Kitabı oku: «Scettica a Salem»
SCETTICA A SALEM:
UN EVENTO DELITTUOSO
(I gialli di una dubbiosa strega – Libro Uno)
FIONA GRACE
Edizione italiana
a cura di
Annalisa Lovat
Fiona Grace
La scrittrice debuttante Fiona Grace è autrice della serie di GIALLI INTIMI E LEGGERI DI LACEY DOYLE, che comprende nove libri (e ne prevede altri in uscita); della serie di GIALLI INTIMI E LEGGERI TRA I VIGNETI DELLA TOSCANA, che comprende tre libri (e ne prevede altri in uscita); della serie di GIALLI DI UNA DUBBIOSA STREGA, che comprende tre libri (e ne prevede altri in uscita); e della serie di GIALLI DELLA PANETTERIA SULLA SPIAGGIA, che comprende tre libri (e ne prevede altri in uscita).
Fiona sarebbe felicissima di sentire tue notizie, quindi visita il sito www.fionagraceauthor.com per ricevere ebook gratuiti, scoprire le ultime notizie e tenerti aggiornato.
Copyright © 2020 Fiona Grace. Tutti i diritti riservati. Ad eccezione di quanto consentito dalla legge sul diritto d’autore degli Stati Uniti del 1976, nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, né archiviata in un database o un sistema di recupero senza previa autorizzazione dell'autore. La licenza di questo ebook è concessa solo ad uso personale. Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone. Se si desidera condividere questo libro con un'altra persona, si prega di acquistare una copia aggiuntiva per ciascun destinatario. Se state leggendo questo libro senza averlo acquistato, oppure senza che qualcuno lo abbia acquistato per voi, siete pregati di restituire questa copia e acquistarne un'altra. Vi ringraziamo per il rispetto nei confronti del duro lavoro dell'autore. Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, attività commerciali, aziende, società, luoghi, eventi e fatti sono il prodotto dell'immaginazione dell'autore, oppure sono utilizzati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza a persone reali, vive o morte, è del tutto casuale. Il Copyright dell'immagine di copertina ByeByeSSTK, concesso su licenza di Shutterstock.com.
LIBRI DI FIONA GRACE
I GIALLI DI UNA DUBBIOSA STREGA
SCETTICA A SALEM: UN EVENTO DELITTUOSO (Libro #1)
UN MISTERO AVVOLGENTE TRA I VIGNETI DELLA TOSCANA
INVECCHIATO PER UN OMICIDIO (Libro #1)
INVECCHIATO PER LA MORTE (Libro #2)
INVECCHIATO PER IL CAOS (Libro #3)
UN GIALLO INTIMO E LEGGERO DI LACEY DOYLE
ASSASSINIO IN VILLA (Libro #1)
UNA MORTE E UN CANE (Libro #2)
I CINQUE DEL SALOTTO (Libro #3)
UN VISITA PREOCCUPANTE (Libro #4)
UCCISO CON UN BACIO (Libro #5)
CAPITOLO UNO
Mia Bold aveva precisamente trentotto minuti per registrare il suo podcast, portare fuori il cane, farsi una doccia, vestirsi e uscire dalla porta per andare al lavoro. Programma serrato, ma fattibile.
Regolò il braccetto del microfono a condensatore e se lo avvicinò alla bocca. Si sentì un leggero fruscio quando ruotò leggermente il pomello del volume d’ingresso, abbassando il livello del suono in cuffia. La app del gobbo elettronico emanava un soffuso bagliore blu che veniva proiettato nel suo ordinato studio di registrazione.
Fuori, il sole stava iniziando a sorgere su Fishtown, un quartiere trendy di Philadelphia, incuneato nell’ansa del fiume Delaware, a nord-est del centro cittadino. Mia adorava l’atmosfera artistica di quella zona, con i colorati e moderni graffiti che decoravano gli edifici industriali dell’inizio del secolo scorso. Quest’ora del mattino era il momento ideale per registrare. Prima che i furgoni dei corrieri attraversassero rumorosamente la strada, che i bar aprissero e i temuti ausiliari del traffico entrassero in azione per controllare le auto parcheggiate in sosta vietata. Questo era il momento magico in cui il mondo era ancora avvolto in un bozzolo di quiete. E lei poteva immergersi nel suo lavoro e concentrarsi, senza temere distrazioni. Ma non sarebbe durato a lungo. Come sempre. Mia fece un respiro profondo e premette il tasto Record.
