Kitabı oku: «Tornanti»

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TORNANTI

INDICE

eBook di Pamela Fagan Hutchins gratuiti

1. Buffalo, Wyoming

2. Buffalo, Wyoming

3. Buffalo, Wyoming

4. Interstatale 90 a nord di Buffalo, Wyoming

5. Buffalo, Wyoming

6. Big Horn, Wyoming

7. Foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

8. Buffalo, Wyoming

9. A sud-ovest di Walker Prairie, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

10. Buffalo, Wyoming

11. A sud-ovest di Walker Prairie, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

12. Buffalo, Wyoming

13. Walker Prairie, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

14. Walker Prairie, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

15. Buffalo, Wyoming

16. A sud-ovest di Walker Prairie, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

17. A sud-ovest di Walker Prairie, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

18. A sud-ovest di Walker Prairie, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

19. Buffalo, Wyoming

20. Walker Prairie, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

21. Buffalo, Wyoming

22. A sud-ovest di Walker Prairie, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

23. Buffalo, Wyoming

24. Ranger Creek, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

25. Area forestale vergine nei pressi di Woodchuck Pass (Passo della Marmotta), foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

26. Area forestale vergine nei pressi di Woodchuck Pass (Passo della Marmotta), foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

27. Strada Red Grade, due miglia a sud di Woodchuck Pass, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

28. Stazione dei ranger di Big Goose, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

29. Woodchuck Pass, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

30. Stazione dei ranger di Big Goose, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

31. A sud-ovest del monte Bruce, area wilderness di Cloud Peak, Wyoming

32. A sud-ovest del monte Bruce, area wilderness di Cloud Peak, Wyoming

33. A sud-ovest del monte Bruce, area wilderness di Cloud Peak, Wyoming

34. Woodchuck Pass, foresta nazionale di Bighorn, Wyoming

35. A sud-ovest del monte Bruce, area wilderness di Cloud Peak, Wyoming

36. A sud-ovest del monte Bruce, area wilderness di Cloud Peak, Wyoming

37. A sud-ovest del monte Bruce, area wilderness di Cloud Peak, Wyoming

38. A sud-ovest del monte Bruce, area wilderness di Cloud Peak, Wyoming

39. A sud-ovest del monte Bruce, area wilderness di Cloud Peak, Wyoming

40. A sud-ovest del monte Bruce, area wilderness di Cloud Peak, Wyoming

41. Buffalo, Wyoming

Dedizione

Ringraziamenti

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Circa l’autrice

Apprezzamenti e premi di Pamela Fagan Hutchins

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Diritto d'autore

Prefazione

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UNO

BUFFALO, WYOMING

18 settembre 1976, ore 2 di notte

Patrick

Se c’era una cosa che Patrick aveva imparato lavorando al pronto soccorso del Parkland Memorial Hospital di Dallas quando era uno studente di medicina, era che dopo la mezzanotte non succedeva niente di buono. Forse nella sonnolenta cittadina di Buffalo, nel Wyoming, non si trovava ad avere a che fare con prostitute con le mascelle fratturate, adolescenti in overdose, teppisti con una pallottola in mezzo agli occhi, o avventurieri del sesso riluttanti a spiegare come mai avessero un criceto infilato nel loro posteriore. Ma comunque, quando il telefono squillava alle due di notte, sapeva che non era niente di buono.

Si girò e scosse sua moglie, che aveva involontariamente sepolto sotto strati di coperte, togliendosele di dosso durante la notte. «Susanne, devo andare dentro.»

«Stai attento», borbottò lei in modo automatico. Le stesse parole che diceva sempre, ed era certo che non fosse uscita dal sonno REM.

«Susanne, Susanne.»

«Cosa c’è?» La moglie si mise seduta di scatto con aria sospettosa, gli occhi sgranati e i capelli arruffati, nella debole luce della luna che entrava dalla finestra. Ma, anche così, era maledettamente bella. Il suo cuore fece una capriola. La stessa donna di cui era innamorato da quando aveva quindici anni ed era uno studente modello alla A&M Consolidated High School di College Station, in Texas.

Le toccò la guancia. «Tutto a posto. Devo andare in ospedale. Puoi assicurarti che tutti finiscano di fare i bagagli domattina, nel caso tornassi tardi?»

