Kitabı oku: «Incantesimo Di Mezza Estate», sayfa 2

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Capitolo tre

Monique

«Puoi tornare a Nashville ogni volta che vuoi.» La nonna mi stava aspettando nel corridoio. Aveva lasciato la porta aperta quando era uscita, convinta che la seguissi. Avrei voluto farlo, ma qualcosa mi aveva fatta rimanere dentro la stanza. Il mio cuore svolazzava ogni volta che parlavo con Chance, ma dovevo lasciare che quella fosse solo una fantasia divertente.

«Nessuno ti trattiene contro la tua volontà. Può aiutarmi Sophie a trovare una casa» aggiunse quando non risposi.

«Non me ne andrò prima che tu ti sia sistemata.» Per quanto mi piacesse quel posto, avevo un po’ di nostalgia. Cecily mi aveva mandato un mucchio di foto. Il suo tour era terminato, e lei era nel bel mezzo di una grande festa in un bar sul tetto di un palazzo. Una festa piena di celebrità. La prossima volta sarai tu la mia accompagnatrice, aveva scritto.

Era sempre la prossima volta e mai la volta buona. Mi ero persa un sacco di feste a causa dei turni in ospedale, o perché ero troppo esausta anche solo per pensare di mettere il naso fuori di casa. E in realtà, quando ci andavo, volevo sempre filare via. Non avevo niente in comune con le persone presenti. Quella sera avevo un appuntamento con una bottiglia di vino e un libro – una volta tanto non un articolo scientifico – e non avrei fatto a cambio con nulla al mondo.

La nonna scosse la testa, tenendosi al passo con me mentre tornavo in camera mia. «Se tu dessi una possibilità a ciò che ti circonda, potrebbe piacerti.»

«Ho un lavoro e una casa in un’altra città» le ricordai.

«E sono entrambi vuoti, in questo momento. Voglio che tu rimanga. Sophie è entusiasta di averti qui. E penso che anche a Chance farebbe piacere averti intorno.»

«Ho paura ad avere un appuntamento con uno qualsiasi degli uomini di questa città. Quanto tempo è rimasta qui, Sophie, prima di sposarsi? Una settimana?» Scherzavo, ma la costante paura di essermi persa qualcosa, che di solito provavo per i selfie di Cecily assieme alle celebrità, era partita in quarta al pensiero del marito della mia sorellina. Non eravamo abbastanza in confidenza per scambiarci i dettagli intimi, ma dal modo in cui lei e Tyson si guardavano, potevo essere certa che le loro notti fossero tutto tranne che tranquille.

«Due settimane. Hai tempo per pianificare la tua fuga.» La nonna ridacchiò. «Vado in camera mia. Ho perso uno dei miei libri di incantesimi preferiti nell’incendio, e voglio rimetterlo insieme prima della celebrazione di Mezza Estate.»

«Puoi ordinarne uno nuovo?» le chiesi. La nonna era brava con la tecnologia, ma alcuni di quei vecchi libri erano fuori stampa. «Se vuoi te ne cerco uno quando torno in città.»

Lei scosse la testa. «Un Libro delle Ombre è una cosa molto personale. Non ce ne sono due uguali, perché è scritto dall’incantatore per l’incantatore stesso. È un diario, una storia personale della mia spiritualità.»

«Mi dispiace che tu l’abbia perso.» E, per la prima volta, mi sentii triste per non aver capito quel lato della mia famiglia. Fino a quel momento non mi avevano incuriosita granché quegli uomini concentrati su antichi testi, impegnati a cercare di decifrare il codice di un alfabeto morto da tempo. Forse c’era una traccia di verità, in tutto quel parlare di magia. Ma io avevo bisogno di qualcosa di concreto, per poterci credere. «Mi dispiace ancora di più di non averne mai saputo nulla fino a ora.»

Avevamo raggiunto la porta della stanza occupata dalla nonna. «Dai una possibilità a quell’uomo, Monique Louise. Smettila di preoccuparti delle cose che ti stanno aspettando a casa. Mentre sei qui, sii qui.»

