Kitabı oku: «Resa a discrezione», sayfa 2
SCENA VII
Elena, Gemma, Filippo e D'Almèna
D'ALMÈNA (traendo Elena in disparte)
Marchesa, voi state per commettere una cattiva azione.
ELENA
Oh! oh!
D'ALMÈNA
Una cattiva azione. Pensateci. Ammetto che siate indispettita della poca galanteria degli uomini; ma quello di cui macchinate la rovina…
ELENA
La rovina?
D'ALMÈNA
Certo; quello non appartiene al nostro mondo, non vi ha offeso in nulla. È un uomo utile, probabilmente ingenuo e quindi disarmato contro di voi. Vi conosco, ora siete in puntiglio, ma tornata in voi sareste la prima a giudicare severamente la vostra condotta. La parte di Dalila è ingenerosa.
ELENA
Se è un Sansone non cadrà.
D'ALMÈNA
Sansone è caduto.
ELENA
Io non lo disarmo nel sonno. Se è veramente forte non si lascierà smuovere, e lo smacco sarà mio. Sapete bene che non mi getterò fra le sue braccia. Se cede, vorrà dire che non era stoffa d'eroe, e mi vendicherà della prosopopea di tutti gli altri. E poi m'annoio, e questo mi diverte. – E poi è deciso.
D'ALMÈNA
Quanto più sarà forte, tanto più facilmente cadrà nella pania.
ELENA
Come temete per il decoro del vostro sesso!
D'ALMÈNA
Oh! pigliatevela con me…
ELENA
Che non ve ne importa.
D'ALMÈNA
Non conosco il signor Sarni, ma…
ELENA
Minacciate di metterlo in avviso? La buona fede mascolina! Perchè vi ho invitato a casa mia!
D'ALMÈNA
Non lo metterò in avviso, non per timore di essere sleale, ma perchè sarebbe inutile. Solo se persistete nel proposito, avrò il dolore di non esser più de' vostri amici.
ELENA
Capite bene che se cedessi ora, avrei l'aria di farvi la corte.
D'ALMÈNA
Buona sera, Marchesa.
(Elena s'inchina col capo)
D'ALMÈNA (a Gemma)
Contessa! (salutando).
FILIPPO
Vai via? Non assisti al Torneo?
D'ALMÈNA
No.
GEMMA
Per dar la palma al vincitore.
D'ALMÈNA
Saranno vinti tutti e due. (via).
SCENA VIII
Elena, Gemma, Filippo
ELENA (è rimasta ritta, immobile, pensosa. Uscito Almèna si scuote)
Non potete credere che allegria mi mette indosso questa partita. (Silenzio. Elena passeggia la scena, va da un mobile all'altro, apre un libro e poi lo chiude; siede al pianoforte. Filippo sbadiglia coprendosi la bocca colla mano. Gemma lo guarda).
FILIPPO
Scusate, è l'allegria della Marchesa che è comunicativa. Le dieci. (suono di campanello) Eccolo qui, è puntuale.
GEMMA
Elena, lasciamo correre?
ELENA (la guarda – pausa)
Vedremo.
SCENA IX
Anselmo, Andrea e detti
ANSELMO
Il sig. Sarni.
(Andrea entra e s'inchina)
ELENA
Mio zio mi ha annunziato la sua visita e stavo aspettandola. Mio zio le avrà detto che le dava appuntamento in casa mia.
ANDREA
Sì, signora Marchesa.
ELENA
La Contessa del Pallio si è trattenuta apposta per fare la sua conoscenza. (inchini). Il mio amico il Barone Landucci.
FILIPPO
Ebbi già l'onore di conoscere il signor Sarni ieri sera…
ANDREA
Alla Direzione del Faro.
FILIPPO
Appunto.
ELENA (fa cenno ad Andrea di sedere)
Inutile dirle che si parlava di lei.
FILIPPO
Ammirando.
ANDREA
È un'ammirazione presto guadagnata, se basta partire per ottenerla.