“Benvenuti a The Vortex, dove esploriamo le più oscure paure dell’uomo, posti stregati e fenomeni misteriosi. Le esperienze paranormali sono reali o si possono spiegare per mezzo della scienza? I fantasmi si muovono tra noi o sono semplici prodotti della nostra immaginazione? Mi chiamo Mia Bold, e questo è l’episodio ventitré: Il curioso caso del Castello di Warwick.”
La voce di Mia era calda e sicura, con una sfumatura di caustico umorismo. Il suo vecchio professore di comunicazione, il dottor Lee, le diceva sempre che aveva una voce tanto mielosa che avrebbe potuto usarla per acchiappare mosche. Ed era a tutt’oggi il miglior complimento che avesse mai ricevuto.
Osservò il copione che aveva rimaneggiato durante tutto il fine settimana, poi guardò la frase incorniciata che teneva in bella vista sulla sua scrivania: una citazione di Steve Allen, leggenda della radio e scettico come lei.
La radio e il teatro della mente. La televisione è il teatro di chi ne è privo. Quell’affermazione riassumeva perfettamente la filosofia del suo podcast. Ammalia il pubblico con una storia, poi aprigli gli occhi presentandogli i fatti.
Bevve un sorso d’acqua e continuò. “Immaginate di trovarvi in una fossa buia e umida. Potete muovervi a stento. Sopra di voi c’è una griglia di metallo. Dal soffitto pende una gabbia, dentro alla quale vengono torturati dei prigionieri. Questo posto orribile si chiama Oubliette, il recesso più profondo della prigione, le originarie segrete del Castello di Warwick. Le anime spezzate e fatte morire di fame qua dentro hanno impresso la loro essenza nel tessuto dell’esistenza, come molti sostengono? I visitatori raccontano spesso di aver sentito dei lamenti e la sensazione di essere afferrati da qualcuno mentre scendevano i gradini. Sono pochi quelli che sono capaci di restare a lungo nei meandri delle segrete. Un uomo è stato così coraggioso da indagare sui racconti: il famigerato cacciatore di fantasmi Vic Tandy. Cos’ha trovato in quel posto orribile? È stato…”
Sentendosi chiamare per nome, un cane meticcio di dubbie origini fece la sua comparsa. Tandy aveva orecchie cadenti, pelo arruffato e intelligenti occhi marroni. Inclinò la testa di lato e scrutò Mia intensamente. Quando lei tentò di ignorarlo, il cane sollevò una zampa e la posò sulla sua gamba. Non aveva intenzione di arrendersi. Mia mise in pausa la registrazione.
“Andiamo, Tandy. Lasciami stare un momento. Stavo per arrivare alla roba interessante.” Gli accarezzò la testa, arruffandogli il pelo. “Ancora un paio di minuti, e poi andiamo fuori.” Tandy colse il messaggio e zampettò verso la sua ciotola dell’acqua, facendo ticchettare le unghie sul pavimento di legno a ogni passo.
Mia fece un respiro profondo. Questa era la parte più importante. Voleva dimostrare alla gente che la scienza è in grado di sfatare la maggior parte delle sciocchezze sul paranormale. Avviò di nuovo la registrazione.
“… Cos’ha scoperto Vic Tandy? Qualcosa che non si può misurare: alti livelli di infrasuoni. Balene ed elefanti usano questo genere di onda sonora per comunicare attraverso lunghe distanze. Il tono di un infrasuono a diciannove hertz o più basso può essere percepito al limite dall’udito umano e crea nel percipiente una visione distorta, suoni sibilanti, sentimenti di timore, disagio, repulsione e brividi. Quindi: il Castello di Warwick è stregato? O è stata piuttosto la combinazione di infrasuoni e immaginazione a creare i suoi fantasmi?”
Mia sorrise sotto i baffi mentre finiva il paragrafo. Se gli infrasuoni creavano un senso di timore, la sua voce doveva invece generare sicurezza. Lei voleva aiutare la gente a ragionare sulle cose.
