Kitabı oku: «Un Amore come Quello », sayfa 2

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CAPITOLO DUE

Bryn strinse un braccio attorno alle spalle di Keira, mentre la minore delle due sorelle singhiozzava amaramente.

“Hai fatto la cosa giusta,” la consolò Bryn. “Lo so che subito non ti sembrerà così, ma fidati di me. Ti stavi facendo coinvolgere troppo. Hai ventotto anni, Keira, non è il momento di accasarsi.”

Le sue parole non le furono di gran conforto. Come faceva Bryn a saperlo? La sua vita era stata segnata da una serie di relazioni disastrose. Non aveva idea del tipo di amore che Keira e Shane avevano trovato, e che adesso avevano perduto per sempre. I singhiozzi le squassarono tutto il corpo.

“Dai,” continuò Bryn, “Andiamo a prendere un caffè. Io chiamo la mamma. Lo sai quanto è brava con queste cose.”

Keira non avrebbe potuto essere più in disaccordo. Sua madre, a differenza di Bryn, sembrava aver fretta di vederla sistemata e con dei figli. Le aveva persino detto che non aveva molto senso che lei mettesse tutta quell’energia nella sua carriera, dato che tanto vi avrebbe rinunciato di lì a qualche anno per cominciare a sfornare bambini.

Scosse la testa. “Non posso, devo andare a lavoro.”

Bryn fece una smorfia. “Tesoro, sei un disastro. Non ti vorranno in questo stato. Così non sei utile a nessuno.”

“Grazie,” borbottò Keira. “Ma non posso non andare. È il primo giorno dopo le ferie. Ho una nuova posizione importante. Elliot sarà in ufficio e si aspetterà che faccia del mio meglio.”

Mentre spiegava le sue ragioni, Bryn si allungò e le sfilò il telefono dalle mani.

“Ehi!” protestò Keira.

Bryn pigiò alcuni pulsanti e poi riappoggiò trionfante il cellulare sul tavolino da caffè. “Fatto.”

“Cosa?” gridò lei, inorridita, riprendendolo subito. “Hai richiesto un giorno di malattia per me? Non ho mai preso un giorno di malattia! Non sei per niente professionale, non riesco a credere che tu lo abbia fatto.”

Ma quando controllò gli ultimi messaggi del telefono, scoprì che Bryn non aveva contattato il suo ufficio, bensì Nina, l’amica di Keira ed editrice della rivista. Lesse il messaggio che le aveva mandato.

Shane mi ha mollato. La mia vita è finita. Aiuto.

Keira fece una smorfia poco felice, e lanciò un’occhiataccia alla sorella. Bryn si limitò a scrollare le spalle con insolenza. Un secondo più tardi, il cellulare di Keira vibrò con l’arrivo della risposta di Nina.

Andrà tutto bene. Dirò a Elliot che faremo una riunione fuori dall’ufficio. Un caffè alle dieci?

L’espressione di Keira si addolcì. Forse Bryn non era del tutto deleteria.

“Nina viene a trovarmi,” disse, mettendo via il telefono. “Adesso sei contenta?”

“Sì,” rispose Bryn. “Ora devo solo dire al mio capo che oggi non vado a lavoro.”

“Non sei costretta a farlo.”

“Oh, ti prego, ogni scusa è buona,” ribadì Bryn.

Keira si arrese. A volte discutere con sua sorella era inutile. Anche se non era la persona migliore con cui sfogarsi, era brava a mettersi al primo posto e occasionalmente quell’abitudine giocava a favore degli altri.

Qualche tempo più tardi le sorelle uscirono insieme dall’appartamento avvolte in caldi indumenti autunnali, e si avviarono in strada fino al bar in cui avevano deciso di incontrare Nina. Era ancora molto presto. Quando arrivarono, il locale aveva appena aperto per la giornata. Furono le prime a entrare.

Bryn ordinò cappuccini e muffin dietetici per entrambe e guidò Keira fino al morbido divano in pelle. Un momento più tardi entrò anche Nina.

“Keira,” esclamò, con espressione addolorata.