La moglie si rigettò indietro sul cuscino. «Sicuro.»

«Grazie.»

Si vestì quasi al buio con gli abiti che aveva lasciato fuori la sera prima; dopotutto era il medico di guardia. Prima di andarsene, premette le labbra sulla tempia di Susanne. Un “hmm” soddisfatto interruppe il suo lieve russare. Patrick attraversò velocemente la zona giorno del piano superiore, scese al piano inferiore ─ che era costruito sul fianco di una collina ed era per lo più un seminterrato ─ e uscì dalla porta d’ingresso per andare alla sua auto parcheggiata sul vialetto circolare. Dato che non aveva un garage, doveva farsi quel pezzo a piedi tutti i giorni.

Si mosse con fare furtivo, usando le tecniche indiane della camminata della volpe che aveva imparato da bambino nei boy scout. Bisognava abbassarsi con le mani sulle ginocchia, sollevare il piede in alto, appoggiare l’esterno del piede, poi l’interno, poi il tallone, l’alluce e infine appoggiare il peso. E avanti così. Se qualcuno lo avesse visto, si sarebbe sentito sciocco a farlo, ma era solo ed era una buona pratica per l’imminente gita di caccia. E poi stava giusto passando sotto la stanza di sua figlia Trish e di sicuro non voleva svegliarla. Sarebbe stato già abbastanza brutto quando li avrebbe fatti alzare tutti alle nove in punto, salire sul pick-up e via in montagna. Dio, salvami dagli adolescenti lunatici. Perry non era tanto male avendo solo dodici anni, ma sarebbe arrivato anche il suo momento.

Chiuse la portiera della sua Porsche 914 bianca il più silenziosamente possibile. La sera prima l’aveva parcheggiata in previsione di una partenza notturna, puntandola in discesa e tirando il freno a mano. Tolse il freno e lasciò che l’auto sportiva prendesse velocità finché non fu quasi in fondo al vialetto. Mentre era in corsa sull’ottovolante, abbassò i finestrini. L’unico rumore che si udiva erano le ruote sulla strada sterrata. Poi mollò la frizione e la Porsche prese vita con un ruggito.

Il tragitto fino all’ospedale di solito durava solo cinque minuti, ma erano sempre cinque minuti di terrore. I cervi suicidi e le basse roadster erano una combinazione mortale: i cervi uscivano in forze al tramonto, spaventando le auto fin quasi all’alba.

Susanne lo aveva aggredito per aver comprato la Porsche. C’erano solo due conducenti nella loro famiglia, gli aveva ricordato, e avevano già due auto: la station wagon color bronzo di lei e il suo vecchio pick-up. Probabilmente non era ancora il momento di dirle che aveva messo gli occhi su un aeroplano Piper Super Cub ora che aveva la patente di pilota. Ma la Porche gli piaceva. E, dannazione, quando un uomo si era sposato a diciannove anni con l’unica ragazza della sua vita, aveva avuto un figlio a venti e si era arrangiato a fare diversi lavori mentre studiava medicina solo per permettere loro di sopravvivere, beh, quell’uomo si meritava una Porsche non appena se la poteva permettere. Non era una cosa così esagerata, aveva comprato quella più economica. Ma sopra c’era pur sempre la scritta PORCHE, come sui modelli più sofisticati, e rimuovendo l’hard top nero si trasformava in una decappottabile. Era stato orgoglioso di aver speso poco, fino a quando non aveva ben presto consumato i risparmi per gli speciali pezzi di ricambio e per meccanici che conoscevano solo auto americane e grandi camion. Quando si fermò al semaforo, il motore si mise a scoppiettare come se gli stesse leggendo nel pensiero.

«Basta. Ho deciso. Metterò in vendita questa stronza», disse tra sé e sé.

Con la coda dell’occhio vide un altro autista dall’aria stanca che lo fissava dalla corsia a fianco. Era un ragazzo su un pick-up con i finestrini alzati.

«Cos’hai, amico, non hai mai visto nessuno parlare da solo?» L’altro lo salutò con il capo. «Almeno so sempre che avrò una risposta intelligente.»

