Kitabı oku: «La Sua Omega Insolente», sayfa 2
Quattro
Tavia
Peperina. Quella parola mi era rimasta nella testa. Era meglio che Dagger mi gestisse con la stessa cura che riservava a uno dei fuochi d’artificio che i Reali adoravano far esplodere sopra il castello quando volevano che tutti sapessero delle loro vittorie in guerra. Ero altrettanto pericolosa e imprevedibile.
Lo sorpresi a lanciarmi più di un’occhiata nello specchietto retrovisore mentre guidava, e ricordai a me stessa che non potevo lasciarmi prendere alla sprovvista. Osservare ogni sua mossa era solo una parte del motivo per cui ero lì. Più di ogni altra cosa, avevo giurato di salvare la mia gente. Ma per ora, mi sarei accontentata di osservarlo.
I suoi capelli scuri mossi dalla brezza calda. Il modo in cui le sue spalle si flettevano e si tendevano sotto l’uniforme di pelle. Come poteva un uomo così orribile essere così attraente? Forse aveva un uccello minuscolo e il suo aspetto rimediava a quella mancanza. Si spostò sul sedile, e gli spessi muscoli del suo collo si fletterono, facendomi seccare la bocca.
No, non ero per niente distratta. Colsi il riflesso del suo sorrisetto nello specchio, chiara indicazione che l’aveva notato, e spostai lo sguardo verso il finestrino.
Nient’altro che deserto circondava la nostra carovana, che era composta da pochi veicoli. Sua Maestà aveva insistito per mandare i suoi uomini migliori. Era così che Cassian era stato coinvolto in tutta quella storia. L’esercito occidentale da lui comandato era composto principalmente da beta e Alfa più giovani, che godevano degli stessi privilegi concessi a tutti i residenti di Luxoria. Ora il loro capo veniva punito per l’inettitudine di Dagger.
Feci il punto sugli uomini nel veicolo con me. Non li conoscevo per nome, e non sapevo se erano i bravi soldati che il Re credeva che fossero. Dovevo fidarmi dei Reali, qualcosa che non mi veniva facilmente.
Charolet mi mise una mano sulla spalla.
«Sai dove stiamo andando?» mi sussurrò all’orecchio.
Gli omega non avevano mai potuto godere di un’istruzione formale. Avevamo imparato a leggere a lume di candela, bisbigliando, su testi dimenticati da tempo. Qualsiasi abilità che non avesse lo scopo di adempiere ai nostri doveri verso il regno proveniva dalla scuola della vita. Ma tutti quelli che conoscevo sognavano che un giorno avremmo avuto delle opportunità. Volevamo essere pronti quando sarebbero arrivate.
Tuttavia, non avevo idea che il deserto fosse così grande. Così desolato. Il mio mondo non era mai andato oltre i confini delle Badlands e di Luxoria, per una questione di sopravvivenza.
Scuotendo la testa quanto bastava per rispondere a Charolet, mi sporsi in avanti. In quel modo, Dagger non avrebbe potuto incontrare il mio sguardo senza far capottare il veicolo nella sabbia, ma sentii comunque il suo disappunto.
«Hai idea di dove stiamo andando?» chiesi.
Cassian ridacchiò. Avrei voluto che guidasse lui quella missione, invece di Dagger. Nessuno era sparito dai Confini Occidentali.
«Certo che sì.» La sua risposta aveva lo scopo di mettermi a mio agio, o di rimettermi al mio posto. Invece, mi fece arrabbiare.
«Da quanto tempo sapevi quale fosse il luogo dove gli umani conducevano gli esperimenti sugli omega?»
Le sue dita si strinsero sul volante. «Non conosco l’ubicazione dei laboratori. So solo dove si trova la città. Una volta che saremo lì, useremo le informazioni che abbiamo raccolto...»
«Quindi sapevi fin dall’inizio cosa stava succedendo.» La mia mascella era così tesa che temetti di spezzarne l’osso. «E hai ignorato le nostre denunce. Le nostre richieste di aiuto.»
Dagger inchiodò di colpo e, in una nuvola di polvere, la nostra macchina si staccò dalla fila degli altri veicoli. Meno male che non eravamo in testa al gruppo. I Reali, anche quando ricoprivano un ruolo militare, lasciavano che fossero i soldati beta a schierarsi sulle linee del fronte. Gli Alfa Reali non si muovevano mai senza protezione, anche se potevano schiacciare i loro nemici con uno schiocco delle dita. Le macchine dietro di noi seguirono il nostro esempio, e per miracolo Dagger non causò un incidente.