Una folata di vento entrò nella stanza, facendo svolazzare le carte appese alla bacheca sopra alla scrivania. Con delle puntine, Mia vi aveva fissato degli articoli inviati da ascoltatori di tutto il mondo che le chiedevano di indagare su abitazioni infestate o attività paranormali, sperando che lei fosse in grado di sfatare le loro paure, come sempre. Mia era sempre alla disperata ricerca di nuovi casi, per non fossilizzarsi a parlare sempre di fatti vecchi e risaputi. Queste persone erano in pena, avevano bisogno di risposte, e a lei dispiaceva non avere il tempo e le risorse per lanciarsi in una di queste indagini. Molti dei titoli di quegli articoli davano i brividi, e le storie che presentavano richiedevano un’occhiata più accurata. Mia sapeva che ogni volta, senza dubbio, poteva provare che si sbagliavano.
Improvvisamente il suo telefono vibrò e sullo schermo apparve la notifica di un messaggio. Era Angie della O-Date, la app di appuntamenti ‘occulti’. Grossa promozione per la prossima settimana! Ostara, dea della fertilità! Serve uno spot, IL PRIMA POSSIBILE!
Dannazione, pensò Mia. La O-Date era il primo sponsor della sua trasmissione, e la sua unica fonte di reddito. La loro direttrice del marketing, Angie, aveva spiegato chiaramente che con lei stavano facendo un tentativo. Ora aveva solo venti minuti per registrare quello spot, altrimenti non avrebbe rispettato la loro scadenza. La O-Date voleva la sua voce affidabile per dire che tramite la app si potevano abbordare sedicenti vampiri e streghe. Era sempre una sfida. Ma bastava che la promo durasse solo trenta secondi. Non ci avrebbe messo tanto a prepararla.
Fece per scrivere una risposta, ma Tandy aveva altri programmi. Rientrò trotterellando nella stanza e iniziò a mugolare.
“Aspetta un secondo,” gli disse Mia. Poi Tandy fece una cosa che Mia non poté ignorare: si mise ad abbaiare. Sonoramente. Il volume si alzava sempre più.
“Zitto!” Mia si levò le cuffie. “Ok, ok, andiamo.” Si infilò una felpa e agganciò il guinzaglio al collare di Tandy. Poi prese il telefono, in modo da poter tenere d’occhio l’ora. Scesero velocemente i gradini di cemento e andarono al giardino recintato. Mia aprì il cancello e liberò Tandy, che subito si lanciò in mezzo all’erba.
“Hai esattamente tre minuti,” gli disse Mia, appoggiandosi alla rete. L’edificio in cui abitava apparteneva in realtà a suo cognato, Jeffrey Milton Eubanks III. Stava lentamente convertendo la vecchia fabbrica di caramelle in un capolavoro urbano. Gli appartamenti di lusso completamente arredati andavano ben oltre quanto Mia avrebbe potuto permettersi con il suo stipendio al laboratorio. Ma grazie a sua sorella, Jeff l’aveva lasciata alloggiare gratuitamente nel loft per tutto l’anno scorso, permettendole così di mettere da parte dei soldi per quello che lei e il suo fidanzato Mark chiamavano ‘il Prossimo Passo’. Ovviamente c’era un certo giro. Di sera Mia doveva far entrare la gente per far vedere l’appartamento, e questo metteva un serio freno alla sua vita sociale. Ma questa sera era diverso. Mark avrebbe staccato presto. Avevano programmato una bella serata insieme. Mia sorrise. Il pensiero di passare la serata con Mark le faceva ancora sentire le farfalle nello stomaco, anche dopo tutto quel tempo.
Tandy iniziò a grattare le zampe contro l’erba. La cosa significava solo una cosa: aveva fatto quello che doveva fare. Il suo cane aveva sempre un suo modo di riportarla con i piedi per terra. Mia gli si avvicinò, pulì dove aveva sporcato e gettò il sacchettino nell’immondizia.
“Vieni bello, andiamo,” disse, correndo verso la scala. Il suo telefono diceva 7:15. Si stava avvicinando terribilmente allo scadere del tempo. Doveva ancora registrare lo spot per la O-Date e inviarglielo, farsi una doccia, vestirsi e prendere il treno per andare al laboratorio di Trenton, nel New Jersey. Cominciò a provare un certo senso di panico. Non voleva rischiare di perdere l’unico sponsor della sua trasmissione, ma se fosse arrivata ancora una volta in ritardo al lavoro, le cose avrebbero potuto mettersi male.
Proprio mentre stava per salire i gradini, una familiare Tesla bianca entrò nel parcheggio. La targa personalizzata diceva: ILUVLAW.
Ora? È uno scherzo? pensò Mia.