La luce divenne verde. Patrick dette una grande accelerata. La Porsche partì ruggendo ma il pick up schizzò via davanti a lui. Quella piccola auto sportiva era tutto fumo e niente arrosto. Il motore rombava che era una meraviglia, ma praticamente aveva la stessa ripresa del suo vecchio Maggiolino Wolkswagen di un tempo.

Guidando lungo la pittoresca strada principale in stile western di Buffalo, illuminata da tenue luci, Patrick passò sotto i festoni che celebravano il bicentenario – un evento che la cittadina aveva preso a cuore e che durava tutto l’anno - e pochi minuti dopo parcheggiò fuori dal pronto soccorso nello spazio riservato al medico di turno. All’interno, una luce fluorescente ronzava e lampeggiava, conferendo all’austero spazio un’atmosfera surreale come nella serie Ai confini della realtà.

Andò subito dal radiologo, quello che lo aveva svegliato con la telefonata. Nella maggior parte degli ospedali erano le infermiere di turno a chiamare. Ma questo succedeva perché non avevano Wes. «Di che si tratta, Wes?»

Il tecnico era una spanna più alto di Patrick e pesava venti chili di meno. La sua divisa blu da medico non gli arrivava alle caviglie. «Beh, Doc, si tratta di una possibile frattura alla gamba.»

Wes lo disse in modo professionale, ma Patrick colse uno scintillio nei suoi occhi. Cosa poteva esserci di divertente in una gamba rotta alle due di notte? «Dov’è il paziente?»

«Fuori nel parcheggio, ovviamente.»

Patrick si stava dirigendo verso l’interno del pronto soccorso, ma si fermò e si girò verso il suo collega, guardandolo in faccia. «E non lo portiamo dentro?»

«La. E no, non credo che sarebbe una buona idea.»

«Qual è il problema?»

«Nessun problema.»

«C’è qualcosa che non so?» Di solito non doveva tirargli fuori le risposte. Forse il radiologo aveva sonno. Era fiacco. Come lui.

«Non saprei, Doc. Vuoi che venga con te a vederla?»

Patrick fu certo che Wes stesse quasi ridendo. «Certo che sì.»

I due uomini uscirono insieme e incontrarono un giovane con blue jeans impolverati, una logora camicia western e un paio di stivali consumati. Era in piedi ai margini del parcheggio e quando li vide si tolse il cappello.

«La ringrazio tanto per essere venuto.» La mano che si protese verso quella di Patrick era callosa e ruvida come carta vetrata, e gli stritolò la sua. «Sono Tater Nelson.»

«Dottor Flint. Mi hanno detto che c’è una possibile frattura alla gamba.»

«Sì, dottore.»

«Come si chiama la paziente?»

«Mildred.»

«Mildred, ok.» Seguì Tater nel parcheggio, dove si fermarono davanti a un trailer per due cavalli. Tater aprì lo sportello posteriore.

«La tiene qui dentro?»

«Non volevo che si spaventasse nel parcheggio e si facesse ancora più male.»

Patrick sbirciò nel trailer. Partì una zoccolata, mancandolo di poco. Fece un salto all’indietro di mezzo metro, per stare sul sicuro. «Mildred è un cavallo.» Stava per uccidere il radiologo. Wes avrebbe dovuto avvertirlo.

Tater annuì con entusiasmo. «Sì. È una puledra da rodeo pazzesca. Può fare qualcosa per lei?»

Patrick si voltò verso Wes, che si portò una mano alla bocca come se avesse il mal di denti. Ma era un sorriso che nascondeva. «Non lo so. Wes, possiamo fare qualcosa per lei?»

«Lo spero proprio, Doc, visto che stanotte sostituisci il veterinario.»

Patrick alzò le sopracciglia, ma la sua voce era piatta. «Sostituisco il veterinario.» Joe Crumpton, il veterinario, non gli aveva chiesto di sostituirlo.

«Sì. Il dottor John lo fa sempre.»

«E viceversa?»

«Questo non andrebbe bene. Un veterinario che si prende cura delle persone? La gente non lo accetterebbe.»

«Ma va bene che un medico si prenda cura degli animali.»

Gli altri due uomini annuirono. Patrick non ne era così sicuro. La cosa più vicina alla medicina veterinaria che avesse letto era Tutte le creature grandi e piccole.

