Kitabı oku: «Spezia», sayfa 3

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A Cake piaceva lavorare all’Avalon. Ora trentenne, era a proprio agio con la libertà e la responsabilità.

Ottenne la cintura nera di kickboxing prima di licenziarsi dal Savoy; dopo aver iniziato all’Avalon s’iscrisse al Club Tojo di kickboxing, che aveva sede nella palestra del vicino Kings Leisure Centre.

Osservò alcuni kickboxer durante l’allenamento, quindi posò la sacca e si aggirò in palestra in attesa che qualcuno lo notasse.

Una donna attraente lo raggiunse e gli sorrise.

Cake rispose al gesto e pensò ‘Ooh, è gentile e troppo carina per essere una kickboxer. Forse è una fan’ le rivolse un ghigno.

“Che cosa vuoi?” Domandò improvvisamente la donna in un accento cockney.

“Vorrei entrare nel club di kickboxing” rispose Cake.

“Perché?” Domandò la donna. “Pensi di essere tosto?”

I presenti osservarono la scena con un sorriso in volto.

“Abbastanza tosto” disse Cake, preso alla sprovvista dai modi di fare così schietti della donna. “Sono una cin…”

La sua frase venne interrotta quando lei lo colpì al naso.

Cake la guardò scioccato quando fece per attaccarlo nuovamente. Cake fermò il pugno, quindi lei gli diede un calcio alla gamba prima d’indietreggiare e sistemarsi in posa di slancio.

“Prima lezione” disse la donna “Non abbassare mai la guardia”. Poi scattò in un attacco spietato, prendendo Cake a pugni; per quanto ne schermasse la maggior parte ne subiva comunque molti. Ora arrabbiato, si vendicò prendendo a pugni e calci la donna, la quale bloccò ognuno dei suoi attacchi prima di raggiungerlo nuovamente al naso. Cake si stava adirando. La donna se ne accorse, quindi raddrizzò la schiena e gli sorrise.

“Sì okay, puoi entrare nel club. Ma dobbiamo lavorare sulla tua difesa e sul karma; è stato troppo facile farti andare in collera e farti sbagliare”.

Cake rivolse un’occhiataccia alla donna, e poi guardò gli altri atleti che stavano ridacchiando nell’osservare la coppia.

“Mi chiamo Jade” disse lei, tendendogli la mano. “Sono l’istruttrice capo”.

Cake era un po’ alterato, quindi rivolse uno sguardo furioso alla donna. “Quindi attacchi tutti quanti? Che cosa sarebbe successo se non fossi stato in grado di difendermi? Fortunatamente sono un kickboxer”.

Jade ridacchiò prima di rispondere “Non attacco tutti quanti, solo quelli presuntuosi, Signor Cintura Nera”. Indicò il borsone di Cake, alla cui maniglia era annodata la cintura nera decorata dall’ampio ricamo di cotone che simboleggia lo Zendo.

Cake guardò il borsone prima di sorridere alla donna.

“Oh!” Tentennò lui dall’imbarazzo. “Sono Ben, ma tutti mi chiamano Cake”.

***

Dopo il contatto iniziale, Cake e Jade andarono subito d’accordo. Cake trovava Jade intrigante, umile, e non odorava di grasso di cottura. Jade trovava Cake un uomo gentile, umile e attraente. Tutti si resero presto conto che i due si stavano innamorando, gli sguardi che si scambiavano parlavano chiaro. I frequentatori della palestra scommisero su chi avrebbe avuto il coraggio di chiedere di uscire a chi. Nonostante provassero sentimenti forti uno per l’altra, erano entrambi timidi, e non si resero conto di che cosa provasse la controparte.

Cake non riusciva a smettere di pensare a Jade, e le sessioni di kickboxing diventarono il clou delle sue settimane.

I dipendenti del salone di bellezza dove lavorava Jade si ritrovarono in una discoteca in occasione della festa di Natale, e la ragazza invitò anche i kickboxer. Cake si sentì un po’ a disagio nell’ampio locale. La festa fu la solita storia, con i presenti separati in piccoli gruppi. Jade notò che Cake era visibilmente a disagio e fuori luogo, come un cucciolo abbandonato. La ragazza si distaccò quindi dai colleghi e raggiunse Cake. Quest’ultimo se ne stava in disparte con una bottiglia di Bacardi Breezer in mano mentre osservava la pista da ballo gremita.