Dopo quel discorso, la mia bellissima camera per gli ospiti mi sembrò claustrofobica. Ero lì, in montagna, e non ne stavo approfittando. Era una notte bellissima e limpida. Le giornate erano ancora lunghe, e il cielo era di quel blu brillante che compariva quando il sole si rifiutava di cedere il posto alla luna. Le sfumature arancioni erano come le cicatrici della battaglia, ma le stelle avevano avuto l’ultima parola, e già punteggiavano il cielo.

Quel posto era meraviglioso. L’aria limpida, il paesino nella valle che brillava sotto di noi. Forse avrei potuto leggere all’aria aperta, quella sera.

Vagai lungo un sentiero scosceso, desiderando di aver cambiato i sandali che ancora indossavo con un paio di scarpe da ginnastica. Avevo fatto le valigie al volo, prima di arrivare lì, e non mi aspettavo di fermarmi a lungo. E siccome continuavo a ripetermi che sarei partita presto, non mi ero presa la briga di fare shopping.

Due sedie Adirondack in legno fiancheggiavano una buca per un focolare con una vista mozzafiato sulla Summerland Valley. Perfetto. Qualcuno aveva lasciato uno di quegli accendini lunghi e una piccola catasta di legna. Speravo che a nessuno importasse se ne approfittavo.

Misi un paio di pezzi di legno nella fossa e feci scattare l’accendino. Il legno assorbì il fuoco ma non si accese. Provai di nuovo, ma continuava a succedere la stessa cosa. Ma che diavolo? Sarei stata in grado di diagnosticare una malattia potenzialmente mortale osservando un campione di sangue, ma non riuscivo ad accendere un fuoco.

Così feci quello che avrebbe fatto qualsiasi donna abituata a contare solo sulle sue forze. Cercai le istruzioni su Google.

«Cosa stai facendo?» chiese una voce ricca e setosa come la notte che era calata senza che me ne accorgessi. Saltai per aria e quasi atterrai sul sedere nella buca per il falò. Non avevo sentito Chance arrivarmi alle spalle.

«Cerco di accendere un fuoco.» Mi alzai e mi pulii i jeans sporchi di terra.

I suoi occhi. Brillavano dello stesso colore del cielo appena prima del tramonto. Quell’uomo era davvero sbalorditivo, anche al buio. Forse anche di più, perché aveva tanti segreti e c’erano molte cose che non sapevo sulla sua vita.

Scosse la testa, il suo sorriso visibile anche nell’oscurità. «Non accenderai mai un fuoco con il telefono.»

Era ora di confessare. «Stavo cercando istruzioni.»

«Nessuno ti ha insegnato a farlo?»

Scossi la testa.

«Lascia che ci pensi io.» Scomparve in un crepaccio nella montagna e tornò con un cesto pieno di foglie e ramoscelli. «Ti serve un innesco. Il vento può essere piuttosto brutale, quassù, quindi teniamo al riparo tutto ciò che può volare via.»

Si accovacciò, e la maglietta si tese contro la sua schiena muscolosa. Riposizionando il legno che io avevo sconsideratamente lasciato cadere nella buca, aggiunse le foglie secche e poi si girò verso di me. «A te l’onore.»

Bastò uno schiocco dell’accendino perché le foglie prendessero fuoco. Le fiamme inghiottirono il primo pezzo di legno, e un soddisfacente bagliore arancione divorò la nostra opera.

«Vuoi compagnia?» mi chiese.

«Certo.» Avrei potuto giurare che il calore che accarezzava il mio corpo proveniva da lui e non dal fuoco. Quell’uomo aveva la capacità di cambiare l’energia intorno a sé. Io non capivo, e di solito mi rifiutavo di credere a cose del genere. «Grazie per non esserti preso gioco di me.»

