Kitabı oku: «Libro segreto», sayfa 4
SCENA SETTIMA
Jarba, Acate. —Seguaci di Jarba
Jarba (ad Acate). Affere visto brincipe troiano?
Acate. Illustre re dei Mori, se voi intendete parlare dell’augusto Enea, levate gli sguardi, miratelo, egli parte in questo istante sulle ali dei venti.
Jarba. Toffe diretto?..
Acate. Alle navi, dove fra poco io dovrei raggiungerlo. Stretto da imperiose necessità, non ultima delle quali il desiderio vivissimo di affrettare i fati d’Italia, egli mi esprimeva poco dianzi il più vivo rammarico nel dover partire senza porgervi di persona gli attestati della sua stima e della sua inalterabile benevolenza. L’Italia ha bisogno di alleati, mi diceva, ed io contava assai su questo generoso e illuminato monarca… Ma il tempo stringe; come vi ho detto, è d’uopo ch’io non indugi un istante a raggiungere il mio principe. Degnatevi dunque accogliere, o illustre Jarba, questa testimonianza palpabile dell’alto concetto in che noi vi teniamo, il mio principe, il mio popolo ed io, e sia questo un primo, indissolubile legame, che stringa due sovrani creati per intendersi, e due nazioni sorelle (sottovoce) create per… esecrarsi (leva di tasca un astuccio e lo porge a Jarba).
Jarba. Cossa star questo?
Acate. Il gran collare della Denunziata…
Jarba (al colmo dell’ira). Non statte cane io… Non metter collare…
Acate (da sè). Giove mi aiuti ad uscir dalle grinfe di questo barbaro, che non intende ragione… (forte ad Jarba) Ma non sapete, augustissimo Jarba, che questa è una delle onorificenze più insigni che un monarca possa conferire ad altro monarca? Non sapete che, mettendovi al collo questo cordone dorato, voi diventate cugino del nostro re?
Jarba (ruggendo colla schiuma alla bocca). State palle, palle, palle, sempre palle troiane! (volgendosi ai suoi) Impatronittevi ti questo imbosture, che mi foler metter collare come cane intanto che l’altro porta via pella Titone!
Acate (da sè). Quale idea luminosa! (a Jarba) Ah! voi temete un inganno! Voi diffidate del mio principe! Voi credete che un troiano di sangue sia capace di un tradimento! Voi imaginate che il nomignolo di fido me le abbiano dato per burla! Volete saperlo, dove si trova in questo momento la vostra Didone? Volete che io ve la metta in braccio? Degnatevi, Maestà, di chinare l’augusto orecchio alla portata delle mie umili labbra, ed io vi mostrerò di quali sacrifizii sia capace un troiano per procacciare al futuro regno d’Italia delle alleanze solide e durature.
Jarba (avvicinandosi ad Acate). Foi dite che bella Tittone?.. (Acate parla sommessamente all’orecchio di Jarba, che fa gli occhiacci guardando verso la grotta).
Voci lontane.
Addio, mia bella, addio!
La flotta se ne va…
Se non partissi anch’io
Sarebbe una viltà…
Acate (a Jarba). Entrate in punta di piedi… La grotta è oscura… non perdete un istante…
Jarba (volgendosi ai suoi seguaci). Accompagnate troiano fino al porto… Salutate tanto mio illustre cugino Enea… Tittegli che, fra poco, se i Numi mi assistono, diferrò anche cognato (Jarba entra nella grotta).
Acate (ai soldati di Jarba). Mamalucchi, seguitemi!.. Ah! voi potete ben vantarvi di avere un monarca che si occupa seriamente della felicità del suo popolo.
SCENA OTTAVA
La sala delle Cariatidi nel Palazzo Reale
La principessa Anna, Berta, Clivia, Rubinia, suonatori che salgono sovra una impalcatura, Comici, Corifei e Ballerine nel fondo della scena. Il maggiordomo ed altri servi affaccendati.
Anna (alle damigelle che formano cerchio sul davanti della scena). Comincio ad essere inquieta. Come avviene che la mia augusta sorella non torna ancora dalla caccia, con un tempo così indiavolato? Spero bene che qualcuno, o qualcuna, avrà pensato a mandarle un paracqua!
Berta. Mah!
Clivia. Spero anch’io…
Rubinia. Sicuramente… si doveva pensare…
Anna (volgendosi al Maggiordomo). Dite un po’, maggiordomo: avete pensato a mandare una dozzina di ombrelli nella foresta dove la regina sta cacciando col nobile troiano?
