Kitabı oku: «Un Amore come il Nostro », sayfa 2

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CAPITOLO DUE

Più tardi quella sera, quando Keira ritornò all’appartamento che condivideva con il suo fidanzato, si ritrovò ancora fremente per l’eccitazione e l’incredulità. Le tremavano le mani mentre cercava di infilare la chiave nella serratura della porta.

Alla fine riuscì ad aprire ed entrò. L’aria era pervasa dai profumi della cucina, insieme all’odore dei detergenti per la casa. Zachary si era dato alle pulizie. Significava che era furioso.

“Lo so, lo so, lo so,” iniziò a dire ancora prima di vederlo. “Sei arrabbiato. E mi dispiace.” Lanciò le chiavi nel vassoio a fianco della porta e la richiuse con una spinta. “Ma, piccolo, ho delle grandi notizie!” Si sfilò le scarpe con il tacco e si massaggiò i piedi doloranti.

Zachary apparve all’ingresso del soggiorno, con le braccia incrociate. I suoi capelli erano scuri quanto la sua espressione.

“Ti sei persa il brunch,” esordi. “Dall’inizio alla fine.”

“Mi dispiace!” lo implorò Keira. Gli gettò le braccia attorno al collo ma si accorse che le resisteva, quindi decise di cambiare tattica. Tirò fuori la sua voce più sensuale. “Che ne dici se ne discutiamo e poi mi faccio perdonare?”

Zachary si scrollò violentemente le sue braccia di dosso e si diresse a passo pesante verso il soggiorno, dove si lasciò cadere sul divano. La stanza era pulita. Persino la Playstation era stata spolverata. Keira si accorse che quella volta doveva essere più arrabbiato del solito.

Si sedette accanto a lui e gli appoggiò delicatamente una mano sul ginocchio, accarezzando la stoffa ruvida sotto la punta delle dita. Zachary puntò lo sguardo sulla televisione spenta.

“Che cosa vuoi che faccia, Zach? ” gli chiese dolcemente. “Devo lavorare. Lo sai.”

Lui sospirò e scosse la testa. “Capisco che tu debba lavorare. Anche io lavoro. Tutto il mondo lavora. Ma non tutti hanno un capo che schiocca le dita e fa accorrere il suo staff come dei robot!”

Non aveva tutti i torti.

“Aspetta, non sarai geloso di Josh, vero?” domandò Keira. La sola idea era ridicola. “Se solo l’avessi visto!”

“Keira,” esplose Zachary, guardandola finalmente. “Non sono geloso del tuo capo. Almeno non in quel senso. Sono geloso di tutto il tempo, dell’energia e della concentrazione che ottiene da te.”

A quel punto fu il turno di Keira di sospirare. Da una parte capiva il punto di vista di Zachary, ma dall’altra desiderava che il suo ragazzo la incoraggiasse di più nella sua scalata verso il successo. Avrebbe voluto che lasciasse correre quel momentaccio in cui si trovava al gradino più basso. Poi le cose sarebbero diventate più semplici, non appena avesse fatto un passo avanti nella sua carriera.

“Anche io preferirei che non fosse così,” concordò Keira. “Ma non smetterò di dedicare tutto il tempo e la mia energia alla carriera. Almeno non nel prossimo mese.”

Zachary si accigliò. “Che cosa vuoi dire?”

Keira avrebbe voluto contenere la sua eccitazione per rispetto verso Zach, ma non riuscì a trattenersi. Quasi strillò annunciando: “Andrò in Irlanda!”

Ci fu una lunga, lunghissima pausa mentre Zach assorbiva la notizia.

“Quando?” chiese con calma.

“È questo il punto,” rispose lei. “È una sostituzione dell’ultimo minuto. Josh si è rotto una gamba. È una lunga storia.”

Lei parlava a ruota libera e Zach la fissava corrucciato, come in attesa del colpo di grazia.

Keira si strinse tra le spalle sul divano, cercando di apparire più piccola possibile. “Parto domani.”

L’espressione di Zachary mutò con la velocità di un cielo estivo. Se prima c’erano state solo le avvisaglie di una tempesta, ora regnavano tuoni e lampi.

