Kitabı oku: «Non Resta Che Ricominciare», sayfa 2

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Nel mio letto, per quanto piccolo, mi mancava una cosa: la calda presenza di un uomo che mi stringesse teneramente tra le sue braccia. Non tanto per i piaceri carnali, anche se sono importanti, ma solo per sentirmi bene, al sicuro. Sapere di essere importanti per qualcuno e che questo si rallegra della nostra presenza; è un dono inestimabile! Qualcuno con cui parlare senza problemi, senza la paura di essere giudicati. Nessun amante di passaggio può colmare questo vuoto. Solo un legame invisibile, derivante da una sincera e seria costruzione dell’amore, può offrire questo lusso. Sì, l’amore sincero è un lusso.

Una mattina mentre camminavo lungo il corridoio della metropolitana che conduceva all’esterno, fui colta da un violento dolore all’occhio sinistro, simile alla sensazione di una freccetta che lo trafigge per lacerarne le membrane. La sofferenza che ho sentito mi ha travolto d’un colpo. Ho quasi perso l’equilibrio mentre la mia vista si oscurava con punti neri. La scossa mi ha fatto urlare. Non riuscivo più a tenere le palpebre aperte. Non avevo sbattutto contro nulla; un vaso sanguigno era appena esploso. Il dolore persisteva. Barcollavo avanti e indietro, come una canna scossa da una gigantesca raffica di vento. Tra un’oscillazione e l’altra, il mio occhio destro riusciva a distinguere molti passanti che si defilavano senza fermarsi, come se fossero stati tutti alla guida di un’auto da corsa. Sarei potuta morire sul posto, così tutti avrebbero potuto calpestarmi, invece di dover evitare la pazza colpita da un attacco di demenza. Ho scoperto, con stupore, il comportamento freddo e indifferente della inquietante orda parigina.

Ho cercato di trovare un appoggio lungo il muro per sostenermi. Ho armeggiato con la mia mano sinistra, come una cieca senza punti di riferimento. Senza rendermene conto, il mio portafoglio è caduto a terra. A un certo punto, ho sfiorato una sporgenza sulla quale mi sarei potuta appoggiare. Il dolore persisteva. Per colmo di sfortuna, l’occhio che mi faceva male era quello che funzionava correttamente mentre il destro risentiva di una forte miopia. Dovrei necessariamente indossare gli occhiali per correggere questo squilibrio, tranne che nel mio caso la mezza coppia non sarebbe abbastanza. Piuttosto che optare per questa costrizione, preferivo accontentarmi di una certa forma di compensazione oculare, generata dalla sottrazione della mia doppia visione asincrona. Aperti allo stesso tempo, i miei due occhi mi offrivano una vista più che soddisfacente. Senza il mio valido occhio sinistro, non osavo neanche immaginare lo stato del mio futuro campo visivo.

Il dolore svanì all’improvviso, con la stessa rapidità con cui era apparso. Riuscivo a vedere correttamente quello che stava succedendo intorno a me. Ricuperando l’equilibrio, mi sono girata verso le mie cose sparse per terra. Un giovane le stava raccogliendo e sistemando ordinatamente nella mia borsa. Lui mi guardò e me la porse chiedendomi come stessi. Che domanda stupida…

Lo ringraziai e gli raccontai velocemente come era apparso quel dolore passeggero.

«Avrei voluto afferrarla quando barcollava. Non ci sono riuscito. Si muoveva così tanto. Non sapevo cosa fare, vedendola agitarsi in quel modo.»

Una persona si era fermata. Non due, una soltanto! Tuttavia, ci sono persone a Parigi che si preoccupano davvero degli altri. Nel mio cuore, mi chiedevo: «avrebbe agito allo stesso modo se fossi stato un uomo…»

«Ecco il mio biglietto da visita con il numero di telefono. Adesso, non ho tempo, ma se stasera o un altro giorno della settimana mi vuole parlare di lei davanti a un drink... In quel caso, non esiti a farmi una telefonata.»