Magg. Si è pensato di fatto, ma nelle guardarobe reali non s’è trovato più nè un paracqua, nè un parasole, nè un paravento… Pare che questi illustri troiani…
Anna (con sdegno). Zitto là, imbecillone! Oseresti supporre?.. (con qualche inquietudine) Ma quanto tardano a tornare?.. Il biondo aveva promesso di raggiungermi alla reggia entro dieci minuti (consultando l’orologio). Per bacco! in ritardo di mezz’ora!.. Se i treni della ferrovia non mi avessero abituata a tali inconvenienti, per Giove comincerei ad inquietarmi… Si può ben perdonare al più tenero degli amanti ciò che si tollera da una locomotiva a vapore (va a passeggiare nel fondo della scena).
Berta (sottovoce alle ancelle). Il mio morettino è andato ad appiattarsi in cantina, dove io ho promesso di raggiungerlo appena saranno cominciate le danze.
Clivia. Sono inquieta pel mio piccolo Ascanio…
Rubinia. Saresti innamorata di quel monelluccio?
Clivia. Ciascuno ha i suoi gusti… Non darei il dito mignolo di quell’amore per tutto ii vecchio carcame del tuo Mironte…
Rubinia. Va pur là, che ti leccheresti le dita!.. Mironte ha promesso di sposarmi e di condurmi con lui in Italia… alla prossima primavera… (Rumori diversi nel fondo della scena.)
Berta. Cos’è accaduto?.. Quale scompiglio! Qualche disgrazia… senza dubbio…
Clivia. Il prefetto!
Rubinia. I ministri!
Berta. Il questore! (Tutte si avviano verso il fondo della scena, dove cresce l’agitazione).
SCENA ULTIMA
Il Prefetto, i Ministri, il Questore, i suddetti, quindi Jarba, Orbech, Didone. —Guardie. —Soldati.– Giove ed altri Numi.
Prefetto (parlando sottovoce ai Ministri). Fra mezz’ora saranno usciti dal porto. La trireme che loro avete fornita, era in buon stato?
Min. della Marina. Non abbiamo nella nostra marina che una sola nave la quale possa starle al paro, l’Affondatore.
Pref. Tanto meglio – il nostro piano riuscirà. Era tempo che ci liberassimo da quei trojani. Frattanto vediamo di tener a bada queste pettegole… Ma, a proposito, dov’è la regina?
I Min. (volgendosi ad Anna ed alle ancelle, che in punta di piedi si sono avvicinate al crocchio per ascoltare). Dov’è la regina?.. Dov’è la regina?
Anna. Secondo ogni probabilità, la mia augusta sorella si intrattiene ancora alla caccia col principe trojano…
Quest. Ma se il principe trojano…
Pref. (al Questore mettendogli un piede su un callo). Vuoi star zitto, testa d’oca! (alle donne). Io divido pienamente l’argutissima ipotesi della principessa preopinante. La regina dev’essere alla caccia.
(Rullo di tamburri. – Tutti accorrono verso il fondo delta scena. – In questo mentre, Giove e Giunone appariscono seguiti da altri Numi, e si intrattengono a cavalcioni di una nube all’altezza dei lampadari).
Giunone (a, Giove, irritatissima). Cedo le armi – tu hai vinto. Ma bada che questa vittoria ha segnato il principio della tua e della nostra decadenza. Fra due o tre secoli me ne darai delle nuove… Ma tu da qualche tempo non hai più occhi per vedere, nè orecchi per udire. Tu invecchi orribilmente, tesoro mio.
Giove. Me ne consolo. Invecchiando si diventa venerabili.
Giun. Dal venerabile all’imbecille non vi è che un passo.
Orb. (che si porta sul davanti della scena circondato dai ministri, dalle donne, ecc., ecc.) Sicuramente… Io ho avuto l’onore di scortare alla nave il fido Acate, quello che dopo Enea, rappresenta il pesce più grosso della nobile emigrazione trojana. Sono anche salito a bordo per stringere la mano al principe. Egli mi ha stretto la mano, e in benemerenza dell’alto servizio che io resi al suo fido, mi ha fatto cavaliere. Poi mi ha detto di attendere un istante – entrò nella cabina – e poco dopo ricomparve consegnandomi due lettere e questo grosso rotolo che ho l’onore di presentare colle mie riverite mani all’illustrissimo signor prefetto.
Pref. Consegnate (osservando la soprascritta della lettera). Questa per me, quest’altra per la regina… Leggiamo… quella della regina (si ritira in disparte, leggendo).
Anna (ad Orbech). Ho io ben inteso! Tu dici che il fido Acate…?
