Kitabı oku: «Un Abbraccio Per Gli Eredi », sayfa 4

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CAPITOLO SEI

Sebastian conduceva il suo cavallo attraverso la nebbia, dietro a Emeline, Cora e Viola, e ogni passo fatto dall’animale riecheggiava nel silenzio che avevano attorno. Prima c’era stato l’improvviso e violento terrore della battaglia, ma ora sentiva un diverso genere di timore contorcerglisi dentro: la paura di non sapere.

Non sapeva dove fossero i nemici. Non sapeva quanti li stessero seguendo in questo preciso istante. Emeline stava facendo strada, usando i suoi poteri per cogliere i pensieri degli uomini del Nuovo Esercito, ma Sebastian non aveva modo di sapere se qualcuno potesse scivolare dietro di loro, cercando di attaccarli dal nulla.

“Fidati di lei,” mormorò Asha da dietro di lui sul cavallo. “Emeline ci porterà fuori.”

Sebastian poté sentire lo sforzo nella sua voce. Un’occhiata alle sue spalle gli rivelò le gocce di sudore che le imperlavano la fronte, la mano stretta sulla pietra cuore presa da Casapietra.

“Stai bene?” le chiese Sebastian. Non era certo di cosa sarebbe successo se Asha avesse perso la concentrazione e la nebbia attorno a loro si fosse sollevata. In quel momento non gli interessava neanche che gli avesse nuovamente letto il pensiero. “Per tenerla al sicuro, resisto.”

Per tenerla al sicuro, Viola, sua figlia. Ora era tranquilla con Cora, farfugliava un poco, ma no piangeva né reagiva alla violenza che la circondava. Sebastian avrebbe fatto ogni cosa per metterla in salvo, ma doveva ammettere che trovava sorprendente che una come Asha fosse intenzionata a fare lo stesso.

“Con tutto ciò che è destinata ad essere?” chiese Asha. “Farò tutto quello che posso per proteggerla. Morirei per vederla in salvo.”

Sebastian odiava il pensiero che tutti credessero che sua figlia avesse un qualche destino per cui non avesse scelta. Ma in quel momento, il pensiero che Asha rinunciasse a così tanto pur di tenere Viola al sicuro, era difficile da mettere in discussione.

Continuarono ad avanzare, la nebbia che oscurava tutto attorno a loro. Sebastian riusciva solo a distinguere Cora ed Emeline davanti al suo cavallo, ma gli altri a Casapietra erano poco più che ombre nella nebbia, i rumori della battaglia attutiti, le grida e lo sferragliare del metallo ridotti a qualcosa di lontano e irreale.

Poi divenne tutto fin troppo reale quando due uomini si imbatterono in loro. Erano entrambi soldati del Nuovo Esercito, con le loro uniformi color ocra macchiate del sangue della gente che avevano già ucciso. Fissarono lui e gli altri per capire cosa avessero davanti.

Sebastian allungò il braccio senza pensare, facendo roteare la spada per colpire il primo. Asha ed Emeline dovevano concentrarsi, mentre Cora teneva Viola in braccio. Restava solo lui. Cercò di arrivare al più vicino dei due uomini, colpendolo prima che quello potesse sollevare la spada. Sentì l’acciaio che penetrava nella carne del soldato, passando attraverso le clavicole e facendolo gridare mentre l’aria gli usciva dai polmoni. Il sangue spruzzò e l’uomo cadde a terra, quasi strappandogli la spada di mano.

Il secondo uomo riuscì a sollevare un moschetto mentre Sebastian liberava la sua lama, puntandoglielo contro. Sebastian si lanciò giù dal cavallo e sentì lo sparo riecheggiare nella nebbia con un boato che parve riempire lo spazio.

Sentì l’impatto con il terreno e per un momento perse la presa sulla sua spada. Rotolò e il soldato lo attaccò cercando di colpirlo con la punta della baionetta. Sebastian diede un calcio e colpì l’uomo al ginocchio, poi cadde insieme a lui, dando pugni e gomitate fino a che riuscì a liberarsi. Fece per prendere la spada a terra, ma l’uomo gli diede un calcio e lo fermò di colpo.