Ho preso il biglietto da visita, sorridendogli in modo sdolcinato. Avevo appena ricevuto la risposta alla mia domanda. Al giorno d’oggi, tutto è fatto per un qualsiasi interesse, in ogni circostanza, in ogni situazione. D’altro canto, perché no? Gli incontri si fanno in questo modo. Un gesto, un’azione, una parola fuori dall’ordinario, in un momento in cui s’interrompe il nostro isolamento. Inoltre, anche Franck l’ho incontrato nella metropolitana. Sebbene fossi stata io a parlare per prima con lui, fu lui a chiedere il mio numero. Eravamo smarriti, entrambi alla ricerca della nostra strada, e la vita ci ha regalato un incontro indimenticabile.

Poi, l’uomo si è eclissato come se avesse appena mancato il suo autobus e dovesse inseguirlo. Ho guardato il suo biglietto da visita: dirigeva un’agenzia di assicurazione. Non ho fortuna, odio questi tipi! L’ho strappato a metà e l’ho buttato nella spazzatura. Poi, ho salito i gradini che portano in superficie. Intorno a me, una folla come tante formiche in cui io sono affogata. Pensiamo di essere utili, eppure... con uno schiocco delle dita potrebbero sostituirci. Ma siamo davvero unici? Se sì, unici in cosa? Per cosa? Siamo unici per il nostro savoir-faire, le nostre conoscenze personali, il nostro talento. Se siamo in grado di creare, dare vita, modellare con la nostra sensibilità. Siamo unici, se scopriamo il nostro potenziale. Tuttavia, sono pochi i lavori che ci permettono di avere coscienza della nostra unicità. L’essere umano è assimilato troppo spesso ad un semplice pezzo di ricambio, nell’ingranaggio globalista della concatenazione in cui anche la scuola ci forma. Ogni uomo diventa una valvola finanziaria di cui il meccanismo capitalista ha solo bisogno di trarre vantaggio. Ogni individuo può liberamente scegliere quali truffatori sodomiti verranno a derubarlo!

Nei fine settimana, di solito uscivo a fare una passeggiata. Stavo approfittando un po’ di questo fine stagione. Il bel tempo sarebbe stato sempre più raro e la pioggia avrebbe preso il sopravvento. Volevo quindi prima che arrivasse il maltempo, scoprire i monumenti che non avevo ancora visto e rinfrescare la memoria di quelli che non erano più limpidi nei miei ricordi.

Una sorta di rituale che avevo istituito per le mie prime settimane a Parigi. Le giornate erano piacevoli, tra lavoro e gite. Poi, pian piano, arrivò il giorno del mio compleanno.

3.

Alle tre di mattina, il mio telefono si è messo a vibrare, come una sirena stridente che lacera il silenzio della notte. Ci sono balzata sopra per farlo smettere. Dovevo prendere la chiamata o no? Se rispondessi con la voce ancora assonnata, Frank si renderebbe conto che mi sono appena svegliata. E se ignorassi la chiamata, mi richiamerebbe? Tra Parigi e Irkutsk ci sono sette ore di fuso orario perciò Franck pensava che la mia giornata fosse iniziata e che per me fossero le dieci del mattino. Mi sono fiondata. Da settimane aspettavo questo momento. Con l’indice ho sfiorato il touch screen del telefono per prendere la chiamata.

«Pronto…»

Dall’altro lato, un rumore di cornetta riattaccata lasciò posto al silenzio. Nessuna eco rispose al suono della mia voce. Avevo riflettuto a lungo, esitato, prima di decidermi. Avevo perso la chiamata che aspettavo. Sbuffai, stufa, poi inspirai profondamente prima di riporre con calma il telefono sulla scrivania e tornare a distendermi sul lettino. Mi ero appena messa comoda, che un nuovo rumore si diffuse come il ronzio di un insetto. Saltai immediatamente dal letto e afferrai il telefono che avevo appena posato per leggervi il messaggio.

«Buongiorno Sveta, tanti auguri per i tuoi venticinque anni. Spero che tutto vada bene nella tua vita. A fine giornata proverò a richiamarti. Buona giornata e buon compleanno!»

Ho riletto il messaggio più volte. Contenuto schematico, niente di eccezionale. Ero cosi felice! Ho iniziato a digitare una risposta: «Grazie, Franck. Sono a Parigi. Mi piacerebbe vederti.»