“Ma il matrimonio è domani,” disse.

Keira gli strinse le mani tra le proprie. “Il momento non è dei migliori, sono la prima a dirlo. Ma ti giuro che a Ruth non importerà.”

“Non le importerà?” scattò Zach, allontanandosi di colpo da lei. “Fai parte del corteo nuziale!”

Si alzò in piedi all’improvviso, iniziando a camminare avanti e indietro e infilandosi le mani tra i capelli. Keira balzò su e corse da lui, cercando di placarlo con l’affetto fisico. Ma quella volta Zach non volle sentire ragioni.

“Non posso crederci,” esplose. “Ho passato tutta la giornata a un brunch con la tua famiglia, ad ascoltare Bryn che parlava all’infinito di quanto fosse sexy il suo nuovo insegnante di meditazione e tutte le sue opinioni idiote…”

“Ehi!” Lo interruppe Keira. Non era giusto criticare la sua sorellona.

“E invece di ringraziarmi,” continuò Zach, “mi lanci addosso questa bomba! Come diavolo dovrei dirlo a Ruth?”

“Glielo dirò io,” suggerì Keira. “Farò io la parte della cattiva, va bene così.”

“Tu sei la cattiva!” esclamò Zach.

Abbandonò il soggiorno come una furia. Keira lo seguì impotente. Stavano insieme da due anni e non lo aveva mai visto tanto arrabbiato.

Lo rincorse fino alla camera e lo guardò tirare fuori la valigia da sotto il letto.

“Che cosa stai facendo?” gli chiese esasperata.

“Prendo la valigia,” replicò lui altrettanto irritato. “Non puoi partire senza, giusto?”

Keira scosse la testa. “Lo so che sei arrabbiato, ma stai davvero esagerando.”

Gli tolse la valigia dalle mani e la gettò sul letto. Si aprì subito, come invitandola a iniziare a riempirla. Keira dovette lottare contro la tentazione di impilarvi dentro i suoi vestiti.

Zach sembrò perdere momentaneamente la sua energia. Si sgonfiò, sedendosi a un capo del materasso con la testa tra le mani.

“Scegli sempre il lavoro al mio posto.”

“Mi dispiace,” disse Keira, senza guardarlo mentre prendeva il suo maglione preferito da terra e lo lanciava discretamente nella borsa. “Ma questa è l’opportunità di una vita.” Si avvicinò al comodino e frugò tra le sue bottigliette di lozioni e profumi. “Tanto Ruth mi odia comunque. Mi ha messa nel corteo nuziale solo perché glielo hai chiesto tu.”

“Perché è quello che si dovrebbe fare,” rispose tristemente Zach. “Gli eventi di famiglia si dovrebbero vivere tutti insieme.”

Lei si voltò e buttò rapidamente gli oggetti in valigia. Ma Zach notò che cosa stava facendo e la sua espressione cupa divenne persino più tempestosa.

“Stai facendo la valigia?”

Keira si bloccò e si morse il labbro inferiore. “Mi dispiace.”

“No, non è vero,” replicò lui in modo freddo e distaccato. Poi alzò lo sguardo e annunciò: “Se parti, non so se potremo rimanere insieme.”

Keira alzò un sopracciglio, stupefatta dalla minaccia. “Oh, davvero?” Incrociò le braccia. Ora sì che aveva tutta la sua attenzione. “Mi stai dando un ultimatum?”

Zachary alzò le braccia in preda alla frustrazione. “Sei tu che mi stai costringendo! Non riesci a capire quanto sarà imbarazzante presentarmi domani al matrimonio di Ruth senza di te?”

Keira sospirò, ugualmente frustrata. “Non capisco perché non puoi semplicemente dirle che ho avuto una fantastica occasione a lavoro, una che non potevo perdermi.”

“Il matrimonio di mia sorella dovrebbe essere qualcosa che non puoi perderti. Dovrei essere io la tua priorità!”

Ah. Ed eccoli di nuovo al punto della questione. Quella parola. Priorità. Ciò che lui non era, anche se Keira non avrebbe potuto confessarglielo.