Si accomodò e abbracciò stretta l’amica, dandole subito conforto. Forse dopo tutto saltare il lavoro era stata una buona idea, anche se si fece un appunto mentale di non prendere quell’abitudine. Non era assolutamente professionale, anche se Bryn e Nina non sembravano pensarlo. Ma tanto con ogni probabilità non le sarebbe mai più capitato, dato che stava per iniziare una vita di celibato e quindi non avrebbe avuto altre occasioni di prendersi un giorno per curare il proprio cuore ferito…

“Dio, non riesco a credere che Shane sia stato tanto stronzo,” iniziò Nina.

Keira scosse la testa. “Non è così.”

L’amica le lanciò un’occhiata impassibile. “Come fa a non essere così? Ti ha fatta innamorare di lui, e poi una settimana prima del vostro ritrovo ti molla?”

“Beh, se la metti così,” disse Keira. “Ma credimi, non è così che è andata. Suo padre si è ammalato. Si è trovato, non lo so, a riconsiderare la nostra situazione.” Si sentì di nuovo sull’orlo delle lacrime. “Per favore, possiamo non parlarne? Non voglio trovarmi a dover difendere l’uomo che mi ha spezzato il cuore.”

Nina si interruppe e sembrò riflettere sulle sue parole. “Forse è stato meglio così,” disse. “In ogni caso presto Elliot ti manderà all’estero per un nuovo incarico. Forse incontrerai un altro uomo. Uno anche meglio Shane.”

“È l’ultima cosa che voglio, adesso,” rispose Keira tristemente, appoggiando con pesantezza il mento su una mano. “Non so cos'altro potrebbe sopportare il mio cuore. Passare direttamente da Zach a Shane, e poi a qualcun altro che magari mi tratterà da schifo? Non credo proprio. Avevo ragione a volermi concentrare solo sulla carriera. Il mio lavoro non mi dirà mai che se le cose fossero state diverse avrebbe anche potuto sposarmi.”

Nina sussultò. “Shane ha detto così?”

Keira annuì, sentendosi più depressa e demoralizzata che mai.

Nina le strinse di nuovo il braccio attorno alle spalle. “Sei giovane. Troppo giovane per sistemarti. C’è un mondo enorme là fuori e tu ne hai visto solo una piccolissima parte.”

“Grazie,” concordò Bryn. “È quello che le ho detto anche io. Ha meno di trent’anni, santo cielo. Aspetta almeno di aver superato la trentina.”

Nina sollevò un sopracciglio. “Facciamo la quarantina,” disse seccamente. “E poi qualche altro anno per buona fortuna. Io non ho alcuna fretta di mettere su famiglia, nonostante quello che dicono i media sul mio orologio biologico.”

“I media?” intervenne scherzosa Keira. “Vuoi dire quelli come noi? Siamo giornaliste dopo tutto. È il nostro lavoro dire alla gente che cosa deve desiderare. Come l’amore,” aggiunse amaramente.

Nina scoppiò a ridere e Keira si sentì un po’ meglio. Lanciò un’occhiata fuori dalla vetrina, verso le strade affollate di New York, piene di gente diretta a lavoro, persone di ritorno a casa dopo feste durate tutta la notte, alcune in abiti costosi, altre con magliette decorate da slogan buffi. Vide moltissime razze e nazionalità, e ogni capigliatura immaginabile. Tutti si affrettavano, lottando contro i venti freddi portati dall’autunno.

Studiandoli, Keira si rese conto di quanto amava la sua città. Non sarebbe mai stata felice di vivere in Irlanda. Shane aveva ragione. Non si sarebbe mai trasferita altrove. Lei era una newyorkese, al cento percento. La città le scorreva praticamente nelle vene.

Riportò la sua attenzione su Nina e Bryn.

“Quindi, come ha preso Elliot la mia assenza dall’ufficio, oggi?” chiese a Nina, più che pronta a cambiare l’argomento di conversazione.

Nina mescolò il suo caffè. “A dir la verità, mi è sembrato un po’ distratto. L’ho sentito nel mezzo di una discussione accesa a telefono l’altra sera, mentre lavoravo fino a tardi. Credo che qualcuno stia cercando di acquistare la rivista.”