Ho riflettuto alcuni secondi. Quale genere di messaggio ero sul punto di mandargli? L’ho cancellato e ho riposto il telefono. Non ero convinta che annunciargli per SMS che ero a Parigi fosse la scelta giusta. Era anche possibile che non mi contattasse più. Sarebbe stato più intelligente dirglielo a voce.

Cominciai a fantasticare. Immaginavo una serata romantica tête-à-tête, dopo una cena al ristorante. Come poteva turbarmi ancora, anche adesso che non lo vedevo da anni? Da dove veniva questa alchimia ammaliatrice che mi attirava ancora verso di lui? L’attrazione d’amore rimane per me un grande mistero. Era questo d’altronde vero amore? Questa attrazione, anche inconsciamente, potrebbe dipendere da una mancanza d’affetto. Ci sono talmente tanti uomini sulla terra, perché non andare dal primo sconosciuto? Forse a causa delle molteplici delusioni degli ultimi anni. Lui, lo conoscevo già. Sapevo come si comporta. Mi aveva amato sinceramente; mi aveva rispettato.

A furia di pensare tanto, non riuscivo più a prendere sonno. In cambio una notte in bianco mi tendeva le braccia. Fortunatamente, avevo potuto dormire alcune ore prima di essere svegliata da questa chiamata intempestiva. Anche se il mio sonno era stato disturbato, ero contenta, beata. Mi sono alzata dal letto di buon umore.

A lavoro, pensavo che nessuno conoscesse la data del mio compleanno. Con mia grande sorpresa, non appena sono arrivata nella stanza principale, i miei colleghi e il mio capo erano già lì. In mezzo al tavolo mi aspettava una grande torta al cioccolato.

«Buon compleanno, Svetlana!» Gridarono in coro tutti i presenti».

Mi sentivo cosi a disagio, imbarazzata da questa particolare attenzione.

Tutti si sono avvicinati per baciarmi. Ho ricevuto diversi mazzi di fiori e scatole di cioccolatini. Il mio capo mi ha regalato dei buoni acquisto per prodotti cosmetici.

Una collega mi ha chiesto cosa preferissi bere. Prima che avessi il tempo di rispondere, il mio capo iniziò a scherzare, avvertendomi che non c’era vodka. Risi, anche se questa osservazione, al giorno d’oggi, riflette solo un cliché sui paesi dell’Est. Dissi che mi stavo abituando benissimo a farne a meno, le mie traduzioni avrebbero rischiato di essere scritte in una lingua incomprensibile. Presi un semplice succo di arancia con una fetta di torta.

L’intero gruppo mi poneva delle domande. La loro curiosità li spinse a chiedermi se mi fossi ambientata bene a Parigi. Un gruppetto di tre uomini si interrogava sulla mia vita privata. Volevano chiaramente sapere se stessi con qualcuno. Non osavo raccontare loro ciò che mi preoccupava. Non erano i miei confidenti e non volevo mettere in piazza la mia vita privata. Dissi loro che non ritenevo l’amore una priorità in quel momento. Aggiunsi che preferivo innanzitutto affermarmi professionalmente. Cercai di essere il più convincente possibile, assumendo un tono molto risoluto. Mascheravo la verità, perché volevo risparmiarmi l’interrogatorio sulla mia vita sentimentale. Erano tutti gentili con me. Il minimo che si possa dire è che questo capo sa come far legare bene le persone nella sua società. Mi resi conto di quanto fossi fortunata ad essere stata assunta in un’impresa dal volto così umano. In quante altre società avrebbero festeggiato il mio compleanno in questo modo? Ringraziai tutti calorosamente. Questa sorpresa fece si che la mia giornata iniziasse nel modo più bello.