«Sono sicuro che ci sono molte cose che tu sai fare e io no.» Chance si sistemò sulla sedia e alzò la testa al cielo. «Salvare vite, per esempio.»

«Molto dipende dall’istinto.» Lasciavo che le intuizioni mi guidassero quando i dati medici non sempre avevano senso. «Le persone spesso ignorano ciò che effettivamente vedono per quello che pensano dovrebbe accadere.»

Chance annuì, passandosi una mano sul mento ispido. Era un uomo selvaggio come il paesaggio montano che ci circondava. «Allora starai bene, qui. Non preoccuparti di quello che ti dice il telefono. Da queste parti, continuiamo a provare finché le cose non funzionano.»

«Non rimarrò a lungo. Una volta che la nonna si sarà sistemata, tornerò a Nashville.»

Qualcosa oltre al riflesso delle fiamme balenò nei suoi occhi. «Peccato. Ci sarebbero utili persone come te.»

«Non mi conosci nemmeno.»

«No, ma hai mollato tutto per venire ad aiutare tua nonna e tua sorella. E anche se non ti piacciono particolarmente», alzò la mano quando rimasi senza fiato, «le ami. Capisci cos’è importante.»

«Da quanto tempo vivi qui?» Avevo sempre considerato Summerland una cittadina di campagna, ma a quell’uomo non mancava la raffinatezza.

«Da sempre» disse con una risatina.

«Chi ha costruito le caverne? Sono stupende.» Avevo pagato un occhio della testa la ristrutturazione di casa mia, e combattevo costantemente contro il lavoro mal fatto. I tizi che sapevano davvero quello che stavano facendo e si preoccupavano abbastanza da farlo bene, costavano una fortuna. Ma il lavoro all’interno della montagna era una vera e propria meraviglia architettonica.

«I lavori durano da generazioni. Ma io mi sono occupato dell’ampliamento della struttura, comprese le stanze in cui alloggiate tu e Nora.»

«Le hai fatte tu?» gli chiesi

Lui annuì. «Tutti ci hanno lavorato su, ma ho progettato io la maggior parte di ciò che vedi.»

«Sono impressionata. Ho comprato da poco una vecchia casa e l’ho fatta ristrutturare. È stato molto più difficile di quanto mi aspettassi.»

«Hai fatto tutto da sola?» mi chiese.

Io scossi la testa. «Ho fatto tutto quello che potevo. Il progetto, la tinteggiatura, la disposizione delle stanze e dei mobili. Ma il resto l’ho lasciato agli esperti.»

«Anche tu hai costruito la tua caverna personale.» Il suo sorriso era pura soddisfazione. Le fiamme tremolavano contro la sua pelle ambrata, ma non erano loro a farlo risplendere. Quelle caverne erano la sua passione. «La montagna è una cosa viva, che respira. È fatta di roccia, ma è ricoperta di piante e alberi. Il tempo è migliore grazie alla catena montuosa, perché protegge la valle. È una cosa che prendo in considerazione quando scavo una nuova stanza all’interno della montagna. Voglio onorare quell’energia.»

«Perché una montagna?» gli chiesi. Quell’uomo sembrava in grado di costruire qualsiasi cosa. Immaginai un’accogliente capanna di tronchi incastonata tra le montagne, con davanti un fuoco scoppiettante, e mi vidi rannicchiata contro quei muscoli sotto una coperta soffice mentre soffiavano le raffiche di vento.

Ma non poteva che essere una fantasia, un ricordo di quel viaggio che avrei portato con me a Nashville.

«Perché siamo draghi.» Mi diede la possibilità di rispondere, ma non ci riuscii.

Non sapevo come dirgli che non credevo a ciò che stava affermando, perché in quel momento, davanti al fuoco con quell’uomo bello e forte che aveva costruito un impero dentro una montagna, riuscivo a credere che lui fosse qualcosa di più che un semplice essere umano. Anche se sapevo era impossibile.

«Il nostro lavoro è proteggere le montagne» aggiunse.

«Da cosa?»

