Kitabı oku: «Fuori Dal Comune»
Table of Contents
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Book Description
Dedica
Riconoscimento dei Marchi Registrati
Capitolo Uno
Capitolo Due
Capitolo Tre
Capitolo Quattro
Capitolo Cinque
Capitolo Sei
Capitolo Sette
Capitolo Otto
Capitolo Nove
Capitolo Dieci
More exciting books!
L’Autrice
Le Avventure di Star Lite
FUORI DAL COMUNE
NAOMI BELLINA
Fuori dal Comune
ISBN # 978-1-80250-044-8
Titolo originale Out of the Ordinary
©Copyright Naomi Bellina 2012
Illustrazione di copertina di Posh Gosh ©Copyright Ottobre 2012
Tradotto da Gaia Bordandini Baldassarri
Interior text design by Claire Siemaszkiewicz
Totally Bound Publishing
Questa è un’opera di finzione. Tutti i personaggi, i luoghi e gli eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autrice e non devono essere confusi con fatti reali. Qualsiasi somiglianza con persone, in vita o morte, eventi o luoghi è puramente casuale.
Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in qualsiasi forma materiale, sia tramite stampa, fotocopia, scansione o altro mezzo, senza il permesso scritto dell’editore, Totally Bound Publishing.
Le richieste devono essere inviate in prima istanza, per iscritto, a Totally Bound Publishing. Atti non autorizzati o limitati a proposito di questa pubblicazione possono comportare procedimenti civili e/o penali.
L’autore e l’illustratore hanno fatto valere i loro rispettivi diritti ai sensi del Copyright Designs and Patents Acts 1988 (come modificato) per essere identificati come autore di questo libro e illustratore dell’opera d’arte.
Pubblicato nel 2021 da Totally Bound Publishing, Regno Unito.
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, scannerizzata o distribuita in qualsiasi forma stampata o elettronica senza permesso. Si prega di non partecipare né incoraggiare la pirateria di materiale protetto da copyright in violazione dei diritti di autore. Acquistare solo copie autorizzate.
Totally Bound Publishing è una siglia editoriale di Totally Entwined Group Limited.
Se avete acquistato questo libro senza copertina dovete sapere che questo libro è proprietà rubata. È stato segnalato come “invenduto e distrutto” all’editore; né l’autore né l’editore hanno ricevuto alcun pagamento per questo “libro spogliato”.
Primo libro della serie Le Avventure di Star Lite
Pericolo, magia, desiderio e amore si fondono in questo racconto su Star Lite, una donna insolita con uno straordinario talento per la magia e l’amore.
Dopo un devastante fiasco nel giorno del suo matrimonio, la ancora-single Star Lite brama pace e tranquillità per curare il suo cuore spezzato. Invece della quieta vacanza estiva che aveva pianificato, viene trasportata su uno strano pianeta con ancor più strani abitanti, e un uomo irritante ma sexy di nome Adam che sostiene di essere un mago. Star intuisce un pericolo in quel luogo, e i suoi sospetti vengono confermati quando i due umani assistono ad una bizzarra dimostrazione di potere da parte di un re pazzo. Star e Adam stringono un difficoltoso legame e lavorano per superare le loro differenze mentre cercano una via di fuga e tentano di ragionare con due seducenti folletti, che cercano di proteggere il loro sovrano. Quando il re prende una sciocca decisione, il pericolo minaccia l’intero pianeta. Non essendo un tipo che si arrende senza combattere, Star accetta con riluttanza un sensuale esperimento, scopre i suoi intonsi poteri magici, e apre il suo cuore alla possibilità di amare.
Dedica
Questo libro è dedicato a tutti coloro che credono nel potere della magia
Riconoscimento dei Marchi Registrati
L’autore riconosce lo stato di marchio registrato e i proprietari dei marchi registrati con le denominazioni menzionate in questa opera di fantasia:
Discovery Channel: Discovery Communications, Inc.
Sherlock: Sir Arthur Conan Doyle/Conan Doyle Estate Ltd.