Keira sollevò le sopracciglia per la sorpresa. “Ma non può succedere. Elliot non lo farebbe mai. Lui ama il Viatorum. A volte anche troppo.”

Nina si limitò a scrollare le spalle e a prendere un sorso del suo caffè. “A volte non c’entra quanto si ama una cosa. Se una delle maggiori società crea una rivista rivale della nostra, copiandoci il modello ma usando tutte le sue risorse economiche e contatti per promuoversi e sopraffarci, Elliot non potrà fare altro che vendere. A volte l’unico modo in cui un indipendente come il Viatorum può rimanere in attività è che il capo, Elliot, accetti un compromesso sulla proprietà.”

“Ma per lui sarebbe una retrocessione, giusto?” chiese Keira. “Passerebbe dall’esserne il proprietario a cosa, il semplice amministratore?”

Nina reclinò la testa di lato. “Non sarebbe del tutto negativo. Così potrebbe fare più soldi. Avrebbe solo dei superiori a cui rispondere. Probabilmente perderebbe un po’ di libertà creativa.” Si scrollò di nuovo. “In effetti, è sicuro che perderebbe una parte di libertà creativa.”

Keira si morse il labbro, riflettendo sulla premonizione di Nina. Perché le cose dovevano sempre cambiare tanto in fretta? Quella mattina si era svegliata con un fidanzato affettuoso e un lavoro da sogno. E adesso era seduta depressa e in lacrime in un bar, di nuovo single e in ansia per la sua situazione lavorativa.

“Beh, anche questo è un modo per distrarmi da Shane,” commentò sarcastica a Nina.

“Oh, Dio, mi dispiace,” disse l’amica. “Non volevo farti preoccupare. Sono sicura che per te, per me, e per tutti gli altri non cambierà niente. Solo per Elliot. Ho già visto delle acquisizioni, moltissime in effetti. Di solito è quasi impercettibile per la maggior parte dello staff.”

Keira arricciò le labbra. “Vedremo,” rispose.

Si accorse in quel momento che Nina sembrava un po’ nel panico, e guardò l’amica che fissava Bryn negli occhi come per spingerla a subentrare nella conversazione. All’improvviso la sorella si illuminò come colta da un pensiero.

“Mi è venuta un’idea fantastica,” annunciò sgranando gli occhi.

“Perché ho la sensazione che non mi piacerà neanche un po’,” rispose Keira, socchiudendo i propri.

“C’è una bella festa da Gino questa sera, hai presente, quell’autentico ristorante italiano che c’è in città,” spiegò Bryn. “È a tema Halloween. A dir la verità è a tema Ognissanti, che è una festa italiana che non conoscevo, ma sembra super inquietante e da Gino la prendono davvero sul serio. Sarà per metà un ballo in maschera e per metà una cena gotica. Sembra folle ma in modo super interessante.”

Keira la fissò con occhi sempre più stretti. Bryn stava parlando a ruota libera. “Vai avanti…” esortò la sorella.

“Ecco il punto,” disse Bryn. “Malcolm, un tizio che ho conosciuto la notte scorsa mi ha invitata là per un appuntamento. Vuole vedere di che si tratta, sai, provare qualcosa di nuovo. Ovviamente ho accettato, mi conosci, sono pronta a provare qualsiasi cosa almeno una volta. Comunque, oggi mi ha detto che ha un amico che è single e si chiedeva se conoscessi qualcuno con cui fare un’uscita a quattro. Stavo pensando di invitare Tasha, ma perché invece non andiamo io e te? Ora sei di nuovo single.”

A Keira non servì nemmeno un secondo per riflettere sulla proposta di Bryn. Scosse la testa in un enfatico no. “Assolutamente no,” rispose.

Nina si chinò in avanti, apparentemente d’accordo. “Io conosco un negozio di costumi bellissimo,” esclamò. “Potresti prendere un abito da sera, dei guanti, una maschera, tutto quanto.”

Keira le lanciò un’occhiataccia. “Perché non vai tu a quest’uscita a quattro se l’idea ti piace tanto?”

Nina chiuse di scatto la bocca. Bryn assunse di nuovo il ruolo di corteggiatrice principale.

