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Kitabı oku: «La delinquenza nella Rivoluzione francese», sayfa 2

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Il Garofalo, in un prezioso opuscolo, ha fatto osservare che l'aristocratico ha lasciato fra noi tale un'istintiva devozione, che negli stessi suffragi politici a base democratica, esso è con costanza preferito a persone non solo eguali ma superiori per merito. Ed anche coloro, come gli antropologhi ed i psichiatri, che sanno quanto la nobiltà, almeno fra i latini, presenti più spesso il fianco alla degenerazione e quindi ad una vera inferiorità fisiologica sui borghesi, per l'ozio, per i matrimoni consanguinei, ecc., si sorprendono attratti verso loro, non di raro, da illogici istinti di ossequio, analoghi a quelli del valligiano remoto che saluta umilemente ogni cittadino che incontra; e sono – gli uni quanto gli altri – ultimi vestigi, ereditari, delle antiche schiavitù feudali. Il dominio teocratico, è da un pezzo passato dai nostri costumi, almeno in apparenza; ma provatevi ad agitare una questione in cui sottomano e di lontano anche entri la punta teocratica, il divorzio, per esempio, come tempo fa la soppressione dei frati o solo del loro vestiario, e vedrete che opposizione si solleva, ben inteso sotto i termini più diversi, più liberali, della libertà individuale, del rispetto alla donna, della protezione dei figli, ecc.

Abbiamo oggidì, si dice, la libertà, la giustizia per tutti; ma in fondo i privilegi non fecero che cambiare da una all'altra casta; non sono più i sacerdoti ed i nobili, ma pochi avvocati politicanti che predominano ed al cui vantaggio lavorano tutti – senza o quasi senza compenso – gli onesti ed i disonesti.

Insomma il passato è così incarnato nelle nostre viscere, che anche i più riluttanti ne sentono attrazione potente; così possiamo essere miscredenti finchè si vuole, eppure dalle moine del prete qualche ora del giorno ci sentiamo colpiti ed attratti; possiamo essere egualitari, ma, come abbiamo accennato, sentiamo una venerazione per gli eredi dei nostri baroni; altri ha bel credere all'inutilità di alcune leggi, ma chi le difende trova subito il plauso di mille, solo perchè esse hanno esistito. E se la civiltà si fa strada non di rado, è perchè trova nei mutamenti di clima, di razza, o nell'insorgere dei genii o dei pazzi, circostanze tali che finiscono per sommare tanti piccoli movimenti in modo da farne col secolo un grande.2

Misoneismo nelle pene. Contro l'uso. – Ecco perchè nelle legislazioni primitive vediamo le mancanze contro l'uso costituire il massimo delitto, la massima immoralità: ed un breve esame condurrà a veder in ciò l'origine di quasi tutte le leggi che vennero poi a tutelare lo Stato contro i ribelli all'ordine politico esistente, od a punire gli attentati rivolti contro i capi del Governo, discendenti dai sacerdoti, dai capi tribù primitivi, che nell'idea misoneistica, quali custodi dell'uso, venivano considerati come sacri e perciò, mentre godevano piena impunità, segnalavano ogni offesa contro sè stessi come delitto.

Il codice di Manù (libro I, art. 108-9) così si esprime quanto alla violazione dell'uso:

“Il costume immemorabile è la principale legge approvata dalla rivelazione; in conseguenza chi desidera il bene dell'anima sua deve conformarsi con perseveranza al costume immemorabile. Perciò i Muni, conoscendo che la legge si appoggia a consuetudini immemorabili, su queste fondarono ogni austerità.„

Così il supplizio dell'olio bollente era destinato al Sudra tanto audace da dare un consiglio ai Bramini relativamente al loro dovere e si giudicava un atto di rivolta quando cessava di approvare ciecamente l'attitudine di coloro che sono i maestri, i padri di tutta la creazione. (Manù, VIII, 272). – Come vedemmo, era a sua volta delitto per il Bramino, non solo l'andare all'estero, ma il coabitare con uno straniero, o farsi da questo preparare i cibi.