Capitolo Uno
Con un sospiro di sollievo, Star chiuse con violenza il cassetto della scrivania. Un altro anno scolastico finito, e non abbastanza in fretta da darle soddisfazione. Questo periodo sembrava essersi trascinato più a lungo del precedente, e il precedente era andato ancor più a rilento di quello prima. A Star non piaceva questo andamento. La vita sarebbe continuata in questo modo, finché un settembre si sarebbe svegliata urlando, rifiutando di alzarsi dal letto? Quest’anno aveva una buona ragione per essere depressa, ma anche senza quell’ulteriore sofferenza, la gioia di insegnare stava lentamente spegnendosi.
Adorava ancora i suoi studenti e amava fare la differenza nelle loro vite, ma ogni anno quel compito diventava più difficile. C’erano meno soldi nel bilancio da spendere in necessarie supplenze, e più richieste di tempo agli insegnanti per il lavoro amministrativo. Ogni bambino stava ricevendo meno attenzione personale, e le verifiche standardizzate stavano cambiando il modo di insegnare dei docenti – e non in meglio – secondo la sua modesta opinione.
Ogni anno meditava sul suo futuro, e quest’anno sembrava particolarmente cupo. Non sapeva in quale classe si sarebbe trovata a insegnare l’anno seguente, sempre che avesse insegnato. Voci su licenziamenti si susseguivano veloci e frenetiche. Raccogliendo la sua borsa e la scatola contenente gli ultimi rimasugli di cianfrusaglie da scrivania, Star diede un’ultima occhiata intorno e si diresse verso la porta. Era arrivata a metà della stanza quando la porta si aprì.
Un uomo dall’aspetto strano era in piedi nel corridoio. Era alto, magro e pallido, e la sua camicia e i pantaloni gli stavano appesi al corpo come indumenti su uno stendino. La sua pelle era di un bianco candido, quasi trasparente. Star cercò di catalogarlo come genitore ma non ci riuscì. Aprì la borsa, prendendo istintivamente lo spray al peperoncino. C’erano altre persone nell’edificio e nessun motivo per temere un pericolo, ma meglio essere prudenti. Lo sconosciuto entrò in classe.
“La signora Lite?” chiese con una voce sorprendentemente profonda.
Star si sarebbe aspettata più un flebile sussurro provenire da quella corporatura scheletrica.
“Sì, sono io, cosa posso fare per lei?”
“Posso parlarle un momento? Di mio figlio.”
Beh, diamine. Star voleva intensamente dirgli di no e andare a casa. Era convinta che quell’uomo non fosse il padre di uno dei suoi attuali alunni, e se suo figlio avesse dovuto essere con lei il semestre seguente, avrebbe preferito aspettare fino ad allora per cominciare i colloqui genitore-insegnante.
“Ho un altro appuntamento,” mentì. “Possiamo occuparcene via email?”
“Prenderò solo un momento del suo tempo. Potremmo sederci?”
Mettendo giù la sua scatola di cianfrusaglie con un tonfo, Star sedette in un banco e fece cenno all’uomo di fare lo stesso. Non erano costruiti per un adulto – certamente non per uno della sua altezza – e lei sperava che il suo disagio avrebbe abbreviato la conversazione.
“Sono il padre di Curtis Smith,” disse, offrendole una grossa mano da stringere. “Era nella sua classe l’anno scorso. Mi parlava molto bene di lei.”
“E come sta Curtis?” chiese Star, scervellandosi, cercando di ricordare uno studente con quel nome.
“Sta bene. È con sua madre ora. L’ho visto recentemente e mi ha chiesto di darle questo.” L’uomo estrasse una piccola scatola ricoperta di brillantini. “Curtis ha detto che lei l’ha aiutato molto con i suoi studi, e che non l’aveva mai ringraziata adeguatamente. Voleva che avesse questo come segno del suo apprezzamento.” L’uomo si alzò. “Grazie per il suo tempo, signora Lite.” Le rivolse un debole sorriso e uscì dalla stanza.
