Kitabı oku: «Storie del focolare»
Storie del focolare
Selezione e adattamento di fiabe popolari catalane
Rosa Oliveros Arasa
Nota dell’editore
Le sette fiabe che compongono questo libro risulteranno immediatamente familiari al lettore italiano, che vi riconoscerà facilmente ambienti, personaggi, colori e perfino sapori che appartengono a tutti, a partire dal concetto stesso di “storie del focolare” che ci riporta immediatamente ad una memoria, in molti casi, lontana nel tempo; in quella memoria c’è sempre una voce che racconta una storia fantastica, e quella narrazione, ogni volta un po’ diversa e più simile al narratore, costituisce il ciclo magico e impalpabile della trasmissione orale della cultura, in particolare la cultura locale.
Nella prefazione all’edizione catalana Joan Puigmalet racconta così di questo sapere popolare: “Le storie sono una delle forme del sapere della gente. Il sapere etnopoetico si presenta in molte forme diverse tra loro: favole, miti, leggende, barzellette, indovinelli, imprecazioni, insulti, brindisi, danze, rappresentazioni teatrali, canzoni, detti, nomignoli, epitaffi e un lungo eccetera.”
La cultura e la lingua catalane ci sono molto vicine, molto più di quanto ne abbiamo consapevolezza. La scelta di tradurre e pubblicare questa raccolta ha come obiettivo di far (ri)scoprire questa vicinanza, sperando che conoscendo meglio la cultura catalana possiamo imparare qualcosa su noi stessi.
A Joana Arasa, per una vita di storia in storia.
Introduzione
La letteratura orale in catalano, concretamente il genere fiabesco, visse all’inizio del XX secolo un momento chiave della propria esistenza per via di due fattori: da un lato la raccolta e la trascrizione, da parte di diversi autori, di fiabe che restavano vive grazie alla tradizione orale (un fatto che già si produceva, sebbene in misura minore, a partire dalla fine del XIX secolo); dall’altro lato l’arricchimento della stessa letteratura popolare grazie all’incorporazione di fiabe provenienti da altri paesi attraverso le traduzioni che se ne facevano.
Se parliamo dei grandi referenti della cultura di tradizione popolare dell’epoca che contribuirono al primo fattore, non possiamo non menzionare autori come Valeri Serra i Boldú, Josep Massó Ventós, Antoni Maria Alcover, Jacint Verdaguer o Aureli Capmany (tra gli altri) che ebbero un ruolo essenziale nel processo di salvaguardia di una parte importante del lascito della cultura popolare dei Paesi Catalani, soprattutto per ciò che riguarda la letteratura orale e, in particolare, la fiaba.
“Storie del focolare” è una selezione di sette fiabe della tradizione popolare catalana che furono raccolte dalla stessa letteratura orale catalana e da tradizioni di altri paesi, da diversi autori ed in diversi momenti di inizio XX secolo.
I testi originali sono stati estratti da varie pubblicazioni dell’epoca, sono stati attualizzati in modo da avvicinarli anche ai giovanissimi lettori del XXI secolo, tanto a livello linguistico quanto a quello contenutistico. Nonostante ciò, in questo esercizio si sono volute mantenere le espressioni o un lessico fortemente radicato nella lingua parlata dell’epoca e usati con meno frequenza attualmente, con l’intenzione di contribuire alla conservazione della loro presenza nel linguaggio attuale.
Questo volume costituisce una scommessa a favore del recupero e del riconoscimento del concetto di “storia del focolare” (ossia, narrazione di fantasia) come strumento di trasmissione della conoscenza, di esperienze e anche come opportunità per potenziare l’universo fantastico dei giovanissimi (e degli adulti più audaci).
Vuol essere anche un tributo e un riconoscimento alla scuola catalana, che è lo spazio in cui questo tipo di narrazione è più viva attualmente.
Allo stesso tempo c’è l’intenzione di ricreare nell’attualità, e nella misura possibile, gli spazi di trasmissione orale di fiabe che erano solitamente gradite dai bambini, in molte occasioni intorno ad un focolare, nel passato. Perciò questo libro è pensato perché sia letto dagli adulti ai bambini in modo che questi abbiano un’opportunità per esercitare e potenziare le proprie facoltà immaginative a partire dal crearsi le proprie immagini della storia durante l’ascolto, e non limitarli alle immagini di cui sono quotidianamente bombardati da ogni fonte.
In un contesto nel quale a prevalere sono gli stimoli visivi, si perdono opportunità, soprattutto per i bambini, di sviluppare risorse proprie che facilitino la comprensione della realtà come quelle fornite dalla trasmissione orale di storie fantastiche. Questo libro nasce per essere una risorsa capace di creare spazi che si allaccino alla trasmissione orale tradizionale e alla sua potente funzionalità.
I testi originali attualizzati in questo volume sono:
L'etcètera, El conillet, El camí de la fortuna, El comte d'Oliver, che Valeri Serra i Boldú raccoglie nel suo Aplec de rondalles, pubblicato da Editorial Catalana nel 1924.
La flor gran de romaní, che Antoni Maria Alcover raccoglie nel suo volume II di l’Aplech de Rondayes mallorquines, pubblicato con il titolo “La flor romanial”, da l’Estampa de Mn. Alcover, nel 1925.
