Kitabı oku: «Fuori Dal Comune», sayfa 2

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La forza e il calore delle mani di Adam erano magnificamente confortanti, e Star desiderava tenerle strette e non lasciarle più andare. Anche se era stata con lui solo pochi minuti, c’era qualcosa in quell’uomo che la attirava. Un brivido le scese lungo la spina dorsale, e una sensazione di calore si diffuse in tutto il suo corpo – in particolare fra le gambe, notò con sorpresa. Che storia era quella? Le sue mutandine si inumidirono e realizzò con un sussulto che stava respirando a fatica e appoggiandosi a lui, quasi sfregando la sua schiena contro quella di lui. Si allontanò di mezzo passo e scosse la testa, riprendendo il controllo su quel lascivo desiderio.

“No, non ne ho idea. Sono stata buttata quaggiù, proprio come te. Come hai fatto a liberarti di quella corda?”

“Ho fatto un po’ di magia quando ero più giovane, quindi ci so fare con i nodi.”

Le balenò nella mente uno scenario con lei, Adam e delle manette. Allontanò quell’immagine, domandandosi nuovamente se stesse soffrendo di qualche allucinazione indotta da farmaci. Aveva appena incontrato quest’uomo e i suoi impulsi sessuali erano partiti in quarta. Doveva concentrarsi su quello che stava succedendo intorno a lei, non prestare attenzione al calore proveniente da Adam.

Prima che potessero parlare ancora, Vesta e Roven arrivarono di fretta lungo il sentiero. Roven afferrò il braccio di Adam e la corda cadde a terra. Star fece un passo indietro, sicura che Roven si sarebbe arrabbiato, ma con sua sorpresa lui si limitò a sorridere. “Molto bene. Vedo che abbiamo l’umano giusto. Ora sbrigatevi, voi due.”

E con Vesta accanto a lei e Roven al fianco di Adam, si misero in cammino.

Capitolo Tre

Entrarono in una grande stanza rumorosa che odorava di spezie e carne cotta. Due lunghe file di tavoli e panche erano allineate sui lati, e ad un capo della sala si ergeva una piattaforma rialzata con un tavolo ornato, sedie e un trono opulento. Diversi folletti sedevano sulle sedie, ma il trono rimaneva vuoto. Uomini e donne folletto riempivano le panche, parlando e ridendo vivacemente. Osservarono i nuovi arrivati al loro passaggio ma continuarono le loro chiacchiere.

Un angolo era occupato da un grande forno con un animale che stava arrostendo sullo spiedo. Pentole sobbollivano su un piano cottura e nelle vicinanze erano collocati carrelli traboccanti di cibo. Molti dei folletti portavano brocche, versando nelle tazze una bevanda scura. Le venne l’acquolina in bocca – era affamata. Se queste persone le avessero procurato un pasto decente, le avrebbe perdonate per i modi sgarbati con cui era stata trattata.

Vesta condusse Star e Adam a sedersi vicino alla piattaforma rialzata. Star osservò la folla. I partecipanti assomigliavano molto a Vesta e Roven – esili, con orecchie appuntite e arti allungati. Questi folletti vestivano in modo simile, ma i loro indumenti apparivano un po’ più eleganti. Indossavano lunghe tuniche dai colori brillanti sopra i leggings, e sia le donne che gli uomini avevano i capelli intrecciati e acconciati.

“Il re arriverà tra poco. Gli piace vedere le nuove acquisizioni. Alzatevi e chinate la testa quando siete presentati,” disse loro Vesta. “Non mangiate questo cibo, non fa bene agli umani. Sarete nutriti più tardi.”

Delusa dal fatto che non si sarebbe goduta il saporito banchetto, e non sicura di credere alla sua carceriera, Star afferrò un frutto da una ciotola mentre Vesta non stava guardando. Gli diede un morso e, non subendo effetti negativi, continuò a mangiucchiarlo. Placata un po’ la fame, si accostò ad Adam mentre Vesta e Roven si allontanavano.

“Quindi non hai idea di come sei arrivato in questo posto?” chiese Star.

“Assolutamente nessuna. Ero seduto alla mia scrivania, giocherellando con una piccola scatola, e l’ultima cosa che ricordo è che sono atterrato in quel giardino. E tu?” rispose Adam.

“La stessa cosa! Stavo armeggiando con una scatolina luccicante che mi hanno regalato quando sono piombata qua. Dimmi della tua scatola. Da dove veniva? Non è che per caso hai una sigaretta?” Star pensava che ci fossero scarse probabilità, ma chiedere non faceva male.