Star rimase seduta per un momento, non ben sicura di quello che era appena accaduto. Le era venuto in mente che l’uomo non le aveva dato il suo nome, solo quello di suo figlio. Curtis Smith le diceva qualcosa, ma non riusciva a ricordarlo. Non doveva essere stato un combinaguai o uno studente eccezionale. Così tanti studenti avevano incrociato il suo cammino che aveva difficoltà a tenere traccia di tutti, non importa quanto si sforzasse.
Afferrando nuovamente la sua scatola di scartoffie, Star si diresse verso la porta, sollevata dal fatto che l’incontro fosse stato breve. Strano, ma breve. Avrebbe cercato Curtis Smith una volta a casa, ma ora la priorità era uscire dall’edificio prima che l’avvicinasse qualcun altro.
* * * *
Una volta a casa, Star lanciò la borsa sul tavolo della cucina e gettò la scatola di scartoffie dell’aula in un angolo. Molto probabilmente il caos sarebbe rimasto lì per l’estate, poi lei ci avrebbe frettolosamente scavato in mezzo e tirato fuori ciò di cui aveva bisogno quando fosse iniziato l’anno scolastico successivo. Per ora, regnava la beata libertà.
Aprendo bruscamente la porta del frigo, rimase delusa – ma non sorpresa – nel vedere che i ripiani erano desolatamente vuoti. È tempo di un giro di spesa. Star scavò nella borsa poi rovistò in un cassetto della cucina prima di setacciare la sua camera da letto e il soggiorno, cercando una sigaretta. Se non poteva mangiare, tanto valeva che fumasse anche se tecnicamente aveva smesso. Niente cibo, niente sigarette. Era troppo presto per un drink? Ah-ha, un tesoro! Una sigaretta rimasta in un pacchetto nascosto.
L’irritante squillo del telefono ruppe il silenzio. Controllò l’ID del chiamante e gemette. Sua cugina Betty. Sapeva esattamente cosa avrebbe comportato quella chiamata e fu tentata di ignorarla, ma Betty avrebbe perseverato fino ad ottenere una risposta. Tanto vale levarsi di torno questa conversazione.
“Pronto?” borbottò Star nel telefono, tenendolo in equilibrio sulla spalla. Posò l’armamentario per fumare, non volendo sprecare quel piccolo piacere con la chiamata.
“Pronto, Star?” chiese la voce all’altro capo del filo.
Chi altro risponderebbe al telefono a casa mia, e non riconosci la mia voce dopo tutti questi anni? Solo per una volta, Star avrebbe voluto buttar lì una svelta risposta a tono, ma il sarcasmo era sprecato con la sua dolce, innocente cugina.
“Sì Betty, sono Star. Che c’è?” chiese, sperando di arrivare al punto velocemente.
“È il tuo periodo di vacanza ora, vero? Sei emozionata all’idea di avere l’estate libera?”
“Sì, molto emozionata. Sono un po’ nel bel mezzo di cose da fare in questo momento. Volevi qualcosa?”
“Oh, voglio solo assicurarmi che tu ti stia preparando per la nostra festa per il 4 luglio. Dovremmo cominciare presto ad organizzare.”
“Betty, è il primo giugno. Abbiamo davvero bisogno di pensare a luglio così presto?”
“Ovvio! C’è così tanto da fare. Ora, di cosa ti vuoi occupare? Le decorazioni? I dessert? O forse il vassoio delle bevande. Accidenti, mi sto emozionando al solo pensiero!”
Star era pronta a vomitare al solo pensiero, ma si sforzò di prendere un respiro profondo e di espirare lentamente. Betty aveva buon cuore, non poteva farci niente se il suo cervello a volte andava in sovraccarico.
“Che ne dici se ti richiamo fra una settimana? Devo spacchettare la mia roba di scuola e sbrigare alcune faccende.”
“Oh tesoro, sei ancora triste? Sembri triste. Accidenti, lo sarei anch’io dopo quello che ti ha fatto quell’uomo odioso. Sei una così gran donna, è sua la perdita, lo sai.”