L’auto accostò accanto a lei.
“Brynn?” disse Mia sorpresa.
Silenziosamente, il finestrino dal posto di guida si abbassò, lasciando apparire il volto della sua sorellastra.
“Sì, certo. Sarà fatto, ok. Chiamami dopo, tesoro.” Brynn si levò dall’orecchio un auricolare Bluetooth e lo lasciò cadere nel portaoggetti. Poi si infilò dietro l’orecchio una ciocca dei suoi capelli perfettamente tagliati, adornati da un’elegante forcina di diamanti.
Quando Mia aveva solo dieci anni, il suo padre biologico se n’era andato in un’altra città. Subito dopo, sua madre si era risposata con il padre di Brynn, Daniel Middleton. Per sua fortuna, la nuova parente era contenta di poter fare la sorella maggiore. Poteva capitarle qualcuno di molto peggio di Brynn nella lotteria delle sorellastre.
“Che cosa ci fai qui? Pensavo che venissi a prendere Tandy oggi pomeriggio.”
“Cambio di programma. Il tipo del giardino viene questa mattina.” Brynn parcheggiò e scivolò fuori dalla Tesla. Indossava un paio di jeans strappati, una maglietta bianca e una costosa giacca di Chanel. Le sue scarpe da tennis di Gucci erano ricoperte di fango. Sul sedile del passeggero era appoggiato un paio di scarpe con i tacchi, giusto in caso potessero servire. Il suo outfit era un po’ una metafora: alta moda mescolata con abiti da lavoro. Quando erano bambine, Brynn era un maschiaccio. Ma dopo il college si era sposata con un avvocato molto ambizioso. Si vestiva per status sociale, ma i suoi pezzi di sartoria stavano sulla sua figura minuta come qualcosa di simile a un ripensamento.
“Senti, possiamo parlare più tardi? Ho una scadenza,” disse Mia, cercando di non andare nel panico. Secondo dopo secondo, il tempo che aveva per registrare si stava esaurendo. Sua sorella invece aveva una netta tendenza a operare in orari da spa, a qualche punto tra domani e mai.
“Allora, dove vai stasera?” Brynn si chinò e si rigirò tra le dita una delle orecchie cadenti di Tandy. Sull’anulare appariva in bella vista una vistosa pietra ovale. Per Mia gli anelli nuziali erano una tradizione strana e ingombrante. Era sorpresa che Brynn riuscisse addirittura a sollevare il dito. Quel diamante doveva essere di almeno 60 carati.
“Mark ha dei biglietti per uno spettacolo,” le rispose. Il pensiero del fidanzato le fece annodare lo stomaco. Come mai? Era felice di vederlo, ovviamente. Ma da quando aveva cambiato lavoro e si era trasferito a New York, le cose sembravano essersi inceppate. Trovare del tempo per stare insieme stava diventando sempre più difficile. E lui parlava raramente del futuro, meno che meno del ‘Prossimo Passo’.
Dannazione! Non poteva distrarsi pensando a questo proprio adesso. Doveva finire il suo podcast.
“… A che ora torni, Mimi?”
“Può darsi che stia fuori la notte. Posso mandarti un messaggio?” le rispose Mia, avanzando verso le scale.
“Nessun problema, figurati. Lo porto più tardi a fare una passeggiata,” disse Brynn con dolcezza, accarezzando la testa di Tandy. “Oggi stai con me, piccolo bau bau.”
“Senti, Brynn, possiamo parlare dopo?”
“… Magari posso accompagnarti a prendere il treno?” Brynn spostò il peso da un piede all’altro e si morse il labbro. Mia conosceva quel tic. Era nervosa.
“Va tutto bene?” le chiese, improvvisamente preoccupata.
“Beh, è successa una cosa. Diciamo che è importante.”
C’era chiaramente qualcosa che la turbava. Anche se Brynn era la sua sorellastra, Mia non pensava mai a lei con quel genere di distacco. Era una persona gentile e alla mano, non si lamentava ma di doverle fare da dog-sitter, neppure se Tandy si stravaccava sui suoi sedili in pelle. Mia guardò il telefono. I secondi stavano scorredo veloci, e insieme a loro la sua possibilità di rispettare la scadenza per la O-Date. Ora doveva correre su per la scala e andare a registrare quello spot. Ma Brynn era sua sorella e Mia vedeva benissimo che qualcosa la agitava. La O-Date avrebbe dovuto aspettare. La famiglia era più importante.