“Sono contenta che tu sia riuscito a venire” gridò Jade, sovrastando la musica.

“Grazie per avermi invitato”.

Seguì un silenzio tra i due con in sottofondo la musica spacca-timpani. Nessuno di loro seppe cosa dire, e i due si fissarono per diversi secondi fino a quando Jade disse “Hai un buon odore, cos’hai su?” Riferendosi al dopobarba di Cake.

Cake sembrò rifletterci, le rivolse un ghigno e poi rispose “Quello che ho fra le gambe, ma non penso che tu sia in grado di fiutarlo” e scoppiò a ridere.

Jade sembrò confusa, ma poi capì. Fu sufficiente a rompere il ghiaccio, quindi Jade ridacchiò e disse “Beh, sarebbe un peccato sprecare un alzabandiera”. Jade gli sottrasse la bottiglia di mano e la posò sul tavolo.

“Andiamocene, vieni con me in un posto più tranquillo” disse lei, e poi suggerì “Andiamo a casa mia”.

La coppia camminò mano nella mano, uscendo dalla discoteca con i kickboxer che esultarono.

Jade aveva qualche anno in più di Cake, i capelli marroni mossi, gli occhi castani e i tratti sbarazzini. Ricordava una Catherine Zeta-Jones più bassa e muscolosa. Cake era meravigliato dal corpo femminile e ben definito di lei, che ammirò per bene quando una fredda mattina di Natale i due si ritrovarono nudi tra le braccia l’uno dell’altra nel letto singolo di Jade al suo appartamento al piano superiore del salone di bellezza.

A Cake venne la nausea quando i forti odori chimici che aleggiavano nel locale al piano terra gli raggiunsero le narici. Era quasi in grado di captare il medesimo lezzo su Jade, la quale tuttavia aveva un profumo molto migliore delle chef con cui era uscito.

Si trattò della prima vera relazione per entrambi. Cake e Jade divennero inseparabili, trascorrendo insieme tutto il loro tempo libero. Cake disse a Jade del proprio olfatto super sviluppato, informandola di non essersi comportato come un coglione sfacciato quando le aveva detto di non potersi trattenere da lei di notte a causa dei forti odori. Il fetore di ammoniaca presente nella tinta per capelli gli faceva venire i conati di vomito.

Entrambi guadagnavano bene, ma a causa dei prezzi astronomici del mercato immobiliare londinese, Cake si iscrisse a gare di pasticceria per poter acquistare un appartamento il prima possibile.

La coppia accumulò una cifra considerevole, e accesero un prestito ipotecario su uno sciccoso appartamento a metà strada tra l’Avalon e il salone di Jade a Knightsbridge.

Erano follemente innamorati, e si godettero la loro vita insieme, intenzionati a sposarsi quando sarebbero stati sufficientemente sistemati per metter su famiglia.

Per il momento però erano contenti di godersi le luci della ribalta del Fenomeno della Pasticceria, con Cake che vinceva ogni competizione a cui partecipava.

Jade sorprendeva Cake di frequente. Era una parrucchiera di successo con uno spiccato senso dello humor e uno strano interesse per l’orrore, come apprese Cake quando Jade scrisse un romanzo su un cocainomane che sniffava le ceneri di un vampiro disintegrato, mutando in Keith Richards. Romanzo che aveva pubblicato.

Cake a quel punto lavorava all’Avalon da tre anni, e si era costruito una reputazione di prima classe. Quando i proprietari avevano annunciato di aver venduto l’hotel a una grande multinazionale, a Cake tornò alla mente l’esperienza al Savoy e decise che fosse il momento di passare oltre. Quindi consegnò le proprie dimissioni appena prima di ricevere il premio per il Pasticcere dell’Anno.

Ricevette delle offerte particolarmente remunerative, oltre alla proposta dell’Avalon di aumentargli generosamente il salario, ma Cake, ora all’apice della propria professione, volle mettersi in proprio insieme a Jade.