“Non sono triste, sto bene,” disse, non volendo pensare al suo ex fidanzato e a quel giorno orribile. “È finita con lui. Hai ragione, la perdita è sua, io sono andata avanti.”
“Questo è lo spirito giusto! Non perdere neanche un minuto a pensare a lui. Semplicemente ti rimetti in sesto, sbrighi quelle faccende, e mi chiami. Non aspettare troppo, però. Abbiamo un sacco di preparativi da fare!”
Star salutò e riagganciò. Provò a suscitare un po’ di indignazione verso Betty. Accidenti a lei per trascinarla a lavorare a una festa a cui nemmeno voleva partecipare, e accidenti a lei per darle un’altra cosa di cui preoccuparsi. Star aveva troppi progetti da affrontare quell’estate, troppe cose da fare.
Ma non riusciva a essere indignata. Non provava praticamente niente, la stessa cosa che aveva provato ininterrottamente fino ad ora da... quanto tempo era passato dall’Evento, quasi un anno? Nessuna gioia, niente rabbia, nessun dolore, solo una grande e grossa sensazione di blah ogni giorno. Cominciava al risveglio, andava avanti durante la giornata e fino a notte, quando gli ultimi fuggevoli pensieri le danzavano nella mente prima che il sonno la reclamasse. Anche i suoi sogni erano noiosi e spenti.
E la verità era che non aveva nessuna dannata cosa da fare quell’estate, nessun piano, niente. La maggior parte degli anni aveva qualcosa di delineato, un corso in cui insegnare o al quale partecipare, progetti da realizzare nel suo cortile o intorno alla casa – qualche attività che le desse una buona ragione per alzarsi dal letto ogni mattina. Non quest’anno. In qualche modo, aveva lasciato che l’estate la sorprendesse senza aver fatto alcun progetto.
Star sapeva che il suo attuale stato mentale non era un buon posto dove stare. Aveva sentito le parole ‘clinicamente depressa’ sussurrate in sala insegnanti e sapeva che poteva essere quello il caso, ma non era riuscita a mettere insieme abbastanza voglia di analizzare il problema. Continuava a promettersi di prenotare una visita medica, ma non lo faceva mai. Il pensiero di prendere delle pillole non era particolarmente allettante, e sospettava che i farmaci fossero tutto ciò che avrebbe ottenuto da un medico.
Quello di cui aveva realmente bisogno era una pausa dalla sua routine quotidiana. Forse trovare qualcosa di completamente diverso da fare quell’estate, qualcosa di veramente fuori dal comune. Qualcosa che le desse la scossa di cui aveva bisogno per volersi unire alla razza umana ancora una volta. In quel momento, voleva solo fumare quell’ultima sigaretta prima di smettere di nuovo, salire sul letto e tirarsi le coperte sopra la testa per il resto della giornata.
Star afferrò la sua borsa per trovare un accendino e la scatola che lo strano uomo le aveva dato cadde fuori. Dopo aver acceso la sigaretta, essersi goduta il primo tiro e aver espirato il fumo, raccolse la scatola e se la rigirò tra le mani.
Ora ricordava Curtis. Un ragazzo tranquillo, era rimasto con loro solo per un mese, poi la sua famiglia aveva lasciato la zona, si ricordò. Quello che davvero ricordava di lui era che era strano. Somigliava molto a suo padre, magro e pallido, e non parlava molto. Se ne stava seduto da solo a consumare il pranzo e si appoggiava al muro di mattoni della scuola guardando gli altri ragazzi giocare durante la ricreazione, senza mai unirsi. Si sentiva male per lui perché gli altri bambini lo ignoravano, ma non sembrava gli importasse, così lo lasciava stare. Era arrivata a scoprire che alcuni bambini preferivano stare da soli.
Tuttavia, alla fine aveva dovuto rimproverarlo gentilmente. In classe, la guardava di continuo, seguendo ogni suo movimento, anche quando avrebbe dovuto fare dei compiti. Un giorno l’aveva chiamato in disparte e gli aveva chiesto se ci fosse qualcosa che non andava.