«Cosa fai, tu, come dottore?» Si voltò verso di me, appoggiando il gomito sul bracciolo della sedia e il mento nella mano. Le sue gambe chilometriche si allungarono, i piedi puntati contro le rocce che contenevano il fuoco. Stava evitando di rispondere alla mia domanda.

Come avrei potuto riassumere tutto in due parole? Non avevo bisogno di semplificare troppo le cose per quell’uomo, ma avevo la sensazione che non mi stesse chiedendo cosa facevo come medico, ma perché avessi scelto di diventarlo. «Idealmente, mi assicuro che i bambini siano in salute. Questo quando vengono per controlli e visite mediche. Ma non è sempre così facile. La vita si mette di mezzo, o vengono da me già malati. A quel punto collaboro con loro e con i loro genitori per riuscire a farli stare meglio. A volte hanno visto molti dottori prima di venire da me, e sperano che io possa trovare una risposta che gli altri non hanno trovato.»

Chance annuì.

«A volte ci riesco. Quelle sono le belle giornate. Quando posso dare speranza a qualcuno. Ci sono ore di ricerca, lettura di giornali scientifici e incontri con compagnie di assicurazione e case farmaceutiche. Ma la mia passione sono i bambini. Garantire loro la miglior vita possibile.»

«Assomiglia molto a ciò che facciamo noi per proteggere la valle» mi disse. «Speriamo che tutti siano al sicuro. Ma a volte ci sono persone che vengono qui per fare del male, e ci dobbiamo occupare di loro.»

«Come?» Sentii il sangue ghiacciarsi nelle vene. Lui non prescriveva medicine al gusto di gomma da masticare per sbarazzarsi dei cattivi.

«Facciamo tutto il necessario.» La sua voce conteneva un rimbombo, come se ci fosse una tempesta in lontananza. Mi strinsi il maglione attorno al corpo per scongiurare un brivido improvviso.

«È quello che è successo a casa di mia nonna?» gli chiesi.

«Abbiamo lasciato che qualcuno con intenzioni malvagie sfuggisse al nostro controllo per troppo tempo.» Un altro rombo. C’era sicuramente una tempesta in arrivo. «È stato un errore. E noi non commettiamo mai lo stesso errore due volte.»

Capitolo quattro

Chance

Il mio posto alla riunione non era più a capotavola. Il nostro alfa ormai era Tyson, l’unico vero drago del tuono.

Un calcio nelle palle.

Trovare la mia compagna non sarebbe stata la fine della battaglia. L’avevo sempre saputo. Guardare mio fratello mutare aveva portato in superficie un sacco di merda a lungo trascurata. Cose con cui non avevo a che fare da molto tempo. Monique aveva scosso la bestia dentro di me, ma facendole credere che fosse una lotta completamente nuova.

Forse un giorno le avrei chiesto di essere la mia compagna. Di restare con me per sempre. In quel momento, non riuscivo nemmeno a convincerla a rimanere a Summerland. Aveva un piede fuori dalla porta, pronta a sgommare su quelle stradine di campagna e tornare a Nashville.

«La scatola è una falsa reliquia» dichiarai.

Tyson aveva molto da imparare, ad esempio su come prendere il controllo di una riunione. Alzò le mani per placare il trambusto che sicuramente sarebbe venuto dopo la mia dichiarazione.

«L’energia è contaminata» disse.

Interessante. Mi aspettavo che facesse più resistenza. «Abbiamo permesso che spiriti cattivi si stabilissero a Summerland. Per quanto tempo Jerry ha vissuto qui?»

Come uomo, Jerry era stato del tutto insignificante, uno di quei ragazzi di campagna che vivevano alla periferia della città a cui piaceva collezionare cianfrusaglie. Quello avrebbe dovuto essere il nostro primo indizio. Tutti i draghi avevano un tesoro. Era stato un drago senza un tuono, un traditore che aveva vissuto in mezzo a noi per decenni.