“Almeno vieni per il cibo,” disse. “Una cena gratis. Cibo raffinato. Qualche ballo. Vedila come una serata fuori tra di noi, con un paio di tizi accodati per pagarci il conto. Non devi nemmeno dirgli il tuo nome vero se non vuoi, e nemmeno toglierti la maschera. Può essere una notte d’anonimato. Potresti fingerti una persona tutta diversa.”

Keira scoppiò a ridere. “Fammi indovinare. Lo hai già fatto prima?”

Nina intervenne. “Cara, ti prego, lo abbiamo fatto tutte. Se non sei mai andata a un appuntamento fingendoti un’agente dell’FBI o un’ereditiera miliardaria, non hai mai vissuto davvero.”

Scuotendo la testa, Keira lanciò di nuovo un’occhiata fuori dalla vetrina. Studiò le persone in giro per le strade. Alcuni dei negozi avevano già le decorazioni di Halloween alle finestre. Vide una coppia di dark lungo la via, una donna con un abito di pizzo nero che sfoggiava un ombrellino e un uomo legato a un guinzaglio di cuoio. Solo a New York City, pensò tra sé e sé divertita.

Il senso della vita era accogliere a braccia aperte ogni sfida e assurdità, ricordò a se stessa. Non si era detta la stessa cosa proprio quella mattina?

“Va bene,” accettò, voltandosi verso Bryn con un sospiro rassegnato. “Verrò al tuo ballo.”

*

Bryn aveva avuto ragione su una cosa, scoprì Keira più tardi, quella sera. Gino era un posto magnifico. Tutto il ristorante era stato decorato come un castello gotico, i tavoli spinti ai lati in modo da far diventare l’area centrale una pista da ballo. C’era ovunque un’atmosfera incredibilmente inquietante, tra la vecchia musica popolare italiana, i camerieri in abiti di velluto e ovviamente, gli ospiti in maschera.

Se fossero state solo loro due, Keira avrebbe passato una notte fantastica. Sfortunatamente avrebbero condiviso la serata con Malcolm, l’uomo che aveva invitato Bryn, e Glen, quello che aveva invitato Keira. I due dovevano essere tra le persone più noiose al mondo.

Keira sollevò la pasta sulla forchetta, tenendo gli occhi aperti a fatica, mentre Glen continuava a blaterare i dettagli della sua carriera di contabile. Anche nel migliore dei casi parlare di lavoro l’avrebbe annoiata, ma quando si trattava di matematica la noia raggiungeva un nuovo livello. Senza contare che non le aveva fatto una sola domanda sul suo lavoro.

Ci fu un’improvvisa pausa nella conversazione e Keira si raddrizzò come se si fosse svegliata di scatto.

“Dunque, che cosa fai nel tempo libero?” chiese a Glen, cercando disperatamente di spostare la conversazione su un nuovo argomento.

Glen impiegò molto a rispondere, un’altra cosa che Keira interpretò come un brutto segno. Chi non conosceva i propri hobby? O che cosa gli piaceva fare oltre al proprio lavoro?

“Guardo lo sport,” disse alla fine.

“Guardi,” ripeté Keira. “Non lo pratichi?”

Glen scoppiò a ridere. “Accidenti, no. Non voglio farmi male. Preferisco essere uno spettatore.”

“È…” Keira faticò a trovare la parola giusta. Quella per cui si decise probabilmente era il contrario di ciò che intendeva davvero. “… interessante.”

“E tu che mi dici?” Le domandò Glen.

Era la prima volta che le chiedeva di lei e Keira fu quasi sorpresa. “Oh, beh, lavoro nel giornalismo quindi passo molto del mio tempo libero a leggere,” iniziò.

Glen la interruppe immediatamente. “Anche io leggo. Per lo più il Wall Street Journal.”

Rendendosi conto che le aveva appena strappato il suo turno di parlare, Keira si ritirò in se stessa. Punzecchiò di nuovo la sua pasta. “Bello.”

Bryn allora si allungò attraverso il tavolo. “Stavamo parlando dei nostri progetti,” annunciò. “Quello che vogliamo raggiungere nei prossimi cinque anni. Keira, tu cosa dici?”

