Kitabı oku: «Un Bacio per le Regine », sayfa 2

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CAPITOLO DUE

Angelica sedeva composta nel salotto della casa di città di Rupert, perfettamente allestito con i fiori appoggiati alla mensola del caminetto, e ascoltava il panico del principe primogenito, cercando di non dare a vedere il proprio sdegno.

“L’ho uccisa!” gridava, allargando le braccia mentre camminava avanti e indietro. “L’ho davvero uccisa.”

“Gridalo un po’ più forte, mio caro principe,” disse Angelica, incapace di trattenere un briciolo dello sdegno che si sentiva scorrere dentro. “Penso ci siano delle persone nell’edificio attiguo che potrebbero non averti sentito.”

“Non ti prendere gioco di me!” disse Rupert indicandola. “Tu… sei stata tu a indurmi a questo.”

Un leggero tremito di paura sorse in Angelica a quelle parole. Non aveva alcun desiderio di essere il bersaglio della rabbia di Rupert.

“Eppure sei tu quello che è ricoperto del sangue della vedova,” disse Angelica con un leggero accenno di disgusto. Non per l’omicidio – quella vecchia se lo meritava – ma per la stupidità del suo futuro marito.

L’espressione di Rupert baluginò di rabbia, ma poi abbassò lo sguardo su se stesso come se vedesse per la prima volta il sangue sulla camicia che la macchiava di cremisi portandola in tinta con il soprabito. Poi l’espressione tornò ad essere distrutta. Strano, pensò Angelica, era possibile che avessero trovato una persona alla quale Rupert era pentito di aver fatto del male?

“Mi uccideranno per questo,” disse Rupert. “Ho ucciso mia madre. Ho attraversato il palazzo con il suo sangue addosso. La gente mi ha visto.”

Era probabile che metà Ashton lo avesse visto, dato il modo in cui aveva sicuramente camminato per le strade. La cosa migliore che si poteva dire era forse il fatto che si fosse tenuto un mantello avvolto attorno per quella parte del tragitto. Per quanto riguardava il resto… beh, Angelica se ne sarebbe occupata.

“Levati la camicia,” gli ordinò.

“Tu non mi dai ordini,” le disse Rupert girandosi verso di lei.

Angelica rimase ferma e impassibile, ma rese il tono di voce più gentile, cercando di calmare Rupert nel modo che ovviamente gradiva. “Levati la camicia, Rupert. Bisogna ripulirti.”

Rupert ubbidì e gettò lontano anche il soprabito. Angelica tamponò le macchie di sangue che restavano con un fazzoletto e un catino d’acqua, cancellando quello che poteva delle tracce della violenza. Fece suonare un campanellino e una servitrice si presentò con degli abiti puliti, portando via quelli vecchi.

“Ecco,” disse Angelica mentre Rupert si vestiva. “Non va già meglio?”

Con sua sorpresa Rupert scosse la testa. “Non cancella quello che è successo. Non cancella quello che vedo qua dentro, qua dentro!” disse colpendosi il lato della testa con il palmo della mano.

Angelica gli prese la mano e gli baciò delicatamente la fronte come una madre con un bambino. “Non devi farti del male. Sei troppo prezioso per me.”

Prezioso era una parola per descriverlo. Necessario poteva essere l’altra. Ad Angelica serviva Rupert vivo e in forma, almeno per ora. Lui era la chiave per aprirle le porte del potere, e doveva restare intatto per poterlo fare. Controllarlo si era rivelato molto semplice prima, ma tutto questo era… inaspettato.

“Mi perderai presto,” disse Rupert. “Quando scopriranno quello che ho fatto…”

“Rupert, non ti ho mai visto influenzato da una morte a questo modo,” disse Angelica. “Hai lottato in battaglia. Hai comandato eserciti che hanno ucciso migliaia di persone.”