“Il Maestro dei Corvi mi darà una ricompensa quando vi porterò tutti da lui,” disse il soldato. Sollevò il moschetto puntando la baionetta contro Sebastian. “E la cosa migliore è che non gli interessa che siate vivi o morti.”

Sebastian fece un altro salto verso la spada e sentì la mano stringersi saldamente sull’elsa. La sollevò alla cieca e la sentì penetrare nella carne. Il soldato rimase fermo, guardando la lama che gli sbucava dal busto, poi cadde indietro. Sebastian si mise in piedi a fatica.

“Veloce!” gli ordinò Emeline. “Si stanno avvicinando. Devono aver sentito il combattimento.”

Sebastian si trascinò fino al cavallo e montò in sella.

“Dovremo muoverci in fretta,” disse Emeline. “State vicini.”

Sebastian la vide spronare il cavallo al galoppo, e ora dovette cavalcare con decisione per tenere il passo tra svolte e curve. Emeline aveva il vantaggio di sapere dove si trovassero le menti del Nuovo Esercito. Lui poteva solo seguirla usando le abilità di cavaliere che gli erano state impartite in quanto principe fin da quando era stato abbastanza grande da poter montare un cavallo.

Le mura di pietra di Casapietra erano poco avanti, e Sebastian vide il cavallo di Emeline e Cora saltarle, gli zoccoli che ne sfioravano la sommità.

“Tieniti stretta!” gridò Sebastian ad Asha prima di spronare il loro cavallo sul salto. L’animale saltò e Sebastian lo sentì far cadere delle pietre dalla sommità del muro, poi dovette mantenere il controllo mentre atterrava dall’altra parte e arrancava per passare al di là del fossato che c’era oltre. In qualche modo mantenne l’equilibrio, poi furono nella brughiera, fuori dall’insediamento.

“Rallentiamo ora,” gridò Emeline da poco avanti. Gli ci vollero un altro paio di secondi per poterla vedere. “Cora, tieni Viola in silenzio.”

Passarono dalla corsa a un’avanzata lenta e guardinga, e la parte peggiore era che Sebastian non ne capiva il motivo. Sapeva che dovevano esserci dei soldati a sorvegliare il passaggio là fuori, forse addirittura impegnati a cercarli già adesso, ma non sapeva dove fossero. Tutto quello che poteva fare era tenere la spada pronta e sperare che nessuna delle ombre di cui vedeva degli accenni nella nebbia fossero nemici rivolti a loro.

Per quanto avevano proseguito a questo modo? Ore forse? Era impossibile a dirsi, quando la nebbia schermava addirittura il passaggio del sole dal cielo, e la tensione che Sebastian provava si dipanava in qualcosa che pareva durare da un’eternità. Portarono i loro cavalli attraverso quello che doveva essere il cuore delle linee del Nuovo Esercito, fuori nella brughiera, avanzando un passo alla volta.

“Ci sta lottando contro,” disse Asha dietro a Sebastian. “I suoi uccelli stanno cercando… di fare spazio… nella nebbia.”

Sembrava quasi essere impegnata a tenere una porta chiusa contro un esercito che spingeva.

“Devi resistere,” disse Sebastian. “C’è niente che posso fare per aiutarti?”

Asha rise. “Niente… che tu possa fare. Ma resisterò… per lei.”

Non disse nient’altro mentre Sebastian continuava a far avanzare il cavallo, si limitò a tenersi stretta alla sua vita con una mano, mentre la pietra cuore brillava intensamente nell’altra. Quando sentì la presa che iniziava a indebolirsi, Sebastian le afferrò il braccio, tenendolo saldamente mentre i loro cavalli avanzavano senza sosta nella brughiera.

Dopo un’altra ora, mentre si stavano facendo strada in mezzo a una sezione del terreno ricoperta di torba, troppo soffice da sostenere il loro peso, Asha cadde di sella.