Cake era felice di non partecipare più alla premiazione di Pasticcere dell’Anno, così come altre cerimonie di genere, poiché potevano prendervi parte solamente chef sponsorizzati da hotel al top di gamma. Cake si era sempre sentito a disagio, e si rese conto di avere un aspetto orribile in abito, dato il suo ampio busto sorretto dalle gambe snelle. Una sartoria eccellente di Londra gli aveva realizzato l’abito su misura, ma gli stava comunque come se fosse stato confezionato da una persona cieca. Inoltre si sentiva in torto a partecipare a competizioni simili, dato che il suo olfatto amplificato e il suo palato impeccabile gli davano sempre un indiscutibile vantaggio sui propri avversari. Il suo obiettivo divenne quindi quello di portare a nord i sapori e le fragranze del sud, unitamente alla clientela decadente. Cake e Jade stavano insieme da tre anni, e avevano acquistato un locale nella città di Lincoln che avevano convertito in panetteria e pasticceria, realizzando il sogno di Cake.

Jade volle avventurarsi al nord insieme a Cake per aiutarlo nell’impresa. La ragazza era contenta della propria vita a Londra, e le sarebbero mancati i soldi e l’adulazione dell’avere per promesso sposo una superstar della cucina, ma sapeva che Cake non era felice di lavorare in grandi hotel. Il lavoro di Jade pagava bene, e con il salario elevato di Cake, oltre ai premi in denaro vinti alle gare di cucina, riuscirono ad accumulare sufficienti fondi per finanziare la loro avventura di Lincoln, nonostante il mutuo da pagare. Jade si recava regolarmente a Lincoln per controllare i progressi al locale. Il contratto di Cake all’Avalon sarebbe terminato di lì a poche settimane, quindi si sarebbe trasferito con Jade nella città del nord.

***

Il gran giorno giunse quando ‘CAKE’S Bakery & Pâtisserie’ aprì al pubblico. Per Cake e Jade fu il momento di vedere se il loro lavoro avesse dato i frutti sperati. Alla pasticceria erano come genitori fieri del proprio figlio che non vedevano l’ora di mostrare a tutto il mondo.

“Che profumo meraviglioso” disse Jade baciando Cake, il quale aveva cucinato insieme ai suoi due collaboratori dalle 5 di quella mattina, diffondendo aromi paradisiaci nel locale.

Cake sembrava agitato, in piedi davanti alla vetrina che metteva in mostra torte e pasticcini. Guardò poi i suoi due collaboratori al di là del vetro che divideva la pasticceria dal laboratorio, portò l’attenzione su Jade, sospirò, si corruccio e le chiese “Come ti sembra?”

Jade gli prese la mano e disse “È perfetto, non ti preoccupare”.

“Non vedo nessuno fare la fila fuori” disse Cake guardando all’esterno. Controllò l’orario sull’orologio a parete. “Sono le 7:45” aggiunse giocherellando nervosamente con le mani.

Due uomini bussarono alla porta.

“Era ora” disse Jade aprendo la porta e facendo entrare i due prima di richiuderla.

“Scusate il ritardo” disse Kris Pinyoun, il portiere della squadra di calcio di Lincoln, il quale arrivò insieme a un fotografo della Gazzetta di Lincoln per inaugurare il negozio.

Jade guardò fuori, sospirò, e chiuse la porta a chiave.

Cake, Jade, le cameriere e Kris si sistemarono al centro del negozio, attorno a una torta decorata dal logo di Louis Vuitton in bella vista. Il fotografo scattò una foto di Jade che tagliò la torta e ne porse una fetta a Kris, il quale ne prese una forchettata. Poi il fotografo immortalò anche il momento in cui Kris ne assaggiò un boccone. L’espressione dell’uomo cambiò quando la torta delicata gli si dissolse in bocca e ne assaporò le sfumature.

‘Ottima performance’ pensò il fotografo che continuò a immortalare le espressioni felici del calciatore.

“Sono le otto” disse Cake, chiaramente agitato quando controllò l’orologio a muro.

Jade sorrise ed esordì “Okay, apri le porte”.