GEMMA
Si ammira un volontario che parte per la guerra.
ANDREA
Ma non un botanico che parte per erborizzare, nè un artista per veder paesi. Al giorno d'oggi i piccoli fatti sono troppo facilmente divulgati, e finiscono per acquistare importanza dal numero delle persone che li conosce.
GEMMA
Quando tutti sono d'accordo in un sentimento…
ANDREA
È segno che c'è una specie di pigrizia universale, che fa senza esame accettare per buono il giudizio corrente.
GEMMA
Ammetterà che pochi tenterebbero l'impresa che lei sta per tentare.
ANDREA
Le assicuro che non faccio sfoggio di modestia, ma questa larva di celebrità improvvisata e ad ogni modo anticipata mi può dare delle gran noie. Ieri sera un amico mi portò all'ufficio di un giornale dove andai volentieri per vedere un po' di gente prima di lasciare il mio paese: ma invece di trovarmici spettatore, mi accorsi di esserci come una specie di bestia rara che molte persone convenute apposta volevano veder da vicino. Quei signori possono credere che io ci fossi andato per darmi in spettacolo, e se la spedizione fallirà o se non riescirò a trarne quel profitto che mi propongo, eccomi fatto ridicolo o almeno convinto di molta presunzione.
FILIPPO
Il solo fatto di affrontare i rischi di un viaggio…
ANDREA
Non esageriamo. Ne sono già tornati dai mari polari.
FILIPPO
Finirò per aver più merito io, che me ne sto qui a far la corte a queste signore.
ANDREA
Dicono infatti che sia una navigazione assai più difficile.
ELENA (levando la testa e guardandolo fiso)
È pericolosa?
ANDREA
Sono tentato di crederlo, Marchesa.
ELENA
Per esperienza?
ANDREA
Un'esperienza di cinque minuti.
ELENA
Oh! Come farà a smaltire di simili galanterie laggiù nella solitudine?
ANDREA
Farò economia.
GEMMA
È già tanto ricco!
FILIPPO
L'avevo detto? A sentir discorrere di un uomo che va ai mari polari, lo si immagina selvatico come un orso bianco.
ANDREA
Al contrario, adoro la società!
GEMMA
E perchè l'abbandona?
ELENA
Oh, Gemma! Non indaghiamo i segreti d'un uomo di quell'età.
ANDREA
No, no, non ho segreti da nascondere e non sono più romantico che selvatico. Non ho nè dolori da vincere, nè disinganni da consolare. Faccio la mia strada e cerco che non sia la strada maestra dove passano tutti. Come vede, mi confesso ambizioso; ma per emergere dalla folla bisogna essere più alto degli altri, mentre anche un uomo di media statura, se cammina solo, lo si vede da lontano.
ELENA (carezzevole a Filippo)
Filippo, passatemi quello sgabello.
FILIPPO
Subito. (le porta lo sgabello e glielo mette sotto i piedi).
ELENA (c. s.)
E abbassate un po' il paralume, la lampada mi fa male agli occhi.
FILIPPO
Ecco. (eseguisce).
ELENA (gli porge la mano e con tonodi molto sentimento dice:)
Grazie, mio buon amico.
FILIPPO (sorpreso)
Oh! (bacia la mano).
ELENA (c. s.)
Voi, poveretto, solo non ci andreste, eh?
ANDREA
È così bene accompagnato!
ELENA (piano a Filippo)
Fa una grande ostentazione di semplicità.
FILIPPO
Vi dispiace?
ELENA (c. s.)
Siete meglio voi, cento mila volte.
FILIPPO (sempre più stupito)
Oh!
ELENA (c. s.)
Quasi quasi gli do la sua lettera. Eccola.
FILIPPO (c. s.)
Che viltà!
ELENA (c. s.)
Mi è antipatico. Basta, vedremo. Andate di là.