Aveva anche combattuto e ucciso in cause molto meno necessarie, se era per quello. Aveva fatto del male a un bel po’ di gente in vita sua. Da quello che Angelica aveva sentito, aveva fatto cose che avrebbero fatto rivoltare lo stomaco ai più. Perché una morte in più doveva diventare un problema del genere.

“Questa era mia madre,” disse Rupert, come se questo spiegasse tutto. “Non era una paesana qualunque. Era mia madre, e la regina.”

“La madre che intendeva privarti del tuo diritto di nascita,” sottolineò Angelica. “La regina che intendeva esiliarti.”

“Lo stesso…” iniziò Rupert.

Angelica lo prese per le spalle, sperando di potergli infondere dentro, scuotendolo, un po’ di buon senso. “Non c’è nessun lo stesso,” gli disse. “Ti avrebbe portato via tutto. Aveva intenzione di distruggerti per dare tutto a suo figlio…”

“Sono io suo figlio!” gridò Rupert, spingendo indietro Angelica. Angelica sapeva che in quel momento avrebbe dovuto avere paura di lui, ma la verità era che non ne aveva. Per il momento almeno era lei quella che aveva il controllo di sé.

“Sì, è vero,” gli disse. “Suo figlio e il suo erede, e lei ha tentato di portarti via tutto. Ha cercato di darlo a qualcuno che ti avrebbe fatto del male. È stato praticamente un atto di autodifesa.”

Rupert scosse la testa. “La gente non… loro non la vedranno così. Quando verranno a sapere quello che ho fatto…”

“Perché dovrebbero venirlo a sapere?” chiese Angelica in tono perfettamente ragionevole, fingendo di non capire. Andò verso uno dei divani e si sedette prendendo un bicchiere di vino fresco. Fece cenno a Rupert di fare lo stesso, e lui bevve il suo a una velocità tale che sicuramente non gli permise di gustarlo.

“Di certo della gente mi avrà visto,” disse Rupert. “Capiranno da dove veniva il sangue.”

Angelica non avrebbe mai pensato che Rupert fosse tanto stupido. Pensava fosse uno sciocco, ovviamente, addirittura un pericoloso sciocco, ma non fino a questo punto.

“La gente la si può comprare, o uccidere,” disse. “Li si può distrarre con dei pettegolezzi, o addirittura persuadere che si sbagliavano. Ho della gente che sta ascoltando qualsiasi accenno di persone che ti possano parlare contro, e chiunque venga trovato verrà messo a tacere o sbeffeggiato come uno sciocco, in modo che sia ignorato.”

“Lo stesso,” iniziò Rupert.

“Eccotici di nuovo, amore mio,” disse Angelica. “Sei un uomo forte, un uomo sicuro. Perché ti stai mettendo in dubbio a questo modo?”

“Perché ci sono troppi modi in cui le cose potrebbero andare storte,” disse Rupert. “Non sono uno scemo. So cosa pensa la gente di me. Se iniziano i pettegolezzi, loro ci crederanno.”

“Allora farò in modo che non inizino,” disse Angelica, “o che venga trovato un bersaglio più comodo per questo.” Si protese a prendere una mano di Rupert tra le sue. “Quando ti sei portato a letto la figlia di qualche nobile in passato e l’hai trattata in modo troppo rude, ti sei per caso preoccupato della loro ira?”

Rupert scosse la testa. “Non ho mai…”

“La menzogna è il tuo primo strumento in questo,” disse Angelica con calma. Sapeva esattamente ciò che Rupert aveva fatto in passato, e a chi. Aveva fatto in modo che fosse affar suo venire a conoscere ogni minimo dettaglio in modo da essere capace di utilizzarlo se fosse stato necessario. Originariamente il piano era stato quello di distruggere il principe una volta sposato Sebastian, ma poteva tornare ugualmente utile adesso.

“Non capisco perché tu stia tirando fuori questo argomento,” disse Rupert. “Non ha importanza. È…”

“La distrazione è il tuo secondo,” disse Angelica. “Troveremo cose migliori su cui far concentrare la gente.”