«Tater, ci dia un minuto per parlare. Torneremo subito per occuparci di Mildred.»

«D’accordo.»

Quando furono fuori portata d’orecchio, Patrick interrogò Wes: «Ok, sapientone, dimmi cosa faccio con un cavallo selvaggio con una zampa rotta?»

«Cosa faresti con un cowboy da rodeo con una gamba rotta?»

«Intendi quel ragazzo di Kaycee?»

«Quel ragazzo di Kaycee... Doc, mi fai morire dal ridere. Quel ragazzo è il campione del mondo di cavalcata senza sella. Chris Ledoux.»

«Non ha detto nulla al riguardo quando lo hanno portato qui. Mi ha solo detto che sarebbe tornato la settimana dopo per farsi mettere un’altra ingessatura, perché si sarebbe tolto quella che gli avevo fatto. “Lavoro”.» Patrick disegnò nell’aria due virgolette con le dita.

«Chris è così. Ma prima di mettergli il gesso, cosa hai fatto?»

Patrick lo guardò senza capire. «È una domanda trabocchetto?»

«Gli hai fatto fare le lastre, Doc. Quindi, ovviamente, me le farai fare anche alla zampa di Mildred.»

Patrick sospirò e si strofinò la testa proprio dove i capelli si stavano diradando, cosa che non poteva evitare di fare per quanto Susanne gli dicesse sempre di smetterla. «Pensavo che avessimo stabilito che Mildred non sarebbe entrata.»

«Useremo l’apparecchio a raggi X portatile. Ovviamente.»

«E se la zampa è rotta?»

«La ingesseremo.» Quella volta Wes non disse ovviamente, ma Patrick lo udì ugualmente.

«La ingesseremo, eh?»

«Sì.»

«Non ho mai ingessato la zampa di un cavallo prima d’ora.» E dubitava che l’assicurazione per responsabilità medica coprisse una cosa del genere.

«Un gioco da ragazzi per un vecchio segaossa come te.»

Ogni volta che Wes passava dal chiamare Patrick doc al chiamarlo segaossa, significava che si stava rilassando. All’inizio dell’estate aveva regalato a Patrick un coltello tascabile da quindici centimetri per il suo compleanno, con la scritta SEGAOSSA incisa sul manico; accompagnato da un biglietto che gli suggeriva di buttare via quel coltellino di Minnie dei tempi dei boy scout e portarsi qualcosa di utile. Ora Patrick non andava da nessuna parte senza averlo con sé. Di notte lo teneva sul comodino di fianco al portafogli e all’orologio. In Wyoming, infilare quel grosso coltello in tasca era diventato per lui parte del vestirsi.

Dette un colpetto alla tasca e al coltello, poi sbuffò. Un gioco da ragazzi. Se lo dice lui. Ogni secondo che passava si sentiva sempre più stupido e meno capace. Prima di trasferirsi nel Wyoming due anni prima, non era mai stato un esperto di cavalli. Ma aveva imparato abbastanza da temere un animale che si sentiva intrappolato e aveva zoccoli duri, grandi denti e una mascella robusta.

Ricordando il calcio che Mildred gli aveva tirato, chiese: «Abbiamo un torcinaso?» Lo metteva sempre intorno al muso del suo cavallo Reno in modo che non mordesse il maniscalco che si occupava di lui. Funzionava piuttosto bene.

«No.» Wes fece un largo sorriso. «Il trucco sarà muoversi velocemente e rimanere fuori dalla sua traiettoria.»

«Grandioso.» Ma ora anche Patrick sorrise. Essendo cresciuto nel Texas, pensava di conoscere il West, ma il Wyoming era ancora più a ovest del Texas. Un uomo doveva saper ridere di se stesso, o la vita faceva presto a diventare poco divertente.

«O qualcuno le tiene sollevata la zampa opposta allo stesso tempo. La maggior parte dei cavalli rimangono abbastanza fermi con due zampe sollevate da terra.»

«Puoi prendere quella posteriore, allora. Io scelgo l’anteriore.»

Wes rise.

Rientrati nel pronto soccorso, i due uomini continuarono con le loro amichevoli battute mentre raccoglievano materiali e attrezzature. Poi Patrick udì un trambusto nell’area della reception. Grida, una discussione e il rumore come di un pugno.