Anche se non era la cosa più importante di cui preoccuparsi in quell’esatto momento, avrebbe apprezzato moltissimo una dose di nicotina. Stava facendo del suo meglio per tenere un’apparenza coraggiosa, ma quella bizzarra situazione la innervosiva. Seduta accanto ad Adam, tuttavia, si sentiva un po’ meglio. Lui non era nel panico, e l’eccitazione sessuale che lei provava quando erano vicini la distraeva in modo estremamente piacevole.

“No, non fumo. Me l’ha data uno dei miei clienti. Uno strano tipo, lui e suo figlio piccolo sono venuti nel mio ufficio per farmi alcune domande, il che è piuttosto strano, visto che i più telefonano o mandano email. Sono un agente assicurativo, e tutto ciò di cui abbiamo discusso poteva essere gestito al telefono. Ho parlato con loro per pochi minuti, poi il bambino mi ha dato un contenitore coperto di brillantini. Ha detto che ero stato molto utile e mi ha ringraziato. L’uomo ha detto che sarebbero tornati da me, ma non l’hanno mai fatto. Così qualche giorno più tardi, ho notato questa scatola posata sulla mia scrivania, l’ho raccolta e ho provato ad aprirla.”

“È esattamente quello che è successo a me! Uno dei miei studenti mi ha dato questa scatola, e proprio oggi – beh, qualunque giorno sia, sono un po’ disorientata – ho provato ad aprirla ed eccomi qui. L’uomo era alto e magro, di carnagione pallida, e il bambino gli somigliava molto e ti fissava?”

“Sì, sono proprio loro, e ora che nomini il bambino che fissava, ricordo di averlo visto una volta prima di allora. Stavo inscenando uno spettacolo di magia per un gruppo di beneficenza, e questo bambino continuava a osservarmi. Non sorrideva, non rideva, nessuna espressione sul suo viso.”

Improvvisamente suonò un gong, e uno dei folletti si alzò e batté le mani.

“La vostra attenzione, tutti. Sua Maestà, Re Gaius, è arrivato. Alzatevi per riceverlo.”

Tutti si acquietarono e si alzarono, Star inclusa. Adam esitò e Star sperò ardentemente che non avrebbe procurato guai. Era uno di quei maschi con un ego smisurato, che non permetteva a nessuno di dirgli cosa fare? Le piacevano gli uomini determinati, ma nell’attuale situazione un atteggiamento aggressivo non presagiva niente di buono.

“Dai, alzati, non creare problemi. Dobbiamo integrarci finché non scopriamo cosa sta succedendo,” disse Star.

Finalmente si alzò ed entrambi si unirono agli altri nel guardare verso la porta di ingresso. Un uomo avanzava e mentre si faceva più vicino Star osservò che il re non sembrava seguire la stessa dieta e lo stesso programma di fitness del resto dei suoi sudditi. Robusto era una parola gentile per descriverlo. La sua pelle era chiazzata, di un colore grigio mescolato col viola. Quasi barcollava mentre si faceva strada verso la piattaforma rialzata e si sistemava sul trono con un grugnito.

Il gong suonò ancora e tutti si sedettero. Roven rimase dietro Star e Adam.

“Vostra Maestà, vi presento i nuovi arrivati.” Diede una spintarella a entrambi.

Star si alzò e ancora una volta, Adam esitò. Gli diede un calcio alla gamba sotto il tavolo. Che fosse dannata se stava per finire nei guai per colpa di quest’uomo pieno di sé.

Le lanciò un’occhiataccia ma si alzò, e ad un altro colpetto di Roven, Star chinò la testa. Sbirciò Adam, e quando lui le rivolse lo sguardo lei mimò con le labbra ‘fallo’. Lui strinse gli occhi e si accigliò, ma abbassò la testa.

“Ora potete sedervi,” disse Roven.

Star sospirò di sollievo e sedette. Provò a continuare la sua conversazione con Adam, ma il gong suonò di nuovo, interrompendola.

Ci fu un gran trambusto alla porta di ingresso e quattro folletti spinsero dentro un grande apparecchio di legno. Con suo sgomento, Star vide che era una forca – completa di cappio penzolante – e una persona con un sacco in testa e le mani legate dietro la schiena stava in piedi sulla piattaforma. Da quello che poteva vedere, sembrava essere un uomo – un folletto. Il marchingegno fu spinto direttamente di fronte a Re Gaius.