Si voltò a guardarmi. «Ho fatto rapporto su ogni incidente, Tavia.» Nessun nomignolo carino, questa volta. «È stato solo quando la Regina ha reso questo problema una priorità che è stata organizzata una missione.»
«Gli umani useranno la vostra tecnologia contro di voi.» Il cuore mi batteva forte nel petto e il sudore mi scorreva lungo la schiena. Non era molto caldo, ma questi vestiti di pelle erano atroci. Non c’era da meravigliarsi che gli Alfa fossero tutto il tempo dei cazzoni. Un caldo del genere mi aveva resa irritabile. «Gli omega che hanno catturato non ti sono fedeli. Faranno tutto il necessario per sopravvivere.»
Strinse lo sguardo, e quel sudore colò freddo sotto la mia giacca. Non potevo lasciargli pensare di avere alcun effetto su di me. «L’unica cosa che mi interessa sapere è se gli omega all’interno di questo camion mi sono fedeli. Voi combatterete per me? Posso fidarmi?»
Avevo detto che non avrei mai riposto la mia fiducia negli Alfa. Ma fuori nel deserto, in quella carovana, era diverso.
Non stavo combattendo per lui, mi dissi. Stavo combattendo per tutti i miei amici scomparsi. E per i lupi che erano stati trasformati in mostri. In modo che potessero trovare un po’ di pace.
Annuii.
«Nell’esercito lavoriamo insieme, come una squadra. Combatti per l’uomo che hai accanto, e lui, in cambio, combatte per te. Essere divisi è una debolezza.»
«Credi che non lo sappia?» sospirai, ma poi feci calare la maschera. Non dovevo fargli capire il resto, che la debolezza equivaleva alla morte. «Di recente è stato rapito un altro omega. L’ho scoperto solo ieri sera. Stanno ancora catturando omega dalle Badlands.»
Dagger deglutì a fatica. Quella era una nuova informazione, e non avrei dovuto coglierlo alla sprovvista in quel modo. In un mondo perfetto, avrei seguito il protocollo. Ma stavo imparando le regole del mio nuovo ruolo man mano che procedevo. Quelle vecchie non avevano funzionato.
«Lo faremo sapere alle truppe in città.» Si voltò di nuovo e innestò la marcia. Per quanto lo riguardava, quella conversazione era finita.
Ma non per me. «Chi controlla le Badlands, adesso?»
Lui scosse la testa. «Forse avresti dovuto restare indietro.»
Quindi non ne aveva idea, ma non era suo compito fare domande al Re, solo eseguire i suoi ordini. Adalai non gli diceva tutto. Dagger non era a conoscenza che io e Charolet saremmo arrivate. Il fatto che in realtà ci fosse un piano in atto per vegliare sulla nostra casa mi diede un po’ di conforto.
«Confido che mia sorella faccia la cosa giusta per la nostra gente» dissi. Adesso la conversazione era finita.
Sprofondai nel sedile, ma non mi rilassai. Continuavo a pensare di aver visto la città umana comparire all’orizzonte, ma era solo un miraggio, mi spiegò uno dei soldati beta. Il deserto giocava brutti scherzi quando ci si rimaneva troppo a lungo. Apprezzavo il fatto che il beta al mio fianco avesse accettato il mio ruolo nella missione, senza rinfacciarmi di essere lì a causa mia. La maggior parte di loro erano persone decenti, sebbene compiacenti.
Ma all’interno del mio corpo la mia lupa stava ringhiando. Era diventata impaziente, e moriva dalla voglia di combattere.
Non era un buon segno.
In lontananza, travi d’acciaio si alzavano dalla sabbia. Il riflesso del sole le faceva sembrare un incendio, e ci dirigemmo verso di esse. Man mano che ci avvicinavamo, quegli oggetti divennero più chiari. Reali.
Il cuore mi balzò in gola. Presentarsi alla fortezza umana senza preavviso poteva essere la procedura operativa standard per i Reali e il loro esercito, ma in quanto omega... noi saremmo andate lì solo in qualità di prigioniere. E quelli che sopravvivevano non se ne andavano come erano arrivati. Nelle Badlands conoscevo le regole, ma non avevo idea di come comportarmi, in quel momento.
Tutti uscirono dai veicoli. Scivolai fuori dal sedile e aspettai Charolet. Fu l’ultima a scendere. I suoi occhi scuri erano spalancati e le labbra aperte.