“Mi dispiace,” ripeté, sentendo venir meno i suoi propositi. “Ma non è possibile. La mia carriera deve venire prima.”

Chinò il capo, non per la vergogna ma per la tristezza. Non sarebbe dovuta andare in quella maniera. Zach non avrebbe mai dovuto mettere la loro relazione contro la sua carriera. Era una battaglia che avrebbe inevitabilmente perso.

Non sapeva che altro dire. Guardò il volto infuriato di Zachary. Non si scambiarono nessun altra parola. Non rimaneva più niente da dire. Zach si alzò dal letto, si diresse fuori dalla stanza e nel corridoio, afferrò le chiavi dal vaso davanti alla porta prima di aprirla e di richiudersela seccamente alle spalle. Ascoltando il suono della sua auto che si allontanava, Keira capì che quella notte non sarebbe tornato; avrebbe dormito sul divano letto di Ruth come dimostrazione.

Keira aveva vinto la battaglia, ma non c’era gioia nella sua vittoria. Si lasciò cadere sul letto accanto alla valigia aperta e sentì formarsi un groppo alla gola.

Bisognosa d’affetto, prese il cellulare e chiamò sua madre.

“Ciao, cara,” salutò la donna, rispondendo immediatamente, come se la vista del nome della figlia minore sullo schermo del telefono l’avesse spinta subito in azione. “Va tutto bene?”

Keira sospirò. “Ti volevo sentire per raccontarti di un incarico che mi hanno affidato oggi a lavoro. È un articolo da prima pagina. Potrò andare a visitare l’Irlanda.”

“Cara, sono notizie magnifiche. Come è eccitante! Congratulazioni. Ma perché sembri così triste?”

Keira si girò sulla pancia. “Zach. È irritato. Praticamente ha detto che se parto tra noi sarà finita.”

“Sono certa che non dicesse sul serio,” disse gentilmente la madre. “Lo sai come sono gli uomini. Hai solo ferito il suo ego mettendo le tue priorità al di sopra delle sue.”

Keira strapazzò distrattamente l’angolo di un cuscino. “In realtà è per il matrimonio di Ruth di domani,” spiegò. “Pensa che gli stia dando buca, piantandolo in asso in questa maniera. Come se fosse la fine del mondo presentarsi senza la fidanzata.” Rise seccamente, ma dall’altro capo della linea le rispose solo il silenzio.

“Oh,” disse poi la madre.

“Oh, cosa?” chiese Keira, accigliandosi.

La voce della donna aveva perso una parte del suo calore. Aveva assunto un tono che Keira riconobbe subito, avendolo sentito un migliaio di volte da bambina. Disapprovazione.

“Beh, non mi ero resa conto che ti saresti persa il matrimonio di sua sorella,” commentò.

“E questo per te cambia le cose?” disse Keira, irrigidendosi leggermente.

La madre rispose con una voce che Keira riconobbe come il suo “tono diplomatico”. “Se avevi già preso un impegno… E si tratta di sua sorella. Andare da soli a un matrimonio è davvero tremendo. Tutti ti fissano e bisbigliano. Sarà sgradevole per lui.”

“Mamma!” si lagnò Keira. “Non è più il 1950. Il comfort di un uomo non è più importante della carriera di una donna!”

“Non è quello che intendevo, cara,” disse la madre. “Voglio solo dire che Zachary è un bravo ragazzo e non c’è niente di male nel dare la priorità al matrimonio. Non vorrai essere come tua sorella, sempre su quei siti di appuntamenti, a passare serate terribili con uomini che dicono di essere alti un metro e ottanta, e poi si rivelano a malapena un metro e mezzo!”

“Mamma!” gridò di nuovo Keira, mettendo fine al suo sproloquio. “In questo momento ho bisogno che mi supporti.”

Sua madre sospirò. “Lo faccio. Sono molto felice per te. E mi piace la tua… passione. Davvero.”

Keira roteò gli occhi. Sua madre non era affatto brava a sembrare convincente.

“Credo solo che in questa situazione dovresti rimanere con il tuo fidanzato. Voglio dire, davvero, che cosa è più importante? Tanto tra tre anni lascerai il lavoro per iniziare a fare figli.”