«Forse ha maledetto questo fottuto affare.» Rafe scosse la testa. Stava facendo il tifo perché l’iscrizione sulla scatola non funzionasse, e non avevo idea del perché. «La domanda non è quanto tempo lui abbia vissuto qui; dobbiamo chiederci quando è che abbiamo iniziato a sentir parlare della leggenda della reliquia.»

«Non abbiamo avuto bisogno della scatola finché Nora non ci ha maledetti.» Jax gli fece l’occhiolino quando Tyson lo guardò di traverso. «Sì, so che provi ogni sorta di emozione positiva verso quella vecchia strega, ora che hai trovato la tua compagna, ma il resto di noi è ancora così fottutamente umano che fa male. Quindi, se avessimo sentito parlare di questa leggenda in un momento in cui non ne avevamo bisogno, avremmo prestato attenzione? Sarebbe stata solo un’ulteriore protezione.»

Una protezione. Interessante.

Tanner aveva portato alla riunione i suoi antichi grimori preferiti. Considerava il non essere in grado di rompere l’incantesimo un fallimento personale, e non si sarebbe arreso finché le scaglie non avessero sostituito la sua pelle e avesse di nuovo sputato fuoco. «L’alfabeto scolpito nella reliquia doveva esistere già in passato. A meno che Jerry non l’abbia modificato.»

«Avrebbe senso. Fare casino con una reliquia altera l’energia. Potrebbe essere questo il motivo per cui non ci siamo accorti di lui per così tanto tempo.» Jax scosse la testa. «Che umiliazione che fossero presenti gli altri tuoni quando abbiamo scoperto di avere un nemico proprio sotto il naso da così tanto tempo.»

«Come ha fatto Jerry a lanciare un incantesimo?» chiesi. «I draghi non possono farlo.»

«Hai ragione. Qualcuno deve averlo aiutato.» Tyson gemette. Tutte le tracce conducevano alla sua nonna acquisita.

«La vera domanda è: da quanto tempo Nora lavorava con Jerry? E poi, aveva idea di cosa lui fosse? Se era in grado di nascondere a noi la sua vera forma, avrebbe potuto impedire anche a lei di vederla.» Eravamo più deboli di quanto pensassimo, se tante cose ci erano sfuggite. E se Nora era coinvolta in quella storia, l’avevamo invitata a restare nelle nostre caverne. L’avevamo accolta nella nostra famiglia. Porre rimedio a tali errori non sarebbe stato facile per nessuno di noi.

«Perché Nora avrebbe dovuto desiderare di nuocerci?» chiese Tanner. «L’incantesimo d’amore è stato un errore...»

«È quello che sostiene lei» tuonò Rafe.

«Ha funzionato» disse Tyson con voce tagliente.

«Per te» gli ricordai. Per quanto lo riguardava, era tutto fantastico. Aveva una bellissima compagna nel suo letto, la piena capacità di mutare e aveva incenerito il cattivo di turno. Ma quelle cose lo avevano reso cieco al fatto che avevamo lasciato che il nemico dormisse sotto la protezione della nostra montagna. Come avevo detto a Monique, non commettevamo mai lo stesso errore due volte.

Monique. Quella che non credeva nella magia della sua famiglia. Stava cercando di dirmi qualcosa? O era troppo radicata in quello che considerava il mondo reale per pensare che una guerra potesse sbocciare per le cattive intenzioni dei suoi stessi parenti?

Io avevo sempre desiderato ciò che non potevo avere. Ma in quel momento era possibile che avessi bisogno di Monique. Lei sarebbe stata in grado di ottenere da Nora le risposte che la vecchia incantatrice non avrebbe mai dato al tuono. Sapeva come cercare gli indizi, ciò che gli altri trascuravano, per ottenere vere risposte.

«Stai formulando un’accusa piuttosto seria, Chance» disse Tanner, chiudendo il libro. «Sostieni che Nora abbia cospirato con un drago ribelle per mettere in ginocchio il nostro tuono.»