Se Bryn glielo avesse chiesto il giorno prima, Keira le avrebbe detto con assoluta certezza che quello che voleva nei seguenti cinque anni era passare più tempo possibile con Shane, comprare insieme la casa dei loro sogni, e magari persino sposarsi e avere dei figli. Ma ormai quel desiderio era svanito.

Si limitò a scrollare le spalle. “Mi piacerebbe viaggiare. Vedere il mondo. Tra cinque anni vorrei aver messo piede su ogni continente almeno una volta.”

Bryn applaudì. “Che bello, sorellina.”

Glen sbuffò. “Viaggiare è sopravvalutato di questi tempi, ora che abbiamo la tecnologia per mappare tutto. Voglio dire, perché passare ore e ore in un tubo di alluminio sospeso nel cielo, inquinando l’atmosfera, quando si può vedere il mondo dalla comodità della propria casa? La realtà virtuale è ancora agli inizi, ma tra cinque anni sarà decollata. Un visore da cinquanta dollari prenderà il posto di voli inutili da centinaia di dollari.”

Solo Malcolm annuì, d’accordo con lui, lasciando capire con la sua espressione che aveva trovato l’analisi di Glen molto stimolante. Bryn, d’altra parte, apparve inorridita dalla sua dichiarazione e lanciò a Keira uno sguardo di scuse. La sorella si limitò a fissarla impassibile, come per rinfacciarle: Te lo avevo detto che sarebbe stato terribile.

“E quindi tu cosa ci dici, Glen?” domandò Bryn, cercando in ogni modo di salvare la conversazione. “Se non sei un fan dei viaggi, come pensi che saranno i tuoi prossimi cinque anni?”

Gli altri rivolsero la loro attenzione al contabile. Lui si schiocchiò le nocche.

“Ho pianificato tutto,” rivelò con assoluta sicurezza. Sollevò il dito indice. “Una moglie tra un anno.” Poi passò al secondo dito. “La nostra casa dei sogni nei sobborghi l’anno dopo.” Poi passò alle due dita successive. “Due figli, con diciotto mesi di distanza tra l’uno e l’altro. Un maschio e una femmina.” Poi alla fine agitò il pollice. “E un cane.”

Keira emise un profondo sospiro. Aveva saputo anche prima di uscire dall’appartamento di Bryn che non avrebbe trovato niente di simile al romanticismo in quell’appuntamento. Ma c’era stata lo stesso una scintilla di speranza. Solo un minuscolo barlume che qualcuno che ardesse luminoso quanto Shane potesse apparire nella sua vita all’improvviso, sconvolgendo il suo mondo rapidamente come aveva fatto lui.

Ma in quell’istante di amara delusione capì di essere stata una sciocca a prendere in considerazione quell’idea. Shane era stato un caso rarissimo. No, più unico che raro. L’appuntamento con Glen non aveva fatto altro che confermare le sue peggiori paure.

Non avrebbe trovato mai più un amore come quello.

CAPITOLO TRE

Keira non poté far altro che tornare in ufficio il mattino seguente. Un cuore spezzato non era un motivo valido per saltare il lavoro, e due giorni di fila sarebbero stati davvero esagerati. Oltretutto non voleva passare un’altra giornata a deprimersi dentro un bar, e di certo non voleva ritrovarsi invischiata in un ennesimo piano sciocco e insensato di Bryn! L’ultimo, l’appuntamento da Gino, le aveva lasciato l’amaro in bocca.

Nonostante si sentisse come se una cupa nube temporalesca le aleggiasse attorno alla testa, Keira riuscì a vestirsi e a prepararsi per la giornata. Di solito vestirsi per il lavoro la faceva sentire più forte, ma quel giorno aveva la sensazione di essere un’impostora, anche se aveva scelto uno dei completi più casual tra tutto il suo guardaroba da ufficio.

Mentre usciva da casa di Bryn, si accorse che Nina le aveva mandato un messaggio di incoraggiamento.

Tutti stanno aspettando con ansia il tuo ritorno.

Keira sorrise. Era felice di avere una buona amica come Nina. Nonostante la differenza di età tra di loro, erano molto in sintonia l’una con l’altra. E Nina aveva anche avuto una tale carriera nel mondo della scrittura da essere un’eccellente mentore per lei.

