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Kitabı oku: «Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3», sayfa 32

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§. I. Coronazione di Guglielmo I, e morte di Papa Eugenio e dell'Imperador Corrado, a cui succedette Federico Barbarossa

Ruggiero vedutosi così solo assunse per suo collega Guglielmo, e lo fece coronare ed ungere Re di Sicilia in Palermo in quest'istesso anno 1150 la qual cerimonia si fece da Ugone Arcivescovo di Palermo, onde Inveges675 rapporta, che se bene la famiglia Caravella pretenda esser di suo diritto il coronare i Re di Sicilia, i Palermitani però glie lo contrastano, dicendo questa ragione non esser d'altri, che del loro Arcivescovo. Che che ne sia, dal 1150 nelle scritture si noverano gli anni del Regno di Guglielmo, nel quale il padre l'associò. E Ruggiero, morta Sibilia così di repente, senza che vi avesse potuto generar figliuoli, tornò a maritarsi, e prese per moglie Beatrice sorella del Conte di Retesta, la quale dopo la sua morte rimanendo gravida gli partorì Costanza che tolse per marito, essendo d'anni 30 e non mai stata monaca, come con errore hanno scritto multi Autori, Errico di Svevia, che per sua cagione divenne poscia Re di Sicilia, come al suo luogo più diffusamente diremo; quindi si vede quanto fosse favoloso ciò che si narra di Ruggiero e delle richieste da lui fatte all'Abate Gioachimo intorno a' vaticinj, che si contano fatti dal medesimo sopra Costanza; ond'è, che altri, come il Villani, non a Ruggiero, ma a Guglielmo riferiscono quegli avvenimenti.

Morì nel seguente anno 1151 l'Imperador Corrado in Alemagna nella città di Bamberga, non senza sospetto che fosse stato avvelenato per opra di Ruggiero, per l'inimicizia che sempre tennero fra di loro, siccome tutti gl'Imperadori ebbero co' Re di Sicilia, per conciliar i quali non bastarono le interposizioni di Pietro Abate di Clugnì, uomo in questi tempi per la sua bontà e dottrina assai celebre e rinomato. Fu eletto successore il suo nipote Federico Duca di Svevia detto Barbarossa prode e savio Principe, i cui fatti ci somministreranno ben ampio soggetto nel seguente libro.

Fu seguitata nell'anno seguente 1152 la morte di Corrado da quella d'Eugenio, il quale dopo aver racchetate le cose di Roma, essendo stato in questa città lietamente accolto, anch'egli poco da poi se ne morì, ed in suo luogo fu nel 1153 creato Pontefice il Cardinal Corrado romano, e fu nomato Anastasio IV.

Ruggiero intanto, dopo aver per opra de' suoi Capitani conquistata in Affrica la città d'Ippona celebre al Mondo per avervi in quella Cattedra seduto il grande Agostino, messi da parte i pensieri della guerra, fermatosi in Palermo, lasciò in questi altri due anni di vita che gli rimasero, monumenti perenni, non meno della sua magnificenza, che della sua pietà; poichè oltre aver edificato un magnifico Palagio in Palermo, ed aver ivi eretta una nobil Cappella regia sotto il titolo di S. Pietro; ed in Messina un'altra chiesa dedicata a S. Niccolò: fondò in Bari un magnifico tempio a Niccolò Vescovo di Mira.

Eransi, come si disse, sin dall'anno 1078 trasferite in Bari l'ossa di questo Santo; ed ora si resero di stupore al Mondo, per lo liquore che si vide grondar da loro: crebbe la fama del portento, ed in questi tempi si rese perciò questo santuario, e Bari cotanto celebre in Oriente, che portava venerazione agl'istessi Imperadori Greci, come si vide dell'Imperador Emanuele, il quale nelle sue Novelle fece ancor memoria di sì insigne miracolo. Ruggiero, tratto da divozione, sovente portavasi in Bari, ond'è, che graziosamente confermasse a' Baresi le loro consuetudini; ed eresse quivi al Santo questo magnifico tempio, con dichiararlo sua cappella reale676, nè volle, che fosse sottoposto all'Arcivescovo della città, ma assolutamente al Pontefice romano, creandovi il Priore, e molti Canonici: l'arricchì di molte rendite di castelli, ed altri poderi: la qual cosa si scorge da una scrittura in marmo, che colà si vede benchè il Beatillo, che ha scritta l'Istoria della città di Bari, e la vita di detto Santo, non faccia menzione alcuna di tal fatto, dando a detta chiesa e priorato più antico e diverso principio. Altri vogliono, che Carlo d'Angiò, non Ruggiero istituisse quel priorato, e dichiarasse cappella regia quel Tempio; di che altrove ci tornerà occasione di ragionare.

