua folta coda. Fece un giro trionfale nella sala da pranzo, andò da Alice e fece le fusa in maniera invitante, come per chiedere qualcosa di appetitoso. Alice versò un po’ di panna in un piattino, che mise davanti all’animale.
Coon comparve nella casa dieci anni prima, dopo un viaggio in Scozia dall’epilogo drammatico. Prese il nome da suo padre, per via della soffice coda a strisce, come quella dei procioni. Coon aveva un carattere, un comportamento e abitudini interessanti. Ai bei tempi, gradiva mangiare soltanto il cibo migliore: pesce lesso e in umido, carne tagliata in piccoli pezzi. Ora Alice aveva obbligato la domestica a prendersi cura di lui.
Tuttavia, Coon era molto affezionato ad Alice. Gli piaceva sedersi nel suo studio e contemplare i visitatori. Le donne gli piacevano molto. Alice credeva che il gatto vedesse gli spiriti e potesse comunicare con loro.
Ma recentemente, il gatto aveva sviluppato una pessima abitudine: aveva cominciato ad andare in giro di notte. Coon usciva di casa la sera e tornava verso le sei del mattino. E suonava il campanello con una zampa (specificamente, Alice aveva legato un lungo cordino cosicché il gatto potesse arrivarvi facilmente).
Naturalmente, a causa dell’acuto suono del campanello, fratello e sorella Adamson si svegliavano molto presto. La domestica si precipitava a far entrare il gatto, dicendo:
“Sei arrivato, caro gatto! Entra! Adesso ti do da mangiare!”
Coon entrava in casa in modo solerte e si dirigeva in cucina.
All’inizio William ne rimase infastidito. Non riusciva più a dormire, doveva alzarsi e lavarsi. A colazione rimproverò sua sorella:
“Il gatto ha suonato di nuovo il campanello! Perché gli hai insegnato a farlo?”
“Ha imparato da solo,” ribatté Alice. E moralmente osservò: “E poi, coloro che si alzano presto sono benedetti da Dio.”
William, sforzandosi per contenere l’irritazione, osservò:
“Non è più semplice fare un piccolo buco nella porta per lui, di modo che possa attraversarla sia di giorno sia, almeno, di notte?”
Alice grugnì e promise:
“Rifletterò sulla tua proposta…”
William provò anche a dormire nella mansarda, nel suo studio. Ma la piccola stanza era soffocante in estate e fredda in inverno. Pertanto, con l’umore di un criminale condannato a morte, restò nella sua camera da letto. E col tempo, si abituò ad alzarsi presto. A volte, subito dopo essersi alzato, provava a scrivere su un taccuino i pensieri che gli venivano in sogno. Tutti quanti riguardavano il prossimo articolo di archeologia scientifica oppure la corrispondenza con Oppert.
***
La giornata iniziò come al solito. Coon svegliò di nuovo gli abitanti della casa con il suono del campanello. La domestica lasciò entrare il felino e gli diede da mangiare. Ormai sveglio, William, chiamando mentalmente il gatto “impudente valigia di pelo”, si alzò e cominciò a lavarsi.
Presto, fratello e sorella Adamson si sedettero per fare colazione in una piccola sala da pranzo situata al piano terra della casa, accanto alla cucina e alla camera della domestica. La domestica preparò la colazione (era abituata ad alzarsi alle sei del mattino, per cui Coon non le rovinava affatto l’umore).
Alice, sorprendentemente, sembrava calma e pensierosa.
“Cos’è successo, cara sorella? È chiaro che c’è qualcosa che ti preoccupa…” le domandò il fratello.
“Ho fatto un sogno, oggi…” confessò la sorella. “Sembrava che tu avessi trovato un tesoro! E poi alcune persone sono sbucate dall’oscurità… E poi hanno cominciato ad impossessarsi del tuo tesoro, William!”
Mentalmente, William rimpianse di avere fatto a sua sorella quella domanda: “Oh, perché ho detto quello?! Adesso, lei comincerà a dire che questa non è una buona cosa e che sarebbe necessario leggere le carte…”
William trovava difficoltà a credere nei “sogni profetici” di sua sorella (sebbene, spesso, fossero un avvertimento). Le sue paure, ahimè, erano pienamente giustificate: l’irrequieta sorella-medium alzò gli occhi in maniera teatrale verso un cielo immaginario (il soffitto) e cominciò a dire, in modo emotivo:
“Sono sicura che non sia una buona cosa! Devo leggere le carte!”
E senza nemmeno finire il suo tè, si precipitò, testa avanti, verso il mazzo dei tarocchi. Poco dopo, Ms. Adamson ricomparve in sala da pranzo con in mano i tarocchi, e riprendendo il suo posto, cominciò abilmente a mescolare le carte.
“Alice, non fare predizioni a colazione! Dove sono finite le buone maniere?” osservò suo fratello con disapprovazione.
