Kitabı oku: «Le tigri di Monpracem», sayfa 5
IL TRADIMENTO
Il pranzo, offerto da lord James agli invitati, fu uno dei più splendidi e dei più allegri che fossero stati dati fino allora nella villa.
La cucina inglese rappresentata da enormi beefsteaks e da colossali puddings, e la cucina malese rappresentata da schidionate di tucani, da ostriche gigantesche dette di Singapore, da teneri bambù, il cui sapore rammentava gli asparagi d’Europa e da una montagna di frutta squisite, furono da tutti gustate e lodate.
Non occorre dire che il tutto fu innaffiato da gran numero di bottiglie di vino, di gin, di brandy e di whisky, le quali servirono a ripetuti brindisi in onore di Sandokan e della gentile, quanto intrepida «Perla di Labuan».
Al thè la conversazione si fece animatissima discorrendo di tigri, di cacce, di pirati, di navi dell’Inghilterra e della Malesia. Il solo ufficiale di marina si teneva silenzioso e pareva occupato unicamente a studiare Sandokan, poiché infatti non lo perdeva un solo istante di vista, né si lasciava sfuggire una delle sue parole o un solo dei suoi gesti.
Ad un tratto però indirizzandosi a Sandokan che stava parlando della pirateria, gli chiese bruscamente:
– Scusate, principe, è molto tempo che voi siete giunto a Labuan?
– Mi trovo qui da venti giorni, signore – rispose la Tigre.
– Ma per quale motivo non si è veduta la vostra nave a Vittoria?
– Perché i pirati mi rapirono i due prahos che qui mi conducevano.
– I pirati! Voi siete stato assalito dai pirati? Ma dove?
– Nei pressi delle Romades.
– Quando?
– Poche ore prima del mio arrivo su queste coste.
– V’ingannate di certo, principe, poiché appunto allora il nostro incrociatore navigava in quei paraggi e nessun colpo di cannone pervenne a noi.
– Forse il vento soffiava da levante – rispose Sandokan, che cominciava a tenersi in guardia, non sapendo dove volesse finire l’ufficiale.
– Ma come siete giunto qui?
– A nuoto.
– E non avete assistito ad un combattimento fra due legni corsari che si dice fossero guidati dalla Tigre della Malesia ed un incrociatore?
– No!
– È strano.
– Signore, mettereste in dubbio le mie parole? – chiese Sandokan, scattando in piedi.
– Dio me ne guardi, principe – rispose l’ufficiale, con leggera ironia.
– Oh! oh! – esclamò il lord, intervenendo. – Baronetto William, vi prego di non avviare dispute in casa mia.
– Scusate, milord, non ne avevo l’intenzione – rispose l’ufficialetto.
– Non se ne parli più adunque, assaggiate invece un altro bicchiere di questo delizioso whisky, poi leviamo la mensa che la notte è calata e le foreste dell’isola non sono sicure, quando fa oscuro.
I convitati fecero un’ultima volta onore alle bottiglie del generoso lord, poi tutti si alzarono e discesero nel parco, accompagnati da Sandokan e dalla lady.
– Signori – disse lord James. – Spero che voi mi verrete a trovare presto.
– Siate certo che non mancheremo – dissero in coro i cacciatori.
– E speriamo che non vi manchi l’occasione di essere più fortunato, baronetto William – disse, rivolgendosi verso l’ufficiale.
– Tirerò meglio – rispose questi, lasciando cadere su Sandokan uno sguardo corrucciato. – Permettetemi ora una parola, milord.
– Due, mio caro.
L’ufficialetto gli mormorò alcune parole all’orecchio, che nessuno potè udire.
– Sta bene – rispose il lord, dopo. – Ed ora buona notte amici e che Dio vi preservi dai cattivi incontri.
I cacciatori salirono in arcione e uscirono dal parco di galoppo. Sandokan, dopo aver salutato il lord che pareva fosse diventato tutto d’un tratto assai di cattivo umore, e stretta appassionatamente la mano alla giovane lady, si ritirò nella propria stanza.
Invece di coricarsi egli si mise a passeggiare in preda ad una viva agitazione. Una vaga inquietudine si rifletteva nel suo viso e le sue mani tormentavano l’impugnatura del kriss.