Gli Egiziani spinsero l'amore dell'immobilità al punto di fissare con leggi immutabili la pittura, la scultura, i canti e la danza ed a giudicare come empi coloro che tentassero mutarli: persino il disprezzo dei rimedi suggeriti dai libri sacri era sacrilegio: il medico che vi contravvenisse poteva in caso di insuccesso essere condannato a morte.

Nella Cina non si fece diversamente per lunghi secoli: ed è noto quanto anche ora quel paese si dimostri restìo al progresso europeo: nel 1840 un padrone di nave, avendo messo un'áncora all'europea, il Governo fece distruggere la barca e punire il barcaiuolo.

Nei codici della dinastia Hia, ricordati da Confucio, si trovano dei curiosi esempi di misoneismo: vi si leggeva, per esempio: “chi alterando le parole corrompe le leggi – chi disordina i titoli e muta le regole – chi professa false dottrine per disordinare il Governo: pena di morte. Chi compone musica licenziosa – chi forma abiti strani – chi fabbrica meccanismi artificiosi o arnesi straordinari per commuovere la mente del principe: pena di morte.„

In tutte le città greche il sacrilegio e quindi la mancanza agli usi e alle credenze più assurde, era essenzialmente un delitto politico.

Per i Daiacchi era delitto intaccare i tronchi degli alberi con dei tagli a V come gli Europei: non si dovea colpirli che perpendicolarmente all'asse.

Nella antica Russia, scrive Stepniak, il concilio ecumenico condannava l'introduzione di una nuova foggia di pettinatura, di un nuovo piatto, come un reato: nel 1563 la prima stamperia vi fu chiusa come opera diabolica.

Da noi è ancora vivo il ricordo come fossero considerati delitti di Stato i tentativi di mutare i costumi più semplici; come i cessati Governi dispotici perseguitassero quali proprii nemici non solo i veri ribelli, ma perfino i portatori di baffi e un tempo gli avversari della coda.

II.
Rivoluzioni e Rivolte

Fondamento del delitto politico. – Ora, se per tutto quanto abbiamo visto, il progresso organico ed umano non ha luogo che lentamente e per attriti potenti, provocati dalle circostanze esterne ed interne, e se l'uomo e la società umana sono conservatori istintivamente, è forza concludere che i conati al progresso, che si estrinsecano con mezzi troppo bruschi e violenti, non sono fisiologici: che se costituiscono qualche volta una necessità per una minoranza oppressa, in linea giuridica, sono un fatto antisociale e quindi un delitto.

Ed un delitto spesso inutile: perchè essi destano una reazione in senso misoneistico, che basandosi solidamente sulla natura umana, ha una portata maggiore dell'azione anteriore. Ogni progresso per essere adottato deve essere lentissimo, altrimenti è un dannoso ed inutile sforzo.

Coloro che vogliono imporre una novazione politica, senza tradizioni, senza necessità, intaccano il misoneismo e destano così la reazione negli animi aborrenti dal nuovo, con che giustificano l'applicazione della legge punitiva.

Rivoluzioni, ecc. – E qui si pare la distinzione tra le rivoluzioni propriamente dette che sono effetto lento, preparato, necessario, al più reso di un poco più rapido da qualche genio nevrotico, o da qualche accidente storico, – e le rivolte o sedizioni, le quali sarebbero un'incubazione precipitosa, artificiale – a temperatura esagerata – di embrioni tratti perciò a certa morte.

La rivoluzione è l'espressione storica della evoluzione: dato un assetto di popolo, di religione, di sistema scientifico, che non sia più corrispondente alle nuove condizioni, ai nuovi resultati politici, ecc., essa li cambia col minimo degli attriti e col massimo del successo, per cui le sommosse e le sedizioni che provoca, se pure ne sono una parte necessaria, sono appena avvertite e svampano appena comparse: è la rottura del guscio del pulcino maturo.

Uno dei suoi caratteri distintivi, dunque, è il successo, che può raggiungersi presto o tardi, secondo che sia più maturo o no l'embrione e secondo che sieno i popoli e i tempi adatti alla evoluzione.