Sarah aprì la porta d’ingresso, e lo staff si sistemò dietro al bancone alle rispettive postazioni di lavoro.

Cake e Jade restarono abbracciati accanto a Kris Pinyoun, il quale si servì un’altra fetta di torta quando entrarono alcune persone. Il fotografo realizzò alcuni scatti dei primi clienti, mentre Jade servì loro una fetta della torta di Louis Vuitton.

Kris si servì un’altra fetta della torta che diminuiva a vista d’occhio, e una volta terminata disse “Allora andiamo”.

Cake pagò Kris 300 sterline.

“Quella torta era deliziosa” disse Kris, raccogliendo le briciole dal centrino verde di carta. “Buona fortuna con l’attività”. Riportò lo sguardo sulla torta di Louis Vuitton, ora quasi finita, ma dopo aver ricevuto un’occhiataccia da parte di Jade si rese conto di essersi trattenuto più del dovuto; quindi se ne andò.

Alcuni clienti entrarono e uscirono nel corso dell’ora seguente.

“Pensavo ci sarebbe stata più gente” disse Cake, chiaramente deluso.

“Andrà tutto bene” disse Jade rassicurandolo “Il primo giorno è sempre un po’ incostante, quindi non preoccuparti. E poi sono solo le nove e mezza”.

“Credo comunque che manchi un ingrediente” disse Cake annusando gli aromi.

“Tu pensi sempre che manchi un ingrediente; l’irraggiungibile spezia mancante. Forse chiederò a Big Dave di scorreggiare. Di solito ti fa andare in tilt i sensi” disse Jade ridacchiando.

“Credi che abbiamo fatto la cosa giusta? Ci costa molti più soldi di quanto pensassimo” disse Cake.

“Sono sicura che sia la cosa giusta” rispose Jade, dandogli un bacio sulla guancia. “Adesso levati dalle palle e vai a fare le tue magie, mi serve una meringata”.

Cake andò nel laboratorio, e grazie alla tramezzatura di vetro vide il via-vai di clienti serviti da Jade e dalle ragazze. Sapeva che la sua famiglia sarebbe venuta a fargli visita più tardi, ed era certo che sarebbero stati fieri di lui.

Le cose non andarono secondo i piani per la coppia. A causa di spese non previste avevano sforato di molto il budget, condizionato da regolamenti edilizi e imprenditori frettolosi. Era quindi stata posticipata l’apertura del negozio.

La pasticceria era però mozzafiato. Si trovava nel centro di Monks Road, la strada dello shopping di Lincoln. L’edificio di due piani era a pianta aperta al primo piano, zona che Jade e Cake avevano convertito in un soggiorno di lusso. La vetrina si trovava tra quelle di altri negozi della via, ed era adornata da un ampio cartello verde e un logo in foglia d’oro.

L’interno ricordava un ristorante decadente degli anni 20 di Londra; era anche presente un’imitazione di un lampione a gas e altri apparecchi Art Deco, il tutto completato da colonne di marmo verde lime in ogni angolo. Il colore principale era il verde giada, e tutto ero in tinta, dalle stoviglie ai rivestimenti, dai sacchetti monodose di carta ai centrini.

Nella sezione pasticceria erano distribuite ampie vetrine lungo i muri, separando il laboratorio tramite una tramezzatura di vetro affinché i clienti potessero vedere le lavorazioni. Era principalmente un locale d’asporto, tuttavia erano stati sistemati diversi tavoli rotondi in ferro battuto Stamford con sedie abbinate a cui i clienti si sarebbero potuti accomodare per godersi l’atmosfera nel consumare i prodotti. Al locale lavoravano tre cameriere e due pasticceri. Questi ultimi, esperti, erano stati scelti tra i molti che si erano candidati per la posizione, desiderando l’opportunità d’imparare dal leggendario Cake.

Dave Smith e Dave Jennings erano i due pasticceri assunti da Cake. Per evitare sviste, Cake chiamava Dave Smith ‘Big Dave’ data la sua altezza imponente, mentre Dave Jennings era ‘Small Dave’ per il motivo opposto. Sarah, Tracy, e Jackie erano le cameriere.