“Okay, mamma, adesso basta!” esplose Keira. I figli erano tanto distanti dalla sua realtà da essere un’idea ridicola.

“Cara,” la tranquillizzò la madre. “Ti fa molto onore lavorare con tanto impegno. Ma anche l’amore è importante. Ugualmente importante. Se non addirittura di più. Scrivere questo articolo davvero significa per te più di Zachary?”

Keira si rese conto che stava stringendo convulsamente il telefono. Rilassò leggermente la presa. “Devo andare, mamma.”

“Pensa a quello che ti ho detto.”

“Lo farò.”

Riappese con il cuore pesante. L’euforia che aveva provato prima era completamente evaporata. Ormai c’era solo una persona che avrebbe potuto ridarle il sorriso, ed era Bryn. Trovò rapidamente il numero della sorella maggiore e la chiamò.

“Ehi, ciao sorellina,” disse Bryn non appena rispose. “Ti sei persa il brunch.”

“Stavo lavorando,” replicò Keira. “Joshua ci ha richiamati tutti in ufficio, credo per mettersi in mostra davanti a Elliot per quel pezzo sull’Irlanda che avrebbe dovuto scrivere. Solo che è scivolato e… beh, si è rotto una gamba.”

“Stai scherzando?” esclamò Bryn, scoppiando in una risata isterica. “Ma come si fa?”

Già Keira sentì l’infelicità che iniziava a svanire, tale era il potere di Bryn.

“È stato assurdo,” continuò. “Ho visto l’osso. E poi si è messo a urlare che si era rovinato i suoi pantaloni costosi!”

Le due sorelle risero insieme.

“E poi cosa è successo?” chiese Bryn, il pubblico rapito che Keira avrebbe voluto fossero anche Zachary e sua madre.

“I paramedici lo stavano portando via in barella, io mi sono resa conto la riunione stava per iniziare, e Elliot odia quando la gente è in ritardo, quindi sono andata e mi sono seduta. E così credo di aver catturato la sua attenzione, quindi mi ha affidato l’articolo sull’Irlanda.”

“Incredibile!” esclamò Bryn. “Mi prendi in giro? La mia sorellina scriverà l’articolo di prima pagina?”

Keira sorrise. Sapeva che Bryn non capiva del tutto quanto quella fosse un’opportunità importante per lei, e che stava fingendo almeno un venti percento dell’entusiasmo, ma lo apprezzava. Era il tipo di reazione che avrebbe voluto ricevere da Zach.

“Sì, è fantastico. Ma domani devo già partire per l’Irlanda e mi perderò il matrimonio di Ruth.”

“Oh, pfft. E quindi?” replicò Bryn. “Questo è molto più importante. E comunque non credevo che Ruth ti piacesse.”

“E infatti non mi piace. Ma mi piace Zach,” disse Keira, cercando di farle capire per quale motivo volare in Irlanda da un momento all’altro potesse non essere la cosa più semplice del mondo. “Questa volta l’ho davvero fatto arrabbiare.”

Bryn sospirò. “Senti, sorellina, lo so che è difficile. E mi piace quel ragazzo, credimi, mi piace davvero. Ma tu devi partire! Lo devi fare. Detesto dirlo ma non dovresti stare con un uomo che cerca di limitarti. Ce l’avrai con lui se cederai alle sue richieste.”

“E lui odierà me se non lo farò.”

“Già. È una triste verità, ma a volte la vita e l’amore non vanno d’accordo. Due persone possono essere giuste l’una per l’altra ma il momento può essere quello sbagliato.”

Keira si sentì stringere il cuore al pensiero di lasciare Zach per la sua carriera. Ma forse Bryn aveva ragione. Forse non era il momento giusto per loro.

“Quindi cosa farai?” chiese Bryn, strappandola dalle sue riflessioni.

Keira fece un respiro profondo. “Lo sai, ne ho passate di tutti i colori per fare carriera e non posso arrendermi all’ultima difficoltà. Non posso tirarmi indietro.”