Una donna gridò: «Fermati» con voce agitata.

Patrick uscì immediatamente dalla porta del magazzino pieno zeppo, facendo solo cadere una fila di flaconi di pillole da uno scaffale; seguito da Wes, che stava spingendo una macchina per radiografie con le ruote. Alla reception, si precipitarono verso un uomo in uniforme da guardacaccia e guardia ittica del Wyoming con la bassa e muscolosa corporatura di un lottatore. Teneva una donna a faccia in giù con un braccio piegato dietro di lei, il ginocchio contro la sua schiena. I capelli della donna le coprivano il viso, ma non attutivano la sua voce. Stava imprecando con enfasi e grande varietà espressiva, sembrando molto esperta in materia. La luce fluorescente crepitava e lampeggiava sulle pareti e sul pavimento bianco grigiastri, e sui braccioli di metallo delle sedie. Un uomo magro con una salopette di jeans e una donna grassoccia in ciabatte con un abito da casa a fiori color lavanda erano rannicchiati in un angolo. Dalla parte opposta della hall c’era Kim, l’infermiera di turno, tra Patrick e un ragazzo dal fisico atletico con gli scarponi da trekking, che si teneva stretta la guancia rossa e brufolosa.

Kim era una donna massiccia che portava i grigi capelli in un pratico chignon. Stava parlando con voce ferma all’escursionista, accompagnandola con i gesti. «Venga con me, signore. La faccio sistemare in una sala per farla visitare.»

Lui gridò, quasi piangendo: «Mi ha colpito. Quella puttana mi ha colpito.»

Il guardacaccia fece un cenno a Kim. «Possiamo metterla il più lontano possibile da lui?» Agitò le manette che aveva in mano. Patrick non lo aveva mai visto, ma conosceva la guardia che c’era prima, Gill Hendrickson, e suppose che quell’uomo fosse il suo sostituto. Quando il corpo di Gill, ucciso a colpi di fucile mentre era in servizio, era stato portato al pronto soccorso all’inizio dell’anno, Patrick era il medico di guardia.

«Lo metterò nella numero uno. Lei la metta nella numero quattro», rispose Kim indicando con il braccio. La numero quattro era la sala più lontana dalla reception.

Patrick guardò l’impaurita coppia di anziani. Ben fatto, Kim.

La guardia si rivolse alla parte lesa: «Signore, vuole sporgere denuncia?»

Il ragazzo spostava il peso avanti e indietro sui suoi piedi, muovendo la testa rapidamente, la mano ancora sulla mascella. «Cosa? No, no. Mm-mm.»

La donna venne messa in piedi, con una certa delicatezza. La sua faccia era arrossata dove era stata premuta contro il linoleum, ma per il resto sembrava illesa. Aveva la maglietta bagnata di sudore sotto le ascelle e intorno al collo. Respirava in modo affannoso, ma non sembrava essere in iperventilazione.

I suoi occhi passarono fulmineamente da una persona all’altra, fermandosi su Patrick con la sua giacca da medico. «Penso di avere un infarto.» Portò la mano al petto e alla spalla.

Sfortunatamente, Patrick aveva già visto a Dallas comportamenti e sintomi come quelli prima, e spesso anche. Ma solo una volta a Buffalo. Non sembrava stesse avendo un attacco di cuore. Era pronto a scommettere che avesse fatto abuso di metanfetamina. Entrambi, lei e l’escursionista. La sudorazione, l’iperattività di lui, il dolore al petto di lei erano spesso effetti collaterali dell’ansia indotta dalle anfetamine. Ma perché il guardacaccia era lì?

«Sono Alan Turner», disse l’uomo a lui e a Wes, senza lasciare andare la donna.

Wes si presentò.

«Sono il dottor Flint. Piacere di conoscerla. Da dove vengono questi due?»

«Stavano guidando a zig-zag sulla Red Grade vicino al loro campeggio. Ho deciso che avevano bisogno di un passaggio fino a qui, per ovvie ragioni.» I guardacaccia erano agenti delle forze dell’ordine a pieno titolo, con l’autorità di far rispettare tutte le leggi dello stato del Wyoming quando necessario, sebbene le leggi riguardanti la gestione della fauna selvatica e ittica fossero di loro speciale competenza.