(Filippo torna dall'altra)
ANDREA (seguitando un discorso con Gemma)
Sissignora, ci sono andato un'altra volta; ma dopo di essere stati sei giorni bloccati dai ghiacci dovemmo riparare in Norvegia.
(Elena mentre Andrea parla, tiene la lettera in mano col braccio penzoloni lungo il fianco esterno del seggiolone, più volte sorridendo a mezze labbra fa cenno di mostrare la lettera. Filippo la guarda e le fa dei segni col capo e colla bocca. Concerto. Tutti e due sorridono – Andrea ha notato il giuoco e ne è un po' sconcertato)
GEMMA
Chi sa quei sei giorni che apprensione!
ANDREA
Passarono in un attimo, nei preparativi dell'invernata e fummo liberi prima d'avvertire che… (a Filippo che fa cenni ad Elena) Dica.
FILIPPO
Io?
ELENA
Scusi un po', sig. Sarni, la colpa è mia. Interrogava a cenni il mio amico Filippo, per sapere se devo mandare al suo recapito una certa lettera ch'egli conosce. Giusto, lei farà l'oracolo.
ANDREA
Io?
ELENA
Sì. Lei ignora di che si tratta, quindi il suo verdetto avrà tutta la cecità che si richiede ad un verdetto della sorte. Vuole rispondere?
ANDREA
Ma si può conoscere almeno a chi è diretta la lettera?
ELENA
Ah no! (guarda Filippo ridendo) Il nome del destinatario le direbbe ogni cosa.
ANDREA (fra sè)
È lui! Che parte mi fa fare? (forte) È una lettera importante?
ELENA (ridendo)
Se andasse al suo recapito, sarebbe tenuta per tale.
ANDREA
Ebbene. (fra sè) Vediamo. (forte) Io non la manderei.
ELENA
Davvero?
ANDREA (ridendo)
L'oracolo ha parlato.
ELENA
E sia. (mette la lettera nel cassetto del tavolino).
ANDREA
Però trovo strana questa irresolutezza in una Signora. Le donne pel solito deliberano prontamente.
ELENA
Ha in così buon concetto le donne?
ANDREA
Buono, non saprei. Gli uomini sono più irresoluti prima di deliberare, ma più fermi e perseveranti dopo.
ELENA
Sicchè lei quando ha deciso di fare una cosa…
ANDREA
La faccio.
ELENA
Per esempio, il suo viaggio non c'è nulla che potrebbe smoverla dal farlo?
ANDREA
Oh… certo.
ELENA
Proprio nulla?
ANDREA
Oh Dio, potrei ammalare…
ELENA
No… No.
ANDREA
Ebbene, fuori di questo non vedo quale altro impedimento mi potrebbe trattenere…
ELENA
Non vede? Mi rallegro con lei.
ANDREA (fra sè)
Che strana donna!
ELENA
A proposito del suo viaggio, guardi che quasi me ne scordavo. Mio zio le doveva portare stassera una commendatizia.
ANDREA
Ecco, senza di quella, per esempio, temo che il mio viaggio sarebbe in grande pericolo.
ELENA
Ah! ma quella c'è. Mio zio non venne stassera perchè è un poco indisposto. Mi manderà la lettera domattina. Se vuole passare a prenderla in casa mia, o se mi lascia detto dove gliela posso mandare.
ANDREA
Oh! verrò io.
ELENA
Così avrò il piacere di rivederla.
ANDREA
A che ora?
ELENA
Verso le undici, le va?
ANDREA
Benissimo. Anche più tardi, se crede.
ELENA
No, io mi alzo per tempo. È inteso?
ANDREA (levandosi)
La ringrazio.
ELENA
Non ho detto per congedarla. Non è tardi. – Siamo in pochi. – La Contessa è la mia migliore amica, Filippo è di casa; segga là, e si lasci andar a discorrere. Qui non si creano celebrità. Ci parli delle sue speranze, dei suoi propositi, ci descriva quegli spettacoli terribili ed immaginosi. Vuole?