“Il prigioniero è stato riconosciuto colpevole. Aspettiamo il vostro ordine.”

Il re si piegò in avanti per vedere meglio, poi tornò a sedere sul suo trono.

“Procedete,” disse.

Uno dei folletti salì sulla piattaforma, mise il cappio intorno al collo dell’uomo, e tirò una leva. Il pavimento sotto di lui cedette e il prigioniero cadde, sussultando mentre il cappio si stringeva. Si contorse e tremò per qualche istante, poi si afflosciò.

Nella stanza cadde il silenzio. Il gong suonò un’altra volta e la musica e le conversazioni ripresero, sebbene più smorzate. Star si coprì la bocca con la mano e deglutì a fatica.

“Sto per vomitare,” disse a Vesta, che si era avvicinata al tavolo.

“Non osare vomitare e rovinare la cena di Sua Maestà. Vieni con me.” Vesta afferrò il braccio di Star e la tirò su. “Riporta anche l’umano nella sua stanza,” ordinò a Roven.

Star si girò verso Adam e vide che sembrava essere altrettanto inorridito. Il suo viso era sbiancato, gli occhi sbarrati. Si voltò e rapidamente seguì Vesta fuori dalla sala da pranzo.

* * * *

“Bevi questo. Tra poco tornerò con del cibo.” Vesta versò dell’acqua dalla brocca e porse la tazza a Star.

Star sedette sul letto e provò a respirare lentamente. Le batteva forte il cuore e sentiva un rivolo di sudore sul labbro superiore.

“Ti stai riprendendo?” chiese Vesta.

Star annuì. “Penso di sì. Cosa diavolo è successo poco fa? È questo che mi succederà? Sono prigioniera?”

“No, non sei prigioniera. Quel folletto ha infranto la legge. Non faceva parte... non era quello che sei tu. Tu sei un’ospite. Devi proprio usare quel linguaggio volgare?”

Nonostante le sue parole, Star capì che Vesta era turbata. La sua mano tremava quando le aveva dato la tazza e la sua voce non era ferma quando aveva parlato.

“Ora vado a prendere la tua cena. Non... Non preoccuparti.” E con questo debole conforto, Vesta se ne andò.

Appena il folletto uscì, Star si mise il viso tra le mani e lasciò sgorgare le lacrime che aveva trattenuto. Normalmente non permetteva a se stessa di piangere, preferendo tenersi dentro le emozioni, ma tutto questo era troppo. Anche se era solo un’allucinazione era ora di finirla. Adesso.

Pianse a lungo, poi si asciugò gli occhi. Le sue dita erano nere, e realizzò che il suo bel trucco era sbavato. Non importava, aveva come la sensazione che i festeggiamenti fossero finiti per quella sera. Okay, ora basta con questo programma. Era tempo di reagire, tempo di cercare una via di fuga.

Un leggero bussare alla porta la colse di sorpresa, e prima che potesse alzarsi, un piccolo folletto entrò con un vassoio.

“Ecco qui la tua cena,” disse, sistemando il vassoio sul letto.

“Grazie, ehm, come ti chiami?”

“Non dovrei parlare con te,” disse la ragazza, indietreggiando ma osservando Star con curiosità. Era carina, più piccola di Vesta, e sembrava più giovane. La sua bocca formava una curva come se sorridesse spesso e aveva rughe d’espressione agli angoli degli occhi.

“Aspetta, dimmi solo il tuo nome, non dispiacerà a nessuno se lo fai.”

“Mi chiamo Esme. Ora devo andare.” Con un breve sorriso a Star, la ragazza uscì.

Star esaminò il contenuto del vassoio. Una mela, un po’ d’uva, pane e formaggio. Assaggiò ogni cosa con esitazione, poi ci si avventò sopra. Lo stress non aveva mai smorzato il suo appetito, e aveva il sospetto che avrebbe avuto bisogno di tutte le sue forze.

Sentendosi meglio dopo il pasto, meditò su cosa fare. Provando come prima cosa il passo più logico, girò la maniglia della porta e trattenne il respiro quando si aprì. O Esme si era dimenticata di chiuderla a chiave o davvero non era prigioniera, ma Star sapeva di aver udito Vesta girare la chiave nella serratura quando se n’era andata. Sbirciò fuori dalla porta e, non vedendo nessuno, entrò nel corridoio e si guardò bene intorno.

