Kitabı oku: «Una Amore Cosi’ Grande », sayfa 4

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CAPITOLO SEI

Di buon’ora il mattino seguente, Keira ricevette una chiamata dalla scorbutica agente immobiliare che l’informava che i documenti da firmare erano pronti. Sollevata, la ragazza si diresse verso il suo ufficio e scrisse il proprio nome sul contratto d’affitto, prima di correre all’aeroporto.

Era talmente stordita da quell’accumulo di impegni, che solo una volta che si fu lasciata cadere sul sedile dell’aeroplano si rese pienamente conto di dove fosse e che cosa stava facendo. Almeno ormai a quel punto le era familiare, stare su un aereo. Non era più spaventoso come era stato all’inizio. Per la prima volta, Keira si sentì molto più positiva per il futuro.

Purtroppo non poté fare a meno di pensare che l’ultima volta che era stata a bordo di un aereo, Cristiano era stato nel sedile accanto a lei. Riusciva ancora a ricordare l’eccitazione che aveva provato mentre si avvicinavano a New York, e il modo in cui aveva sgranato gli occhi alla vista del milione di luci al di sotto. Ma ormai era tutto finito. Le rimanevano solo i ricordi. E per la prima volta da quando aveva messo fine alla loro storia, il pensiero di lui non la ferì più. Le spine acuminate che lo circondavano erano finalmente svanite.

Pensò al messaggio della nuova ragazza di Cristiano, su cui aveva tanto rimuginato. Si sentiva così stupida ad essersi arrabbiata in quella maniera solo perché si stava vedendo con un’altra. Ovviamente non significava che la loro relazione fosse stata irrilevante per lui, significava solo che stava voltando pagina.

L’aereo si alzò in cielo, e la sensazione del decollo le ribaltò lo stomaco. Tuttavia essere così in alto sopra al mondo la fece sentire libera, audace e indipendente. Sorrise tra sé e sé e cercò i dettagli della crociera che avrebbe intrapreso di lì a poco nel suo bagaglio a mano.

Quella volta Heather aveva superato se stessa. L’itinerario era laminato. Probabilmente nel tentativo di combattere la tendenza di Keira di versarci sopra il caffè e di farlo cadere giù dalle gondole e dentro i canali. Heather aveva persino rilegato le pagine. Le fece pensare a qualcosa che lei avrebbe prodotto ai tempi del college, e sogghignò tra sé e sé.

Sfogliò rapidamente le pagine dei contatti telefonici importanti, notando con un sorriso sardonico lo spazio vuoto al posto occupato normalmente dal nome e dal numero della guida turistica, e passò subito ai dettagli più succulenti del viaggio. Quasi non aveva avuto tempo di riflettere sul fatto che sarebbe andata in crociera, che sarebbe stata su una grande nave in mezzo al mare aperto. Era un’esperienza tutta nuova per lei. Le balzò in gola il cuore per l’anticipazione. Studiò la lista dei luoghi che avrebbe visitato: Copenaghen, in Danimarca. Helsinki, in Finlandia. Stoccolma, in Svezia.

Heather non era tipa da aggiungere orpelli e non c’erano foto a stimolare ulteriormente l’appetito di Keira (è troppo costoso stampare a colori, la voce della donna le risuonò nella mente) quindi prese il tablet dalla borsa e iniziò a fare ricerche online.

Le immagini che trovò le mozzarono il fiato. A differenza delle città europee che aveva visitato fino a quel momento, gli edifici nei paesi scandinavi avevano tutt’altra forma, a punta come le baite alpine. E c’erano enormi squarci rurali, magnifici alberi sempreverdi, laghi color blu profondo e montagne scoscese. Quasi non riuscì a star seduta per il resto del viaggio, avrebbe voluto arrivare subito a destinazione!

I sonnellini erano sempre un buon modo per passare il tempo, quindi Keira si accomodò nel suo sedile dell’aereo e si lasciò cullare nel sonno.

Sognò di essere in cima a una scogliera, a strapiombo sull’oceano, calmo e blu profondo. Tra le onde c’era un branco di delfini, che balzavano fuori dall’acqua e si tuffavano di nuovo. Li guardò, meravigliata, mentre saltavano in strane formazioni. Era quasi come se stessero ballando o stessero eseguendo una routine sincronizzata per lei. Come se stessero cercando di stupirla.

Ma poi notò qualcosa di strano nei delfini, nei loro musi. Anche da quella distanza, riusciva a distinguere le loro espressioni stranamente umane, e le diverse sfumature dei loro occhi. Uno aveva gli stessi penetranti occhi blu di Shane, e anche il suo sorriso sghembo. Un altro aveva profondi occhi color del cioccolato, e una dolcezza nell’espressione che le ricordò Cristiano. E un altro ancora aveva un’espressione sperduta, e un grande dispiacere e pentimento nello sguardo. Zachary.