Sebastian si fermò e scese accanto a lei, mentre Emeline e Cora smontavano poco avanti e accorrevano in loro aiuto portando Viola. Sebastian si inginocchiò accanto ad Asha, offrendole un sorso d’acqua dalla borraccia. La donna rispose a malapena.

“Non… ancora… arrivati,” mormorò.

“Hai fatto più del necessario,” disse Sebastian. “Siamo salvi grazie a te.”

“Viola… è…”

Si interruppe, e Sebastian vide il momento in cui la pietra cuore di Casapietra divenne opaca. Sentì la pulsazione sul collo di Asha: era assente, mentre attorno a loro la nebbia iniziava a diradarsi mentre il potere che Asha aveva emanato scompariva.

“È morta,” disse Sebastian, tutto sommato incapace di provare dolore per una persona che aveva in sé così tanta rabbia e odio come Asha, ma comunque in grado di sentire un senso di riconoscenza e rispetto per quello che aveva fatto.

“Non può essere,” disse Emeline. “Asha non avrebbe mai messo così tanto di sé nella pietra, al punto da uccidersi. Non avrebbe rinunciato a tutto per noi. Per nessuno.”

Sebastian guardò sua figlia e capì che non era vero. Asha aveva dato tutto per assicurarsi che Viola fosse al sicuro. Si era consumata trasformandosi in un guscio vuoto per mantenere la magia necessaria per proteggere sua figlia, e tutto per quello che le era apparso in una visione. Sebastian non sapeva se fosse qualcosa di ammirevole o di terrificante, in quel momento.

“Odiava tutti quelli come noi,” disse Cora, “ma ha dato la sua vita per noi.”

“Spero solo che basti,” disse Sebastian mentre la nebbia continuava a sollevarsi. Erano tanto distanti da Casapietra adesso da non poter vedere alcun segno degli uomini del Maestro dei Corvi, ma sapeva quanto poco potesse significare quando ogni uccello all’orizzonte poteva fargli rapporto.

“Posso accertarmene,” disse Emeline facendo per prendere la pietra. “Se Asha può farlo, allora io…”

Sebastian vide la mano di Cora stringersi sul suo polso. “Non osare. Non se questo potrebbe ucciderti.”

Sebastian non poteva che essere d’accordo. “Se avessi saputo che Asha avrebbe veramente continuato fino a morire, l’avrei fermata anche io. Data la situazione, è troppo pericoloso.”

Non si arrischiò a raccogliere la pietra a mani nude. Prese invece una sacca dalla cintura e ve la infilò dentro, nascondendola al mondo. Era troppo potente per lasciarla al Maestro dei Corvi.

“La seppelliamo?” chiese Cora con voce leggermente spezzata, stringendo Viola a sé come a volerla proteggere dalla vista del corpo.

“Non c’è tempo,” disse Sebastian, odiando il fatto di doverlo dire. Non voleva lasciare Asha ai corvi. Guardò verso la sezione ricoperta dalla torba. “Emeline, dammi una mano.”

Sentì Emeline sospirare. “Non sembra una fine di tutto rispetto.”

“Sempre meglio che lasciare che il Maestro dei Corvi banchetti con i suoi poteri,” disse Sebastian. “E penso che in questo momento lei avrebbe voluto che scegliessimo il modo più rapido. Scappare è il modo migliore per onorarla.”

Emeline annuì. “Mi sa di sì.”

Insieme sollevarono il corpo di Asha, adagiandolo sulla torba soffice, guardando mentre il suo corpo appesantito dalla morte sprofondava. Sebastian aspettò che scomparisse dalla vista, pensando a tutte le volte in cui aveva dato un aiuto per salvare Ashton e a quanto le dovesse per aver salvato ora sua figlia.

“Dobbiamo andare,” disse Emeline alla fine. “Almeno sono capace di tenerci nascosti dalla magia, ma questo non potrà fare niente contro corvi o soldati. Dobbiamo sbrigarci.”

Sebastian annuì. “A Monthys.”