ANDREA
Ma…
GEMMA
Sì, sì.
ELENA
Filippo, diteglielo anche voi.
FILIPPO
Che potrebbe mai la mia povera parola?
ANDREA
Oh, molto! La Marchesa mostra di fare un tale conto di lei!
ELENA
Una serata passata in questo modo fa fare dei gran passi all'amicizia. Sarà un pegno che ci lascia di non scordarci al ritorno. E noi lo rammenteremo molte volte. Quando lei sarà laggiù, nella gran notte polare, potrà pensare: in questo momento nel mio paese in un salotto intimo dove il caso m'ha fatto entrare, c'è della gente che dice: Dov'è? Che fa? Quando tornerà? Che commenta i miei discorsi e fa voti perchè si avverino le mie speranze. Perchè parleremo spesso di lei. (a Filippo molto carezzevole) Non è vero, Filippo?
FILIPPO (fra sè)
Come mi carezza!
ANDREA (seccato dalle tenerezze tra Elenae Filippo)
La proposta è seducente ed il quadro bellissimo, ma il tempo stringe e ho molto da fare. Pregherò il sig. Barone di voler prendere le mie difese, nel caso che la fretta mi facesse passare per scortese. Sono sicuro di affidarmi ad un buon avvocato.
ELENA (fra sè)
Ci morde.
ANDREA
Marchesa!
ELENA
A domani alle undici.
ANDREA
Grazie. Contessa…
GEMMA
Buon viaggio.
ANDREA (a Filippo)
Mi raccomando a lei. (via).
SCENA X
Detti meno Andrea
GEMMA
Filippo, andatemi a prendere il mantello.
FILIPPO
Subito! (via).
GEMMA (ad Elena)
Persisti nella scommessa?
ELENA
Certo.
GEMMA
Uhm! Perderai.
ELENA
Credi?
GEMMA
Se n'è andato.
ELENA
Appunto. È quello che volevo.
FILIPPO
Eccomi qua. (aiuta Gemma a vestire il mantello). Vi accompagno.
GEMMA
Miracolo!
FILIPPO
La Marchesa è stata troppo buona con me in presenza dei terzi. Se rimango solo, se ne vendica, mi batte.
GEMMA (ad Elena)
Buona fortuna.
ELENA
Addio. Ah! Filippo, domattina vi aspetto alle undici e un quarto preciso.
FILIPPO
Ci siamo. Orologio alla mano.
GEMMA (nell'uscio a Filippo)
Venite?
ELENA
Pranzerete poi con me.
FILIPPO
Le briciole, cara Marchesa. (via con Gemma).
Cala la tela
FINE DELL'ATTO PRIMO
ATTO SECONDO
In casa della Marchesa. Salotto piccolo, elegantissimo. In fondo una specie di gabinetto colle pareti a cristalli interi che si capisce sporgere nel giardino. In quello nel mezzo una tavola rotonda coperta di tela cerata e sedie in bambou. Il gabinetto ha un ingresso a sè a sinistra, sull'imboccatura, cosicchè le persone di servizio vi accedono senza entrare nel salotto. Il salotto molto ingombro di mobili. La porta comune è a sinistra, a destra non c'è porta nè finestra, la luce viene dal gabinetto. Vicino al sofà un tavolino a due piani foderato in peluche con fiocchi e peneri. Nel piano disotto libri, sul piano superiore un atlante aperto. Dal lato opposto della scena, cioè a destra, uno scrittoio discosto dal camino. Sullo scrittoio un piccolo cavalletto regge una fotografia. Sul camino un'altra fotografia. Fiori dappertutto.
SCENA I
Anselmo introducendo Andrea
La signora Marchesa ha lasciato detto che se veniva il signore lo si pregasse di aspettare, che alle undici sarebbe tornata. Non può tardare più di due tre minuti.
ANDREA
Va benissimo. (Anselmo parte).