L’estudiant i l’ase, che Jacint Verdaguer pubblica con il titolo Qui no et conegui que et compri, nel n. 15 di “La Rondalla dels Dijous” della rivista L’Avenç, nel 1909.
La llúpia i els dimonis, racconto tradizionale giapponese pubblicato con il titolo El vell i els dimonis nel n. 8 di “La Rondalla dels Dijous” della rivista L’Avenç, nel 1909.
Il coniglietto
C’era una volta un coniglietto ridanciano che un bel giorno, per il tanto ridere, si era slabbrato tutta la bocca. “Me ne andrò dal calzolaio per farmela rammendare”, disse fra sé e sé, tutto convinto.
«Salve, calzolaio.»
«Salve, coniglietto.»
«Mi potresti dare una rammendata alla bocca che mi si è tutta slabbrata?»
«Ma certo, coniglietto! Portami delle setole.»
«Delle setole? E dove le vado a cercare?»
«Dal porco.» gli disse il calzolaio. E il coniglietto si avviò, tutto contento, a casa del porco.
«Salve, porco.»
«Salve, coniglietto.»
«Potresti darmi delle setole?»
«E che ci devi fare?»
«Le porterò al calzolaio perché mi dia una rammendata alla bocca che è tutta slabbrata.»
«Portami dell’erba» disse il porco.
«E dove la vado a cercare?» gli chiese il coniglietto.
«All'orto!» E il coniglietto scese fino a l'orto saltellando.
«Salve, orto.»
«Salve, coniglietto.»
«Potresti darmi dell’erba?»
«E che ci devi fare, coniglietto?»
«L’erba la porterò al porco, il porco mi dará delle setole, e le setole le porterò al calzolaio perché mi dia una rammendata alla bocca tutta slabbrata.»
«Portami dell’acqua, coniglietto.»
«E dove la vado a cercare?» gli chiese lui.
«Alla fonte!» E il coniglietto si affrettò ad andare alla fonte a cercare acqua per l'orto.
«Salve, fonte.»
«Salve, coniglietto!»
«Potresti darmi dell’acqua?»
«E che ci devi fare?»
«Dunque: l’acqua la porterò all'orto perché l’orto mi dia l’erba, l’erba la porterò al porco ed il porco mi dará delle setole che porterò al calzolaio perché mi dia una rammendata alla bocca tutta slabbrata.»
«Sí, portami delle pietre, coniglietto.»
«Pietre?» disse, con sorpresa, il coniglietto. «E dove le vado a cercare?»
«Nel bosco.» E il coniglietto si addentrò nel bosco.
«Salve, bosco.»
«Salve, coniglietto.»
«Potresti darmi delle pietre?»
«E che ci devi fare?»
«Le pietre le porterò alla fonte. La fonte mi dará acqua. L’acqua la porterò all'orto. L’orto mi dará erba e l’erba la porterò al porco. Il porco mi dará setole, e le setole le porterò al calzolaio perché mi dia una rammendata alla bocca tutta slabbrata.»
«Mmm... portami dei cani, coniglietto.»
«Cani?» fece il coniglietto. «E dove li vado a cercare?»
«Dal pastore» gli rispose il bosco. E il coniglietto andò, senza perdere nemmeno un minuto, dal pastore.
«Salve, pastore!»
«Salve, coniglietto!»
«Potresti darmi dei cani?»
«E che ci devi fare?»
«Allora: i cani li porterò al bosco, il bosco mi dará le pietre, le pietre le porterò alla fonte. La fonte mi dará acqua. L’acqua la porterò all'orto. L’orto mi dará erba e l’erba la porterò al porco. Il porco mi dará setole, e le setole le porterò al calzolaio perché mi dia una rammendata alla bocca tutta slabbrata.»
«Benissimo! Portami del pane, coniglietto.»
«Ah... pane… e dove lo vado a cercare?»
«Dal fornaio.» E il coniglietto rapidamente, anche se un po’ scombussolato, si incamminò per andare dal fornaio.
«Salve, fornaio.»
«Salve, coniglietto!»
«Potresti darmi del pane?»
«E che ci devi fare?»
«Oh... allora... il pane lo porterò al pastore, pastore mi dará dei cani, i cani li porterò al bosco, il bosco mi dará le pietre, le pietre le porterò alla fonte. La fonte mi dará acqua. L’acqua la porterò all'orto. L’orto mi dará erba e l’erba la porterò al porco. Il porco mi dará setole, e le setole le porterò al calzolaio perché mi dia una rammendata alla bocca tutta slabbrata.»
«Ecco qua!» gli disse il fornaio, e gli donò il pane.
Il coniglietto portò il pane al pastore.
Il pastore gli diede i cani.
I cani li portò al bosco.
Il bosco gli diede le pietre.
Le pietre le portò alla fonte.
La fonte gli diede acqua.
L’acqua la portò all'orto.
L’orto gli diede erba e l’erba la portò al porco, il quale gli diede le setole, che il coniglietto portò al calzolaio che, come gli aveva detto, gli rammendò la boccuccia che, per il tanto ridere, gli si era tutta slabbrata!
Il coniglietto aveva aiutato tutti e tutti lo avevano aiutato, perché, prima o poi, con la bocca ormai rammendata, il racconto fosse terminato.
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