L’andito brillava debolmente, e un’ispezione più ravvicinata rivelò apparecchi di illuminazione incassati nei muri e nei soffitti. Star fece scorrere una mano lungo il muro e capì che quello che sembrava pietra in realtà era un qualche tipo di intonaco. Si piegò a saggiare il pavimento, e invece del legno sentì del vinile. Altra tecnologia moderna.

Star afferrò saldamente il corrimano mentre scendeva silenziosamente le scale. Si prese qualche istante per osservare da vicino i dipinti. I più raffiguravano piante e fiori, pochi altri paesaggi. Erano un po’ astratti, e sebbene molto diversi dalle opere d’arte che Star aveva visto nelle sue gallerie preferite, erano deliziosi.

Lei aveva decorato il suo appartamento con alcuni quadri di seconda mano, appesi alle pareti per nascondere i buchi dei chiodi dei precedenti inquilini. In effetti non aveva speso alcuna energia nel rendere il suo alloggio un rifugio confortevole, aveva semplicemente buttato qua e là qualche mobile indispensabile. Dal momento che passava la maggior parte del suo tempo in quel triste appartamento a letto o sul divano a guardare la televisione, non le importava proprio di come appariva l’ambiente circostante.

Nel vedere questi quadri, un’improvvisa fitta di tristezza e rabbia le aggrovigliò il cuore. Perché non si era presa il tempo per curare la sua casa? Non meritava di essere circondata di bellezza? Se, anzi no, quando uscirò da qui, andrò a fare shopping. Con una scarica di energia, si spinse oltre.

Giù nella grande stanza aperta sembrava tutto tranquillo, ma proprio mentre Star si faceva strada verso l’ingresso ad arco, risuonò un tuono e subito dopo si sentì un gran trambusto provenire dalla zona del giardino.

Star si affrettò verso la porta e si nascose dietro una tenda all’entrata. Allungando la testa dietro l’angolo, vide un’enorme carrozza con cavalli e cocchiere. Non proprio cavalli, però. Da quello che riusciva a distinguere nella luce ormai fioca, gli animali avevano quattro zampe, una coda e una testa, ma erano bassi e tozzi, così come il cocchiere. Gli animali mugghiarono e si agitarono e il cocchiere tirò le redini, cercando febbrilmente di controllarli.

“Cosa succede?” gridò mentre parecchie guardie folletto arrivavano correndo.

Presa dalla scena, Star sobbalzò e strillò quando una mano le toccò la spalla. Era Adam.

“Spostati, voglio vedere cosa sta succedendo. A proposito, hai un aspetto interessante.”

Star si fece più in là per lasciargli spazio dietro la tenda. Un aspetto interessante? Poi realizzò che il trucco doveva averle sbavato su tutta la faccia per aver pianto. Beh, e allora? Nonostante la reazione del suo corpo a quell’uomo sexy, non sentiva il bisogno di fare buona impressione. Non si era preoccupata di farsi bella per nessun uomo da quel terribile giorno. Inoltre, con un po’ di fortuna, o si sarebbe svegliata o in qualche modo tutto questo sarebbe finito presto. Però era bello avere un corpo caldo così vicino al suo, e colse un profumo leggermente speziato provenire da lui, che trovò stranamente rilassante ed eccitante allo stesso tempo.

In piedi a piedi nudi accanto ad Adam, stimò che lui fosse di una buona testa più alto di lei. La sua camicia a tunica metteva in evidenza avambracci muscolosi e villosi, e ampie spalle. Lo sentiva massiccio, appoggiato a lei, e il calore che aveva notato prima le correva attraverso il corpo quando si toccavano.

“Spostati, non riesco a vedere,” disse Adam, cercando di spingerla più lontano.

“Spostati tu! C’ero prima io. Vieni dietro di me, sei comunque più alto.”

“Non fare la difficile. È importante che io veda cosa succede. E fai silenzio, qualcuno ti sentirà.”

La difficile? Gli avrebbe fatto vedere lei, cosa era difficile. Chi credeva di essere, a darle ordini, quell’arrogante bastardo? Si rigirarono per un po’ finché raggiunsero una posizione su cui entrambi concordassero, poi sporsero la testa oltre l’angolo.

Gli animali si impennavano alzando le loro corte zampe anteriori e il cocchiere calò il frustino sulle guardie mentre i folletti cercavano di aggrapparsi alle redini. Star l’avrebbe trovato comico, se la situazione non fosse stata così tragica.