Aveva sorriso – un sorriso inquietante – e aveva scosso la testa. Gli aveva chiesto per favore di smettere di fissarla e gli aveva detto che era considerato maleducato osservare una persona con tanta attenzione. Aveva semplicemente detto “Sì, signora” e quella era stata la fine della conversazione. Aveva smesso di guardarla così tanto, e poco tempo dopo si era trasferito. Non aveva più pensato a lui da allora.
Perché le avrebbe fatto un regalo? Lo aveva davvero aiutato? A fare cosa? Star sollevò lentamente il coperchio e sobbalzò nel sentire un tuono. Un’esplosione di luce vorticò intorno a lei e si sentì sollevata dalla sua sedia e trascinata via.
Capitolo Due
Star sbatté le palpebre e girò la testa, stordita. Cos’era appena successo? Come era passata da seduta al tavolo della cucina a sdraiata per terra in quello che sembrava essere un giardino aperto? Non riconosceva quel luogo. Alberi, piante e fiori riempivano l’area, ma il fogliame non le era familiare. Diverse fontane gorgogliavano e alcuni uccelli cinguettavano – tutto il resto era silenzioso. Mentre lottava per mettersi in piedi apparve un uomo, che camminava a passo svelto lungo un sentiero lastricato di pietra.
“Non è certamente stato un atterraggio molto aggraziato. Spero davvero non ci sia niente di rotto. Santo cielo, cos’ha che non va la tua mano? Stai andando a fuoco!”
Lo strano uomo afferrò Star e la trascinò a una fontana lì vicino, poi le spinse la mano nell’acqua.
“Non sto andando a fuoco, idiota, quella era una sigaretta, ed era anche l’ultima. Dove diavolo sono e cosa sta succedendo?”
“Non c’è davvero necessità di urlare e imprecare in quel modo. Non è una cosa molto adatta a una signora. Se verrai con me ti spiegherò.”
Star osservò l’uomo da vicino. Qualcosa non andava. Era alto e snello e aveva gli occhi a mandorla, e i capelli che gli arrivavano alle spalle. Le sue gambe e le braccia sembravano un po’ più lunghe del dovuto. Le sue orecchie! Ecco cosa c’era di veramente sbagliato. Erano a punta. Guardando più da vicino notò il suo strano colore di pelle. O aveva un pessimo spray abbronzante, o era viola. Star incrociò le braccia e sollevò il mento.
“Non vengo da nessuna parte con te finché non mi dirai chi sei e cosa sta succedendo.”
Sebbene cercasse di apparire coraggiosa, aveva il batticuore e le sudavano le mani.
“Devo insistere perché tu venga con me subito. Oh, dov’è Vesta? È lei che dovrebbe occuparsi delle femmine.”
“Sto arrivando, sto arrivando,” chiamò una voce, e una donna arrivò di fretta da un altro sentiero. “Mi spiace, Roven, sono stata trattenuta.”
La donna aveva un aspetto molto simile all’uomo, orecchie a punta e tutto il resto. La loro pelle non era esattamente viola, più di un color malva molto chiaro, che faceva risaltare il verde dei loro occhi. Entrambi indossavano pantaloni larghi e camicie, ma la donna aveva i capelli corti e rosa.
Star sbatté le palpebre e scosse la testa. Doveva avere qualcosa che non andava alla vista, decise. Queste persone sembravano essere elfi viola!
All’improvviso, il fragore di un tuono riempì l’aria e apparve un uomo nello stesso punto dove era appena arrivata Star. Anche lui era atterrato carponi.
“Come sarebbe? Non dovremmo avere due consegne contemporaneamente. E perché questi umani atterrano in un modo così violento? Ne verranno danneggiati. Il cielo e la dea ci proteggano,” esclamò Roven.
Il nuovo arrivato balzò in piedi e si voltò verso di lei.