È mattiniera. La facevo appena levata. Questa è la sala dove eravamo ieri? No – Bello! com'è pieno di fiori! Che profumo! Per un anno, addio primavera. Quanto la pagherei fra tre mesi una fogliolina fresca di rosa! Sicuro che è facile la vita qui dentro (siede). Per stare in ozio. Che vita strana, artificiale. E che donna strana. Nemmeno il pudore di nascondere in faccia ad un estraneo la sua intimità col Barone; perchè è chiaro; quei due… fanno il paio. Ma se lo tenga il suo Barone. E io avrei dovuto dare accademia di quadri polari per fornire poi argomento ai loro discorsi quando sono a corto di galanterie. Fossi grullo! (s'alza). Questi seggioloni sono il vero emblema della società che li adopera. Hanno una mollezza che agguanta. Quando ci si è seduti bisogna fare uno sforzo per levarsene. Ah! le buone sedie dure che fanno lavorare. Non vedo l'ora di esser partito. Tutti questi giorni che mi vanno in visite e provviste mi stancano. È una settimana che non ho aperto un libro (prende la fotografia che è sullo scrittoio). Il ritratto del Barone. L'avrei giurato; e proprio lì sullo scrittoio per vederselo davanti ad ogni momento. Miracolo che non l'avesse di là nel salone. Là ci terrà gli Album con tutti gli altri: questo è il santuario degli eletti. Non è antipatico! Ha un'aria volgare, e mi fa maraviglia che lei così fina… Rimettiamolo bene a suo posto, che non se lo trovi mancare. Così – (vede l'altra fotografia sul camino). Un altro! Dello stesso alla stessa. È un'esposizione! Scommettere che ci trovo il terzo là su quel tavolino? (va al tavolino) No, un atlante. Il viaggio della Vega. Oh, oh! E i fogli sono tagliati, e il libro ha l'aria d'esser stato letto… Ci sono dei segni in margine e delle note… Vediamo; ah! dove descrive l'invernata nel paese dei Ciuschi… la nota dice: Ecco degli uomini! Lo credo bene, meglio che i suoi fantocci da cotillon! (sente la voce d'Elena nella sala vicina) Eccola!
SCENA II
Elena e detto
ELENA (con cappello e mantello)
Perdoni, sig. Sarni. È un pezzo che aspetta? Ho l'abitudine di fare ogni mattina una passeggiata a piedi. Son venuta di corsa. Si vede, eh? (suona il campanello).
ANDREA
Quello che si vede le sta così bene…
ELENA
Pensavo che il suo tempo è prezioso; chissà quante cose le restano a fare.
ANDREA
No… proprio nulla, non ho che da aspettare l'ora della partenza.
ELENA
Che è domani?
ANDREA
Sì, domattina.
ELENA (Si è già levato il cappello, levandosi il mantelloquesto s'impiglia in un uncinetto dell'abito)
Scusi, guardi un po' lei.
ANDREA
Ecco fatto.
ELENA
Era così fosca l'aria stamattina.
(Anselmo entra)
Dite a Giulia che venga a prendere il mio cappello e il mio mantello.
ANSELMO
Sissignora.
ELENA
Aspettate. Lo zio deve aver mandato una lettera.
ANSELMO
Non credo.
ELENA
Non è possibile! Siete certo che non è venuto nessuno da parte dello zio?
ANSELMO
Almeno io non ho visto nessuno.
ELENA
Informatevene, e fatemelo dire da Giulia. Se veramente non hanno portato nulla, avvertite Ambrogio che sia pronto a salir subito al Macao. (verso Andrea) Scrivo un biglietto allo zio per sollecitarlo.
ANDREA
Mi rincresce…
ELENA
Che! Mi fa maraviglia, perchè lo zio è puntualissimo. La lettera non può tardare.
ANDREA
Vorrei che tardasse un'ora almeno.
ELENA
Non mi piace sentirle dire delle frasi così compite. Mi ha già fatto senso ieri sera. La galanteria è la qualità degli uomini che non ne posseggono altre. Ora hanno perduto anche quella. Gli uomini come lei non hanno bisogno di esser galanti.