Sebastian non era sicuro di cosa avrebbero trovato quando fossero arrivati lì. Sperava solo che ci fosse qualcosa, qualsiasi cosa che permettesse loro di sopravvivere al Maestro dei Corvi.

CAPITOLO SETTE

Sofia non sapeva cosa fare, cosa dire. Per tutto quel tempo aveva cercato i suoi genitori, e in un brevissimo spazio li aveva tanto trovati quanto perduti per sempre. Poteva vedere Kate e Lucas impietriti come lei dallo shock delle loro morti, immobili, senza dare alcun segno di avere più idee di lei sul da farsi.

Il dolore sopraggiunse lentamente, come se avesse voluto metterci tanto per permetterle di iniziare a credere che tutto questo stava realmente accadendo.

“Non posso…” disse Kate accanto a lei. “Non so cosa fare.”

“Lo so,” disse Sofia, e le si strinse vicino.

Lucas si unì a loro e per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, Sofia vide delle lacrime scorrergli lungo le guance.

“Se non fossi mai andato a cercarli, niente di tutto questo sarebbe successo,” disse. “Il veleno non avrebbe avuto la meglio.”

“Ma noi non li avremmo mai incontrati, e non avremmo mai incontrato neanche te,” disse Sofia. Non poteva immaginarlo. Un mondo in cui non incontrare mai suo fratello le sembrava del tutto inconcepibile.

Lo stesso poteva sentire quello che suo fratello e sua sorella stavano provando. Nel dolore, qualsiasi protezione avrebbero potuto erigere attorno a loro in condizioni normali, era ora impossibile da sostenere, e tutta la pena li avvolgeva indistintamente, in un groviglio capace di contenere la rabbia di Kate, il senso di mistero di Lucas e tutti i personali desideri di Sofia di conoscere i suoi genitori prima di questo momento. E soprattutto c’era il profondo pozzo di tristezza che sembrava riempire il mondo mentre se ne stavano lì.

Erano ancora tutti e tre lì in piedi quando delle figure vestite di sete dal colore cangiante entrarono nella casa dei loro genitori e si portarono dove i due ancora sedevano vicini l’uno all’altro.

“Chi siete?” chiese Sofia. Kate fu più diretta, portandosi tra loro e i genitori.

“Non abbiamo cattive intenzioni,” disse loro una donna. Era più bassa di Sofia, con i capelli scuri e la pelle ramata. “Sono Aia. Lady Cristina e Lord Alfred avevano previsto questo momento, e avevano predisposto il da farsi. Se avete bisogno di più tempo qui, aspetteremo, ma ci è stato detto di dire…” La donna fece una pausa, poi proseguì. “Mi è stato detto di dirvi che vi volevano un bene dell’anima, ma che i vostri compiti non possono aspettare, neanche per il dolore. Loro credono… credevano in voi e…” Si fermò mentre Kate tirava fuori la spada dal suo fodero.

“Kate,” disse Sofia con gentilezza. “Anche io sto soffrendo, ma lei sta solo cercando di dire quello che i nostri genitori non sono riusciti a spiegarci.”

“Non voglio sentirlo,” rispose seccamente Kate. In quel momento Sofia percepì quanto stesse soffrendo, ma vide Kate che si tirava indietro, si raddrizzava e si preparava. “Va bene. Facciamo questa cosa. Prima cominciamo, prima potrò uccidere il dannato responsabile di tutto questo.”

Si arrabbia in modo da non dover provare sentimenti, disse Lucas a Sofia con il pensiero.

Sofia avrebbe voluto che fosse così semplice. Sospettava che Kate si arrabbiasse perché nella Casa degli Indesiderati tutti i sentimenti erano stati convogliati in debolezza da poter sfruttare. La rabbia riempiva gli spazi dove non ci potevano essere altre cose.

“Sono stati approntati dei preparativi per voi,” disse Aia. “Se siete davvero pronti ad andare…”

“Sì,” disse Kate con tono che non lasciava spazio ad alcuna contestazione.