L’infermiera ritornò dopo aver sistemato il suo paziente.

«Kim, puoi prendere i parametri vitali mentre Wes e io ci occupiamo di un paziente fuori?» Se Patrick aveva ragione che si trattasse solo di una questione di metanfetamina, non era niente che un paio di Valium non avrebbero messo a posto.

Kim fece un cenno con la testa indicando la donna. «Da sola?»

«Resterò io con lei», la rassicurò Alan.

Kim annuì. «In tal caso, nessun problema.»

«Non mi lasci, dottore», disse la donna. «Sto morendo.» Si strinse il petto.

«Lei è in buone mani. Tornerò tra non molto.»

Patrick si sbrigò a uscire con Wes.

«Non sopporto di vedere casi di droga da queste parti», confessò al radiologo.

«Sono molti di più ultimamente. Ne ho avuto qualcuno lo scorso fine settimana quando il dottor John era di guardia.»

Il contrasto tra la notte tranquilla ─ accompagnata solo dal rumore delle ruote della macchina a raggi X portatile ─ e il dramma umano dentro l’ospedale, era netto. Patrick si fermò poco prima di arrivare al parcheggio.

«Mi chiedo cosa stia succedendo. Speriamo che finisca con la stagione turistica.» Ma la stagione turistica si era conclusa con il Labor Day, che era stato qualche settimana prima. Tornò con la mente al cavallo. «Hai dato un’occhiata alla gamba di Mildred prima che arrivassi?»

«Sì, l’ho fatto.»

«Quanto è grave?»

«Sentendola attraverso la pelle non sembra rotta, ma Miss Mildred sente male ed è nervosa. Piuttosto vicino all’articolazione del pastorale, ma penso che sia illesa. Sei fortunato, Doc. La prognosi per i cavalli che si rompono le articolazioni non è buona. Un bel po’ muoiono di sepsi articolare.»

Non era una frattura composta, non era nell’articolazione. Nessuna ferita aperta, quindi nessuna infezione. Tutti aspetti positivi. Patrick non voleva che gli morisse un altro paziente di setticemia, nemmeno un cavallo. Soprattutto dopo aver perso per la prima volta in quel modo una paziente la settimana precedente. Bethany Jones, si chiamava. Se la sua famiglia non avesse aspettato a portarla all’ospedale fino a quando era prossima alla morte, Patrick avrebbe forse potuto salvarla. La gente del Wyoming aveva la tendenza a contare solo su se stessa. A volte un po’ troppo.

«Bene.» Patrick riprese a camminare verso il trailer.

Wes gli mise una mano sul braccio, fermandolo di nuovo. «Uno dei figli della Jones è passato questo pomeriggio. Voleva una copia del referto dell’autopsia di sua madre.»

«Di nuovo, eh?» Patrick non li aveva incontrati, ma continuava a sentire i resoconti delle loro visite.

«Sono sempre stati insistenti.»

«Speriamo di ricevere presto il referto, così non avranno più motivo di presentarsi qui. Sono piuttosto ansioso di metterci le mani sopra io stesso.» Era difficile non sentirsi responsabile quando qualcuno gli moriva, che avesse senso o no.

Wes lasciò il braccio di Patrick e i due uomini fecero il giro del trailer portandosi sul retro. Mildred ora era rivolta verso l’esterno e Tater le stava sussurrando all’orecchio. Quando li vide fece un cenno di saluto con il capo.

«Darò a Mildred un antidolorifico prima di esaminarla e farle una radiografia alla zampa», spiegò Patrick.

Entrò nel trailer, trovandosi con Tater e la sua cavalla. Mildred girò immediatamente le orecchie all’indietro e si mise a scalciare contro l’interno del rimorchio con gli zoccoli posteriori.

«Buona, Mildred.» Patrick le si avvicinò. «Va tutto bene, ragazza.»

«Forse dovremmo portarla fuori di qui, dottor Flint», suggerì Tater.

«Buona idea.» Patrick aveva bisogno di spazio per muoversi.