Donò ancora Ruggiero molti nobili arredi d'oro e d'argento alla cappella di S. Matteo in Salerno, ed il dominio di molte terre; ed altri ricchi doni al Monastero della Trinità della Cava; ed ancorchè non gli piacesse usar la forza co' Saraceni e Giudei ch'erano in Sicilia per la loro conversione, usava però gran diligenza ed industria, che ne' suoi Reami si convertissero alla fede di Cristo.

Ma ecco, che questo Principe, dopo essersi reso cotanto chiaro ed illustre al Mondo per li suoi fatti egregi, ammalatosi nel principio di quest'anno 1154 nel mese di febbrajo lasciò in Palermo la terrena spoglia in età di 58 anni di sua vita677: breve età alle magnifiche cose da lui adoperate; la cui morte fu poco da poi nel mese di dicembre del medesimo anno seguitata da quella del Pontefice Anastasio, nel cui luogo fu eletto Adriano IV.

Principe veramente grande e glorioso, che le sue magnanime imprese lo innalzarono ad essere uno dei più potenti e grandi Re della terra, che pose terrore non meno agl'Imperadori d'Occidente che d'Oriente, e che seppe in mezzo a questi due potenti Imperj far sorgere il suo Regno, a' medesimi di spavento: egli provido di Consiglio e valoroso nelle armi, usò non men somma costanza nell'avversa fortuna, che moderazione nella prospera. Amicissimo non meno d'uomini valorosi nell'arme che nelle lettere, che sin da' remoti e lontani paesi fattigli a se venire, gl'innalzò a' primi onori del Regno. Egli saggio facitore di nuove leggi governò con somma giustizia i suoi Stati. Careggiò, ed amò sommamente i Francesi, traendo di Francia i suoi maggiori il legnaggio. Della sua pietà lasciò ben chiari monumenti, e se bene altri l'incolpa d'aver usata troppa crudeltà con suoi nemici e rubelli: ciò però non era in lui da biasimare; poichè usò tutte quelle arti, ch'eran proprie e necessarie ad un Principe, che intendeva stabilire un nuovo Regno.

So che S. Bernardo, e l'Imperadore Emanuele parlarono di lui come d'un Tiranno e d'un usurpatore: ma il primo seguendo il partito d'Innocenzio e di Lotario, fecesi lecito di quelle cose, che gli dettavano allora la sua fazione: come si vide chiaro, che pacificato Ruggiero con Innocenzio, finirono l'usurpazioni e le tirannidi, delle quali prima dalla fazione d'Innocenzio e di Lotario era incolpato; ond'è che si leggano dell'istesso Bernardo molte lettere scritte da poi a Ruggiero piene di molte lodi, che dà a questo Principe. Ed il nostro moderno Istorico napoletano, non prima di questa pace, dice che Ruggiero da pessimo si fece buono; poichè presso gli Scrittori di questa tempra, il Principe pessimo è colui, che per difendere le supreme sue regalie, si oppone a' Pontefici romani, siccome il buono è quello, che s'umilia e che cedendo, proccura con loro aver pace. Dall'Imperador Emanuele non poteva aspettarsene il contrario per esser suo capital inimico, siccome furono tutti i Principi normanni agli Imperadori d'Oriente per le continue guerre che arsero infra di loro; quindi fu, che la Principessa Anna Comnena trattò come un ladrone il famoso Roberto Guiscardo per la crudel guerra, che mosse ad Alessio Comneno suo padre.