Vide Rupert avvampare di rabbia.

“Sarò il tuo re,” rispose seccamente.

“E questo è il tuo terzo strumento,” sussurrò Angelica, spostandosi per baciarlo. “Sei al sicuro. Capisci, amore mio? O lo sarai. Il trucco adesso è sostenere la tua posizione.”

Osservò Rupert che iniziava visibilmente a rilassarsi mentre l’idea cominciava a far presa in lui. Per quanto uccidere sua madre lo avesse toccato profondamente, sapeva come cavarsela con qualsiasi cosa facesse. Dopotutto lo stava facendo da parecchio tempo. O forse era la prospettiva del potere a calmarlo, il pensiero di ciò che sarebbe venuto poi.

“Ho già parlato con i miei alleati,” disse Rupert.

“E ora è il momento di metterli in azione,” rispose Angelica. “Renderli parte di questo dall’inizio. La voce della morte della vedova sta già circolando in città, e verrà annunciata formalmente piuttosto presto. Le cose devono procedere rapidamente adesso.” Lo tirò in piedi. “Ogni genere di cose.”

“Quali cose?” chiese Rupert. Angelica finse di essere sorpresa.

“Il nostro matrimonio, Rupert,” disse. “Deve accadere prima che la gente abbia il tempo di discutere. Dobbiamo presentare loro un fronte stabile, una dinastia reale pronta a dar seguito.”

Rupert si mosse sorprendentemente veloce quando la afferrò per la gola, la rabbia che si impennava di nuovo con pericolosa rapidità.

“Non mi dire quello che devo fare,” le disse. “Ha cercato di farlo anche mia madre.”

“Io non sono tua madre,” rispose Angelica, cercando di non tremare per la forza della stretta. “Ma vorrei essere tua moglie prima che il giorno volga al termine. Pensavo che l’avessimo discusso, Rupert. Pensavo fosse quello che volevi.”

Rupert la lasciò andare. “Non lo so. Non … niente di questo era un mio piano.”

“No?” chiese Angelica. “Hai programmato di prendere il trono. Di certo sapevi quali sacrifici sarebbero stati necessari? Anche se mi piace pensare che sposarmi non sia tutto questo sforzo.”

Si allontanò da lui. “Se ti va, non è troppo tardi per sciogliere le cose. Dimmi di andarmene, e lascerò Ashton per andare nei possedimenti della mia famiglia. Scegli di aspettare, e aspetteremo. Ovviamente a quel punto non avresti la forza della mia famiglia, né i loro alleati. E non ci sarebbe nessuno ad aiutarti a contenere tutti quei… difficili pettegolezzi.”

“Mi stai minacciando?” chiese Rupert. Angelica sapeva quanto quello fosse un gioco pericoloso. Ma l’avrebbe giocato lo stesso, perché il vero gioco che stava facendo era molto più insidioso.

“Sto semplicemente sottolineando i vantaggi che otterrai facendolo, amore mio,” disse Angelica. “Sposami, e posso rendere le cose molto più semplici per te. È meglio farlo oggi che fra un mese. Se posso agire in qualità di tua moglie, ho un motivo per proteggerti dal mondo.”

Rupert rimase fermo per diversi secondi assorto nei suoi pensieri, e per un momento Angelica pensò di poter aver sottovalutato il tutto. Che alla fine se ne potesse andare. Poi lo vide annuire. Un unico e deciso cenno della testa.

“Molto bene,” disse. “Se ti preme, lo faremo oggi. Ora vado a prendere una boccata d’aria e inizio a contattare i nostri alleati.”

Si girò e uscì. Angelica aveva più il sospetto che andasse a cercare del vino, piuttosto che alleati, ma questo non aveva importanza. Era probabilmente addirittura per loro beneficio. Presto sarebbero stati ai suoi piedi e avrebbero fatto tutto quello che lei voleva, inviando messaggi per conto di suo marito.

Suonò il campanello per chiamare una servitrice.