ANDREA
Vuol dire che non so pigliarmela con garbo.
ELENA
No, ho anzi notato che gli uomini gravi, gli uomini di studio e di valore le poche volte che sono condannati a discorrere con una signora, usano i più torniti fioretti. Ebbene lo trovo umiliante. Mi pare di vederci trapelare la profonda convinzione della nostra frivolità.
ANDREA
No.
ELENA
Altro. (Giulia entra e raccoglie il cappello ed il mantello poi s'avvicina ad Elena).
Ebbene?
GIULIA
Dice Anselmo che veramente non è venuto nessuno, nè hanno mandato nulla.
ELENA
Anselmo avrà avvertito Ambrogio?
GIULIA
È già pronto.
ELENA
Che aspetti. (via Giulia) Non so capire… scrivo subito allo zio. (allo scrittoio).
ANDREA
Senza che lei s'incomodi, posso passar io dal Marchese.
ELENA
È così lontano!
ANDREA
Mi servirà di passeggio; dovrò stare tanto tempo fermo a bordo.
ELENA (piccata)
Padrone!
ANDREA
Dicevo per risparmiarle la seccatura di scrivere.
ELENA
Ecco, se ci va subito subito lo trova in casa, altrimenti no. Buon viaggio.
ANDREA
È meglio che scriva lei il biglietto.
ELENA
Meno male. (prendendo la scatola della carta da lettere, fa cadere in terra il piccolo cavalletto col ritratto di Filippo).
ANDREA (che è seduto dall'altra parte della scena,si alza e raccoglie la fotografia)
Oh! povero Barone.
ELENA
Come ha fatto di laggiù a riconoscere quel ritratto?
ANDREA
L'avevo già visto prima che lei arrivasse.
ELENA
Ah!
ANDREA
Se è un'indiscrezione, gliene chieggo scusa.
ELENA
Perchè un'indiscrezione? Se lo lascio in quel posto… è perchè…
ANDREA
Tutti lo vedano.
ELENA
Perchè non c'è male ch'altri lo veda. D'altronde questo salotto non è mai aperto alla folla. Qui non ci vengono che gli amici.
ANDREA
E ci stanno.
ELENA
Non pare, dacchè lei parte.
ANDREA
Sa, non si regge più!
ELENA
Chi?
ANDREA
Il Barone. Non posso farlo stare in piedi. Ha una gamba rotta…
ELENA
Bene, lo metta dove vuole.
ANDREA
Là sul camino?.. daccanto all'altro?..
ELENA
Dove vuole. E poichè è lì, mi faccia la grazia di suonare il campanello. (Andrea preme il bottone elettrico vicino al camino. – Elena chiude la lettera).
Così! Confessi la verità… lei mi trova molto… come devo dire?..
ANDREA
Gentile.
ELENA
No. Quantunque la parola esprima forse in modo cortese la stessa censura che intendo io. (entra Anselmo) Questo biglietto allo zio, subito.
ANSELMO
Sissignora. (via).
ELENA
Voglio dire che famigliarizzo troppo presto. Non trova? L'ho veduto ieri sera per la prima volta, e l'ho già chiamato amico, e scherzo con lei e lo incoraggio a scherzare meco in tono di molta dimestichezza. Che vuole? Sono per indole piuttosto gaia, e lei malgrado il suo sapere e la sua fermezza mi pare non sdegni un po' di buon umore giovanile; desidero lasciarle di me un'impressione non del tutto sgradevole; chissà che al suo ritorno non si finisca per diventar amici davvero.
ANDREA
Adesso non siamo?..
ELENA
Adesso non siamo nemmeno conoscenti. Che so io di lei? Che è un uomo di merito che va al Polo. Non basta. Che sa lei di me? Che sono nipote di mio zio.