So ancora che altri riprendono questo Principe per aver seguito le parti d'Anacleto falso Pontefice e rifiutato Innocenzio; ma dovrebbero avvertire, che imputando ciò a Ruggiero, vengono anche ad incolpare quasi tutto il Mondo cattolico, che credette allora Anacleto, non Innocenzio esser il vero Papa. Furono creati amendue nell'istesso giorno, e se bene Innocenzio fosse stato il primo eletto, nulladimanco Anacleto ebbe maggior numero di voti; nè poterono giovare ad Innocenzio i suffragi de' Cardinali, i quali dopo aver eletto Anacleto passarono al suo partito. Il Popolo romano, ed i principali di quella città, se bene prima aderissero ad Innocenzio, nulladimanco per più manifesti divolgarono da poi al Mondo, che essi avendo conosciuta poi la verità, aveano Anacleto per vero Pontefice. I Monaci Cassinensi col loro Abate per tale anche lo tennero: molti Vescovi e Cardinali ed i maggiori Prelati della chiesa, favorivano le parti d'Anacleto. Così anche fecero molti altri Principi e Regni; e la Francia prima del Concilio ragunato a Stampis, città posta tra Parigi ed Orleans, che determinò a favor d'Innocenzio, n'era in gran dubbio. Errico Re d'Inghilterra, avea gran timore se riconosceva Innocenzio per Pontefice, ed insino che S. Bernardo non lo assicurasse in sua coscienza, non volle riceverlo per tale678. E se la Germania seguì le parti sue, fu mossa più dall'impegno di Lotario, che dal non averne dubbio. La verità non poteva allora porsi in chiara luce fra le tante e sì contrarie fazioni che l'avean tutta involta: fu il Mondo allora spettatore d'una lagrimevol tragedia: Innocenzio da un canto scomunicava Anacleto co' suoi aderenti: dall'altro Anacleto scomunicava Innocenzio co' suoi seguaci: contendevan insieme Bernardo e Pietro Pisano, e questi era non men del primo riputato savio e dotto. Molte dispute insorsero tra i più gravi Teologi di que' tempi, tanto che per l'impegno di ciascheduna delle parti, rimase la cosa almen dubbia presso le genti. Nel qual dubbio, come ben disse S. Antonio679 parlando dello scisma accaduto tra Urbano VI e Clemente VII ancorchè sia necessario di credere, che siccome è una la chiesa cattolica e non più, così ancora uno debbe essere il suo capo e non più; con tutto ciò se accade per qualche scisma crearsi in un medesimo tempo più Papi, non è necessario per la salute di credere assolutamente questo o quello, ma solamente uno d'essi, che fosse legittimamente eletto: e l'indagare chi delli due fosse legittimamente eletto, non siam obbligati di farlo, nè di saperlo: ed i Popoli in ciò devono seguire i suoi maggiori, e ciò che fanno i Prelati delle loro regioni; onde questo stesso Scrittore non imputa a peccato a S. Vincenzo Ferreri del suo medesimo ordine, il quale quasi tutto il corso di sua vita consumò in Avignone sotto l'ubbidienza di Benedetto XIII che quivi avea trasferita la sua Corte, ancorchè gl'Italiani e con essi molte altre Nazioni, lo reputassero Apostata e Scismatico, avendo Urbano per vero Pontefice; poichè fu per errore ed ignoranza di fatto, che gli fece credere, che Benedetto fosse tale; ed un semplice errore non fa niuno nè eretico, nè scismatico: tanto più in cosa cotanto intrigata e dubbia, e sovente molte cose ci possiam far lecite quando sia dubbio, che non dovremmo, quando la cosa fosse esposta in chiara luce. Se alcuna ombra di colpa rendè men chiari i pregi di questo Principe, solo fu, perchè anche da poi che quasi tutto il Mondo riconobbe Innocenzio per vero Pontefice, ed anche da poi morto Anacleto, volle pertinacemente mantener l'impegno, con far in suo luogo crear altri; ma ben è chiaro che non lo fece per altro che per fini di Stato, non di religione: voleva tenere per cotal via depresso Innocenzio suo inimico implacabile, con mantener ancor viva la fazion contraria, affinchè Innocenzio si riducesse ad aver con lui pace. Ma ciò non bastò all'ostinato Pontefice, il quale volle egli porsi alla testa d'eserciti armati per fargli guerra e ruinarlo. Ma tutto al rovescio andò la bisogna, fu egli preso in battaglia e fatto suo prigioniero. Questo fatto maggiormente fece rilucere la pietà di Ruggiero, che con tutto che avesse potuto usar sopra di lui le leggi della vittoria, lo riverì e lo riconobbe allora come Vicario di Cristo, con lui volle aver pace, e fu da poi il maggior difensore, ch'avesse la Chiesa romana contro gli sforzi degl'Imperadori non meno d'Oriente che d'Occidente, siccome lo era stato il famoso Roberto Guiscardo, e lo furono i due Guglielmi suoi successori.

Non lasciò altri figliuoli questo Principe dalle tante mogli ch'ebbe, toltane Costanza sua postuma, che Guglielmo suo successore nel Regno, e prevedendo che, siccome lo lasciava erede ne' Regni, non poteva sperarne che da lui ereditasse le sue virtù, vedendosi con suo cordoglio mancare tutti gli altri suoi figliuoli, e che la morte togliendo i migliori, lasciava stare i rei, l'associò ancor vivente al Regno e volle averlo per collega, affinchè regnando insieme, apprendesse da lui l'arte di ben reggere i Popoli a se da Dio commessi.