Non dimenticando che eravamo sul posto di lavoro, dopo un’ora trascorsa a chiacchierare e fare conoscenza, il capo ci chiese di tornare ai nostri posti, ci siamo quindi avviati ai nostri rispettivi computer. Sulla mia scrivania, un file per tradurre le istruzioni di un vibromassaggiatore elettronico mi stava aspettando. Non soltanto ignoravo che un oggetto del genere avesse bisogno di un manuale d’uso, ma per giunta era collocato accanto a me, sul mio piano di lavoro! L’ho afferrato per esaminarlo. Era pesante ed enorme! Mi chiedevo che tipo di donna usasse un tale arnese! Intorno a me, tutti scoppiarono a ridere, vedendo quell’oggetto scivolare tra le mie dita. Le lacrime m’imperlavano i bordi degli occhi; questa atmosfera festosa m’incantava. Oh sì, mi piaceva molto quel lavoro. Facevo progressi in seno ad una famiglia. Non mancava che una cosa nella mia vita per sentirmi totalmente realizzata…

A fine giornata, i tre colleghi che mi avevano sottoposta a un vero interrogatorio, mi proposero di andare a bere qualcosa con loro, in un bar. Secondo uno di loro, volevano festeggiare il mio compleanno più degnamente. Anche se la loro proposta sembrava sincera, preferii declinarla; pensavo che avrebbero cominciato a flirtare, dopo avermi fatto ubriacare. Non volevo ripetere l’errore di mescolare lavoro e sentimenti. In Russia, avevo fatto questo errore e non ne conservo ricordi felici. Aspettavo una chiamata in particolare. Prevedevo una serata diversa, così augurai loro una buona serata e viceversa. Poi, tornai a casa, come ogni sera. Avevo contratto questo virus parigino chiamato «metro, lavoro, sonno». Era diventata la mia vita quotidiana già da tre settimane. Tuttavia, il mio lavoro non mi rendeva infelice.

La mia giornata dura dalle sedici alle diciassette ore. Tutto dipende dai giorni e dai progressi nelle traduzioni. Evito così il momento di massiccio afflusso nei trasporti urbani e cioè quando i viaggiatori sono ammassati come nelle scatole di sardine, sebbene le sardine non siano pressate come noi. Le persone si spingono, per non parlare di quelli le cui natiche sono appiccicate ai sedili pieghevoli, mentre, in piedi, i loro vicini non possono muovere neppure il dito mignolo. Lo spazio assegnatogli consente, a malapena, di mantenersi in equilibrio. La metropolitana nelle ore di punta è un casino senza nome, tanto da farti pentire di uscire dalla tua tana.

Appena varcai la porta del vagone della metropolitana davanti a me il mio telefono cominciò a squillare. Riconobbi immediatamente la melodia poiché era quella che avevo scelto per Franck. Rivoltai l’interno della mia borsa, non volevo perdere la chiamata una seconda volta.

Presi la chiamata e avvicina i il telefono all’orecchio.

«Pronto?» Ho detto rapidamente.

Ho sentito gli sguardi delle persone soffermarsi su di me, fuori dalle loro fantasticherie; ho rotto il silenzio dei cittadini. Il campanello di chiusura della porta suonò e il treno si mise in marcia per la prossima fermata. All’altro capo del filo, Franck sembrava incuriosito. Mi ha chiesto subito dove mi trovassi. Il segnale sonoro che aveva appena sentito non gli era sconosciuto, lo conosceva anche troppo bene. Ho notato un posto libero in cui sono andata a sedermi. Ho appoggiato la testa contro il finestrino e gli ho detto che vivevo a Parigi da metà settembre. Improvvisamente, il silenzio.

«Franck, sei ancora là?» gli chiesi innocentemente.

Franck uscì dal suo mutismo, per chiedermi come mai non l’avessi informato prima del mio arrivo. Gli ho spiegato che non avevo osato, che non volevo disturbarlo nella sua vita attuale. Non volevo dargli l’impressione che stavo cercando di intromettermi nella sua vita. Rispose che ero stata sciocca a pensare questa cosa e che gli avrebbe fatto piacere prendere un caffè con me o anche fare una passeggiata. Ha finito per augurarmi un felice compleanno. Dopo, approfittando della sua risposta, gli ho chiesto se mi avrebbe concesso un po’ del suo tempo per cenare insieme. Franck improvvisamente sembrò infastidito, contraddicendo allo stesso tempo ciò che mi aveva appena detto. Gli mancavano le parole; tutto sembrava mescolarsi nella sua testa. L’ho sentito esitare. Balbettava. Dopodiché, rimase in silenzio. Insistetti, precisai che sarebbe stato mio ospite. Volevo semplicemente rivederlo. Desiderava anche lui incontrarmi e stringermi di nuovo tra le sue braccia. Solamente, mi spiegò che la sua compagna Sylwia si sarebbe insospettita per questo suo impegno sopraggiunto all’ultimo momento. Non voleva mettere a repentaglio la sua relazione, solo per vedermi. L’ho pregato di nuovo, quasi implorandolo, ridicolizzandomi senza rendermene conto. Argomentai che questa serata avrebbe simboleggiato il mio regalo di compleanno. Franck sospirò, alla fine mi disse che ci avrebbe pensato e che mi avrebbe richiamato più tardi per informarmi se poteva liberarsi.