Egli pensava senza dubbio a quella specie di interrogatorio fattogli subire dall’ufficiale di marina e che poteva nascondere un tranello abilmente tesogli. Chi era quell’ufficiale? Quali motivi lo avevano spinto a interrogarlo in quel modo? L’aveva forse incontrato sul ponte del piroscafo in quella notte di sangue? Era stato riconosciuto o l’ufficiale aveva un semplice sospetto? Si tramava, forse, in quel momento, qualche cosa contro il pirata?
– Bah! – disse finalmente Sandokan, alzando le spalle. – Se si trama qualche tradimento io saprò sventarlo, poiché sento di essere ancora l’uomo che non ha mai avuto paura di questi inglesi. Orsù riposiamo, e domani vedremo che cosa si dovrà fare.
Si gettò sul letto senza spogliarsi, si mise accanto il kriss e s’addormentò tranquillamente, col dolce nome di Marianna sulle labbra.
Si svegliò verso mezzodì, quando già il sole entrava per le finestre rimaste aperte. Chiamò un servo e gli chiese dove fosse il lord, ma gli fu risposto che era salito a cavallo prima dell’alba, dirigendosi verso Vittoria. Quella nuova, che certo non si aspettava, lo stupì.
– Partito! – mormorò. – Partito, senza avermi detto nulla ieri sera. Per quale motivo? Che si trami proprio qualche tradimento contro di me? Se stasera egli tornasse non più amico, ma fiero nemico? Che cosa farò di quest’uomo che mi ha curato come un padre e che è zio della donna che io adoro? Bisogna che io riveda Marianna e che io sappia qualche cosa.
Discese nel parco colla speranza d’incontrarla, ma non vide nessuno. Senza volerlo si diresse verso l’albero atterrato, ove ella era solita a sedersi e si arrestò, mandando un profondo sospiro.
– Ah! Come eri bella o Marianna quella sera che io pensavo a fuggire – mormorò, passandosi una mano sull’ardente fronte. – Stolto, io cercavo di allontanarmi per sempre da te, adorabile creatura, mentre anche tu mi amavi!
«Strano destino! Chi avrebbe detto che un giorno io avrei amato una donna! E come io ora l’amo! Vi è del fuoco nelle mie vene, del fuoco nel mio cuore, del fuoco nel mio cervello e del fuoco perfino nelle mie ossa e che sempre cresce a misura che ingigantisce la passione. Sento che per quella donna io mi farei inglese, che per lei mi venderei schiavo, che abbandonerei per sempre la burrascosa vita di avventuriero, che maledirei i miei tigrotti e questo mare che io domino e che considero come sangue delle mie vene.»
Egli chinò il capo sul petto immergendosi in profondi pensieri, ma d’un tratto si rialzò con i denti convulsivamente stretti e gli occhi fiammeggianti.
– E se ella rifiutasse il pirata! – esclamò, con voce sibilante. – Oh, non è possibile, non è possibile! dovessi vincere il sultanato di Borneo per darle un trono o dare fuoco a tutto Labuan, ella sarà mia, mia!…
Il pirata si mise a passeggiare nel parco, col viso sconvolto, in preda ad una agitazione violentissima che lo faceva tremare dai piedi al capo. Una voce ben nota, che sapeva trovargli la via del cuore anche attraverso le tempeste, lo richiamò in sé.
Lady Marianna era apparsa allo svolto di un sentiero, accompagnata da due indigeni armati fino ai denti e l’aveva chiamato.
– Milady! – esclamò Sandokan, correndole incontro.
– Mio prode amico, vi cercavo – diss’ella, arrossendo. Poi accostò un dito alla labbra, come per raccomandargli il silenzio e presolo per una mano, lo condusse in un piccolo chiosco cinese, semisepolto fra un boschetto di aranci.
I due indigeni si fermarono a breve distanza, colle carabine montate.
– Ascoltate – disse la giovanetta, che pareva atterrita. – Ieri sera vi ho udito… avete lasciato sfuggire dalle vostre labbra delle parole che hanno allarmato mio zio… Amico mio, mi è balenato un sospetto, che voi dovete strapparmi dal cuore. Ditemi, mio prode amico, se la donna alla quale voi avete giurato amore, vi chiedesse una confessione, la fareste voi?
Il pirata, che nel mentre la lady parlava, le si era avvicinato, a quelle parole si ritrasse bruscamente indietro. I suoi lineamenti si scomposero e parve che vacillasse sotto un fiero colpo.