I prodotti esposti nelle vetrine erano disposti in modo simmetrico.

Una sezione della vetrina a temperatura controllata conteneva filoni di pane, sandwich e panini, come quelli a base di mandorle e Roquefort a pasta acida, filoni del pastore, sandwich gourmet e panini sottomarino al parmigiano e origano con farciture vegetariane. In un’altra sezione erano esposti i dolci fatti di pasta sfoglia e pasta frolla, mentre nell’ultima, refrigerata, erano state sistemate in bella mostra torte e dessert che avrebbero fatto invidia a ogni stabilimento di alta cucina, figurarsi a una pasticceria di Lincoln. Cake e il suo team ristretto creava delle delizie, come il tartufo di cioccolato bianco e amaretti, fragole Arnaud e macarons di alta fattura. Il pezzo forte dell’inaugurazione fu l’interpretazione di Cake del logo di Louis Vuitton che aveva realizzato sulla torta.

Le teste di Dave non avevano smesso di girare da quando avevano iniziato a lavorare con Cake. Era veramente un maestro, anche se lo trovavano un po’ eccentrico. Ogni volta che completava una pietanza l’annusava diverse volte, si accigliava e annunciava che c’era ancora qualcosa di mancante. Non capivano il perché, dato che tutto ciò che creava Cake era delizioso e aveva un aspetto spettacolare.

La pasticceria venne fornita di nuove attrezzature, di forni di acciaio inossidabile, impastatrici e altre apparecchiature specifiche. In cucina brillavano le lamiere fissate alle pareti, ai lavandini e applicate su alcune sezioni del pavimento, mentre i condizionatori e altre impianti regolavano la temperatura nei compartimenti di stoccaggio per prodotti specifici. Il locale ultramoderno del XXI secolo aveva l’aspetto di una pasticceria francese del XIX secolo.

-3- Porto Sicuro

Ravuth si coprì gli occhi per proteggersi dalla forte luce che lo raggiungeva in viso. L’uomo che brandiva la torcia stava parlando, ma Ravuth non lo comprendeva. Quando l’uomo abbassò la torcia, Ravuth fu in grado di distinguere le figure di due soldati che si affrettarono verso di lui.

Un soldato parlò a Ravuth in Khmer “Chi sei e da dove vieni?”

Ravuth rispose con voce tremante “Mi chiamo Ravuth. Vengo dalla giungla e sto cercando la mia famiglia”.

L’uomo dietro ai soldati si rivolse ai due, e ordinò a Ravuth di andare con loro. Il bambino era terrorizzato ma seguì le istruzioni, quindi venne scortato in una tenda ben illuminata dove un militare disse a Ravuth di accomodarsi.

Fu in quel momento che il bambino si rese conto che l’uomo era uno straniero robusto dalla barba grigia. Indossava un grembiule nero con un colletto bianco, e in viso aveva un sorriso che metteva Ravuth a proprio agio.

L’uomo disse qualcosa al soldato prima di uscire dalla tenda. Il soldato tailandese disse a Ravuth che si trovava in un campo profughi nei pressi di Chantaburi, in Tailandia, che ospitava i cambogiani in fuga dalla provincia meridionale degli Khmer Rossi. Gli disse che l’uomo che era appena uscito dalla tenda era Padre Donal Eggleton, un prete inglese che gestiva il campo.

Donal ritornò alla tenda con una ciotola di ramen caldo. La posò poi sul tavolo e invitò Ravuth a mangiare.

Mentre il ragazzino mangiò, i soldati e il prete parlarono tra di loro.

Una volta finito, il soldato tailandese che parlava Khmer gli disse “Sei al sicuro, puoi restare qui”. Poi il soldato notò qualcosa.

“Cos’è quella?” Domandò indicando la scatola di foglie di banano che Ravuth si era infilato sotto la maglietta.

Ravuth estrasse le fotografie dalla scatola e le porse al soldato.

“Loro sono la mia famiglia” disse.