«Fino a quando tutti noi non saremo di nuovo in grado di mutare, dobbiamo considerare ogni opzione. Compresa la possibilità che Jerry non lavorasse da solo. Potrebbero esserci altri draghi nascosti nella valle.»

«Per l’amor di Dio.» Tyson mi lanciò un’occhiataccia. «Se ci fossero, nemmeno loro sarebbero in grado di mutare. Credi che Nora li abbia maledetti tutti?»

«Adesso sei disposto a considerare che fosse una maledizione?» Jax si appoggiò allo schienale della sedia, soddisfatto dal caos che si dispiegava davanti a lui. Aveva sempre voglia di litigare. «Le incantatrici non dovrebbero danneggiare intenzionalmente gli altri. Se Nora lo ha fatto, allora, cosa cazzo è? E noi chi abbiamo accolto in questo tuono?»

Nessuno di noi era disposto a considerare che ciò che desideravamo così tanto avrebbe potuto distruggerci. Che accettare delle compagne avrebbe potuto fare a pezzi il tuono.

«Qual è il nostro piano?» chiese Tyson.

«Sei tu a comandare» gli ricordai. Sarebbe stato facile prendere il controllo. Ma non avrei mancato di rispetto a mio fratello. Ma sfidarlo? Faceva bene ad aspettarselo, cazzo. «Siamo ai tuoi ordini.»

«Nora sta ancora insegnando a Sophie a diventare un’incantatrice. Le piace parlarne, potrei vedermi con Tanner e confrontare le informazioni che abbiamo.» Tyson si passò una mano tra i lunghi capelli scuri e sospirò. «Mi sembra di tradirla.»

«Allora diglielo.» Potevo fargli da guida. «Dille che sei preoccupato che gli incantesimi e gli insegnamenti possano non essere coerenti con le antiche leggende del tuono. Se lei tiene ai nostri interessi e le intenzioni di Nora sono vere, allora collaborerà.»

Lui annuì. La scoperta di un drago ribelle aveva reso tutti nervosi, e io non lo invidiavo, visto che doveva interrogare la sua nuova compagna.

«E della sorella che mi dite?» chiese Rafe. «Si comporta come se fosse trattenuta qui contro la sua volontà, e si irrigidisce a ogni accenno alla magia o al mondo soprannaturale.»

L’espressione di Monique, quando avevo affermato di essere un drago, era dipinta nella mia memoria come un’opera d’arte. Era bella, non si poteva negarlo, ma l’arte non era sempre una questione di bellezza. E in quel caso mi aveva spezzato il cuore. Aveva innalzato un muro, cancellando ogni possibilità che ci potesse essere un noi, e che io potessi prenderla come mia compagna.

Potevo convincerla che la magia esisteva, potevo farle capire che era come la sua medicina, da usare per il bene e non per danneggiare gli altri. Forse era l’unica in grado di aiutarci a sistemare le cose con Nora, se l’anziana incantatrice era stata portata fuori strada.

La riunione si concluse senza risoluzioni, solo sospetti. Avrei potuto bussare alla porta di Nora e chiederle quali fossero stati i suoi rapporti con Jerry. Ma quella vecchia era scaltra. Adesso faceva parte del tuono, e questo le assicurava la nostra protezione. E io non ero il tipo di stronzo che gettava un ospite fuori dalle caverne.

“Ma se ti fa del male...”

La voce del mio drago stava diventando più forte. Era una bestia prudente. Proteggeva ciò che aveva, e in sua assenza avevo imparato quanto potesse essere poco lungimirante. La bestia vedeva sempre ciò che aveva da perdere, ma raramente era disposto a correre un rischio.

Era giunto il momento di tirare fuori il mio pieno potere, per dimostrare al mio drago cosa avremmo ottenuto, se avesse seguito il suo cuore.