“Vedi che gli abiti che il principe Rupert stava indossando vengano bruciati,” disse alla ragazza che entrò. “Poi vammi a procurare una sacerdotessa della Dea Mascherata e invita i membri del concilio interno della vedova a un incontro a palazzo. Oh, e manda qualcuno dal mio sarto. Dovrebbe esserci un abito nuziale che mi aspetta, ormai.”

“Mia signora?” disse la ragazza.

“Non sto parlando abbastanza chiaramente?” chiese Angelica. “Il sarto. Vai.”

La ragazza andò. Era strano quanto la gente potesse essere stupida a volte. La servitrice aveva ovviamente dato per scontato che Angelica non avesse fatto alcun preparativo per il proprio matrimonio. Invece aveva inviato messaggi per l’allestimento non appena le era venuta l’idea di farsi sposare da Rupert. Era importante che questo assomigliasse il più possibile a un vero matrimonio, dato il brevissimo preavviso.

Era un peccato che non ci fosse la possibilità di fare una cerimonia più grande dopo, ma c’era un ovvio impedimento a questo: Rupert sarebbe stato già morto per quel momento.

Oggi le aveva mostrato la necessità di questo più chiaramente di quanto Angelica avesse creduto possibile. Aveva pensato che Rupert fosse un uomo con il controllo di sé, come lei lo era di se stessa, e invece era mutevole come il vento. No, il piano che aveva approntato era quello da seguire. Avrebbe sposato Rupert questa sera, lo avrebbe ucciso la mattina dopo e sarebbe stata incoronata regina prima che il suo corpo venisse seppellito.

Ashton allora avrebbe avuto la regina di cui aveva bisogno. Angelica avrebbe governato e il regno sarebbe stato meglio. Tutto sarebbe andato per il verso giusto. Se lo sentiva.

CAPITOLO TRE

Sofia poteva solo aspettare mentre la flotta avanzava su Ashton. Mentre la sua flotta avanzava. Addirittura qui e ora, dopo tutto quello che era successo, era difficile convincersi di chi lei fosse. Ogni forma di vita sulla nave attorno a lei, ogni signore che inviava uomini, ogni pezzo di terra da cui provenivano, tutto era sotto la sua responsabilità.

“C’è un sacco di cui assumersi la responsabilità,” sussurrò Sofia a Sienne, e il gatto della foresta rispose facendo le fusa mentre si strusciava contro la sua gamba, ondeggiandole attorno impaziente.

C’erano state una miriade di navi a comporre la sua flotta quando avevano salpato da Ishjemme, ma da allora sempre più imbarcazioni si erano unite a loro, scendendo lungo le coste di Ishjemme o provenendo da piccole isole incontrate strada facendo. Alcune venivano addirittura dal regno della vedova, come se leali a lei nel supportarla in questo assalto.

C’erano così tanti soldati lì con lei adesso. Abbastanza soldati da poter forse vincere questa guerra. Abbastanza soldati per spazzare via Ashton dalla mappa, se lei l’avesse deciso.

Andrà tutto bene, le disse Lucas con il pensiero, ovviamente percependo il suo nervosismo.

Ci sarà gente che morirà, rispose Sofia.

Ma sono qui perché hanno scelto di farlo, ribatté Lucas. Le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla. Onorali non gettando via queste vite, ma non sminuire ciò che offrono resistendo.

“Penso che sia una di quelle cose che sono più facili a dirsi che a farsi,” disse Sofia a voce alta. Automaticamente accarezzò Sienne in mezzo alle orecchie scompigliandogli il pelo.

“Può darsi,” ammise Lucas. Sembrava pronto per la guerra in un modo che Sofia non riusciva ad equiparare, una spada al fianco e le pistole pronte alla cintura. Sofia aveva l’impressione di avere un aspetto incredibilmente grosso e rotondo con il peso del bambino che aveva in grembo, disarmata e senza armatura come si trovava ora lì.