Il soldato tailandese guardò le fotografie prima di mostrarle al prete, il quale le osservò prima di consegnarle a Ravuth. Poi riferì qualcosa al soldato, il quale annuì e disse “Tienile al sicuro, Ravuth. Non si vedono molte persone ultimamente nei paraggi. Questo campo è solo una fermata di transito. Rappresenta il primo scalo, e da qui spostiamo il popolo cambogiano in campi permanenti in Tailandia o mandiamo qualcuno all’estero se è possibile”. Guardò il giovane inzaccherato, sorrise e disse “In bocca al lupo con la ricerca della tua famiglia, Ravuth”.

Il prete disse ancora qualcosa al soldato, il quale tradusse. “Ti portiamo dove potrai riposare, ci vediamo domattina”.

Condussero Ravuth a un piccolo bivacco, e poi se ne andarono. Ravuth era confuso, nonostante fosse al sicuro, e si coricò sulla stuoia situata sotto alla bassa tenda. Strinse a sé la sua preziosa scatola all’altezza del ventre e si addormentò.

Il mattino seguente Ravuth si svegliò all’alba per aggirarsi nel campo. I rifugiati cambogiani stavano iniziando la loro giornata, e sui fuochi all’aperto erano state sistemate varie pentole colme di riso che ribolliva. Ravuth osservò i propri compaesani, i quali, per quanto felici di essere al sicuro, erano chiaramente impauriti e disperati.

Una famiglia invitò Ravuth a unirsi a loro, offrendogli del cibo. Gli raccontarono di come erano scappati dagli Khmer Rossi quando questi avevano sovvertito Phnom Penh. Il padre raccontò a Ravuth del viaggio terribile verso il confine tailandese, percorso svolto inizialmente in automobile e poi a piedi. Ravuth leggeva la paura negli occhi dei genitori e in quelli dei figli tremanti quando gli riferirono delle atrocità a cui avevano assistito, del loro pericolo scampato e del racconto raccapricciante dei loro conoscenti che non erano riusciti a raggiungere il campo. Ravuth li ascoltò, e dopo aver sentito storie simili da altri rifugiati, il ragazzino era costantemente assillato dalla sicurezza della propria famiglia, tanto da addormentarsi piangendo per i primi mesi.

Ravuth trascorse qualche anno al campo profughi di transito. Apprese che la Chiesa anglicana aveva mandato in Cambogia diversi missionari e religiosi, che credevano trucidati appena dopo aver sistemato i campi. Al campo erano arrivati solo pochi cambogiani che erano riusciti a sfuggire agli Khmer Rossi, e si era sparsa voce del genocidio e delle atrocità commesse in Cambogia.

Ravuth si era perso d’animo quando nessuno al campo aveva riconosciuto i membri della sua famiglia dalle fotografie. Il ragazzino temeva che non li avrebbe mai più rivisti.

Ravuth si accontentò di una vita solitaria e poco soddisfacente. Padre Eggleton e i missionari che visitavano occasionalmente il campo gli insegnarono l’inglese, mentre i soldati gli insegnarono il tailandese. Parlava quindi diverse lingue, e si rese utile nel campo, sia come cuoco che come traduttore; una preziosa risorsa per i nuovi rifugiati. Metteva a proprio agio i nuovi arrivati, terrorizzati, nonostante la maggior parte di loro fossero così malnutriti da bere solo acqua e morire poco dopo il loro arrivo. Padre Eggleton e Ravuth strinsero amicizia. Donal aveva trascorso la propria vita con il clero, e non si era mai sposato né aveva avuto figli, quindi lo vedeva come un figlio. Ravuth non sapeva la propria data di nascita, dato che i compleanni erano qualcosa di cui i contadini cambogiani erano all’oscuro e che non celebravano. Padre Eggleton sapeva che ciò avrebbe potuto costituire un problema per Ravuth. Senza certificati di nascita rilasciati in Tailandia per il rimpatrio di rifugiati cambogiani, il prete fece domanda per un passaporto, assegnando a Ravuth il proprio giorno e mese di nascita, ipotizzando che il ragazzo fosse nella sua tarda adolescenza. Diverse settimane più tardi, Donal porse a Ravuth un piccolo pacchetto marrone di carta, gli sorrise e disse “Buon diciottesimo compleanno, Ravuth”.