Quel pensiero mi portò alla porta di Monique. Esitai prima di bussare. Al falò della notte precedente, era praticamente strisciata fuori dalla sua stessa pelle alla parola drago. Evidentemente l’avevo disgustata, e non credeva nel mio potere. Dovevo dimostrarle che era reale.

L’avrei rivendicata come mia compagna. Niente mi avrebbe trattenuto.

“Non perderti nella magia di tuo fratello” mi avvertì il mio drago. “È affar suo.”

La bestia pensava che avessi scelto Monique perché lei era qui, perché gli ultimi effetti dell’incantesimo di Nora erano rimasti nell’aria, alla ricerca di qualcuno su cui fare effetto. L’incantesimo aveva lo scopo di aiutare tutti noi a trovare le nostre compagne.

No. L’incantesimo non era il motivo per cui non ero riuscito a smettere di pensare a lei. Ammiravo il modo in cui lei proteggeva ciò che era suo, e come si fosse costruita una casa tutta sua di sana pianta...

“Una casa che non vuole lasciare...”

Sta’ zitto, drago.

C’era anche il fatto che fosse una guaritrice. Dopo cinquant’anni intrappolati nella nostra forma umana, con domande, caos e accuse che accompagnavano il ritorno al nostro vero potere, il nostro tuono aveva bisogno di guarire.

Al mio drago piaceva quell’aspetto. “L’incantesimo porterà a ciascuno di voi esattamente ciò di cui avete bisogno. Ma solo quando sarete pronti.”

Fui sul punto di bussare, ma mi ritrassi di nuovo. Quella donna era la mia compagna, e avrei fatto di tutto per convincerla, anche se avesse aperto la porta e mi avesse sorpreso qui fuori con gli occhi chiusi. Mi presi un momento per assaporare il futuro. Per troppo tempo, tutto ciò che avevo visto era stato l’oscurità. Mistero e ombre. Immaginai il suo bellissimo corpo nudo, aggrovigliato tra le lenzuola sul nostro letto. Immaginai il sapore delle sue dolci labbra, gocciolanti di vino e desiderio. La mia erezione si gonfiò dentro i jeans, pronta per lei. Solo per lei.

Dovevo convincerla a restare. E ci sarei riuscito, un dolce bacio alla volta.

Rispose pochi istanti dopo che avevo bussato, come se fosse stata dall’altra parte della porta, anche lei persa nel sogno con me.

I suoi occhi erano azzurri come topazi, limpidi e pacifici come il cielo del mattino. Quando li guardavo, vedevo oltre i muri che aveva costruito così frettolosamente quando aveva risposto alla chiamata per venire ad aiutare Nora. Arrivavo fino alla sua anima.

Monique era una donna che sapeva ciò che voleva. Io le avrei dato ciò di cui aveva bisogno.

«C’è qualcosa che non va con la nonna?» chiese, stringendo il bordo della porta come se potesse offrirle protezione.

«Nora sta bene» le risposi. Avrebbe capito perché il tuono aveva dubbi su sua nonna. Ma non era quello il motivo per cui ero lì. «Mi chiedevo se ti andasse di uscire con me.»

I suoi occhi si spalancarono e si morse il labbro inferiore con i denti. Che lo riconoscesse o no, quella donna aveva la magia che le turbinava intorno. Poteva chiamarla come voleva: ricerca, intuizione, ma chiunque si sforzasse di migliorare il mondo aveva un potere speciale che non doveva mai essere ignorato.

«Adesso?» mi chiese.

Avevo intenzione di organizzare un vero e proprio appuntamento, perché pensavo che fosse quello che lei voleva. Ma quella donna mi avrebbe insegnato ad aspettarmi l’inaspettato. «Certo.»

Mi si avvicinò e si chiuse la porta alle spalle. «Andiamo.»

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Yaş sınırı:
0+
Litres'teki yayın tarihi:
27 ağustos 2021
Hacim:
151 s. 3 illüstrasyon
ISBN:
9788835426929
Tercüman:
Telif hakkı:
Tektime S.r.l.s.
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