– Milady – disse, dopo qualche istante di silenzio e afferrando le mani della giovanetta. – Milady, per voi tutto mi sarebbe possibile, tutto farei: parlate! Se io devo farvi una rivelazione, per quanto possa essere dolorosa per entrambi, vi giuro che la farò.
Marianna alzò gli occhi su di lui. I loro sguardi, quello di lei supplichevole e lacrimoso, quello del pirata scintillante s’incontrarono e si fissarono a lungo. Quei due esseri erano in preda ad una ansietà che faceva male a entrambi.
– Non ingannatemi, principe – disse Marianna, con voce soffocata. – Chiunque voi siate, l’amore che avete suscitato nel mio cuore, non si spegnerà più mai. Re o bandito io vi amerò ugualmente.
Un profondo sospiro uscì dalle labbra del pirata.
– È il mio nome adunque, il mio vero nome che tu vuoi sapere, creatura celeste?– esclamò.
– Sì, il tuo nome, il tuo nome!
Sandokan si passò più volte la mano sulla fronte, madida di sudore, mentre le vene del collo gli si gonfiavano prodigiosamente, come se facesse uno sforzo sovrumano.
– Odimi, Marianna – diss’egli, con accento selvaggio. – Vi è un uomo che impera su questo mare, che bagna le coste delle isole malesi, un uomo che è il flagello dei naviganti, che fa tremare le popolazioni, e il cui nome suona come una campana funebre. Hai tu udito parlare di Sandokan, soprannominato la Tigre della Malesia? Guardami in viso. La Tigre sono io!…
La giovanetta mandò involontariamente un grido d’orrore e si coperse il viso colle mani.
– Marianna! – esclamò il pirata, cadendo ai suoi piedi, colle braccia tese verso di lei. – Non respingermi, non spaventarti così! Fu la fatalità che mi fece diventare un pirata, come fu la fatalità che mi impose questo sanguinoso soprannome. Gli uomini della tua razza furono inesorabili con me, che pur non avevo fatto loro alcun male; furono essi che, dai gradini d’un trono mi precipitarono nel fango, che mi tolsero il regno, che mi assassinarono madre, fratelli e sorelle, e che mi spinsero su questi mari. Non sono pirata per avidità sono un giustiziere, il vendicatore della mia famiglia e del mio popolo, nulla di più. Ora, se lo credi, respingimi e io m’allontanerò per sempre da questi luoghi, onde non farti più paura.
– No, Sandokan, non ti respingo, perché ti amo troppo, perché tu sei prode, tu sei potente, tu sei tremendo, come gli uragani che sconvolgono gli oceani.
– Ah! tu m’ami ancora adunque? Dimmelo colle tue labbra, dimmelo ancora.
– Sì, t’amo Sandokan, e più ora che ieri.
Il pirata l’attirò a sé e se la strinse al petto. Una gioia sconfinata illuminava il suo maschio viso e su quelle labbra errava un sorriso di felicità sconfinata.
– Mia! Tu sei mia! – esclamò egli delirante, fuori di sé. – Parla ora o mia adorata, dimmi che cosa io posso fare per te, che tutto mi è possibile.
«Se vuoi andrò a rovesciare un sultano per darti un regno, se vorrai essere immensamente ricca io andrò a saccheggiare i templi dell’India e della Birmania, per coprirti di diamanti e di oro; se vuoi io mi farò inglese; se vuoi che io rinunci per sempre alle mie vendette e che il pirata scompaia, andrò a incendiare i miei prahos, onde non possano più corseggiare, andrò a disperdere i miei tigrotti, andrò ad inchiodare i miei cannoni, onde non possano più ruggire e distruggerò il mio covo.
«Parla, dimmi ciò che vuoi; chiedimi l’impossibile e io lo farò. Per te mi sentirei capace di sollevare il mondo e di precipitarlo attraverso gli spazi del cielo.» La giovanetta si chinò verso di lui sorridendo, cingendogli colle delicate manine il robusto collo.
– No, mio valoroso, – disse, – non chiedo altro che la felicità accanto a te. Portami lontana, in un’isola qualunque, ma dove tu possa sposarmi senza pericoli, senza ansie.
– Sì, se tu lo vorrai, ti porterò in una lontana isola, coperta di fiori e di boschi, dove tu non udrai più parlare della tua Labuan, né io della mia Mompracem, in un’isola incantata del grande oceano dove potremo vivere felici come due colombi innamorati; il terribile pirata che si è lasciato dietro torrenti di sangue e la gentile «Perla di Labuan». Tu verrai, Marianna?