Ravuth sgranò gli occhi quando aprì il regalo, e sfogliò le pagine del piccolo libretto prima di sistemarlo nel suo scrigno.

Correva l’anno 1978. La salute di Padre Eggleton, ultracinquantenne, deteriorò a causa del clima umido, la scarsa igiene, la dieta e le malattie tropicali a cui era stato esposto per anni nel lercio campo. Il consiglio della Chiesa anglicana decise che Donal avesse fatto abbastanza nella sua vita per aiutare gli svantaggiati e i bisognosi. Giunse quindi il momento di farlo sostituire da un prete più giovane. Lo rivolevano in Inghilterra così da fargli trascorrere i suoi ultimi anni in una tranquilla parrocchia di campagna. Donal accettò, ma insistette su una condizione.

***

Il giovane cambogiano non aveva mai visto un aeroplano prima di quel momento, tanto meno vi era salito a bordo. Ravuth si trovava in un velivolo internazionale thailandese DC-10 diretto all’aeroporto di Heathrow, Londra. Strinse la mano di Padre Eggleton quando l’aereo decollò, ma una volta in cui il mezzo fu in volo, Ravuth era emozionato e anche agitato. Fissava fuori dal finestrino, intimidito dal mondo strano e a lui estraneo, ignaro della nuova vita che stava per condurre.

Ravuth bevette una Coca-Cola, godendosi la sensazione effervescente e il sapore della prima bevanda fredda che avesse mai provato.

Il volo fu lungo, trenta tediose ore con diverse soste di rifornimento, dando occasione a Ravuth di aggirarsi per diversi aeroporti, vedendo persone di altre etnie. Per il ragazzo cambogiano fu un viaggio colmo di sorprese.

‘Non vedo l’ora di dirlo a Oun’ pensò; e il ragazzo sorrise nonostante il pensiero della sua famiglia lo rendesse triste.

Padre Eggleton, con l’aiuto dei dipartimenti legali della Chiesa, si districò tra i cavilli in Tailandia e ottenne la custodia temporanea di Ravuth. Una volta in Inghilterra andarono alla Parrocchia di St. Wulfram a Rutland nei pressi di Grantham, e si trasferirono alla canonica.

Ravuth adorava la sua nuova casa, che inizialmente gli sembrò strana.

Padre Eggleton ridacchiò quando mostrò a Ravuth l’interruttore della luce; il ragazzo sgranò gli occhi quando la luce si spense e si accese.

“Che cos’è?” Domandò, indicando una voluminosa radio.

Padre Eggleton cercò di spiegargli, ma Ravuth lo interruppe e gli domandò “E questo cos’è?”

Ravuth continuò a porre domande per i primi giorni. Gli risultò difficile dormire su un letto, prediligendo il pavimento, ma presto si abituò al materasso dato il freddo che il pavimento emanava. Padre Eggleton riacquisì le forze, e assunse l’incarico di vicario parrocchiale.

Inizialmente Ravuth non si sentiva abbastanza sicuro di sé per parlare inglese, quindi era timido e schivo, ma la piccola comunità inglese si prese a cuore il ragazzino cambogiano. I cittadini erano all’oscuro delle tragedie di Pol Pot e della Cambogia. Si trattava di contadini inglesi, che non nutrivano interesse per qualcosa che accadeva a più di undicimila chilometri da loro. Avevano le loro preoccupazioni, occupati dal far diventare Primo Ministro la loro eroina locale, Maggie Thatcher.

Ravuth alloggiava in una piccola stanza della canonica e assisteva Padre Eggleton con i suoi compiti da clericale. Il prete era un uomo gentile, ma la chiesa lo pagava poco, quindi la congregazione si attivò per trovare dei vestiti a Ravuth, il quale trascorreva le proprie giornate a pulire e organizzare eventi. Era troppo grande per andare a scuola, quindi Padre Eggleton trascorreva i pomeriggi a istruirlo sulla storia inglese, le situazioni attuali e sulla matematica; argomenti che Ravuth apprese in fretta, grazie alla propria sete di conoscenza. Le sue capacità linguistiche aumentarono, e s’integrò con la comunità nel farsi più sicuro di sé.