La sorella, semplicemente, ignorò quell’osservazione. Dopotutto, William era sempre insoddisfatto di qualcosa. E un minuto dopo il tavolo fu coperto di carte…
“William, le carte dicono chiaramente che nel prossimo futuro avrai una riunione e alcune difficoltà,” disse Alice, pensosamente.
“So già cosa intendi…” sorrise lui tristemente, in risposta. “Oggi ho un incontro con un altro potenziale finanziatore della spedizione archeologica. Probabilmente, otterrò un altro rifiuto… E cominceranno nuove difficoltà…”
“Tuttavia, in merito al finanziamento, posso leggere di nuovo le carte,” disse la medium. E senza aspettare una risposta, lei mescolò il mazzo e dispose di nuovo le carte sul tavolo.
Osservò le carte con uno sguardo pensoso. Nella sala da pranzo regnava il silenzio. Alla fine, William non poté resistere e sarcasticamente domandò, incuriosito:
“E cosa dicono le carte, cara sorella?”
“Dopo la tristezza e la delusione, riceverai aiuto,” rispose la medium-sorella.
Come se fosse stato d’accordo con la sua padrona, Coon, che se ne stava sdraiato sul davanzale della finestra, miagolò eloquentemente. Alice si sollevò di scatto:
“Vedi, anche Coon lo conferma! E lui può comunicare con le forze soprannaturali!”
William sospirò e pensò: “Il gatto ha appena miagolato… O magari ha sbadigliato… E ad Alice com’è venuta l’idea che lui potrebbe entrare in contatto con gli spiriti? Delirio… Povera ragazza…”
Ad alta voce, Mr. Adamson disse:
“Cara sorella, molto più probabilmente dovrò fare affidamento sulle mie capacità per convincere il prossimo finanziatore che l’imminente spedizione sarà un successo.”
Sua sorella sorrise maliziosamente:
“Vediamo cosa dirai quando la predizione si avvererà…”
***
Dopo colazione, William si diresse al college per fare lezione.
Alice, nel frattempo, si era spostata in soggiorno per domandare alle carte se quel giorno doveva aspettarsi visitatori diurni oppure no. Naturalmente, molti dei suoi clienti abituali preferivano mandarle un biglietto in anticipo per informarla della visita imminente. Ma molti, che credevano nella magia e nei poteri soprannaturali, potevano facilmente presentarsi senza avvisare.
Ad Alice piaceva il luminoso e arioso soggiorno. Al tempo, sua madre chiamava il soggiorno “stanza dei disegni”. Quando lei era giovane, quella stanza era un indicatore dello status e del benessere materiale dei suoi proprietari. Lì, l’ordine era mantenuto con la massima cura, casomai qualcuno fosse arrivato all’improvviso per una visita non programmata.
A casa Adamson, nel soggiorno c’erano un morbido sofà, sedie con lo schienale alto e un piccolo tavolo rotondo. E, naturalmente, poltrone acquistate da sua madre, Mrs. Genevieve. Le sedie variavano in forma e dimensione: c’erano quelle per le donne e quelle per gli uomini. Le poltrone per gli uomini erano più profonde e avevano braccioli larghi. Le poltrone per le donne non avevano proprio i braccioli. La ragione di questo era banale: le donne dell’epoca in cui Genevieve era giovane indossavano gonne alla moda con la crinolina. Con un indumento simile, non era possibile sedersi comodamente su un sedile profondo dotato di braccioli alti. A dire il vero, i sellini11 recentemente stavano attivamente soppiantando le sorpassate crinoline, ma le sedie in casa Adamson erano rimaste le stesse.
L’interno del soggiorno era corredato di un caminetto, decorato da piastrelle colorate con motivi in stile spagnolo. Sopra di esso era appeso un grosso specchio rotondo, e il caminetto stesso era decorato con candelieri d’argento e piccole sculture in stile rustico.
Genevieve aveva progettato il soggiorno con un amore speciale, decorando le pareti con dipinti ad acquerello di tendenza (di qui il nome del soggiorno – stanza dei disegni). Lungo una delle pareti c’erano due librerie intagliate, su cui venivano conservate varie piccole cose e graziosi ninnoli fatti a mano dalla madre. Sul soffitto del soggiorno c’era un grande lampadario con delle cupole, dipinte a mano, in ceramica di Faenza. Nonostante l’arrivo dell’elettricità nelle case dei ricchi in Inghilterra, il soggiorno degli Adamson era illuminato alla vecchia maniera, con candele di cera. Alice aveva paura delle lampade a gas e dell’illuminazione a gas in genere. Lei l’accettava soltanto per le strade di Londra. E non importava quanto William cercasse di convincerla della sua sicurezza, tutti i tentativi erano inutili. Alice aveva molte riserve sull’uso interno dell’illuminazione a gas. In particolare, aveva letto sul giornale di una serie di esplosioni avvenute nelle case, a causa del gas. Proprio per questo motivo, invece di un fornello a gas, la famiglia Adamson aveva ancora un fornello alimentato a carbone, in cucina.
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