Per strada, mi sono chiesta perché mi fossi comportata in questo modo. Sapevo che non era libero sentimentalmente e stavo cercando di riconquistarlo. Avevo il diritto di agire così? Ero un mostro di egocentrismo? La mia condotta era normale? Stavo solo cercando la mia felicità, volevo solo essere felice. C’era un prezzo per questo? Qualcuno doveva soffrire in modo che qualcun altro egoisticamente potesse essere soddisfatto? Non conoscevo la sua amica e non volevo sapere nulla di lei. Pensavo a me stessa, al mio benessere.

Arrivata a casa, ho fatto una doccia. Mi sono quindi preparata in previsione di una risposta favorevole. Mi sono truccata, pettinata, vestita gettando lo sguardo su un abitino blu cielo. Mi contemplavo allo specchio, soddisfatta del risultato. Se non avesse ceduto non avrei capito. Mi trovavo più affascinante che a vent’anni. Il corpo di una donna non smette di svilupparsi fino a raggiungere un picco, il culmine della femminilità, intorno ai trent’anni.

Alle diciannove non avevo ancora ricevuto alcuna risposta. Cominciavo a preoccuparmi e a disperarmi. Ho acceso il mio tablet per controllare le e-mail. Le mie migliori amiche dalla Russia mi avevano scritto tutte. Mancavo loro. Erano dispiaciute dal fatto che adesso io viva così lontana, ma mi incoraggiavano per la mia nuova vita parigina. In altri messaggi, mi chiedevano se frequentavo qualcuno. Questi messaggi mi facevano piacere. Ero felice di ricevere loro notizie. Sentivo terribilmente la loro mancanza. So che un giorno questi gesti d’affetto svaniranno. Come l’amore, l’amicizia ha bisogno di un contatto fisico costante. I rapporti virtuali durano solo per poco tempo. Ciascuno va avanti, per conto suo, con i propri ritmi, prendendo strade diverse, costruendosi la propria esistenza. Nuove persone entrano a far parte delle nostre vite, mentre altre se ne allontanano inevitabilmente. Per molte delle mie amiche, mi sono resa conto che la mia vita sentimentale era una priorità, molto più della mia crescita professionale. Il successo in amore è il risultato più importante nel nostro percorso individuale? Perché non riusciamo affatto, o comunque con difficoltà, a vivere da soli? Perché si ha bisogno di qualcun altro per sentirsi in armonia con sé stessi?

Il mio telefono suonò poco dopo. Si era deciso infine a richiamarmi. Si era preso il suo tempo. Franck si esprimeva con difficoltà, la sua voce tremava. Ho subito indovinato la risposta che aveva in serbo per me. Non voleva venire con me al ristorante e mi spiegò che il suo rapporto con Sylwia si era complicato negli ultimi mesi. Avevano appena litigato per causa mia. Lei si rifiutava di farmelo vedere. Era stato stupido da parte sua averle detto con chi sarebbe uscito? Quale donna accetterebbe che il suo compagno trascorra una serata con la sua ex? L’amava al punto da non poterle nascondere la verità? Per evitare di ferire le persone, a volte è utile omettere dettagli, informazioni dannose, che inoltre non arrecano altro che dolore. Sentivo già la frustrazione crescere in me. Il mondo si stava sgretolando sotto i miei piedi, il terreno si stava aprendo. Stavo sprofondando in un pozzo senza fondo senza via di uscita. Le mie speranze stavano schiantando violentemente contro un muro. La mia vita stava per spezzarsi.