Entrando nell’ufficio principale del Viatorum, fu sorpresa dall’atmosfera differente che trovò all’interno. In passato, c’era sempre stato il panico nell’aria, una specie di stress invisibile che permeava l’intero luogo. Per quanto fosse stata di buon umore al suo ingresso, era certo che ne sarebbe uscita stanca, ansiosa e tesa.

Ma ovviamente il punto era che Joshua non lavorava più alla rivista. Grazie a Keira, era stato licenziato da Elliot. Era incredibile quanto ciò avesse migliorato il posto. Sembrava persino più confortevole, anche se le piastrelle erano dello stesso bianco sterile e immacolato di prima, e la struttura open plan ugualmente riecheggiante. C’era un’unica differenza visibile, o così notò Keira: tutte le porte delle sale riunioni e degli uffici che circondavano lo spazio aperto erano spalancate. Riusciva a vedere Heather, l’assistente di Elliot, che scriveva al computer nel suo ufficio. Dentro la sala conferenze, diversi membri dello staff erano impegnati in una riunione che sembrava allegra piuttosto che rigida e formale. Ai tempi di Joshua quelle porte erano sempre state chiuse, come una barriera fisica tra lo staff di livello superiore e quello appena assunto.

“È Keira!” esclamò una voce, e all’improvviso tutti si voltarono a guardarla.

Con sua grande sorpresa, qualcuno iniziò ad applaudire.

Keira si sentì arrossire mentre sempre più persone si alzavano dai tavoli e si univano all’applauso. Era così che si era sentita Dorothy dopo aver ucciso la Malvagia Strega dell’Ovest? Dopo tutto un uomo aveva perso la sua fonte di reddito, anche se se lo era meritato!

Nina si avvicinò alla sua scrivania e l’abbracciò.

“Sei tornata,” disse gentilmente. “Te l’avevo detto che erano tutti felici di rivederti!”

Denise, una degli scrittori junior con cui Keira non aveva mai scambiato più di due parole in passato, accorse da lei e la strinse in un abbraccio. Keira ne fu sorpresa.

“Oh. Uhm, ehi,” la salutò goffamente.

“Volevo solo dirti grazie,” esclamò Denise. “Ero sul punto di licenziarmi per colpa di Joshua. Mi aveva fatto credere di essere inutile, che non ero capace di scrivere e non avevo alcun talento. Stavo per smettere del tutto di fare del giornalismo. Ma grazie a te sono ancora qui e tutto sta andando mille volte meglio di prima.”

“Non c’è di che,” rispose Keira, con un certo orgoglio. Tenere testa a Joshua non era stato facile, ma ne era valsa la pena, e aveva aiutato più gente di quanto avesse pensato. Qualsiasi residuo del senso di colpa che aveva provato per via di ciò che aveva fatto svanì quando vide che impatto aveva avuto su tutto lo staff. Josh era un uomo adulto, responsabile delle proprie azioni. Nessuno lo aveva costretto a comportarsi da bastardo con tutti quelli che lo circondavano. Si era praticamente licenziato da solo, e Keira era solo stata il catalizzatore.

Provando un’ondata di sicurezza in sé per la prima volta da quando Shane le aveva spezzato il cuore, Keira si diresse verso la propria scrivania, pronta a rigettarsi nel lavoro. Era lì che dava il suo meglio, dopo tutto. Anche se la sua vita amorosa era andata in pezzi, la sua carriera stava decollando e lei l’avrebbe sfruttata nel modo migliore.

Ma quando ebbe raggiunto la sua postazione, vide che nessuna delle sue cose era lì. La foto incorniciata di sua madre e di Bryn era svanita, insieme al suo mini cactus, il tappetino del mouse a pois che la sua amica Shelby le aveva dato come regalo per la laurea, e la tazza a forma di gatto che l’altra sua migliore amica, Maxine, le aveva regalato l’anno prima. Sperò disperatamente che non fossero state gettate via per sbaglio. Erano piccole cianfrusaglie, essenzialmente prive di valore, ma per lei significavano molto.

Si guardò intorno, preoccupata. Fu a quel punto che notò Elliot che le si avvicinava a grandi passi.