Ma non impreparata, le disse Lucas con il pensiero. Indicò con la mano la poppa della nave. “I nostri comandanti aspettano.”

Per lo più significava i suoi cugini e suo zio. Tenevano per le mani tutto questo come faceva lei, ma c’erano anche altri uomini: capi del clan e signori minori, uomini duri che comunque si inchinarono quando Sofia si avvicinò con suo fratello e il gatto della foresta al suo fianco.

“Siamo pronti?” chiese guardando verso suo zio e cercando di apparire come la regina di cui tutti loro avevano bisogno.

“Ci sono ancora delle decisioni da prendere,” disse Lord Skyddar. “Sappiamo quello che vogliamo, ma ora dobbiamo decidere i dettagli.”

“Cos c’è da decidere?” chiese suo cugino Ulf con il suo solito tono scherzoso. “Mettiamo insieme gli uomini, picchiamo contro le mura con i cannoni ed entriamo.”

“Questo spiega molto del modo in cui vai a caccia,” disse Frig, la sorella di Ulf, con un sorriso malizioso e quasi feroce. “Dovremmo accerchiare la città come un cappio, serrandoci attorno ad essa.”

“Dobbiamo prepararci a un assedio,” disse Hans, cauto come sempre.

Sembrava che ciascuno avesse la sua personale idea su come le cose dovessero procedere, e una parte di Sofia avrebbe voluto potersene stare indietro, lasciando tutto questo a gente che aveva una mente più saggia, più conoscenza della guerra. Ma sapeva di non poterlo fare, e che i suoi cugini avrebbero discusso per sempre se lei gliel’avesse permesso. Questo significava che l’unica soluzione era scegliere.

“Quando raggiungeremo la città?” chiese, tentando di pensare.

“Probabilmente al crepuscolo,” disse suo zio.

“Allora sarà troppo tardi per un semplice assalto,” disse lei, pensando al tempo che aveva passato nella città di notte. “Conosco le strade di Ashton. Fidatevi di me: se cerchiamo di percorrerle di notte, non andrà a finire bene.”

“Allora un assedio” disse Hans, apparentemente compiaciuto all’idea di quella prospettiva, o forse solo per l’idea che venisse scelto il suo piano.

Sofia scosse la testa. “Un assedio va a nuocere alle persone sbagliate e non aiuta quelle giuste. Le vecchie mura della città proteggono solo la parte interna, e può essere che la vedova faccia morire di fame i più poveri per tenere da mangiare per se stessa. Nel frattempo, ogni momento che aspettiamo, Sebastian sarebbe in pericolo.”

“E allora?” chiese suo zio. “Hai un piano, Sofia?”

“Attraccheremo davanti ad Ashton quando arriveremo,” disse. “Invieremo dei messaggi dicendo loro di arrendersi.”

“Non lo faranno,” disse Hans. “Neanche se offriamo loro clemenza.”

Sofia scosse la testa. Questo lo sapeva bene. “La vedova non crederà che ci sia qualcuno con più misericordia di lei. Ma l’illusione che stiamo concedendo loro tempo per arrendersi, ci guadagnerà tempo perché metà dei nostri uomini possano andare dalla parte delle campagne. Prenderanno la periferia senza fare troppo rumore. La gente che vive lì non ha amore per la vedova.”

“Ne hanno allora per un invasore?” chiese Lucas.

Era una buona domanda, ma suo fratello aveva un certo intuito per fare buone domande.

“Lo spero,” disse Sofia. “Spero ricordino chi siamo, e come erano le cose prima della vedova.” Guardò verso Hans. “Tu guiderai le forze lì. Mi serve qualcuno che sappia tenere gli uomini sotto ferrea disciplina, senza che vadano a massacrare la gente comune.”

“Me ne occuperò,” la rassicurò Hans, e Sofia era certa che l’avrebbe fatto.