“Cosa sta succedendo?” L’uomo appariva come Star immaginava di apparire lei stessa, scioccato, confuso e arrabbiato. Sembrava anche, tuttavia, del tutto umano e piuttosto attraente, cosa che diede a Star un po’ di conforto.
L’elfo andò da lui e gli afferrò un braccio.
“Se verrai con me...”
“Non vengo da nessuna parte con te, e toglimi le mani di dosso prima che ti dia un pugno.”
“Guardie!” gridò Roven.
Vesta prese il braccio di Star ma Star si scrollò di dosso la mano della donna. “Signora, potrei anch’io prenderti a pugni. Non mi toccare.”
Diversi elfi apparvero portando delle lance. Circondarono l’umano e gli tirarono le braccia dietro la schiena, poi lo portarono via a passo di marcia.
“Per favore, non farmi chiamare altri soldati. Oggi siamo a corto e Sua Maestà si arrabbierà moltissimo se prendiamo le sue guardie di palazzo. Accompagnami in silenzio,” implorò la donna elfo.
Star valutò rapidamente la situazione e decise che la resistenza poteva non essere la scelta migliore. Loro avevano armi, lei no.
“Dove mi porti? Vuoi dirmi per favore cosa sta succedendo?”
“Più tardi. Devo portarti alla tua stanza e prepararti per il banchetto di stasera. Sua Maestà esige che i nuovi arrivati siano puntuali e vestiti come si deve.”
La donna elfo condusse Star lungo un altro sentiero di pietra, attraverso un gigantesco portone ad arco e in un’enorme stanza aperta. Star si guardò intorno con meraviglia, sentendosi come se fosse nel mezzo di un programma di Discovery Channel in visita ad un antico palazzo. Grandi mobili riccamente ornati riempivano lo spazio e i muri di pietra erano decorati con brillanti dipinti. La donna camminava troppo velocemente perché Star avesse la possibilità di vedere le opere d’arte da vicino, ma non riconobbe nessuno dei quadri.
Salirono una scala a chiocciola e arrivarono in una stanza che conteneva un letto, una specchiera, un divano e pochi altri pezzi d’arredo spaiati. Non c’erano finestre, notò Star con sgomento. Sentì insinuarsi in lei la claustrofobia.
“Ecco qui per te un abito da sera da indossare. Sul tuo comodino c’è una brocca con acqua potabile. Là in fondo c’è una vasca – l’acqua dovrebbe essere ancora tiepida. Ti aiuto a spogliarti e a fare il bagno.”
“Non ho bisogno di aiuto per spogliarmi e di certo non ne ho bisogno per fare il bagno,” le disse Star, avvolgendosi le braccia intorno al corpo. Avrebbe colpito quella donna se avesse provato a toglierle i vestiti. Restare nuda non era qualcosa che Star facesse con chiunque.
“Dobbiamo sbrigarci – Sua Maestà si arrabbierà se tardiamo.”
“Sì, ho afferrato il concetto, non gli piacciono i ritardatari. Se non mi vuoi dire dove siamo, dimmi almeno di questo banchetto, perché devo fare un bagno e chi è questo tal Maestà. Mi trascini via da casa mia, e ti aspetti che esegua i tuoi ordini senza darmi nessuna informazione. Cosa succede se non voglio obbedirti? Mi farai del male?”
“Per favore, per ora fai semplicemente quello che chiedo. Ci godremo un pasto delizioso e poi possiamo parlare, lo prometto. Non vogliamo farti del male. Ora, lascia che ti aiuti.”
“Penso di farcela a fare il bagno e a vestirmi da sola. Davvero.”
“Va bene, ti lascerò sola. Non provare ad andartene, ci sarà una guardia fuori dalla tua porta.”
“E dove diavolo dovrei andare?”
La donna sussultò. “Voi umani imprecate davvero troppo. Non è da signora. Tornerò a prenderti a breve. Tieniti pronta.”
Da signora un cavolo. Aspettate che mi arrabbi sul serio, e ragazzi vi faccio vedere io cos’è da signora. Star sapeva che il suo linguaggio tendeva a farsi grezzo quando era spaventata e arrabbiata, e in quel momento lo era parecchio, entrambe le cose.