Le offrii la mano per aiutarla a smontare. «Zelene li ucciderà se ci succede qualcosa» le sussurrai all’orecchio.
Non rispose subito, valutando invece Dagger e Cassian. Il suo sguardo indugiò ancora un po’ sul secondo. «Cosa succede se entriamo in calore?» mi chiese.
Merda. Erano successe così tante cose, dopo il calore di Zelene, che me ne ero completamente dimenticata. E, con la fine della Divisione, non mi sentivo più così vulnerabile. Avevo dimenticato di preoccuparmi per l’inevitabile flusso ormonale che ci avrebbe messe in pericolo. Vivere insieme in quella minuscola baracca aveva coordinato i calori di tutte noi. Zelene non era sempre la prima a sperimentarlo, e spesso si creava un vero e proprio effetto domino.
E se stare vicino agli Alfa lo avesse fatto scattare... la mia lupa si contorse dentro di me. «Il tuo sta arrivando?»
«Non ancora.»
Sospirai. «Faremo come abbiamo sempre fatto. Ci proteggeremo a vicenda.»
Lei riuscì a sorridere, ma non durò a lungo.
«Tavia. Charolet» abbaiò Dagger. «Se volete far parte di questa missione, farete meglio a stare al passo con i soldati esperti e venire a sentire.»
Gemetti, ma ci unimmo al gruppo davanti al veicolo.
«Metteremo in atto un approccio pacifico» disse Dagger, e a quelle parole mi venne voglia di protestare. Gli umani avevano trasformato i nostri amici, i nostri familiari, in mutanti. Se non fossero stati abbastanza fortunati da morire nella trasformazione, ovvio. Ma poi, continuando ad ascoltare, capii per la prima volta che Dagger era davvero dalla nostra parte. «Non date per scontato che qualcuno sia andato troppo oltre per essere salvato, se è ancora vivo. Abbiamo un team addestrato di medici, e un camion pieno di attrezzature. Una volta valutata la situazione, vi verrà assegnato un compito. Prenderete ordini solo da me o da Cassian.»
«Quella non è la sorella della Regina?» chiese qualcuno dietro di me, ridacchiando. «Ha un rango più alto del tuo.»
Dagger lo guardò torvo. «Gli ordini provengono solo dai Comandanti Alfa.» Nessuno gli ricordò che quello non era più il suo titolo.
Cassian iniziò a camminare e i soldati lo seguirono. Tutti tranne Dagger. Charolet mi strinse la mano quando iniziammo a muoverci. Chiunque l’avesse notato, avrebbe pensato che fosse una manifestazione di unità o di paura.
«Voi due.» Dagger ci stava aspettando. Charolet e io ci fermammo di colpo. Senza nessuno come testimone, Dagger si sarebbe potuto inventare qualsiasi storia per giustificare che due omega non erano tornate. «Non allontanatevi da me.»
«Mai» promise Charolet.
Cinque
Dagger
Tavia si aggrappava a Charolet come se quella donna fosse la sua ancora di salvezza, e alzava il mento per controbilanciare il fatto ovvio che avesse paura. Quell’omega era coraggiosa. Probabilmente più della maggior parte dei guerrieri che il Re aveva mandato con me.
Ecco perché avevo bisogno della sua fedeltà.
«Ascolta» dissi, ignorando l’altra omega. «Non posso permetterti di mettere in dubbio ogni mia mossa. Soprattutto non con metà dei miei uomini che già dubita di questa missione.»
Lei fece uno sbuffo di derisione. «Dovrei essere dispiaciuta di essere una spina nel fianco?»
Pensava che fosse una gara a chi ce l’aveva più lungo, ma non avevo tempo per le sue inutili frecciatine. Prendeva sul serio quella missione o no? Ecco cosa avevo bisogno di scoprire.
Mi sporsi in avanti, mettendomi faccia a faccia con lei, per ringhiare piano: «Sai cosa sarò costretto a fare se la mia autorità viene messa in dubbio?»
La sua gola sobbalzò deglutendo a fatica, e maledissi il lupo rinchiuso dentro di me quando gli venne voglia di leccarle il collo.
«Se continui così, donna, dovrò comportarmi come l’Alfa stronzo che disprezzi. Dovrò combattere i miei uomini per dimostrare qual è il mio posto. E questo causerà la perdita di soldati di valore al solo scopo di mantenere l’ordine. Oppure...» Feci un sospiro, cercando di farmi uscire il suo profumo dai polmoni in modo da poter chiarire le cose.
«Oppure cosa?»