– Sì, Sandokan, io verrò. Odimi ora, un pericolo ti sovrasta, forse un tradimento si sta tramando in questi momenti contro di te.
– Lo so! – esclamò Sandokan. – Lo sento questo tradimento, ma io non lo temo.
– Bisogna che tu mi ubbidisca, Sandokan.
– Che cosa devo fare?
– Devi partire all’istante.
– Partire!… partire!… Ma io non ho paura!
– Sandokan fuggi, mentre hai tempo. Ho un funesto presentimento, temo che ti tocchi una sciagura. Mio zio non è partito per capriccio; egli deve essere stato chiamato dal baronetto William Rosenthal, il quale ti ha forse conosciuto. Ah Sandokan! Parti, ritorna ora alla tua isola e mettiti in salvo, prima che la tempesta si scateni sul tuo capo.
Invece di ubbidire, Sandokan afferrò la giovanetta e la sollevò fra le braccia. La sua faccia, poco prima commossa, aveva preso un’altra espressione: i suoi occhi balenavano, le tempie gli battevano furiosamente e le sue labbra si schiudevano, mostrando i denti.
Un istante dopo si scagliò come una belva attraverso il parco, varcando ruscelli, fossati e la cinta, come se avesse paura, o cercasse di fuggire qualcosa.
Non si arrestò che sulla spiaggia, dove errò a lungo senza sapere dove andasse né cosa facesse. Quando si decise a ritornare la notte era calata e la luna era sorta.
Appena rientrato nella villa chiese se il lord era giunto, ma gli fu risposto che non era stato veduto.
Salì nel salotto e trovò lady Marianna inginocchiata dinanzi una immagine e col viso inondato di lagrime.
– Mia adorata Marianna! – esclamò egli, rialzandola. – È per me che piangi? Forse perché io sono la Tigre della Malesia, l’uomo esecrato dai tuoi compatrioti?
– No, Sandokan. Ma ho paura, una disgrazia sta per accadere, fuggi, fuggi da qui.
– Non ho paura io, la Tigre della Malesia non ha mai tremato e…
Si arrestò di colpo, rabbrividendo suo malgrado. Un cavallo era entrato nel parco, arrestandosi dinanzi alla palazzina:
– Mio zio!… Fuggì Sandokan! – esclamò la giovanetta. – Io!… Io!…
In quel momento istesso entrava nel salotto lord James. Non era più l’uomo del giorno innanzi: era grave, accigliato, torvo, e indossava la divisa di capitano di marina.
Con un gesto sdegnoso respinse la mano che il pirata audacemente gli porgeva, dicendo con freddo accento:
– Se io fossi stato un uomo della vostra specie, anziché chiedere ospitalità ad un nemico acerrimo, mi sarei lasciato uccidere dalle tigri della foresta. Ritirate quella mano che appartiene ad un pirata, ad un assassino!
– Signore! – esclamò Sandokan, che aveva ormai compreso di essere stato scoperto e che si preparava a vendere caramente la vita. – Non sono un assassino, sono un giustiziere!
– Non un accento di più in casa mia: uscite!
– Sta bene – rispose Sandokan. Gettò un lungo sguardo sull’amante che era caduta sul tappeto semisvenuta, fece atto di precipitarsi, ma si frenò, e a lenti passi, colla mano destra sull’impugnatura del kriss, la testa alta, lo sguardo fiero, uscì dalla sala e discese i gradini, soffocando, con uno sforzo prodigioso, i battiti furiosi del cuore e la profonda emozione che lo invadeva.
Quando però giunse nel parco si fermò, snudando il kriss, la cui lama scintillò ai raggi della luna.
A trecento passi si estendeva una linea di soldati, colle carabine in mano, pronte a fare fuoco su di lui.
LA CACCIA AL PIRATA
In altri tempi Sandokan, quantunque quasi inerme e di fronte ad un nemico cinquanta volte più numeroso, non avrebbe esitato un solo istante a gettarsi sulle punte delle baionette, per aprirsi un passaggio a qualunque costo; ma ora che amava, ora che sapeva di essere riamato, ora che quella divina creatura forse lo seguiva ansiosamente cogli sguardi, non voleva commettere una simile pazzia, che poteva costargli la vita ed a lei chissà quante lagrime.