Orb. Imbarcato.
Clivia (ad Orbech). Gli altri trojani…?
Orb. Imbarcati.
Clivia. Il mio biondino…?
Orb. Imbarcato…
(Tutte le donne si affollano intorno ad Orbech, e dopo averlo interrogato, escono dalla sala, strappandosi i capelli).
Pref. In verità… la prolungata assenza della regina comincia ad inquietarmi.. Non vorrei che la troppo debole, o dirò meglio, troppo fosforica sovrana fosse partita con quell’audace filibustiere per collaborare con esso alla fondazione dell’Italia… (colpo di cannone).
Quest. Ora che il cannone ha parlato, finalmente si può sciogliere la lingua anche noi, I trojani sono usciti dal porto…
Did. Dov’è, dov’è il mio nobile trojano?
Pref. (sottovoce ai ministri). Come ardiremo palesarle…?
I Min. Col silenzio. (Tutti assentiscono e rimangono mutoli).
Did. Ma… che vedo? Non una delle mie donne… Qual lugubre silenzio!.. Enea deve avermi preceduto di pochi passi… Egli era meco poc’anzi nella grotta…
Jarba (che sarà entrato e si terrà in disparte, dà in uno scroscio di risa). Ah! Ah!
Did. (volgendosi irritata). Chi ardisce ridere a me dinanzi?
Jarba (sempre ridendo, senza avanzarsi). Non state dinanzi, regina, non state dinanzi!
Did. (dopo aver osservato). Ah! quell’imbecille di Jarba!..
Pref. (ai Ministri che gli stanno intorno). Avete ragione. Pel nostro e pel decoro della nazione è necessario che la regina esca subito da questo equivoco. (volgendosi a Didone) Regina: in nome dello Statuto, degnate di assidervi per un istante sul vostro augusto trono, e di porgere orecchio all’importante documento che io avrò l’onore di leggervi.
Did. (salendo i gradini del trono). In verità dopo tante scosse morali non è sgradevole riposarsi alquanto sui velluti. Prefetto, leggete; e qualora il documento fosse lungo, procurate di tagliar corto. (sottovoce) Sarà andato a cangiar d’abiti.
Pref. (leggendo). L’Italia è una necessità geografica… Perchè il mondo, necessariamente condotto dalla sua conformazione sferica e direi quasi rotabile ad aggirarsi incessantemente sul suo perno, abbia un giorno o l’altro a bilanciarsi in un solido equilibrio, è necessario… (colpo di cannone).
Did. (balzando dal trono). Fulmine di Giove! Che è stato?.. Ministri! Questore! Carabinieri! Prefetti…! Accorrete! osservate! riferite! —(sottovoce, più inquieta che mai) Per essere un principe trojano, mi pare che ei manchi un poco di civiltà. (Gran tumulto nella sala.)
Quest. (che avrà guardato da un canocchiale, nella direzione del porto). Per mille bombe! L’Affondatore che parte!..
Tutti. L’Affondatore…
Min Mar. Ma voi vi ingannate… osservate ancora… Nessuno ha dato ordine…
Quest. (guardando dal canocchiale). Ma sì… l’Affondatore… carico di… donne… Ah! Scommetto che anche mia moglie… Bisogna far partire un’altra nave… bisogna inseguire la sciagurata…
Min. Mar. Siete matto, Questore? Qual è la nave che possa tener dietro all’Affondatore? Qual vi è piroscafo tanto celere che possa raggiungerlo?
Varie voci. Sicuro! I tecnici ne sanno qualche cosa…
Quest. (guardando ancora dal canocchiale). Ah!
Tutti. Che c’è di nuovo?
Quest. L’Affondatore…?
Tutti. Ebbene!!!
Quest. Si è fermato…
Min. Naturale. Dal momento che non si può raggiungerlo, bisogna che ei si fermi. È ben educato! (Ilarità generale).
Did. Ma, infine! Si può sapere…?
Pref. (avanzandosi). Regina, voi avreste mille torti, se non militassero in vostro favore mille ragioni… Non è più tempo di diplomatizzare… I troiani sono partiti…
Did. (colpita). Avete detto… par…?
Pref. (simulando il massimo dolore)… titi!
Did. (quasi delirante). Ma il mio Neuccio… cioè… volevo dire… il mio nano… il principe degli Anchisi… sarebbe anche egli… par…?