“Ho un brutto presentimento su questo posto. Dobbiamo cercare di andarcene da qui,” disse Adam.

“Esattamente il mio pensiero. Forse dovremmo darcela a gambe ora, mentre le guardie sono distratte. Comunque come hai fatto a uscire dalla tua stanza?”

“Sono piuttosto bravo con le serrature oltre che con le corde. E tu?”

“La domestica ha lasciato la porta aperta. Sono piuttosto brava ad aver fortuna a volte.”

“Cosa ci fate quaggiù?” Una voce colse Star di sorpresa e lei sobbalzò, atterrando su un piede di Adam. Vesta li stava gelando entrambi con lo sguardo. “Dovete tornare subito nelle vostre stanze. Tu mettiti lì, Roven arriverà tra un attimo.” Fece un gesto ad Adam ed estrasse un arnese dalla cintura.

“Guarda dove andiamo, e più tardi vieni nella mia stanza. Dobbiamo elaborare un piano,” bisbigliò Star.

Adam annuì.

Star salì di nuovo le scale, con Vesta che la seguiva subito dietro. Sebbene pensasse che Adam poteva essere utile ad aiutarla nella fuga, sapeva anche che se fosse stata sola, dietro la tenda, non sarebbe stata sorpresa. Dannati uomini, rovinavano tutto.

“Come sei uscita? Non puoi andartene in giro per il palazzo. Quel mago ti ha aiutato a scappare?”

“Quale mago? Ah, intendi Adam? No, non c’entra niente. Senti, per quanto tempo devo restare qui? Ho bisogno di alcune cose.” Il lavoro con i bambini aveva insegnato a Star la sottile arte del diversivo. Doveva tenere Vesta distratta.

Vesta aggrottò la fronte. “Dovresti rimanere solo per altre tre albe. In effetti avevo intenzione di preparare una lista delle tue richieste quando ti ho trovato nascosta nell’atrio.” Mostrò un blocchetto di carta e uno strumento per scrivere.

“Scrivi quello che ti serve. Torno tra pochi istanti.” Star sentì scattare la serratura mentre usciva e quando provò, la porta non si mosse. Tornata ad essere una prigioniera, non un’ospite.

Star studiò velocemente lo strumento. Sembrava una normalissima penna e nelle storie di avventura che aveva letto, la gente le teneva da parte e ne usava i pezzi per scassinare le serrature e aiutarsi a fuggire. Questa, però, non cedeva. Non c’erano parti mobili. Immaginando che comunque Vesta si sarebbe accorta se la sua penna fosse stata rotta, Star si mise al lavoro sulla sua lista. Quando il folletto tornò, gliela porse.

Vesta guardò la lista.

“Dentifricio, spazzolino, libri, biancheria intima, taglia 40...” Alzò un sopracciglio mentre esaminava Star.

Star arrossì e si riprese la lista.

“Taglia 46. Intendevo taglia 46.” Era stata una 40, ma un anno di depressione e autoconsolazione con cibo e vino l’aveva portata a prendere tre taglie piuttosto velocemente.

“Possiamo lavare la tua biancheria. Lascia tutti i tuoi vestiti vicino alla porta stanotte.”

“Mi piacerebbe comunque avere un altro paio di mutandine, nel caso,” le disse Star. Nel caso trovi il modo di fuggire di notte. Mai e poi mai Star avrebbe voluto rimanere senza mutandine.

“E cos’è questa cosa, sigarette?”

“Sì, fanno parte del mio regime di salute. Contengono un’erba medicinale che fumo per restare in forma. Molto aromatica. E mi serviranno un accendino o dei fiammiferi, e un posacenere.”

Vesta si accigliò. “Non ho mai sentito di questa medicina. Vedrò cosa posso fare, e di procurarmi queste cose il più presto possibile. Ora hai bisogno di dormire. Sono sicura che sarai esausta dopo questa giornata.”

“Vesta, mi dici una cosa?” chiese Star quando il folletto si voltò per andarsene. “Sapevi che quell’uomo sarebbe stato ucciso stasera?”

Vesta si fermò, anche se non si girò a guardarla. “No,” disse, e proseguì uscendo dalla stanza.

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Yaş sınırı:
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Litres'teki yayın tarihi:
27 ağustos 2021
Hacim:
128 s. 14 illüstrasyon
ISBN:
9781802500448
Telif hakkı:
Tektime S.r.l.s.
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