Bisognava tuttavia aprirsi un passaggio per raggiungere la foresta e di là il mare, suo unico scampo. – Ritorniamo – disse. – Poi vedremo.
Risalì le scale, senza essere stato scorto dai soldati e rientrò nel salotto, col kriss in pugno.
Il lord era ancora là, accigliato, colle braccia incrociate; la giovane lady invece era scomparsa.
– Signore – disse Sandokan, avvicinandogli. – Se io vi avessi ospitato, se io vi avessi chiamato amico e poi scoperto per un mortale nemico, vi avrei additata la porta, ma non vi avrei teso un vile agguato. Laggiù, sulla medesima strada che io dovrò percorrere, vi sono cinquanta, forse cento uomini, pronti a fucilarmi; fateli ritirare e mi si lasci libero il passo.
– Questa invincibile Tigre ha dunque paura? – chiese il lord, con fredda ironia.
– Paura io? No davvero, milord, ma qui non si tratta di combattere, ma di assassinare un uomo inerme.
– Ciò non mi riguarda. Uscite, non disonorate più oltre la mia casa o per Iddio…
– Non minacciate, milord, poiché la Tigre sarebbe capace di mordere la mano che l’ha curata.
– Uscite, vi dico.
– Fate prima ritirare quegli uomini.
– A noi due dunque o Tigre della Malesia – urlò il lord, sguainando la sciabola e chiudendo la porta.
– Ah! Lo sapevo io che avreste cercato di assassinarmi a tradimento – disse Sandokan. – Orsù, milord, apritemi il passo o io mi getto contro di voi.
Il lord, invece di ubbidire, staccò da un chiodo un corno e lanciò una nota acuta.
– Ah traditore! – gridò Sandokan, che si sentì ribollire il sangue nelle vene.
– È tempo o sciagurato che tu cada nelle nostre mani – disse il lord. – Fra pochi minuti i soldati saranno qui e fra ventiquattro ore sarai appiccato. Sandokan mandò un sordo ruggito. Con un salto da felino s’impadronì di una pesante sedia e si slanciò sulla tavola che stava in mezzo alla sala.
Faceva paura; i suoi lineamenti erano ferocemente contratti pel furore, i suoi occhi parevano mandare fiamme, ed un sorriso di belva gli errava sulle labbra. In quell’istante si udì al di fuori uno squillo di tromba e nel corridoio una voce, quella di Marianna, gridare disperatamente:
– Fuggi, Sandokan!…
– Sangue!… Vedo sangue! – urlò il pirata.
Sollevò la sedia e la scagliò con forza irresistibile contro il lord, il quale, colpito in pieno petto, stramazzò pesantemente al suolo. Pronto come il lampo, Sandokan gli fu sopra col kriss alzato.
– Uccidimi, assassino – rantolò il lord.
– Rammentatevi ciò che vi dissi giorni sono – disse il pirata. – Vi risparmio, ma bisogna che vi renda impotente.
Ciò dicendo, con una destrezza straordinaria, lo rivoltò e gli legò solidamente le braccia e le gambe colla propria fascia.
Gli prese poscia la sciabola, e si slanciò nel corridoio, gridando:
– Marianna, eccomi!…
La giovane lady si precipitò fra le sue braccia, poi, traendolo nella propria stanza, gli disse piangendo:
– Sandokan, ho veduto i soldati. Ah! mio Dio, tu sei perduto.
– Non ancora – rispose il pirata. – Io sfuggirò ai soldati, lo vedrai.
La prese per un braccio e condottala dinanzi alla finestra la contemplò per alcuni istanti ai raggi della luna, fuori di sé.
– Marianna, – disse, – giurami che sarai mia sposa.
– Te lo giuro sulla memoria di mia madre – rispose la giovanetta.
– E mi aspetterai?
– Sì, te lo prometto.
– Sta bene; io fuggo, ma fra una settimana o due al più, io tornerò qui a prenderti, alla testa dei miei valorosi tigrotti. Ora a voi, cani d’inglesi! – esclamò, rizzando fieramente l’alta statura. – Io mi batto per la «Perla di Labuan».
Scavalcò rapidamente il davanzale e balzò in mezzo ad una fitta aiuola, che lo celava completamente.
I soldati, che erano sessanta o settanta, avevano allora circondato completamente il parco e s’avanzavano lentamente verso la palazzina, coi fucili in mano, pronti a far fuoco.