«Oppure possiamo fare le cose nel modo più semplice» le risposi. «Smettiamo di litigare e lavoriamo insieme.»
«È quello che stiamo facendo» mi rispose.
«No. Quello che stiamo facendo è lanciarci delle frecciatine. La sorella omega della Regina e un Reale caduto in disgrazia. Chi pensi che guadagnerà la lealtà dell’esercito?»
Tavia si irrigidì, ma potevo vedere la sua mente al lavoro. Ed era intelligente. Sarebbe arrivata alla stessa conclusione a cui ero arrivato io.
«Non lo so» ammise.
Annuii, d’accordo con lei. «Già siamo pochi, e questo ci dividerà ulteriormente, rendendoci inutili. Dobbiamo lavorare insieme o non troveremo ciò che stiamo cercando.»
«Non mi fido di te» mi disse, e io sentii quelle parole fino alle ossa. Non si fidava di me, ma io volevo che lo facesse. Il mio animale voleva che lo facesse. In modo da poter riportare gli omega a casa, ecco cosa mi dissi. Ma c’era una parte di me che sapeva che volevo la sua fiducia per altri motivi.
«Non hai altra scelta, qui.»
I suoi occhi si strinsero. «Ho sempre una scelta, adesso. Prima forse era vero, ma ora non più. Ricordalo, Dagger.» Il modo in cui pronunciò il mio nome, come un’arma sulla punta della lingua, mi provocò una dolorosa erezione dietro la protezione inguinale che faceva parte dell’uniforme.
Mia, dichiarò il mio lupo, ma in quel momento non gli avrei dato nemmeno un briciolo di autorità. Tavia non era mia. Non poteva esserlo. Soprattutto non così.
Ho sempre una scelta.
Bene. Voleva poter scegliere? Le avrei chiarito per bene la situazione. «Se vuoi salvare gli omega, dovrai sottometterti a me. Lasciarmi fare il mio lavoro.»
Lei si scambiò uno sguardo con Charolet.
«Sottomettermi?» sputò, i suoi occhi impazziti a riprova del fatto che la sua lupa potesse mutare, a differenza della mia bestia. «Non mi sono sottomessa abbastanza per una vita intera? Ho lavorato consumandomi le dita fino all’osso nel vostro castello. Ho camminato con scarpe rotte che riuscivo a malapena a riparare, mentre i tuoi stivali erano puliti e lucidati dalle persone che amo. Vuoi la mia sottomissione, Alfa? Ce l’hai da troppo tempo. Non l’avrai ancora, adesso.»
L’Alfa in me si oppose a quella sfida. Il mio lupo si mosse sotto la pelle, desiderando avvicinarsi a Tavia. Se fossimo stati soli, le avrei dimostrato che sottomettersi a me non doveva per forza essere una brutta cosa. Avrebbe scoperto che la sottomissione poteva essere liberatoria. Piacevole. Appagante. Sì, le avrei decisamente fatto cambiare idea.
Solo che non eravamo soli. E stavamo perdendo tempo.
«Cosa ti trattiene?» chiesi, impaziente.
«Te l’ho già detto. Non mi fido di te. Non credo che farai ciò che è meglio per la mia gente.»
C’era solo un modo per dimostrarglielo e ci sarebbe voluto del tempo. Lei mi doveva conoscere. Doveva conoscere il vero me. Chi ero sotto la facciata del maschio appartenente ai Reali, in modo da guadagnarmi la sua fiducia.
Ci sarebbe voluto un cazzo di tempo che non avevamo.
«Vieni con me.» Mi voltai, aspettandomi che mi seguisse, ma non lo fece. «Tavia.»
Si accigliò, cercando chiaramente di dare un senso alla mia richiesta. Dopo diversi momenti di tensione, si fece avanti... ancora aggrappata a Charolet.
«No. Solo tu.»
«Io vengo con lei» insistette Charolet. «Dove va lei, vado io.»
Mi accigliai, diventando più agitato. «In teoria è fantastico, ma qui non funzionerà. Vi rallenterete a vicenda, in questo modo. Inoltre, stiamo solo andando oltre quel masso.» Indicai un punto in lontananza, dove nessuno avrebbe sentito ciò che stavo per dire a Tavia.
«No. Non so cosa hai intenzione di farle...»
«Va tutto bene» la interruppe Tavia. «Ci vado.»
«Tav, no. Non è sicuro.»
Si voltò per affrontare la sua amica. «Non siamo mai al sicuro. Te lo ricordi? Ma su una cosa lui ha ragione. Non ce la faremo se continuiamo a litigare.» Mi guardò. «Se non torno, vai a Luxoria. Vai da Zelene.»