Pref. Tito! Egli ve lo annunzia, o regina, in questo foglio profumato di tabacco: (leggendo) «Io parto, o regina, per adempiere al sovrano volere di Giove che desidera affrettare per mio mezzo i fati della futura Italia. Parto sulle ali dei venti, ma giuro che il mio pensiero tornerà incessantemente a voi sulle ali dell’amore…»
Did. (cascando nelle braccia del Prefetto) Io mi sento venir meno…
Pref. (traendola seco) Venite al buffet– un’ala di cappone vi rimetterà in forza…
Didone (passando dinanzi a Jarba, e volgendogli una occhiata assassina). Anche questo moro non mi dispiace… Gli farò credere che moro per lui.
(Rientrano nella sala il Questore, i Ministri, i Senatori e i grandi Dignitari della Corte).
Quest. È proprio il caso di gridare al miracolo… Se l’Affondatore non si fosse affondato, tutte le nostre signore avrebbero raggiunta la flotta di quei malcreati troiani…
Min. dell’Interno. Sapete voi, oculato funzionario, se in sull’Affondatore ci fosse per caso mia moglie?
Quest. C’era, ma quel per caso è di troppo.
Min. (con visibile gioia). E l’Affondatore sì è proprio sommerso?
Quest. Sommerso per metà…
Min. (sottovoce). Pur che ci fosse mia moglie…
Quest. Ne dubito… Le donne stanno sempre a galla degli avvenimenti… e noi le vedremo bentosto ricomparire in questa sala, gaje, petulanti, sfrontate, come se nulla fosse avvenuto.
Did. (tornando sul proscenio a braccio del Prefetto). Ma è proprio scandaloso. Avete osservato? Mia sorella Anna, Clivia, Rubinia e l’altre damigelle, che si intrattengono nel cortile colla soldatesca e coi famigli di questo Re Moro… (sottovoce) che in verità, a vederlo così sbarbato, non ha una fisonomia spiacente…
Pref. Le poverette cercano consolarsi come possono delle loro pene di cuore, – Ciò che fa meraviglia è che quella risciacquata a bordo dell’Affondatore non abbia ammorzato alquanto i loro fuochi latenti.
Did. Misteri del cuore di donna!
(Si avanzano, la principessa Anna al braccio di Orbech, Clivia, Rubinia e le altre donne accompagnate dagli ufficiali Mori).
Anna. (con vivacità). Olà! che fanno i suonatori? Presto! Un valtzer! Una polka! Viva l’allegria!
Voci deverse.
Viva la danza!
Viva la guardia mobile!
Viva gli uffiziali del settimo!
(Squilli di istrumenti metallici. Le coppie dei ballerini si avanzano).
Did. (furiosa). Alto là! Chi ardisce suonare in queste regali soglie senza un cenno della sovrana? Questore… arrestate immediatamente gli istromenti colpevoli…
(Terrore generale. – Le guardie di questura si avanzano).
Jarba (venendo dal buffet). Reccina… niente temere mie soltati… Io tare subito ortine partire immediatamente per mio accompagnamento a regno te miei padri…
Did. (volgendo a Jarba un’occhiata pregna di fluidi elettrici). Re Jarba, illustre e nerboruto principe della Mauritana calidissima terra; confesso di aver avuto dei torti con voi…
Jarba (ridendo). Ah! ah! niente torti, reccina.
Did. Ma sono pronta a ripararli… La solenne dimostrazione di simpatia che le mie donne, senza distinzione di età, porgono in questo momento ai vostri altrettanto valorosi che profumati uffiziali, mi imporrebbero quasi a dovere ciò che nel mio cuore di donna, di regina e di vedova, era già stabilito per forza di simpatia. Re Jarba, dimenticate i miei torti, io vi offro la mia mano, la metà del mio talamo e del mio trono, e tutto quanto il mio scettro in ricambio del vostro. Re Jarba, io sono a voi – consentite?
Tutti. Viva Jarba! viva Jarba!
Il possente imperator…
Or che rasa si è la barba
È gentil come un amor!
Jarba. Mi spiace molto, reccina, ma questo matrimonio impossibile… ed io partir subito con mie soltati…
Did. (sorpresa). Impossibile!.. Ho io ben inteso, re Moro?.. Ma quale impedimento?..
Jarba. Impetimento… canonico… Io statte vostro cugino (toccandosi il collare che gli ha donato Enea) per questo collare…
Did. (ridendo). Via, buon re Moro! questo non è che un simbolo di parentela… E poi… non vi ha chi lo ignora – i matrimoni fra cugini sono tollerati dalla Chiesa…
Jarba (ridendo). Non statte soltanto cugina… statte anche cognata…
Did. (turbandosi) Non vi comprendo…
Jarba (sottovoce alla regina). Stato anche io in crotta… stato in crotta scura, dopo Enea… Aver capito? E mille crazie!