Diede una rapida occhiata in giro per la stanza ma non si attardò. Non dubitava che la strana donna sarebbe tornata presto e l’avrebbe condotta di fretta da ‘Sua Maestà’, a qualunque punto fosse dei preparativi. La donna elfo era chiaramente sotto pressione e stressata, e Star aveva notato un barlume di paura nei suoi occhi.
Prendendo alcuni respiri, si calmò. L’intera faccenda era o un’allucinazione o un sogno, e in entrambi gli scenari non c’era motivo di farsi prendere dal panico perché avrebbe smesso di vedere cose strane o si sarebbe svegliata a breve.
L’orribile idea di essere stata rapita si annidava in fondo alla sua mente, ma mise da parte quel pensiero per timore di soccombere al panico conclamato. Perché qualcuno dovrebbe rapirla? E sul serio, costumi da elfo? No, tutto questo era il prodotto della sua iperattiva immaginazione, o forse uno di quei flashback ritardati da droga di cui era stata avvisata quand’era adolescente.
Curiosando nella stanza, scoprì un piccolo armadio e quello che sembrava essere un vaso da notte nascosto dietro a una tenda. Sollevata, Star fece uso dello strano aggeggio, poi annusò l’acqua nella brocca sul tavolo. L’odore era normale, e ad un piccolo sorso sapeva di buono, quindi ne trangugiò una tazza. Poi si tolse i vestiti, immerse le dita di un piede per controllare l’acqua ed entrò nella vasca. Usando la spugna che aveva trovato, si strofinò rapidamente e si era appena asciugata e messa l’abito quando la donna elfo entrò.
“Oh bene, misura perfetta. Hai un aspetto decoroso. Siediti qui, ti faccio i capelli,” disse Vesta, indicando la specchiera.
Star si mosse con esitazione nel vestito. Raramente indossava gonne lunghe ed era preoccupata di inciampare nei suoi piedi con quell’abito lungo fino al pavimento. Questo indumento, comunque, era fatto di un materiale leggero e arioso. La stoffa si muoveva con lei, e dopo alcuni giri e volteggi di prova, non aveva più timore di inciampare. Probabilmente riesco anche a correre con questo addosso, se devo.
Vesta era accigliata e batteva il piede. “Vieni, siediti, non abbiamo tempo per queste sciocchezze.”
Star si sedette. “Per favore, dimmi cosa sta succedendo. Sono stata collaborativa, no?” chiese con la sua voce più dolce, quella che usava per rabbonire bambini testardi e genitori arrabbiati.
“La conversazione dovrà aspettare, parleremo più tardi. Ora dobbiamo prepararti e andare a cena puntuali. Per gli dei, i tuoi capelli sono un disastro. Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto un buon taglio?”
La donna lavorò velocemente e con efficienza, e Star si meravigliò dell’elaborato chignon che realizzò in pochi attimi. Star non faceva molto di più che lavare i suoi capelli leggermente ondulati la sera, per poi bagnarli e raccoglierli con un fermaglio la mattina. Quando era necessario si faceva dare una spuntata in un posto senza appuntamento, e a pensarci bene, l’ultima di quelle volte era capitata molto tempo prima. Non aveva proprio fatto molto, a livello di manutenzione personale, dall’Evento.
“Almeno dimmi il tuo nome. È Vesta, giusto? Ti dico il mio, è Star.”
“Conosco il tuo nome,” disse la donna. Fece cenno a Star di girarsi e cominciò ad applicare velocemente il trucco. Dopo un altro attimo si addolcì. “Sì, il mio nome è Vesta. Ma dovresti parlarmi solo se necessario.”
Come se io volessi avere una lunga e intima conversazione con te, acida stronza. Ovviamente la donna non voleva parlare, ma Star, abituata a carpire informazioni da alunni di quarta, si mise al lavoro.