Se non torno. Cosa? Si aspettava che la trascinassi oltre quella roccia e la uccidessi? Cazzo, o la mia omega aveva una fervida immaginazione o era pazza. Ucciderla non mi avrebbe restituito il posto. Non mi avrebbe fatto guadagnare il rispetto di nessuno. Inoltre, non volevo un’altra goccia di sangue omega sulle mani.
Mi diressi ancora una volta verso il gruppo di massi che avevamo superato in precedenza. Era a un centinaio di metri dalla carovana principale. Capii che Tavia mi stava seguendo, perché la polvere che sollevava turbinò tra di noi.
«Di cosa si tratta, Dagger?»
Non appena ci nascondemmo dietro le rocce, non persi tempo ad arrivare al punto.
«Ti dirò qualcosa che nessun altro sa. Te lo dico perché non ho tempo per conquistare la tua fiducia in nessun altro modo. Ma prima di farlo, ho bisogno della tua parola che non lo dirai ad anima viva. Nemmeno a tua sorella.»
«Va bene.»
«No, non va bene, Tavia. Dirlo a chiunque potrebbe mettere altre persone in pericolo. Non ho bisogno di avere altra merda sulle spalle. Voglio la tua parola e, dannazione, spero che la tua parola significhi davvero qualcosa.»
Sollevò di nuovo quel mento ostinato. «La parola di un’omega significherebbe comunque qualcosa per te?»
«Non te la chiederei se non fosse così» risposi a denti stretti.
Il suo sguardo scettico cercò sul mio viso una prova che stessi mentendo, ma non ne trovò.
«D’accordo, Dagger. Hai la mia parola. Terrò il tuo segreto, ma non garantisco che ci farà diventare amici.»
Non saremmo mai stati amici, lei e io, e non volevo esserlo. «Siamo d’accordo.» Sospirai, guardando l’orizzonte in cerca di qualcosa che indicasse che eravamo in pericolo. Era istintivo vegliare, per me. Come deglutire o prendere fiato. «Tu pensi che non riporterò a casa gli omega che sono spariti. Che non me ne freghi niente di quello che succede alla tua gente.»
Tavia annuì, confermando ciò che aveva già detto.
«Ti sbagli.»
«Bene.» Incrociò le braccia sul petto. «Gli Alfa non si interessano agli omega. Punto. A parte il nostro attuale Re. Ma anche lui ha a cuore il destino di un’unica omega. Ho sbagliato su molte cose, in vita mia, ma non su questa.»
Alzai un sopracciglio. «Ah davvero? Adesso sei tu l’esperta dei miei sentimenti?»
Lei aggrottò la fronte e io mi avvicinai, invadendo lentamente il suo spazio. Non volevo, ma era come se la gravità mi spingesse in avanti.
«Perché se è così, forse puoi spiegarmi perché diavolo ho un’omega per compagna.»
Tavia rimase immobile. «Cosa?»
«La mia compagna è un’omega.» Ecco. L’avevo detto ad alta voce. La verità che negavo da tanti mesi. E fanculo se quelle parole non mi avevano bruciato il petto, uscendo.
«Ti sei accoppiato con una di noi? È contro la legge» sussurrò.
«Era contro la legge. Ma no, non l’ho mai fatto.» Ero un maledetto Generale. Non avevo mai infranto le leggi del Re, non avevo mai tradito la sua fiducia. Non avevo mai tradito la mia specie.
E guarda dove mi aveva portato.
«La tua compagna è un’omega?» Strizzò gli occhi, e la sua espressione passò da scettica a scioccata e viceversa.
«Sì. E ora che lo sai, voglio che questa merda finisca. Non mettere più in discussione me o la mia lealtà. Mi lascerai fare il mio lavoro. Fammi trovare gli omega scomparsi, in modo che possa riportarli a casa e sistemare le cose.»
Tavia sbatté le palpebre, muovendo la testa in un timido cenno del capo.
Mi bastava.
«Andiamo.» Charolet probabilmente stava scavando un canyon nella sabbia del deserto aspettando il nostro ritorno.
«Dagger, aspetta.»
Voltandomi incrociai gli occhi spalancati di Tavia, ma ignorai la linea triste della sua bocca. Non disse niente per diversi respiri. «Lo... lo sa? La tua omega. Sa di essere tua?»
«No.» La mia risposta fu irremovibile. «E non lo saprà mai, se avrò voce in capitolo.»
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