Sopraffatta dall’emozione, mi sorpresi a singhiozzare al telefono. Non potevo trattenermi. Dovevo apparire ai suoi occhi una donna disperata. Franck era dispiaciuto per la piega presa dagli eventi. Non riuscivo a dire una parola. «Buona fortuna a Parigi, Svetlana. Preferisco se ci vediamo un’altra volta» disse per concludere la conversazione, poi riattaccò dato che io non dicevo nulla.

«Buona fortuna a Parigi, Svetlana. Preferisco se ci vediamo un’altra volta» disse per concludere la conversazione, poi riattaccò dato che io non dicevo nulla.»

Rimasi qualche secondo senza muovermi, il telefono in mano, come paralizzata. Notai che qualcosa mi stava osservando, mi sono girata e ho lanciato il telefono contro il mio riflesso che improvvisamente odiavo. Lo specchio esplose in mille pezzi. Avevo appena firmato per sette anni di disgrazia. Che sciocca! Sono crollata sul letto e ho pianto. Martellavo il materasso con pesanti pugni, urlando «Perché?»

Le lacrime avevano sciolto il mascara che gocciolava e ridisegnava le mie lenzuola. Ero orribile. Ero orrenda. Ero una vera egoista. Franck era un egoista, sciocco e vile. Sylwia non era che un ignobile troia marcia di egoismo. Siamo tutti egoisti.

Siamo un mondo di egoisti, un’umanità egoista. Siamo la specie peggiore del pianeta, ma anche la più favolosa. In noi la parte buona convive con la cattiva. Malgrado tutto, restiamo solo dei puri egoisti. L’allocentrismo è soltanto una dolce utopia.

Bussavano alla mia porta. Una voce maschile mi chiese se stavo bene e mi pregava di aprire se l’avessi sentito. Provai ad asciugarmi le lacrime. Fra l’altro, tutto il trucco mi si era sbavato sul viso, mentre vi scorrevano le lacrime. Dovevo avere un aspetto orribile. Aprendo, ho visto, di fronte a me, una giovane donna che si presentò come la mia vicina. Non l’avevo mai incrociata. Accanto a lei c’era il portiere, un uomo sulla quarantina. Questa giovane donna l’aveva avvertito che sentiva colpi e oggetti che si rompevano da una delle stanze adiacenti alla sua e si era fatta prendere dal panico. Mi vergognavo. Parigi in definitiva non è poi così individualista come la sua fama pretende che sia. È nei momenti peggiori che le persone si avvicinano. Ho detto loro che andava tutto bene ma il portiere si accorse dei danni. Mi sono resa conto del mio stato confusionale. Mi sono guardata intorno e ho visto il mio telefono da cinquecento euro ridotto in frantumi, decisamente inutilizzabile. Inoltre, non so come poteva essere successo, ma una delle mie scarpe aveva un tacco scollato. Dei pezzi di vetro erano disseminati sul pavimento dappertutto. Tante spese in prospettiva per ricomprare ciò che avevo appena rotto e distrutto in alcuni secondi. Le delusioni sentimentali si manifestano come ciò che di più tempestoso esiste nella vita. Rovinano la vostra gioia interiore. Come ero arrivata a questa conclusione? Le mie speranze e le mie aspettative dovevano essere al di fuori della norma. La brutale frustrazione era esplosa all’improvviso nella stanza.

La giovane donna mi offri il suo aiuto per pulire i cocci. In quanto al portinaio, visibilmente più curioso o più imbecille, mi interrogò per sapere cosa avesse provocato questo bazar. Allora gli spiegai che oggi era il mio compleanno e che un uomo che mi piaceva si era rifiutato di passare la serata in mia compagnia, dopo di che avevo momentaneamente perso il controllo di me stessa. Il portiere mi fissò dalla testa ai piedi, con un sorriso osceno, come noto spesso nei pervertiti interessati. Quindi decretò che questo ragazzo a cui stavo pensando era solo un deficiente. Non risposi, mi sentivo troppo male per tutto ciò. Ero io la stupida ed io soltanto che avevo creduto di poter riconquistare un uomo che non mi amava più perché mi aveva amato in passato. Avevo agito in modo stupido. Il portiere mi domandò se avessi bisogno di qualcosa e io risposi: «Sì, di una scopa».