Sandokan, che si teneva imboscato come una tigre, colla sciabola nella destra e il kriss nella sinistra, non fiatava, né si muoveva, ma si era raccolto su se stesso, pronto a precipitarsi sul cerchio ed a romperlo con impeto irresistibile.
Il solo moto che facesse era quello di alzare il capo verso la finestra, dove sapeva trovarsi la sua diletta Marianna, la quale senza dubbio attendeva, chissà mai fra quale angoscia, l’esito della lotta suprema.
Ben presto i soldati non si trovarono che a pochi passi dall’aiuola, dove egli si teneva sempre celato. Giunti a quel luogo si arrestarono, come se fossero indecisi sul da farsi ed inquieti su quello che poteva succedere.
– Adagio, giovanotti – disse un caporale. – Aspettiamo il segnale, prima di andare innanzi.
– Temete che il pirata si sia imboscato? – chiese un soldato.
– Temo piuttosto che abbia massacrato tutti gli abitanti della casa, poiché non si ode alcun rumore.
– Che sia stato capace di tanto?
– È un brigante capace di tutto – rispose il caporale. – Ah! come sarei contento di vederlo danzare all’estremità di un pennone, con un metro di corda al collo.
Sandokan, che non perdeva una sola parola, fece un sordo brontolio e fissò sul caporale due occhi iniettati di sangue.
– Aspetta un momento – mormorò, digrignando i denti. – Il primo che cade sarai tu.
In quell’istante si udì il corno del lord echeggiare nella palazzina.
– Ancora un segnale? – mormorò Sandokan.
– Avanti! – comandò il caporale. – Il pirata è intorno alla casa.
I soldati si accostarono lentamente, gettando sguardi inquieti per ogni dove. Sandokan misurò collo sguardo la distanza, si rizzò sulle ginocchia, poi con un salto si scagliò addosso ai nemici.
Spaccare il cranio al caporale e sparire in mezzo ai cespugli vicini fu l’affare di un solo momento.
I soldati, sorpresi da tanta audacia, atterriti per la morte del loro caporale, non pensarono subito a far fuoco. Quella breve esitazione bastò a Sandokan per raggiungere la cinta, varcarla con un solo salto e scomparire dall’altro lato.
Urla di furore scoppiarono tosto, accompagnate da parecchie scariche di fucili. Tutti, ufficiali e soldati, si slanciarono come un solo uomo fuori del parco, disperdendosi in tutte le direzioni e tirando ovunque fucilate, colla speranza di cogliere il fuggiasco, ma ormai era troppo tardi. Sandokan, miracolosamente sfuggito a quel cerchio di armi, galoppava come un cavallo, inoltrandosi nelle foreste che circondavano la tenuta di lord James.
Libero nella fitta boscaglia, dove aveva campo di spiegare mille astuzie, di nascondersi dovunque, di opporre qualunque resistenza, non temeva più gli inglesi. Che importava a lui che lo inseguissero, che lo cercassero dovunque, quando ormai aveva lo spazio dinanzi e quando, all’orecchio, una voce gli sussurrava senza tregua «fuggi che io t’amo»?
– Mi si venga a cercare qui, in mezzo alla natura selvaggia – diceva egli, correndo sempre. – Incontreranno la Tigre libera, pronta a tutto, risoluta a tutto.
«Solchino pure, i loro furfanti incrociatori, le acque dell’isola; lancino pure i loro soldati attraverso le boscaglie; chiamino pure in loro aiuto tutti gli abitanti di Vittoria, io passerò egualmente fra le loro baionette ed i loro cannoni. Ma ritornerò in breve, o fanciulla celeste, te lo giuro, ritornerò qui, alla testa dei miei valorosi, non da vinto, ma come vincitore e ti strapperò per sempre da questi luoghi esecrati!»
Di passo in passo che si allontanava, le grida degli inseguitori ed i colpi di fucile diventavano sempre più fiochi, finché si spensero completamente. Si fermò un momento ai piedi di un gigantesco albero, per riprendere lena e per scegliere la via da percorrere attraverso quelle migliaia di piante, le une più grandi e più intricate delle altre.
La notte era chiara, mercé la luna che brillava in un cielo senza nubi, spandendo sotto le fronde della foresta i suoi raggi azzurrini, d’una infinita dolcezza, e d’una trasparenza vaporosa.