Sentì ritornare la sua energia. Era triste all’idea di lasciarsi indietro Zachary, ma non aveva altre possibilità. Rifiutare quell’opportunità avrebbe significato la fine della sua carriera. Non poteva fare altrimenti.

Doveva partire.

CAPITOLO TRE

Il mattino seguente la svegliò squillò fin troppo presto, rimbombando come una sirena da nebbia. Keira si girò e la spense, poi si rese conto che l’altro lato del letto era vuoto. Zach non aveva dormito lì la notte precedente.

Si alzò, strofinandosi via il sonno dagli occhi, e sbirciò in soggiorno. Niente Zach. Quindi, esattamente come aveva predetto, la notte prima non era tornato. Doveva essere rimasto da Ruth.

Accantonando la delusione e la tristezza, si fece una rapida doccia lottando per evitare che l’acqua calda la facesse riaddormentare, e indossò abiti comodi in previsione del lungo viaggio.

Afferrata la borsa, controllò per accertarsi di avere i biglietti e l’itinerario che le aveva dato Heather. Soddisfatta di scoprire che i documenti e il passaporto erano ancora in suo possesso, uscì di casa e saltò sul sedile posteriore del taxi che l’aspettava.

Mentre sfrecciava per le strade di New York di prima mattina, Keira si prese un istante per fare il punto della situazione. Stava succedendo sul serio. Stava davvero per andare all’estero per lavoro, come aveva sempre sognato di fare. Avrebbe voluto solo che Zach avesse scelto di condividere con lei quel momento, piuttosto che tenersi a distanza.

L’aeroporto di Newark era trafficato come l’ora di punta in metropolitana. Una partenza alle 5:00 del mattino era del tutto nomale per molte persone in carriera, e Keira provò un improvviso slancio d’orgoglio a considerarsi una di loro. Imbarcò i bagagli sull’aereo sentendosi come una super star all’aeroporto di Los Angeles, e tenendo la testa alta allo stesso modo. Poi trovò un baretto per la sua dose mattutina e per perdere un po’ di tempo prima che il suo volo fosse pronto alla partenza.

Seduta nel bar affollato, controllò ripetutamente il telefono. Anche se sapeva che Zachary doveva essere ancora addormentato, desiderava disperatamente qualsiasi genere di comunicazione da lui. Sapeva di aver fatto la cosa giusta accettando l’incarico e sperava che alla fine anche lui sarebbe arrivato alla stessa conclusione. O forse la loro relazione era condannata come pensava Bryn. Forse le loro opposte priorità erano davvero un blocco che non potevano superare.

Inviò un messaggio spensierato a Zachary, evitando qualsiasi riferimento al loro litigio, sperando che se si fosse svegliato con qualche parola dolce si sarebbe sentito più ben disposto nei suoi confronti.

Il suo telefono squillò e lei fece un balzo per l’eccitazione, sicura che fosse la risposta di Zach. Invece era Heather, per controllare che fosse andato tutto secondo i piani e che lei fosse pronta a prendere l’aereo. Delusa, Keira le rispose, rassicurandola che stava andando tutto bene.

Proprio in quel momento sentì la chiamata d’imbarco per il suo volo. Bevuta rapidamente l’ultima sorsata di caffè, Keira si diresse verso il cancello, giurando di chiamare Zachary non appena fosse atterrata. Tra New York e l’Irlanda c’era una differenza di cinque ore che avrebbe dovuto tenere a mente durante il suo soggiorno.

A bordo dell’aereo Keira si accomodò nel suo posto, controllando un’ultima volta se c’erano messaggi da Zach. Ma non aveva ricevuto niente, e l’assistente di volo le lanciò un’occhiataccia di disapprovazione vedendola usare il cellulare dopo la richiesta di spegnere tutti i dispositivi elettronici. Sospirando, Keira spense il telefono e lo infilò in tasca.

Esattamente in quel momento, un gruppo chiaramente in partenza verso una festa di addio al celibato salì sull’aereo, chiacchierando allegramente. Keira mugolò. Sarebbe stato un lungo volo. Sette ore, in effetti, fino a Shannon a County Clare. Sarebbe stato buio quando fosse atterrata, ma il suo corpo sarebbe stato convinto che fosse mezzogiorno. Aveva sperato di riuscire a riposarsi durante il volo, ma quel gruppo di uomini chiassosi sarebbe stato gliel’avrebbe impedito.