Lasciò bensì dalle quattro concubine, che ebbe in varj tempi alcuni figliuoli. Erra il Fazzello, che scrisse, che Tancredi Principe di Bari, o di Taranto fosse figliuolo d'una concubina di Ruggiero680; poichè questi come si disse fu suo figliuolo legittimo, natogli da Albiria sua prima moglie. Nè l'altro Tancredi, che fu il quarto Re di Sicilia, fu figliuol di questo Ruggiero Re, fu bensì suo nipote nato da Ruggiero suo primogenito Duca di Puglia; onde quali figliuoli da questa prima concubina Ruggier lasciasse, non se ne ha niente di certo. Dalla seconda ebbe Simone, al quale il padre lasciò in testamento il Principato di Taranto: ma il Re Guglielmo suo fratello glielo tolse, e gli diede il Contado di Policastro. La terza fu madre di Clemenzia Contessa di Catanzaro, che prima si maritò con Ugone di Molino Conte di Molise, e da poi fu pretesa da Matteo Bonello genero del Grand'Ammiraglio Majone. La quarta fu madre di colei, che la Regina Margherita moglie del Re Guglielmo I casò con Errico suo fratello bastardo, con dote del Contado di Montescaglioso.

Nè deve sembrar strano, se questo Principe cotanto religioso, avesse anche tenute nel suo palazzo le concubine: non era in questi tempi il concubinato un nome cotanto vergognoso, come oggi si sente. Prima presso i Romani, come altrove fu notato, era riputato una congiunzion legittima, e le concubine erano quasi che mogli, siccome il concubinato era chiamato semimatrimonio. E quando non si faceva difficoltà a' Preti di potersi ammogliare, era anche a costoro permesso di aver una, o sia moglie, o concubina, come si legge nel Concilio Toletano I. Quindi poi nacque che non avendo la Chiesa latina voluto permetter a' Preti le mogli, come la greca, si stabilirono da poi tanti Concilj per togliere ancora a' medesimi l'uso delle concubine, il qual costume però bisognò per più secoli travagliare per estirparlo, cotanto avea poste profonde radici, come in altre occasioni si disse; ma ne' laici durò il concubinato per molti secoli; e sebbene in Oriente Lione per mezzo d'una sua Novella lo proibì affatto; la qual fu da poi rinovata da Costantino Porfirogenito: in Occidente però i Longobardi lo ritennero, siccome molte altre Nazioni; e Cujacio rapporta, che sin ne' suoi tempi, alcuni Popoli della Francia presso i Pirenei ancor lo ritenevano. I Normanni che furono esatti osservatori delle leggi e costumi de' Longobardi, anche lo ritennero; onde non dee recar maraviglia, se Ruggiero oltre alle mogli, avesse nel suo palazzo avuto anche delle concubine in tempi diversi; non essendo stato mai permesso, che in un istesso tempo avesse alcun potuto avere e moglie e concubina, ovvero due mogli, o due concubine insieme, se non presso gli Ebrei ed i Turchi, appo i quali la poligamia non fu vietata; onde siccome era loro permesso tener più mogli, così anche si facevan lecito aver più concubine. Fu ne' tempi posteriori dalle leggi civili tolto affatto il concubinato, e da più Concilj tenuti da poi indifferentemente a tutti proibito e vietato; tanto che oggi è riputato non già, come prima, una congiunzion legittima ed onesta, ma vergognosa ed opprobriosa, in maniera che ora hassi più in orrore il tener la concubina, che commetter adulterj, incesti e stupri, e contaminarsi d'altre più nefande libidini. Così il tempo muta le cose, e fa che quel, che prima era onesto, rendasi poi biasimevole e vergognoso.

FINE DEL VOLUME TERZO
675.Inveg. hist. Pal. tom. 3.
676.Capecelatr. lib. 1 pag. 59.
677.Camil. Pellegr. ad Anon. Cassin. ann. 115. Capecelatr. hist. lib. 1 pag. 59.
678.Auct. vitae S. Bernardi.
679.Anton. 3 part lib. 22 cap. 2 tit. 2.
680.V. Inveges lib. 3 hist. Pal.
Yaş sınırı:
12+
Litres'teki yayın tarihi:
22 ekim 2017
Hacim:
540 s. 1 illüstrasyon
Telif hakkı:
Public Domain

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