Did. (delirante). Ah!.. Che!.. Tu!.. Lui!.. (cade tramortita).
Jarba (ai soldati). Partitt! In marcia chi vuol!
(Jarba si allontana seguito dai soldati, dalle donne, ecc. – I Ministri seguono il corteggio del re Jarba. Il Questore e alcuni dignitari di corte si fanno intorno a Didone svenuta, e le porgono i soccorsi richiesti dal caso).
Giove e gli altri Numi (dall’alto di una nuvola).
Hai già toccata la quarantina,
Pentiti, pentiti, vecchia regina…
Coi militari non darti impaccio,
Ai preti, ai frati gettati in braccio…
Did. (svegliandosi). Dove sono?.. Che è stato? Voi… Prefetto! Voi… Questore! Lasciatemi! Ho bisogno di rimaner sola. (al Prefetto, consegnandogli alcuni biglietti da cento) Vi prego di mandare questo mio piccolo tributo alla Società della Propaganda per l’obolo. (al Questore) Incaricatevi voi di far celebrare domani un uffizio funebre a suffragio dell’augusto defunto che divise per tanti anni il suo scettro con me. Ed ora, allontanatevi!..
(Tutti se ne vanno).
Didone
Sono io ben sola?.. Sì! che altro mi resta?
Morir! L’ultima è questa
Gioia feral dai Numi inesorati
Concessa a noi.
(levando dalla borsa una scatoletta di fiammiferi)
Pegni di infausto amore,
Mostrüosi sterpi in cui si cela
L’ignea favilla che di tanti incendii
Fu prodiga alla terra, oh! siate voi
Di mia morte ministri!..
Esci dal legno
Fiamma letal. «Ardi la reggia e sia
Il cenere di lei la tomba mia.»
(Va strofinando gli zolfanelli, i quali producono un lieve schioppettio senza prender fuoco).
Oh, l’impostor!
Oh, il traditor!
Perfin coi fosfori
Mi corbellò…
Pur, qui nell’anima
M’arde un braciere,
Che alcun pompiere
Spegner non può.
(Una densa nube, in cui si avvoltolano Giove, Giunone, Venere ed altri Numi, discende sul palcoscenico, e sottrae Didone allo sguardo degli spettatori).
Giunone (a Giove). Non avrai tu pietà di questa infelice regina?..
Giove. Il suo fato è irrevocabile; ma ella vivrà immortale nella memoria dei posteri. Gli Italiani non sono ingrati, e laggiù, nel bel paese dove suonerà il sì, i poeti e i maestri di musica eterneranno la fama di lei con splendidi versi e con divine armonie. Le catastrofi luttuose precedono mai sempre le grandi innovazioni; perchè sorga un nuovo impero è necessario che altri imperi volgano a rovina.
Giun. Non hai tu veduto, spingendo il tuo sguardo fulmineo dentro la nube del secolo avvenire, che in questa Italia da te vagheggiata e favorita con tanto accanimento, verrà un giorno a stabilirsi un nuovo culto, pel quale noi saremo detronizzati?
Giove. Tanto meglio! Io sono maledettamente annoiato di fare il Nume. Desidero che qualcun altro ci si provi, e sarò lietissimo il giorno in cui mi verrà dato di rientrare nella vita privata. Oh! voglio un po’ godermela, allora!.. Ma prima che l’Italia possa davvero chiamarsi nazione, dovran correre dei secoli, e molti. Tienti ben a mente ciò che ti dico, vecchia mia: l’Italia non potrà chiamarsi nazione fino al giorno in cui saranno abbattuti gli idoli che i nostri successori avranno sostituiti al mio bel muso ed al tuo…
Giun. Non ho l’onore di comprenderti.
Giove. Tanto meglio. Accendiamo la pipa, vecchia mia – e tu, Veneruccia, tu, la sola Dea veramente immortale, fatti innanzi e divertimi con quattro passi di cancan.
Venere (slanciandosi verso il proscenio). Ai tuoi ordini, babbo.
(cominciano le danze)
Giove (a Giunone). Non serve fare il broncio, vecchia mia. Fra quattro o cinque secoli noi saremo spodestati; ma questa nostra figliuola non cesserà mai di aver un culto in ogni parte del mondo. Tutti i grandi sconvolgimenti politici e sociali ebbero, hanno, ed avranno sempre origine da lei. E il mondo babbèo non cesserà mai di inneggiare al trionfo dei grandi principii.
(Il cancan prosegue animatissimo e cala il sipario).