Una parte di Sofia avrebbe desiderato rimanere e partecipare a qualsiasi forma di funerale o ricordo sarebbe stato organizzato, ma sapeva che Kate non si sarebbe trattenuta. E poi il messaggio dei loro genitori aveva fatto capire forte e chiaro che non c’era tempo. Qualsiasi cosa stesse accadendo nel mondo, sembrava che dovessero agire subito, indipendentemente da quello che provavano.

Il funerale per i vostri genitori sarà una celebrazione di grande onore, disse Aia a Sofia con il pensiero, prendendola un poco alla sprovvista.

“Tu hai la magia?” chiese Sofia.

“Certo,” rispose la donna. “Questa è la Città Dimenticata. Vi prego, seguitemi tutti al cancello.”

Si girò e Sofia le andò dietro, Sienne al suo fianco. Sofia accarezzò la pelliccia del gatto della foresta, cercando di trattenere i singhiozzi che minacciavano di sopraffarla ancora in quel momento. Doveva restare forte per sua sorella, per suo fratello, per il mondo.

Ricorda solo che ci siamo anche per te, le inviò Lucas con il pensiero.

“Non per molto,” disse Sofia, e questo le faceva male quanto la perdita dei suoi genitori. Si erano finalmente riuniti per il viaggio fino alla Città Dimenticata, e ora avrebbero dovuto dividersi per trovare le tre pietre cuore.

Sofia seguì Aia fuori e attraverso la città, fino al punto in cui si trovava il cancello. C’era un sacco di gente in mezzo alla strada ora, e sembravano tutti avviliti, come se avessero sentito la notizia della morte dei loro genitori. Stavano con le teste basse per la processione, e Sofia si costrinse ad avanzare nonostante tutto.

“Almeno abbiamo il viaggio fino a Morgassa insieme,” disse Lucas.

Aia scosse la testa. “Il cancello ci porterà dove dobbiamo andare. Non c’è bisogno di tardare le cose.”

La mano che Lucas le posò sulla spalla fu l’unica cosa a trattenerla dallo scoppiare a piangere in quel momento. Le ci volle un momento per capire ciò che Aia aveva appena detto.

“Noi?” chiese.

Aia annuì, e una serie di figure venne fuori dalla folla. Erano undici, uomini e donne, tutti con indosso armature che sembravano stranamente fuori moda e che brillavano dorate al sole. Con l’armatura che li copriva da testa a piedi, portavano uno strano assortimento di armi, come se ciascuno di loro avesse scelto quella con cui era più abile. C’erano lance e spade curve, lame dritte, coltelli da lancio e bastoni di metallo, ma curiosamente nessun moschetto o arco.

Uno si fece avanti con i pezzi di un’altra armatura dorata, e Aia procedette a sistemarne ciascuno al suo posto, fino a che anche lei fu completamente protetta come tutti gli altri, una lancia a doppia punta ora in mano.

“I vostri genitori ci hanno detto ciò che sta accadendo al mondo,” disse Aia. “Ci sono quelli che sostengono che la cosa non ci tocca, ma alcuni eventi sono ben più grandi della leggera increspatura che giunge qui.”

Lo disse tanto a voce alta che Sofia sospettò che le sue parole fossero anche per il resto della folla che ancora stava a guardare.

Aia fece un inchino. “Noi dodici siamo alcuni dei più forti della Città Dimenticata. Siamo guerrieri, e abbiamo tutta la magia del posto. Siamo al tuo servizio, Sofia. Faremo quanto necessario per proteggerti.”

Sofia non era sicura di cosa fare. Stavano succedendo troppe cose, e troppo rapidamente.

Aia allungò un braccio e le posò una mano sulla spalla. “Non serve che ci dici nulla. Saluta i tuoi fratelli. Io intanto preparerò il cancello.”

Sofia si voltò verso Lucas e Kate.

“Io… non mi ero aspettata tutto questo,” disse. “Non voglio perdere nessuno di voi due, non ora.”

“È quello che succede,” disse Kate. “Il mondo non fa che strapparci l’uno dall’altro continuamente.”