L’uomo si fermò, torreggiando su di lei con il suo metro e ottanta di altezza, e le strinse la mano. “Bentornata. Ti ho trasferita nell’ufficio d’angolo, spero che vada bene.”

“Ho un ufficio?” ripeté lei, con tono incredulo.

“Certamente,” rispose Elliot. “Ora sei una scrittrice senior. Tutti i senior hanno un ufficio.”

Le fece cenno di seguirlo. Mentre Keira attraversava l’ufficio, colse un’occhiata di Nina. L’amica le strizzò l’occhio. Doveva averlo sempre saputo.

Si fermarono davanti alla porta aperta di un piccolo ufficio in angolo. Il nome di Keira era stato inciso su una targa dorata avvitata sopra. I suoi oggetti preferiti erano stati sistemati sulla scrivania nella stessa posizione in cui erano stati in precedenza, ma quando prima avevano dato alla sua area di lavoro un aspetto gremito, ora sembravano spersi in mezzo all’ampia stanza vuota.

Keira era euforica, come se stesse camminando sulle nuvole. Non aveva mai avuto un proprio ufficio, né una targa sulla porta.

“Va bene per te?” chiese Elliot.

“È incredibile!” rispose Keira, entrando e facendo una piroetta. La stanza non aveva esattamente le dimensioni giuste per un arabesque, ma per lei non aveva nessuna importanza.

“Abbiamo adottato una politica della porta aperta,” aggiunse Elliot. “A meno che non si stia svolgendo una riunione o una telefonata. Abbiamo votato mentre eri in ferie.”

Keira lo fissò con un’espressione sorpresa ma felice.

Non riusciva nemmeno a immaginare come potesse essere un sistema di votazione al Viatorum! Ai tempi di Joshua bastava che lui abbaiasse i suoi ordini e tutti obbedivano. Se ti chiamava in ufficio durante una festività nazionale, che fosse Natale, Hannukkah, Eid, o qualsiasi altra celebrassi, dovevi presentarti o eri licenziato. Keira era così felice che anche gli scrittori junior avessero una loro voce adesso.

“Ti hanno già presentato Lance?” continuò Elliot.

“Lance?” ripeté Keira. “No, è uno scrittore nuovo?”

Elliot scoppiò a ridere. “È il tuo nuovo capo,” annunciò.

“Oh,” rispose Keira, accigliandosi. “Pensavo che fossi tu il mio nuovo capo.”

Il pensiero di un’altra persona al comando la preoccupò. E se si fosse rivelato un altro Joshua? E se le loro visioni creative non avessero combaciato?

Elliot scosse il capo. “Non posso essere qui ventiquattro ore su ventiquattro. Nonostante tutti i suoi difetti, Joshua era molto zelante. Mi serve qualcuno sul campo anche quando non posso esserci io, ed è per questo che ho incaricato Lance. Ma non preoccuparti, ti piacerà. È l’opposto di Joshua, te lo garantisco.”

Lei lo seguì fuori dall’ufficio e nella sala conferenze, dove il suddetto Lance li stava già aspettando. Elliot aveva ragione, era il contrario di Joshua, almeno a prima vista. Era un uomo basso e robusto, che indossava un abito vecchio e sformato e aveva i capelli tutti scompigliati. Quando vide entrare

Keira le rivolse un ampio sorriso, un gesto che richiedeva muscoli che probabilmente Joshua non aveva nemmeno, e le tese la mano. Lei gliela strinse.

“Tu devi essere la star del Viatorum,” iniziò Lance. “L’eroina, Keira Swanson.”

Keira ridacchiò un po’ in imbarazzo. “Non esageriamo.”

“Non è un’esagerazione,” disse lui, riaccomodandosi sulla sua poltrona e invitando Keira ed Elliot a fare lo stesso con un gesto. “Ho letto tutti i tuoi vecchi pezzi e devo dire che hai un gran talento.”

“Grazie,” disse Keira arrossendo.

Non era abituata a ricevere complimenti. Elliot li concedeva raramente, Joshua mai. Ancora non sapeva come prenderli, come rispondere in modo appropriato ma senza sembrare arrogante.