Sofia si girò verso Ulf e Frig. “Voi due prenderete un piccolo esercito e lo porterete vicino ai cancelli sul fiume. Se gli uomini inviati riusciranno ad entrare, li apriranno. Il vostro lavoro sarà di aiutarli a trattenerli fino a che il resto di noi potrà attaccare. La flotta principale approderà e noi entreremo sotto la copertura dei cannoni delle navi.”

Sembrava un buon piano. Almeno sperava che lo fosse. L’alternativa era condannare gli uomini sotto il suo commando alla morte.

È un buon piano, disse Lucas inviandole un messaggio con il pensiero.

Spero solo che funzioni, rispose Sofia.

Una terza voce si unì a loro allora, provenendo dall’acqua del mare. Sì, funzionerà. Ne sono sicura.

Sofia si girò e vide un piccolo gruppo di navi che si avvicinavano. Avevano un aspetto non particolarmente rispettabile e assomigliavano a imbarcazione che potevano essere di prima scelta per mercenari o banditi. Però era la voce di sua sorella quella che proveniva da lì.

Kate? Sei qui?

Sì, sono qui, rispose lei. E ho portato con me la più malfamata compagnia libera che esista. Lord Cranston dice che sarà onorato di prestare servizio per te.

Quel pensiero rallegrò Sofia quasi quanto la presenza di sua sorella lì. Non erano solo gli uomini in più pronti a combattere, anche se Sofia avrebbe preso tutto quello che poteva in quel preciso istante. Era il fatto che sua sorella era tornata con la compagnia di soldati di cui aveva tanto amato essere parte e…

Will è lì? le chiese.

Sì, rispose Kate. Sofia poteva percepire la sua felicità. Ci vediamo presto, sorella mia. Risparmia qualche nemico per me.

Sono sicura che ce ne saranno a iosa.

“Sta arrivando Kate,” disse Sofia a Lucas.

“Lo so,” rispose suo fratello. “Ho sentito i suoi pensieri. Avevo pensato di dover aspettare fino al nostro ritorno per poterla finalmente conoscere.”

“E trovare poi i nostri genitori,” disse Sofia. Sapeva che non aveva senso pensare così in avanti ancora. Avrebbe dovuto concentrarsi sulla battaglia prossima a venire, ma era quasi impossibile mantenere lì i suoi pensieri. Era troppo occupata a pensare a ciò che sarebbe potuto succedere da lì in poi. Avrebbe riavuto indietro Sebastian. Avrebbe liberato il popolo della vedova dal peso schiacciante del suo governo. Avrebbero trovato i loro genitori.

“Kate sarà entusiasta quanto noi di trovare i nostri genitori,” disse Sofia. “Di più. Non sono sicura che abbia dei ricordi di loro a spingerla ad andare avanti.”

“Presto avremo noi tutti ben di più,” disse Lucas.

“Lo spero,” rispose Sofia. Però non riusciva a fare a meno di preoccuparsi. “Ce l’hai?”

Lucas annuì, ovviamente comprendendo ciò a cui alludeva. Tirò fuori il disco piatto fatto di fasce di metallo intrecciate e collegate, con le linee confuse che brillarono quando lo toccò. Quando anche Sofia pose la propria mano sul metallo, i segmenti del dispositivo si spostarono ruotando al loro posto, rivelando i contorni di appezzamenti di terra, dal regno della vedova fino a delle lontane forme che dovevano essere le Colonie Remote e le Terre delle Seta. Era fastidiosamente vicino a dire loro quello che avevano bisogno di sapere, solo che non c’era ancora nulla che dicesse loro dove si trovassero i loro genitori. Sofia immaginava che l’avrebbero scoperto quando Kate si fosse unita a loro. Lo sperava.

“Tieni il dispositivo al sicuro,” gli disse Sofia. “Se lo perdiamo…”

Lucas annuì. “L’ho protetto fino ad ora. Ma sono più preoccupato di tenere al sicuro te e Kate.”