L’aereo si mise in moto sulla pista. Tentando di isolarsi dal frastuono dell’addio al celibato, si infilò gli auricolari e chiuse gli occhi. Ma non era neanche lontanamente sufficiente per soffocare le loro rumorose battute.

L’aereo prese il volo e Keira si rassegnò al piano B: la caffeina. Fece un cenno allo steward e ordinò un caffè, sapendo che sarebbe stato il primo di molti. Lo sorseggiò, irritata, sul sottofondo dei rumori dell’addio al celibato.

Mentre attraversava i cieli, Keira si prese il tempo di controllare l’itinerario e gli appunti di Heather.

Non ci sono taxi, quindi nel parcheggio ci sarà un’auto a noleggio ad attenderti. Spero che tu sappia guidare con il cambio manuale. E ricordati anche di tenere la SINISTRA.

Il pensiero di dover guidare mentre era tanto assonnata la preoccupò. Era molto tempo che non prendeva la macchina, dato che di solito usava la metropolitana per muoversi ovunque. Il cambio manuale era una sfida in più. E guidare sulla sinistra sarebbe stato persino più complicato. Se voleva avere qualche possibilità di non schiantarsi, avrebbe avuto bisogno di bere molto più caffè!

Alloggerai in un tradizionale pub e Bed & Breakfast irlandese, quindi non aspettarti un trattamento da Hilton Hotel. Sarà un posto molto semplice.

Keira non ne fu turbata. Era una scrittrice squattrinata da quando si era diplomata al college; erano anni che gli hotel erano fuori dal suo budget! Poteva vivere in un tugurio per un mese senza alcun problema. Finché non fosse stata costretta ad andare al bagno in una latrina all’aperto, era certa che sarebbe sopravvissuta agli alloggi più basilari.

Avrai la serata per acclimatarti prima di iniziare a lavorare. Abbiamo preso accordi con una guida turistica perché ti mostri il posto. Incontrerai il sensale, che si occupa di organizzatore degli incontri romantici, e proprietario del festival il mattino seguente. Il festival inizia la sera stessa.

Man mano che leggeva le informazioni, Keira cominciò a sentirsi sempre più emozionata. Il volo le sembrò più rapido di quanto si fosse aspettata, probabilmente grazie all’adrenalina che le pompava nelle vene. Quella, e alle copiose quantità di caffeina.

Atterrò a Shannon di buon umore, scendendo dall’aereo accolta dalla fredda e frizzante aria settembrina. Si aspettava di vedere dolci colline verdi e campi pieni di mucche e pecore, ma invece l’aeroporto di Shannon non offriva un gran panorama. La zona era piuttosto industrializzata, con grandi edifici grigi privi di qualsiasi bellezza architettonica.

L’autonoleggio era altrettanto tetro. Piuttosto di una calda accoglienza irlandese, incontrò un giovane dal volto impassibile che accettò in silenzio la sua ricevuta di pagamento e le tese le chiavi dell’auto senza pronunciare nemmeno una sillaba.

Keira le accettò e trovò la sua auto nel parcheggio. Era assurdamente piccola. Entrò dal lato destro, ricordando l’appunto di Heather sulla guida a sinistra. Le servì un po’ per riprendere familiarità con il concetto del cambio manuale e del pedale della frizione, e poi partì, usando il navigatore satellitare per uscire da Shannon. Le sarebbe servita un’ora circa per raggiungere la sua destinazione, Lisdoonvarna.

Non appena ebbe lasciato la strada principale, si trovò a guidare lungo strette stradine tortuose senza marciapiedi, segnali stradali né lampioni. Keira strinse ansiosamente il volante e dedicò ogni briciolo della sua energia e concentrazione per superare quelle vie che sembravano farsi sempre più piccole.