Un altro carattere è il suo moto lento e graduato, altra ragione questa del successo, perchè allora è tollerato e subìto senza scosse; malgrado, non di rado, una certa violenza vi appaia necessaria contro i partigiani del vecchio che si trovano sempre, per quanto grandi siano le ragioni del nuovo: e ciò sempre per l'universalità del misoneismo e della legge di inerzia.

Le rivoluzioni sono più o meno diffuse, generali e seguite da tutto un paese; le sommosse sono sempre parziali, opera di un gruppo limitato di caste o d'individui; alle prime non prendono parte quasi mai i ceti elevati, ben inteso quando essi non sieno presi di mira dagli altri per livellarsi con loro.

Le sedizioni rispondono a cause poco importanti, non di rado locali o personali, spesso in rapporto all'imitazione, all'alcool, al clima, e durano di una vita tanto più corta, quanto più vivace. Come non mirano ad altri ideali, così non raggiungono uno scopo o lo raggiungono contrario al benessere generale e sono frequenti in popoli meno progrediti: esempi il Messico, San Domingo, le piccole repubbliche medioevali, e or non è molto, quelle dell'America meridionale; come nei ceti meno colti e nel sesso più debole – e assai più vi partecipano i criminali che gli onesti.

Le rivoluzioni invece appaiono sempre di raro, mai nei popoli poco progrediti, e sempre per cause assai gravi o per alti ideali; vi prendono parte più gli uomini appassionati, cioè i rei per passione od i genii che i criminali.

Così è che se le ribellioni cessano colla morte dei capi, le rivoluzioni ne hanno spesso, invece, incremento (Cristo): e benchè gli inizii ne siano il più delle volte poco favorevoli, finiscono quasi sempre per trionfare, all'inverso delle rivolte, vincitrici invece solo sul principio.

Questo succede anche quando si tratti di popoli deboli opposti a forti, come in Grecia, nei Paesi Bassi, a Milano nel 1848, e nell'impresa dei Mille. Che se sulle prime tali rivoluzioni sembrano fallire, esse danno luogo a un lento lavorìo che finisce col farle trionfare: così il partito popolano di Roma represso da Silla, trionfò con Cesare; a Firenze, i Ciompi, sconfitti, finirono col prevalere coi Medici; nei tempi moderni i moti rivoluzionari del '48 e '49 dell'Ungheria e dell'Italia, debellati crudelmente dapprima, le condussero alla conquista della indipendenza politica.

Ma se il terreno non sia preparato e sia troppa la distanza fra il precursore e la massa del pubblico, la sua voce resta inascoltata e non si ha allora che una sedizione, l'aborto della rivoluzione, la convulsione piuttosto che il moto normale, e quindi, come quella, è prova di malattia e di indebolimento. E ben l'esprime Dante parlando della sediziosa Firenze:

 
“Quante volte del tempo che rimembre
Legge, moneta, e uffici, e costume
Hai tu mutato e rinnovato membre.
E se ben ti ricorda, e vedi lume,
Vedrai te somigliante a quella inferma
Che non può trovar posa in sulle piume,
Ma con dar volta suo dolore scherma.„
 
Purgatorio, Canto VI.

Ecco perchè vedremo le sedizioni più numerose nei paesi caldi od in quelli a grandi altezze, dove la minor pressione atmosferica provoca l'anoxiemia, mentre si vedono le rivoluzioni esser più frequenti nelle regioni del freddo temperato che del caldo: esempio gli Ebrei progrediti quasi in Arî passando dal caldo al freddo temperato, mentre degli Arî purissimi, come i Vandali, passando dal freddo al caldissimo dell'Africa, subirono un regresso.

Ecco perchè infine vi hanno paesi in cui mai avvennero vere rivoluzioni, in cui la religione restò bramina e feticcia, ed il Governo individuale e dispotico, anche nelle così dette repubbliche; mentre le sedizioni sono assai rare nell'Inghilterra, nell'America del Nord, in Germania, dove avvennero invece grandi rivoluzioni.

2.Vedi il mio Uomo di genio, 6.ª ediz., parte IV.
Yaş sınırı:
12+
Litres'teki yayın tarihi:
13 ekim 2017
Hacim:
50 s. 1 illüstrasyon
Telif hakkı:
Public Domain
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