Si assentò e riapparve cinque minuti dopo con tutto il necessario per pulire. Lo ringraziai e lui ritornò in portineria, la sua missione di soccorso era completata per cui non fu necessario sollecitarlo troppo. La scopa aspettava solo me. La giovane donna volle rimanere per aiutarmi. Abbiamo discusso e fatto conoscenza. Aveva vent’anni e veniva dalla Moldavia. Era il suo primo viaggio in Francia. Da qualche settimana, aveva incontrato un francese. La sua gioia di vivere e la sua radiosa felicità allontanarono la mia tristezza. Mi ricordava la mia innocenza quando ero venuta in Francia per il mio primo soggiorno. Mi sono affezionata a questa giovane donna che in seguito è diventata un’ottima amica.

I giorni scorrevano, le settimane si accumulavano, i mesi si succedevano. Franck non mi dava nessuna notizia. Provai a telefonargli parecchie volte, invano. La suoneria non si interrompeva mai. Gli mandai parecchie email nelle quali mi scusavo per il mio comportamento sgradevole. Mi auguravo che si ristabilisse un contatto e che smettesse di sfuggirmi.

Al lavoro, il mio capo aveva notato che non ero più felice, come se la gioia di vivere fosse volata via. Gli ho mentito, ho obiettato, gli ho detto che nella mia vita andava tutto bene. Preoccupato, mi interrogava ogni mattina e continuava a far controllare le mie traduzioni da qualcun altro. Essendo queste ultime impeccabili, non poteva muovere nessuna critica. Quando passava vicino a me, mi fissava a lungo, perplesso. Non sopportando più questi interrogatori giornalieri, gli confidai la causa della mia sofferenza. La sua reazione mi soprese. Scoppiò a ridere e poi mi invitò a prendere un caffè. Mi compativa, mi sosteneva moralmente. Era sollevato perché finalmente sapeva la verità. Ho appreso che aveva sondato tutti i miei colleghi per cercare di scoprire la causa della mia tristezza. Si era preoccupato che qualcosa di terribile fosse accaduto nella mia vita. Mi ha rifilato due o tre consigli tratti dalla sua esperienza. Voleva vedermi di nuovo piena di gioia. La mia gioia di vivere mancava e mancava all’intera squadra, disse. Ero felice di constatare che ero apprezzata in seno a questa società. Gli ho promesso che avrei cercato di stare meglio quanto prima. Ora, non era più preoccupato. Sapeva che il tempo guarisce tutte le pene d’amore, anche le più dolorose: quelle che vi fanno sanguinare a vivo e per tutta la vita. Talvolta basta un nuovo incontro perché tutto si aggiusti.

C’era sempre questo gruppetto di tre uomini che si interessava alla mia persona, più di chiunque altro. Tanto che sono arrivata a chiedermi se non avessero fatto una scommessa su chi di loro sarebbe riuscito a portarmi a letto. Quando hanno saputo cosa mi struggeva l’anima, mi hanno invitato di nuovo a prendere un drink o per una serata fuori a ballare, per farmi distrarre, mi dissero. Ho promesso loro di pensarci, mentre la mia esperienza passata bloccava qualsiasi tentazione di questo tipo. Amore al lavoro, mai più. In quanto alle donne, curiose, alcune di loro mi interrogarono su quest’uomo misterioso che mi faceva soffrire tanto. Mi confidavo poco alla volta, durante le uscite tra ragazze che mi risollevavano il morale. Il fatto di parlare delle mie esperienze, delle mie aspettative, delle mie delusioni e trovare comprensione mi dava la più grande soddisfazione. Tutti abbiamo bisogno di un orecchio capace di ascoltarci e comprenderci durante i momenti di crisi. Ѐ nei momenti difficili che capiamo quali sono i nostri veri amici.

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Yaş sınırı:
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Litres'teki yayın tarihi:
09 nisan 2019
Hacim:
220 s. 1 illüstrasyon
ISBN:
9788873047551
Tercüman:
Roberta Solazzo
Telif hakkı:
Tektime S.r.l.s.
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