Tater tirò il nodo della lunghina di Mildred. «Diavolo. Ha tirato e l’ha stretto così tanto che non possiamo slegarla.»

Patrick estrasse il suo coltello tascabile con la scritta segaossa e lo mostrò. «Sì?»

«Sicuro. Io la tengo ferma e lei velocemente taglia la corda dove c’è il nodo. Sarà ancora lunga a sufficienza.»

Patrick lo fece, poi rimise il coltello in tasca.

Wes intervenne: «Con quel coltello di Minnie mica ci saresti riuscito, vero?»

Patrick sorrise.

Tater portò Mildred fuori dal trailer senza che si facesse ulteriormente male, grazie all’eccellente stecca che qualcuno le aveva fissato alla zampa. Poi legò la corda a un’assicella laterale. Patrick le si avvicinò di nuovo per farle una puntura sul collo. Il cavallo reagì fulmineo come un serpente a sonagli e affondò i denti nel suo petto.

«Aah!» gridò. Si incurvò e piegò le ginocchia. «Figlia di un’esca di una poiana!»

Tater colpì Mildred sul fianco, ma la puledra mantenne la presa per due atroci secondi prima di lasciar andare Patrick, che si allontanò rapidamente. L’animale agitò la coda.

Wes incrociò le braccia. «Figlia di cosa?»

Patrick non rispose. Si strofinò il petto. La pelle non si era rotta. Però il giorno dopo avrebbe avuto una bella irritazione.

Tater accarezzò il naso della sua cavalla. «Scusi, dottor Flint. Mildred è un po’ irascibile.»

Avrebbe voluto che Tater glielo avesse detto prima di arrivare a portata dei suoi denti.

«E io che pensavo che tutti ti amassero, Doc», ironizzò Wes.

Patrick gli lanciò un’occhiataccia. Chiese a Tater: «Hai mai fatto una puntura a un cavallo?»

«Una o due volte.»

Patrick gli porse la siringa. «Accomodati pure, allora.»

Wes tossì nella propria mano, ma sembrava molto più una risata.

Un rumore di passi affrettati e una voce senza fiato fecero trasalire Patrick. «Dottor Flint, abbiamo ricevuto una chiamata.» Era Kim. Kim non correva mai.

«Cosa c’è?» Si allontanò da Mildred per tenere se stesso e Kim fuori portata.

«Un vice sceriffo. Attaccato da un detenuto. Lo stanno trasportando qui.»

Patrick poteva trasferirsi in capo al mondo, ma il peggio di cui l’essere umano era capace lo avrebbe seguito ovunque. Il suo cuore crollò. Conosceva i vice sceriffi della zona. Uno era suo vicino di casa. «Contea di Johnson?»

«Big Horn.»

Non conosceva nessuno dei vice sceriffi della contea di Big Horn. Ma ciò non minimizzava la tragedia. «Quanto ci metteranno ad arrivare?»

«Quarantacinque minuti.»

«E i pazienti all’interno?»

«I loro parametri vitali sono coerenti con l’assunzione di anfetamine. Nessun altro indicatore.» «E la coppia più anziana?» «Lei è diabetica e si è dimenticata di far rifornimento di insulina.»

Patrick chiuse gli occhi per un lungo secondo. «Va bene, allora. Cinque milligrammi di Valium per i nostri consumatori di psicofarmaci e tenerli sotto osservazione. Controllare il livello di glucosio della nostra paziente diabetica. Sistemeremo Mildred e poi verrò a controllare tutti e a firmare le prescrizioni. Dovremmo aver finito prima che arrivi l’ambulanza. Grazie, Kim, e fammi sapere se ci sono dei cambiamenti.»

«D’accordo.» L’infermiera annuì e rientrò nell’ospedale.

Al suo posto apparve un uomo robusto con un cane da montagna dei Pirenei tra le braccia. La testa del cane era sopra la sua spalla, voltata dalla parte opposta rispetto a Patrick. Una zampa era appoggiata sulle braccia dell’uomo. Patrick rimase senza parole. Fai che sia solo una zampa finita in una trappola per orsi.

L’uomo chiese: «Lei è il dottore che sostituisce il veterinario?»

Patrick avrebbe voluto negarlo, ma rispose: «Sì», e pensò: sarà una lunga, interminabile notte.

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