Dopo circa quindici minuti, iniziò a rilassarsi leggermente. Non c’era molto traffico, e ciò l’aiutò a calmare i nervi perché non doveva aver paura di andare a sbattere contro qualcuno. Anche l’ambiente era molto rilassante, niente per miglia a parte colline e campi punteggiati di pecore. L’erba era del più puro color verde che Keira avesse mai visto in tutta la sua vita. Abbassò il finestrino per annusare l’aria fresca, ma invece fu colpita dall’odore del letame. Risollevò rapidamente il vetro.

Non c’erano segnali stradali a guidarla, quindi fu grata di avere il navigatore satellitare. Ma non c’erano neanche lampioni, che rendeva la guida più difficile, specialmente con tutte quelle curve strette e ripide. La segnaletica sulla strada era cancellata. Inoltre Keira trovava la guida sulla sinistra disorientante. Il viaggio complicato fu ulteriormente aggravato dai vari trattori che dovette superare!

A un certo punto la strada divenne tanto stretta da lasciare lo spazio solo per un’auto. Keira quasi si schiantò nella corsia opposta e dovette frenare di colpo, slittando sul ciglio della strada e strisciando sulle siepi di bordura. Sollevò una mano per scusarsi con l’autista dell’altra auto, che si limitò a sorridere gentilmente come se non fosse successo niente, e indietreggiò un po’ per lasciarle lo spazio per superarlo. Se fosse stata a New York, un simile incidente si sarebbe concluso in molte imprecazioni nella sua direzione. E invece stava già ricevendo un assaggio della famosa ospitalità irlandese.

Con il cuore che le batteva ancora forte per lo shock dell’incidente schivato di poco, riuscì lentamente a superare l’altra auto.

Continuò ad avanzare con cautela, sentendosi più terrorizzata dalle strade di quanto non lo fosse stata in precedenza. Sperava che il graffio contro i cespugli non si vedesse sulla vernice, non era certa di come avrebbe reagito la società se fosse tornata a casa con un salatissimo conto dell’autonoleggio per danni!

Qualsiasi residuo di eccitazione avesse provato prima di quel viaggio infido aveva iniziato a svanire. L’adrenalina e caffè l’aveva sospinta solo fino a un certo punto. Ormai, invece di ammirare la bellezza della natura, vedeva i suoi dintorni come spogli e vagamente tetri. Le uniche creature viventi che notò erano pecore. Le vecchie fattorie di pietra che apparivano di tanto in tanto erano trascurate e fatiscenti. Sulle colline, Keira intravide un castello in rovina nascosto tra alcuni alberi e si chiese come era possibile che un edificio storico fosse stato abbandonato.

Iniziò a prendere mentalmente appunti per il suo articolo, ricordando la prospettiva cinica che Elliot voleva che assumesse. Invece di godersi la bellezza del panorama costiero, si concentrò sulle nuvole grigie. Piuttosto che apprezzare come miracolosa l’ampia vista sull’oceano, decise di rivolgere lo sguardo sulla desolazione delle lontane montagne rocciose. Anche se da una parte era incredibilmente bello, Keira sentiva che sfatare il mito del romanticismo irlandese non sarebbe stato difficile. Le sarebbe bastato sapere dove guardare e come descrivere i dettagli.

Attraversò alcuni piccoli paesini dalle mura di pietra. Uno si chiamava Killinaboy e lei scoppiò a ridere, mandando rapidamente una foto del nome della città a Zach e sperando che l’avrebbe apprezzata.

Fu tanto distratta da quel buffo cartello stradale che Keira quasi non notò il successivo ostacolo in strada, un gregge di pecore! Pigiò il piede sul freno e si fermò appena in tempo, spegnendo l’auto. Le servì molto tempo perché il suo terrore si acquietasse. Avrebbe potuto sterminare un’intera famiglia di pecore!

Prendendosi un momento per calmare i battiti del suo cuore, Keira afferrò il telefono e scattò una foto ai posteriori del gregge di pecore, mandandola a Zach con il commento: il traffico qui è un incubo.