ANDREA
So di più…
ELENA
S'intende, che non faccio paura, che ho una buona sarta e che ricevo molta gente.
ANDREA
Di più. Che quelli che hanno la fortuna di esser suoi amici… davvero, lei li tratta molto bene.
ELENA
Chi glie lo dice?
ANDREA
Almeno in effigie.
ELENA
Ah! perchè tenevo il ritratto di Filippo sul mio tavolino – se sapesse!..
ANDREA
Che?
ELENA
No. No, non ho tempo. E non c'è ragione di fare questi discorsi ora. (passa dall'altra parte della scena e va a sedere sul canapè vicino al tavolino di peluche. Vede i libri e l'atlante aperti, li chiude come per nasconderli e li mette sul piano inferiore).
ANDREA (che non si è mosso)
Perchè chiude e nasconde quei libri?
ELENA
Oh! libri indifferenti.
ANDREA
Per me, no. Il viaggio della Vega.
ELENA
Ha veduto anche questo?
ANDREA
Le rincresce?
ELENA
Sì.
ANDREA
Perchè?
ELENA
Perchè mi spiace passare per una donna sapiente.
ANDREA
Non le fa torto.
ELENA
E perchè mi spiace che lei possa credere che li avevo messi in vista apposta per lei.
ANDREA
Non mi sono lusingato di tanto.
ELENA
D'altronde non l'ho letto.
ANDREA
Le note non sono sue?
ELENA
L'ha anche sfogliato? Sissignore, l'ho letto, mi è piaciuto; l'ho annotato, ed alla prima occasione partirò anch'io per un viaggio d'esplorazione. È contento?
ANDREA
Perchè mi parla così? Sono indiscreto. Ma se si propone di scandagliare il fondo delle mie abitudini mondane, non ci vorrà uno scandaglio lungo, sa. Non ne ho che una vernice, e dacchè sono entrato in casa sua ho esaurito la mia provvista di galanterie. Sono stanco di sorvegliarmi. Non so durare alla giostra delle piccole frasi, e dei continui sottintesi. Mi lasci essere quello che sono veramente, un uomo molto semplice e molto curioso. Ieri suo zio mi aveva avvertito che mi dava appuntamento in casa della Marchesa di Roveglia, lasciandomi capire che ci avrei trovato lui solo; non mi aspettavo di vederla. Quando mi fecero passare nel suo salone, lo devo dire? ne fui contrariato. La sua riputazione di suprema eleganza mi dava soggezione, mi studiai subito di mostrarmi disinvolto, e un tale studio cresce imbarazzo. Mi aspettavo del sussiego, e trovai invece una giovialità amichevole, che contribuì a sconcertarmi. Rincresce passar per novizio. La sua sicurezza trionfante mi conturba, la sua semplicità così elegante mi umilia. Ho paura di apparire impacciato contenendomi, e arrogante lasciandomi andare. Il meglio è confessare la mia pochezza. Un uomo che sta a suo posto, non è mai ridicolo.
ELENA
Pensare che ho provato anch'io gl'identici sentimenti!
ANDREA
Quando?
ELENA
In sua presenza. Mi pare che gli uomini forti ed utili come lei devono averci in così misero concetto. Ieri sera già prima che lei giungesse mi preoccupavo del giudizio che avrebbe fatto di me. Ho molto orgoglio; mi rincresce essere messa a fascio colle altre. Non le avrei detto queste cose, se lei non me ne avesse dato l'esempio. Ora siamo sulla buona strada tutti e due. Ebbene è vero. Quel libro era lì aperto, perchè ne rilessi dei brani ieri sera quando fui sola.
ANDREA
Ah!
ELENA
L'avevo già letto. Non c'è romanzo che m'interessi quanto il racconto di queste superbe battaglie dell'uomo contro gli elementi. Quei lottatori sono così semplici e grandi! Gli eroi belligeri hanno tutti del rodomonte. Quanto l'invidio. Com'è bello avere una ragione così alta di vivere e di agire.