– Vediamo – disse il pirata, orizzontandosi colle stelle. – Alle spalle ho gli inglesi; dinanzi verso l’ovest sta il mare. Se io prendo subito questa direzione posso imbattermi in qualche drappello, poiché essi supporranno che io cerchi di raggiungere la costa più vicina. È meglio deviare dalla linea retta, che piegare verso il sud e raggiungere il mare a una notevole distanza da qui. Orsù, in cammino, e occhi e orecchie attenti.
Raccolse tutta la sua energia e tutte le sue forze, volse le spalle alla costa, che non doveva essere molto lontana e s’internò di nuovo nella foresta, aprendosi il passo fra i cespugli con mille precauzioni, scalando tronchi d’alberi caduti per decrepitezza o abbattuti dal fulmine, e arrampicandosi sulle piante, quando si trovava dinanzi ad una barriera vegetale così fitta da impedire il passaggio anche ad una scimmia.
Continuò così a camminare per tre ore, fermandosi quando un uccello spaventato dalla sua presenza si levava, mandando uno strido, o quando un animale selvaggio fuggiva urlando, e si arrestò dinanzi ad un torrente dalle acque nere.
Vi entrò, lo risalì per una cinquantina di metri, schiacciando migliaia di vermi d’acqua, e, giunto di fronte ad un grosso ramo, vi si aggrappò, issandosi su di un frondoso albero.
– Ecco ciò che basta per far smarrire le mie tracce anche ai cani – disse. – Ora posso riposarmi, senza tema di venire scoperto.
Era là da una mezz’ora, quando un lieve rumore, che sarebbe sfuggito ad un orecchio meno acuto del suo, si fece udire a breve distanza. Scostò lentamente le fronde, trattenendo il respiro, e gettò sotto la cupa ombra del bosco uno sguardo indagatore.
Due uomini, curvi, fino a terra, si avanzavano, guardando attentamente a destra, a sinistra e dinanzi. Sandokan riconobbe in loro due soldati.
– Il nemico! – mormorò. – Mi sono smarrito o mi hanno seguito così da vicino? I due soldati, che cercavano le orme del pirata a quanto pareva, dopo aver percorso alcuni metri si fermarono quasi sotto l’albero, che serviva da ricovero a Sandokan.
– Sai, John, – disse uno dei due, la cui voce tremava, – che io ho paura nel trovarmi sotto questa scurissima boscaglia?
– Anch’io, James – rispose l’altro. – L’uomo che cerchiamo è peggio di una tigre, capace di piombarci improvvisamente addosso e di spacciarci entrambi. Hai veduto come ha ucciso nel parco il nostro compagno?
– Non lo scorderò mai, John. Sembrava non un uomo, ma un gigante, pronto a farci tutti in minutissimi pezzi. Credi tu che riusciremo a prenderlo?
– Ho i miei dubbi, quantunque il baronetto William Rosenthal abbia promesso cinquanta fiammanti sterline per la sua testa. Mentre tutti noi lo inseguiamo verso l’ovest per impedirgli di imbarcarsi su qualche praho, forse, corre verso il nord o il sud.
– Ma domani, o posdomani, alla più lunga, partirà qualche incrociatore e gli impedirà di fuggire.
– Hai ragione, amico. E così, che cosa facciamo?
– Andiamo prima alla costa, poi vedremo.
– Aspetteremo prima il sergente Willis, che ci segue?
– L’attenderemo alla costa.
– Speriamo che sfugga al pirata. Andiamo, rimettiamoci in marcia, per ora.
I due soldati diedero un ultimo sguardo all’ingiro e si rimisero a strisciare verso l’ovest, scomparendo fra le ombre della notte.
Sandokan, che non aveva perduto sillaba dei loro discorsi, attese una mezz’ora, poi si lasciò scivolare dolcemente a terra.
– Sta bene – diss’egli. – Mi inseguono tutti verso l’occidente; io piegherò sempre verso il sud, dove so ormai di non incontrare nemici. Stiamo attenti però. Ho il sergente Willis alle calcagna.
Riprese la silenziosa marcia, dirigendosi verso il sud, riattraversò il torrente e si aprì il passo attraverso una fìtta cortina di piante.
Stava per girare attorno ad un grosso albero della canfora, che gli sbarrava il passo, quando una voce minacciosa, imperiosa, gridò:
– Se fate un passo, se fate un gesto, vi uccido come un cane!