“Ok, Brynn. Che ne dici di raccontarmi quello che è successo mentre io mi preparo?
Brynn espirò, chiaramente sollevata, e seguì Mia su per le scale, fino al suo loft. Poi andò dritta alla macchinetta del Nespresso e si preparò un caffè.
Mia lasciò cadere accanto alla porta la borsa che aveva preparato con il necessario per passare fuori la notte. Aveva passato trenta minuti buoni la sera precedente a provare diversi outfit, decidendo alla fine per un vestitino aderente e i tacchi più alti con cui fosse in grado di camminare. Sperava che ne venisse fuori un’immagine trasudante sensualità e sicurezza, piuttosto che una lei confusa e insicura.
“Non stai sempre facendo quella… roba lì. Vero?” chiese Brynn, indicando la postazione di registrazione podcast.
“Quella roba lì? Come si dice, Brynn?” la canzonò Mia, chiudendo intanto la cerniera della borsa.
“Plod-cast?”
“Podcast,” la corresse Mia. “Certo che sto ancora facendo il mio podcast.”
“È solo che è strano, andare a caccia di fantasmi e mostri.”
“Vorrai dire, aiutare la gente a svelare gli imbrogli? Non è che io creda in quelle cose.”
“Sono contenta che tu abbia trovato un modo per esprimerti, ma…”
“… Ma cosa?” Mia stava rovistando nei cassetti, da dove tirò la roba da mettersi per andare al lavoro e che gettò sul letto.
“Beh, anche Jeffy pensa che sia strano. Lo chiama il tuo ‘strano hobby’.”
Fra tutte le opinioni che Mia avrebbe potuto prendere in considerazione, quella di Jeffrey era tra le ultime della lista. Non poteva spiegare con precisione perché. Non c’era un motivo specifico. Era solo che in lui vedeva qualcosa che non andava. Brynn descriveva suo marito come sicuro, energico e ambizioso. Quelle caratteristiche assumevano invece, nella considerazione di Mia, la connotazione di arrogante, iperattivo e spietato. Si infilò nel bagno, fece scorrere l’acqua e uscì dalla sua tuta, lasciando la porta mezza aperta mentre si faceva la doccia, in modo da poter continuare a parlare con la sorella. E questo era il momento giusto per dirle che il pubblico del suo podcast stava salendo in maniera regolare.
“Non è solo un hobby, Brynn. Ho più di settantamila ascoltatori.” Non poté fare a meno di provare uno slancio di orgoglio.
“Bello. Sono tanti?”
“Per una produzione indipendente? Certo! Ho addirittura degli sponsor!”
“Uh-huh.”
Sapeva che Brynn non aveva intenzione di fare l’antipatica, ma in qualche modo i suoi sentimenti ne rimasero comunque feriti. Il podcast era sempre stato un problema per la sua famiglia. Questa era gente che ancora mandava lettere in formato cartaceo, all’interno di buste con impresso sopra lo stemma dei Middleton, che assomigliava a una bestia alata che afferrava uno scudo raffigurante un unicorno. Ogni anno a Natale, Mia riceveva una risma di carta pergamena color crema con l’emblema. C’era una scatola nello scaffale più alto del suo armadio che era piena di quella roba. Mia si asciugò e si avvolse un asciugamano attorno al corpo. Meglio cambiare argomento prima che le cose degenerassero.
“Mi sembri un po’ stressata. Va tutto bene con Jeff?” A Mia poteva anche non fregare niente di suo cognato, ma aveva a cuore Brynn e la sua felicità.
“Oh, lui sta bene. A dire il vero, è di questo che ti devo parlare.”
“Cosa c’è?”
Mia passò una mano sullo specchio per asciugare l’alone di vapore e iniziò a passarsi un pettine a denti larghi in mezzo ai suoi ricci scuri e aggrovigliati. Le passò per la mente un ricordo del suo padre naturale. Erano sul lungomare a Ocean City in una luminosa giornata estiva. Frank Bold le aveva appena comprato un cono gelato alla fragola e cioccolato.
Suo padre le aveva scostato un ciuffo di capelli dalla guancia. “Sei mai stata sulla ruota panoramica, piccina? Si vede il mondo intero da lassù.”