Sofia non ci aveva pensato in quei termini. Tutti e tre stavano per dirigersi nel mezzo di una battaglia. Se anche uno di loro ci fosse morto, non avrebbero mai trovato i loro genitori. Sarebbe stato un colpo doppio: perdere la promessa di una madre e di un madre, mentre piangevano la morte di un fratello o di una sorella.

“Anche tu devi stare al sicuro,” disse Sofia. “E non lo sto dicendo solo perché voglio trovare i nostri genitori.”

“Lo so,” disse Lucas. “E farò tutto quello che posso. L’ufficiale Ko mi ha allenato bene.”

“E Kate ha imparato un sacco dalla strega che ha tentato di impossessarsi di lei,” disse Sofia.

“Se è potente come quando stava per farmi fuori al palazzo, sono certo che starà benone,” disse Lucas. “La questione qui sei tu, Sofia. So che hai Sienne, ma sarai al sicuro nel mezzo della battaglia?”

“Non starò nel mezzo,” promise Sofia. Si mise una mano protettiva sulla pancia. “Ma farò tutto quello che serve per assicurarmi che mia figlia abbia un padre.”

“Ce l’avrà,” disse Lucas, e c’era qualcosa nella certezza con cui lo disse che indusse Sofia a voltarsi a guardarlo. Sapeva di aver visto accenni di certe cose nei suoi sogni. Si chiedeva se fosse successo anche a Lucas.

“Hai visto qualcosa?” gli chiese.

Lucas scosse la testa. “Ho un certo talento in questo, ma penso che tu ne abbia di più. Quello che ho visto per lo più per domani è sangue.”

Quello era piuttosto facile da vedere anche senza la magia che portava i sogni a entrambi. Sofia guardò ancora verso il mare, e ora poté scorgere una linea di terra all’orizzonte, il contorno di una città.

“Ashton,” disse. Le pareva una vita che non la vedeva.

La città si espandeva come una macchia sul paesaggio, i suoi edifici, le vastità che si dipanavano oltre le mura. Parte della loro flotta si stava già dividendo, con Hans che si portava ad approdare più lontano lungo la costa per prendere le periferie.

Gli altri si avvicinarono, le bandiere segnaletiche che sventolavano per coordinare i loro movimenti. Si ancorarono ben lontani dal raggio di tiro dei cannoni e calarono in acqua delle piccole barche, complete di messaggeri con la richiesta di resa. Sofia sapeva che Ulf e Frig stavano preparando le loro piccole barche per avvicinarsi di soppiatto alla città prima che iniziasse la battaglia, pronti ai cancelli del fiume, in attesa che si aprissero.

Sofia vide le navi in attesa, pronte per la guerra in risposta a qualsiasi messaggio le avesse raggiunte. Non sufficienti per fermare una flotta grande come la loro, non bloccate a riva a quel modo. Avvicinandosi, Sofia sentì le trombe che risuonavano e vide i fuochi segnaletici che venivano accesi.

Guardò oltre, verso il palazzo e il quartiere dei nobili. Sebastian era da qualche parte là dentro, rinchiuso in una cella, in attesa di essere liberato.

“Potremmo ancora entrare alla carica, come vuole il cugino Ulf,” disse Lucas.

Sofia guardò il cielo. Il sole stava già calando, allungando le sue dita rosse attraverso l’orizzonte. Dovette sforzarsi di scuotere la testa. Era una delle cose più difficili che avesse mai fatto.

“Non possiamo rischiare un attacco notturno,” disse. “Dobbiamo attenerci al piano.”

“Allora attaccheremo all’alba,” disse Lucas.

Sofia annuì. All’alba tutto sarebbe stato determinato. Avrebbero visto se lei avrebbe riavuto indietro il regno della sua famiglia, insieme all’uomo che amava, o se sarebbero stati condannati a morte.

“Attaccheremo all’alba,” disse.

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Yaş sınırı:
16+
Litres'teki yayın tarihi:
10 ekim 2019
Hacim:
242 s. 4 illüstrasyon
ISBN:
9781640295803
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