Lanciò uno sguardo a Elliot mentre si sedeva accanto e lui e l’uomo le rispose con un’occhiata d’intesa, come per dirle: Te l’avevo detto che era tutto il contrario.

“Dunque, occupiamoci subito degli incarichi,” esordì Lance, battendo le mani. “Elliot ha preparato quello più succoso in assoluto.” Strofinò insieme le mani, sorridendo entusiasta. “La competizione sarà spietata!” Detto questo, saltò in piedi e corse alla porta. Con la voce più giuliva immaginabile chiamò: “È il momento degli incarichi, ragazzi e ragazze!”

Si scatenò un’attività frenetica mentre lo staff accorreva alla sala conferenze. Keira si sentì all’improvviso fuori luogo. Le cose erano molto cambiate, ma i ritmi erano sempre ugualmente veloci, a quanto pareva. E l’atmosfera competitiva non era svanita, era solo completamente diversa da quando Joshua era incaricato.

Mentre gli altri scrittori entravano nella sala, percepì fisicamente la loro fame e ansia di essere messi alla prova. Erano sempre state presenti ma in precedenza erano state offuscate dall’insicurezza. Senza Joshua a buttarli giù, insieme all’approccio amichevole e incoraggiante di Lance, gli altri scrittori del Viatorum avevano iniziato a fiorire, a dare il meglio di loro. Con sua sorpresa Keira si rese conto che la competizione alla rivista era più feroce che mai.

“Uno di voi fortunelli sta per ricevere il miglior incarico della propria vita,” annunciò Lance con un sorriso a trentadue denti. “Tre settimane di viaggio in Italia, e sto parlando di Firenze, la Toscana, Verona e Capri.”

Un bisbiglio eccitato, quasi elettrico, riempì la stanza.

Keira si agitò sulla sua sedia, desiderosa di ricevere quell’incarico. Non riuscì a impedirsi di immaginare quanto sarebbe stato fantastico visitare l’Italia, mangiare la vera pizza italiana e il gelato, piuttosto che l’imitazione offerta da Gino.

Quell’incarico era fatto chiaramente su misura per lei. Era l’unica persona ad avere esperienza con un lavoro simile. Ma dovevano desiderarlo tutti! Si era lasciata prendere da un falso senso di sicurezza, dopo gli applausi e il nuovo ufficio d’angolo. Ma sembrava che sotto sotto le cose fossero rimaste uguali, solo con una facciata differente. Si preparò alla lotta.

“Dunque,” disse Lance, congiungendo le mani davanti a sé. “Chi si dà disponibile?”

La mano di Keira si alzò immediatamente.

I giorni in cui si limitava ad aspettare che le occasioni le cadessero in grembo erano finiti. Ormai aveva fame di successo e non si sarebbe lasciata sfuggire quell’opportunità tra le dita. Oltretutto, quel viaggio le sarebbe servito per togliersi Shane dalla mente.

Ma con sua sorpresa, si accorse che nessun altro aveva alzato la mano. Confusa, Keira guardò un volto dopo l’altro, vedendo che si erano tutti voltati verso di lei. E che stavano sorridendo.

“Che cosa sta succedendo?” chiese, riabbassando la mano.

Lance scoppiò in una calda risata. “È per te!” esclamò. “È ovvio. Ti stavamo solo facendo uno scherzo.”

Tutti iniziarono a ridere. Keira si guardò intorno, completamente scioccata. Da quando il Viatorum era diventato un posto in cui si facevano scherzi tra colleghi?

“Vuoi dire che hai sempre avuto l’intenzione di affidarlo a me?” domandò.

“Certo!” rispose Lance, continuando a ridere di gusto.

E con grande stupore di Keira, tutti l’avevano presa con spensieratezza. Sembravano felici per lei. Non c’era più invidia, nessuna spietatezza.

“Anche loro hanno già ricevuto degli ottimi incarichi,” spiegò Lance. “Non ti preoccupare di questo. Non mi piacciono le lotte intestine sul posto di lavoro, non le posso sopportare. Ognuna ha i propri punti di forza. E il tuo è viaggiare all’estero e scrivere degli articoli magnifici.”

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