“Ma ci ritroveremo ancora,” promise Lucas. “Vi ho trovate tutte e due una volta. Posso rifarlo. Andrò in questo posto dello spirito, e Kate, tu recupererai la tua forza nel luogo delle ombre. Lo faremo.”

Abbracciò Sofia, poi Kate, tenendole entrambe strette per lunghi secondi.

“Il cancello è pronto per te,” disse Aia, e Lucas vi entrò. Sofia poteva sentire il suo nervosismo, e il suo dolore, e il suo bisogno di fare tutto quello che gli veniva richiesto. Poi passò attraverso il cancello e sparì.

“Sarà pronto per te tra un momento,” disse a Kate, che non le rispose.

“Kate,” disse Sofia stringendo le braccia della sorella. “Stai bene?”

“No, non sto bene,” disse Kate. “I miei genitori sono morti, e Will è morto, e ora devo andare a compiere una stupida impresa per fermare la grande malvagità che sta per uccidere il mondo intero, e voglio solo che tutto questo finisca!”

“Non sei costretta a farlo,” disse Sofia. “Potresti restare qui, o venire con me, o…”

“No,” disse Kate scuotendo la testa. “Devo farlo. Voglio essere utile, e ci sono persone che intendo uccidere per ciò che hanno fatto!”

Guardò verso Aia e aspettò che lei facesse un cenno con la testa per poi saltare velocemente attraverso il cancello.

Era rimasta solo Sofia.

“Il cancello ci porterà a Morgassa,” disse Aia. “Quando sei pronta, andremo, e cercheremo la pietra cuore del fuoco che è stata portata via dalla nostra città.”

Pronta. Quando sarebbe stata pronta per lasciarsi alle spalle il luogo dove i suoi genitori erano morti? Quando sarebbe stata pronta per fare tutto questo? Da quando tutto aveva avuto inizio, le era sembrato di aver fatto una fatica pazzesca per restare al passo. L’unico modo per tornare dalla sua bambina, però, era di portare a compimento questa impresa. Doveva trovare la pietra a Morgassa per rendere le cose sicure per sua figlia.

Abbassò lo sguardo su Sienne. “Sei pronto?” chiese al gatto della foresta, che si strusciò contro la sua gamba senza rispondere. “Mi sa che sono pronta.”

Si portò davanti al cancello. Dall’altra parte poteva vedere quello che riconobbe come il mercato di Morgassa. Poté addirittura distinguere il volto familiare del gran mercante N’Ka in un angolo, intento a parlare a un gruppo di mercanti minori e facchini.

“Ti seguiremo non appena sarai entrata,” promise Aia.

Sofia si trattenne un altro momento, poi attraversò il cancello, passando alla luce del sole di Morgassa. Decine di occhi si voltarono a guardarla. Sienne le camminava accanto, attirando ancora più sguardi. E fu ancora più facile scorgere il momento in cui dodici guerrieri con armature dorate facevano il loro ingresso dietro di lei: tutti restarono a bocca aperta, e Sofia poté percepire la meraviglia che tracimava dalle loro menti.

Si voltò e vide il cancello che scompariva, l’arcata che luccicava un’ultima volta prima di svanire come un miraggio. Sofia se l’era in parte aspettato. Non importava. Ciò che contava era ritornare da sua figlia.

Ma prima doveva trovare la pietra cuore.

Sofia attraversò il mercato, seguendo il familiare insieme di pensieri, fino a trovare nuovamente il grande mercante N’Ka. Stava mettendo di fretta delle monete in una borsa, e si guardava attorno come se stesse tentando di calcolare il tempo che gli serviva per svignarsela da lì il più velocemente possibile.

“Gran mercante N’Ka,” disse Sofia. “È bello rivedervi.”

“Ed è bello rivedere voi, regina Sofia,” disse l’uomo con un sorriso che non si sforzò neanche di far apparire reale.

“Ed è particolarmente bello, dato che ho bisogno del vostro aiuto,” continuò Sofia. “Portatemi dal re Akar. Adesso.”

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