Mia chiuse gli occhi con forza e si aggrappò al bordo del lavandino fino a che il ricordo non si dissolse. Pensare al suo vero papà aveva sempre un retrogusto dolceamaro. Buffo come il passato potesse rimanere così vivido. Poteva praticamente sentire il calore del sole e il sapore di sale nell’aria. All’improvviso fu di nuovo nel momento presente, e suo padre tornò ad essere solo un ricordo.
“Mimi? Hai sentito quello che ho appena detto?
“Scusa, puoi ripetere?”
“È successa una cosa. Un cambiamento imprevisto.”
“Che genere di cambiamento?”
“Sai, tipo un cambiamento che non ti aspetti.”
Mia si levò l’asciugamano e si vestì senza tante pretese: un paio di jeans puliti e una camicetta bianca.
“Perché non ceniamo insieme domani e magari mi racconti di cosa si tratta?” le suggerì, infilandosi la camicia nei pantaloni.
“… Io… penso proprio che dovrei dirtelo adesso,” disse Brynn, rigirandosi nervosamente l’anello nuziale sul dito.
“Va bene, Brynn, sputa il rospo.”
“Jeffy ha venduto il condominio. Devi traslocare.”
Le parole di Brynn le si schiantarono addosso. Mia smise di vestirsi e rimase a fissare la sorella, immobile. Non poteva credere alle proprie orecchie.
“Ma tu hai detto che potevo stare fino alla fine dell’anno.”
Brynn abbassò lo sguardo su pavimento. Le sue guance erano impallidite. Nonostante il Botox, una leggera ruga apparve sulla sua fronte, in un tentativo di cipiglio.
“Da quanto lo sai?” chiese Mia, tentando di contenere la rabbia. Era sconvolta dall’improvvisa notizia. “Dev’essere da un po’ che Jeffrey ha in programma questa cosa.”
“Pensavo… pensavo che fosse solo un’illusione. Avrei dovuto dirti che poteva succedere. Mi spiace, Mimi.”
Mia sospirò pesantemente. L’orologio digitale sul suo computer segnava le 7:45. Ecco fatto: game over. Il suo tempo per la registrazione era ufficialmente evaporato. Non era sicura di cosa la deludesse di più: aver mancato la scadenza o la notizia che la stavano sbattendo fuori di casa. A questo punto, sarebbe stata fortunata se fosse riuscita a prendere il treno e arrivare al lavoro in orario.
Mandò un messaggio a Angie della O-Date. Casino tecnico. File pronto domani.
Sapeva che le probabilità che la sua misera scusa funzionasse erano molto scarne. Si rassegnò al fatto di aver probabilmente appena perso il suo solo sponsor. Poi si rivolse alla sorella.
“Cos’è successo al progetto di affittare gli appartamenti, di creare un flusso di reddito?” chiese Mia con tono gentile.
“È un affare multimilionario con un cliente d’oltreoceano. Parte dell’accordo prevede il pagamento in contanti, Mia. Contanti.”
“Quando è successa questa cosa?”
“Ho scoperto solo ieri sera che era definitivo. Sai quanto sa essere riservato Jeffy.”
Questo era decisamente vero, Mia lo sapeva. La tendenza di Jeffrey a nascondere le cose e l’insaziabile curiosità che invece contraddistingueva lei erano un caso più che eloquente di pessima intesa. Ogni volta che si trovava a ronzare attorno al cognato, Mia provava sempre un irrefrenabile impulso a guardare il suo telefono o il suo computer. Si chiese chi avesse trovato di così disposto a consegnargli in mano un mucchio di soldi. A volte era preoccupata per Brynn.
“Mi sento di schifo,” disse Brynn, mordendosi ancora il labbro. “So che avevo detto che potevi stare qui…”
Mia guardò la sorella. Si stava mostrando forte, ma la tensione della mandibola era evidente, come anche l’imbarazzo nei suoi occhi.
“Quanto tempo ho?”
“Jeffy dice due settimane. Ho cercato di farti dare più tempo.”
“Va bene. Non è colpa tua. Sei stata davvero buona con me, Brynn. Lo apprezzo,” disse Mia, ed era sincera. Del resto stava vivendo da un anno senza dover pagare l’affitto. Era fortunata e riconoscente, e non voleva che Brynn si sentisse male per questo. Ma dentro di sé era abbattuta. A quanto pareva non poteva più permettersi di lasciare che le cose andassero come volevano. Era arrivato il momento di parlare con il suo fidanzato riguardo al loro futuro.