Uno dei suoi compiti consisteva nel ritirare i panini e le torte alla panetteria locale per gli incontri settimanali della parrocchia. Gli piacevano molto i profumi della panetteria, l’aroma del pane fresco gli faceva venire l’acquolina in bocca. La proprietaria del locale notava sempre l’espressione deliziata sul volto di Ravuth ogniqualvolta ritirava l’ordine, quindi domandò “Il fornaio sta preparando un nuovo lotto. Ti va di vedere come viene fatto il pane?”

Ravuth sorrise. “Sì grazie” disse, e la donna lo accompagnò dall’uomo che indossava una divisa bianca.

“Mi chiamo Patricia e lui è mio marito John, il fornaio” ridacchiò la donna, che poi aggiunse “So che è molto tempo che vieni qui, ma non so come ti chiami”.

“Sono Ravuth” disse con un sorriso in volto.

Ravuth osservò John mescolare gli ingredienti, sistemare l’impasto negli stampi e infornarli. L’uomo mostrò a Ravuth come realizzare il pan di spagna; il ragazzo adorava l’aroma serico emanato dai prodotti freschi di preparazione.

Ravuth ritornò alla panetteria il giorno successivo alle 6 del mattino, e ogni giorno dopo, affinché imparasse da John e lo aiutasse prima di ritornare in canonica alle 9.

La panetteria era un luogo tranquillo in cui lavorare. Il sorriso costante sul viso di Ravuth illuminava le giornate di John, Patricia e dei clienti.

Dopo un po’ John lo lasciò sperimentare con diversi ingredienti. L’uomo era impressionato dai risultati ottenuti da Ravuth, e mise in pratica le sue ricette.

John pagò Ravuth 2 sterline alla settimana, facendogli preparare lo stock mattutino di prodotti, di cui i clienti erano entusiasti e che complimentavano sempre.

Ravuth trascorse le sue notti solitarie a tremare dal freddo nella sua stanza della canonica, stringendo la scatola di foglie di banano al petto e pensando alla propria famiglia. La sua vita e le sue sofferenza in Cambogia sembravano risalire a una vita precedente.

Non avevano un televisore, e per Ravuth era difficile tenersi aggiornato sugli eventi mondiali, dato che Padre Eggleton ascoltava raramente la radio. Tuttavia nel 1979 un parrocchiano riferì a Ravuth di aver visto in TV che gli Khmer Rossi avevano perso terreno rispetto alle forze vietnamite di liberazione.

Una volta appresa la notizia, Ravuth si sentì euforico, ma sapeva che Padre Eggleton non aveva i fondi per farlo tornare in Cambogia a cercare la sua famiglia. Era avvilito e quella notte si addormentò piangendo, ma non perse la speranza.

Gli avvocati, i burocrati e i funzionari del Consolato impiegarono un certo lasso di tempo per preparare tutto i documenti necessari. Nel 1980 la pratica venne però ultimata, e Donal lo adottò. Ravuth Eggleton divenne quindi un cittadino del Regno Unito, e il suo vecchio tutore era ora suo padre.

Trascorreva le proprie sere con l’anziano prete, imparando i Vangeli e leggendo la Bibbia. Sebbene Ravuth non nutrisse convinzioni religiose, gli piaceva ascoltare le storie di Cristo e della Vergine Maria. Donal lo battezzò il giorno del suo ventesimo compleanno.

Trascorsero lunghi anni.

Patricia e John vendettero la panetteria quando si resero conto che i prodotti a buon mercato dei forni dei supermercati li avrebbero fatti fallire. Ravuth continuò a realizzare i prodotti da forno al convento, in occasione degli incontri settimanali, e per il proprio padre. Ai negozi era disponibile una varietà sempre più ampia di prodotti, quindi il ragazzo ebbe modo di sperimentare con cibi stranieri, specialmente con la cucina tailandese e cambogiana, la stessa che aveva preparato al campo di transito.

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Yaş sınırı:
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Litres'teki yayın tarihi:
07 mart 2021
Hacim:
331 s. 2 illüstrasyon
ISBN:
9788835419099
Telif hakkı:
Tektime S.r.l.s.
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