“Vesta, dove mi trovo e chi sei tu? Dai, questo puoi dirmelo. Lo scoprirò abbastanza presto comunque, no? Quell’elfo... Voglio dire, quell’uomo laggiù in giardino, ha detto che mi avrebbe spiegato. Mi piacerebbe davvero saperlo. Sono spaventata.” Le lacrime che si formarono negli occhi di Star erano autentiche – lei era spaventata.
“Oh, non piangere, ti rovinerai il trucco. Molto bene. Sei su Porrima e noi siamo folletti. E questo è tutto ciò che posso dire per il momento.”
Star rifletté su questa informazione. Poteva la sua stressata, depressa piccola mente piena di caffeina inventarsi qualcosa di così bizzarro? Aveva veramente fatto un giro dal dottore, ottenuto una ricetta e preso un po’ troppe pillole della felicità? Non era possibile che ciò stesse succedendo davvero, ma decise di mantenere la calma e andare avanti col piano. “Okay, Vesta, se sono su un altro pianeta, com’è possibile che io possa capire te e viceversa? Spiegamelo. E com’è che qui posso respirare aria e bere acqua?”
Vesta sospirò. “Abbiamo un programma di traduzione che abbina le nostre parole. È molto tecnico, quindi non chiedermi di spiegarlo – non è il mio campo. Siamo in un ambiente controllato – i tecnici hanno creato una miscela d’aria che è adatta a chiunque venga qui. Abbiamo anche formulato dell’acqua che combacia con quella a cui siete abituati. Basta parlare. Devo farti le labbra.”
Una volta che Star fu acconciata per la soddisfazione di Vesta, le donne si diressero fuori dalla porta e tornarono indietro giù per la scala a chiocciola fino al giardino. Vesta si diede un’occhiata intorno e si lasciò sfuggire un pesante sospiro.
“Dov’è quel Roven? In ritardo come al solito. Aspetta qui.” Vesta si avviò a passo svelto lungo uno dei sentieri.
Star esaminò il giardino più da vicino. Fiori e piante crescevano ovunque e un profumo di agrumi le riempiva le narici. Le fontane gorgogliavano, creando un suono piacevole e melodico. Delle panchine erano allineate lungo il perimetro del grande spazio aperto e sentieri lastricati conducevano nel fitto fogliame sui bordi. Il giardino sarebbe stato un ambiente piuttosto tranquillo se non fosse stato per le guardie con le lance ben appuntite posizionate nelle vicinanze. Guardando in alto, Star osservò un cielo rosso pallido con due oggetti luminosi nel mezzo. Prese fiato e sentì il suo cuore saltare un battito. Santo cielo, poteva veramente trovarsi su un altro pianeta? Impossibile.
Delle voci attirarono la sua attenzione su uno dei sentieri e lei vide arrivare l’umano scortato dalle guardie, ancora con le armi spianate. Lo portarono fino a dov’era lei e poi se ne andarono senza una parola.
“Di nuovo salve. Stai bene? Perché hai le mani legate?” chiese Star, sollevata di vedere lo sconosciuto. Chiunque fosse, sembrava relativamente calmo, e ora che poteva vederlo più da vicino, sicuramente umano, e assolutamente sexy.
“Sto bene, almeno credo. Non so cosa stia succedendo. Mi stavo comportando bene, mettendomi questa stupida tunica e la calzamaglia, quando una guardia è venuta nella mia stanza e mi ha legato le mani.”
“Forse posso sciogliere i nodi. Vieni un po’ più vicino e gira la schiena verso di me. Non credo che le guardie se ne accorgeranno se non ci muoviamo troppo.”
“Grazie, ma penso di averli già quasi allentati. Continua a coprirmi le spalle. Il mio nome è Adam Henderson, comunque. E tu chi saresti?”
“Star. Star Lite.” Fece un debole sorriso alla risatina che sentì. “I miei genitori erano... creativi.”
“Immagino. Okay, ecco fatto.” Adam mosse le mani, afferrò le sue e diede loro una stretta. “Qualche idea su cosa stia succedendo?”
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