Ovviamente non ricevette alcuna risposta. Frustrata dalla sua totale mancanza di interesse, inviò la stessa foto a Nina e Bryn. Entrambe risposero quasi immediatamente con emoji ridenti e Keira annuì, soddisfatta di sapere che almeno qualcuno nella sua vita trovasse interessanti le sue avventure.

Riavviò il motore e lentamente superò la colonna di pecore. Le bestie la guardarono passare con espressioni scaltre e lei si ritrovò sul punto di domandar loro scusa. Il cielo stava iniziando a scurirsi, rendendo il viaggio ancora più pericoloso. Non era d’aiuto il fatto che le uniche costruzioni che vide erano chiese, con solenni statue della Vergine Maria a pregare sul ciglio della strada.

Alla fine arrivò a Lisdoonvarna e fu piacevolmente colpita da ciò che trovò. Almeno sembrava un posto dove vivevano delle persone! C’erano strade affiancate da più di una casa, che le dava l’aspetto di una cittadina vera e propria… o qualcosa del genere. Tutti gli edifici, le case e i negozi erano piccoli e ameni, molti a pochi passi di distanza dalla strada, ed erano verniciati allegramente con tutti i colori dell’arcobaleno. Keira fu lieta di essere finalmente giunta a quella che sembrava una comunità, invece che singole dimore collegate da strade.

Rallentò l’auto, seguendo i cartelli in strada fino a quando non trovò l’indirizzo che stava cercando, il St. Paddy’s Inn. Il Bed & Breakfast era proprio all’angolo tra due vie, un edificio a tre piani di scuri mattoni rossi. Dall’esterno a Keira sembrò estremamente irlandese.

Lasciò l’auto nel piccolo parcheggio e saltò fuori, afferrando le sue valige dal bagagliaio. Era esausta e pronta a entrare e rilassarsi.

Ma mentre si avvicinava, si rese conto che il riposo non era nel suo futuro. Perché anche da lì riusciva a sentire i suoni di allegre conversazioni e accesi dialoghi. Udiva anche i rumori della musica dal vivo, di violini, pianoforti e fisarmoniche.

Un campanello sopra la porta tintinnò al suo ingresso, e fu accolta da un piccolo e buio pub con una vecchia carta da parati cremisi e numerosi tavolini rotondi di legno. Traboccava di gente, tutti con una birra in mano. La squadrarono come se avessero capito al volo che non era una di loro, e che non era una semplice turista, ma un’americana.

Keira si sentì un po’ travolta dallo shock culturale.

“Che cosa ti porto?” chiese una voce maschile con un pesante accento che Keira riuscì a malapena a comprendere.

Si voltò verso il bar e vide un uomo anziano dietro al bancone. Aveva un volto rugoso e un ciuffo di capelli grigi spuntava dal centro della sua testa altrimenti completamente calva.

“Sono Keira Swanson,” si presentò lei, avvicinandosi. “Della rivista Viatorum.”

“Non riesco a sentirti! Parla ad alta voce!”

Keira alzò la voce sopra la musica folk che stava suonando dal vivo e ripeté il proprio nome. “Ho prenotato una stanza qui,” aggiunse quando l’uomo si limitò a guardarla con espressione impassibile. “Sono una scrittrice dall’America.”

Alla fine l’uomo sembrò capire chi fosse e perché era lì.

“Ma certo!” esclamò, mentre gli si allargava un sorriso sul volto. “Da quella rivista con il buffo nome latino.”

Trasmetteva un che di caloroso, da nonno, e Keira si sentì di nuovo rilassata.

“Proprio quella,” confermò.

“Io sono Orin,” disse lui. “Il St. Paddy è mio. Ci vivo anche. E questa è per te.” Tutta a d’un tratto una pinta di Guinness apparve sul bancone davanti a Keira. “Un tradizionale benvenuto dal St. Paddy.”

Keira fu presa alla sprovvista. “Non sono una gran bevitrice,” rise.

Orin le lanciò un’occhiata. “Lo sei finché rimani qui a County Clare, ragazza mia! Sei qui per lasciarti andare come noialtri. E comunque dobbiamo fare un brindisi per festeggiare il tuo viaggio sicuro. Sia reso grazie alla Vergine Maria.” Si fece il segno della croce sul petto.