Non appena ebbe notato quella somiglianza, le loro aggraziate acrobazie si trasformarono in qualcosa di diverso. Non più una routine coordinata, ma uno spettacolo aggressivo. Uno sfoggio di virilità. Il delfino Cristiano si gettò di testa verso Zachary, rompendogli il naso, o il muso, o come si chiamasse quella parte del corpo in un delfino. Poi Zachary lo colpì a sua volta, agitando la coda sia verso Cristiano che Shane. Il delfino Shane si alzò all’indietro sulla coda, agitando le grandi pinne come se fosse tutto uno scherzo. Poi si buttarono uno sull’altro, facendosi a brandelli mentre lei guardava inorridita, colorando di rosso le acque blu dell’oceano sotto i suoi occhi.

Cercò di gridare: “Smettetela! Non è una gara!” Ma la sua voce fu portata via dal vento.

Poi un nuovo pericolo catturò la sua attenzione. Diretta di gran carriera tra le onde, verso i delfini combattenti, c’era una enorme balena. Non sapeva chi fosse quell’animale, uno sconosciuto, ma si muoveva con risolutezza e una determinazione assassina. I suoi ex-delfini erano tanto impegnati ad attaccarsi l’un l’altro che non notarono nemmeno l’avvicinarsi della balena fino a quando non fu su di loro. In un enorme boccone, li mangiò tutti e tre. Poi svanì sotto le onde, creando un mulinello con il suo tuffo, lasciandosi dietro nient’altro che acqua insanguinata a dimostrazione che fosse mai successo qualcosa.

Keira si svegliò di colpo. Stava sudando, e aveva il collo bloccato in una posizione dolorosa. Se lo strofinò, riabituandosi alla luce della cabina, ai suoni e agli odori dell’aeroplano in volo attorno a lei: il fruscio dei pacchetti di patatine, le allegre chiacchiere dei vacanzieri emozionati, il ronzio dei potenti motori. Tornando alla fine in sé, Keira iniziò a ridacchiare.

Che strana, la sua mente! Trasformare in delfini i suoi ex… ma poi si chiese che cosa significasse la balena. Non un nuovo fidanzato, si disse. Non era nei piani, dopo tutto. Stabilì che la balena era il simbolo della sua carriera, del modo in cui avrebbe dato la priorità a se stessa e in cui avrebbe dimenticato i ex per poter eccellere. Non c’era nessuna relazione di ripiego all’orizzonte. Almeno, era quello il piano…

CAPITOLO SETTE

Keira atterrò a Berlino, in Germania, da dove la nave sarebbe salpata, diverse ore più tardi. Non aveva ancora superato del tutto lo strano e buffo sogno che la sua mente le aveva mostrato sull’aeroplano, quindi le servì una certa concentrazione per tornare al mondo reale.

Attraversò l’aeroporto Tegel di Berlino, recuperando la sua valigia e seguendo i cartelli che sperava l’avrebbero portata all’uscita. Quella volta trovò piacevole essere da sola. Nessuna guida che le mostrasse dove andare, o che alleggerisse la sua responsabilità. Quella volta era solo lei, e ciò la faceva sentire potente.

Uscì dall’aeroporto e fermò un taxi. L’autista era sulla cinquantina, con capelli che andavano ingrigendosi e un’espressione severa. Ma il suo atteggiamento era molto più amichevole di quanto suggerisse il volto aspro.

“Parteciperà alla crociera per la Scandinavia?” chiese in un inglese perfetto e con solo il più vago accenno di accento.

“Esatto.” Keira si illuminò. “Sono così emozionata.”

“Mi piacerebbe andarci un giorno,” disse lui. “Purtroppo è un po’ troppo costosa per un tassista. Le dispiace se le chiedo che lavoro fa?”

“Oh, sono una scrittrice,” spiegò Keira. “È tutto pagato dalla mia compagnia.”

“È molto fortunata,” replicò lui. “Che cosa scrive?”

“Articoli di viaggio. Beh, più o meno. Sono un po’ un misto, viaggio e sentimenti.”

Dai sedili posteriori, lei vide il suo riflesso nello specchietto retrovisore mentre l’uomo sollevava le sopracciglia.

“Viaggio e sentimenti?”

“Lo so, sembra strano. Ma si tratta più che altro di resoconti personali sui paesi e sulle mie esperienze, con i miei appuntamenti, le cose nuove che provo, e gli incontri con degli uomini. C’è un po’ di tutto, ma sto iniziando a farmi un certo seguito.”

“Ho una strana domanda,” disse lui. “Non è che scrive per quella rivista dal nome che sembra latino, vero? Viadus, o una cosa così?”

“Viatorum,” lo corresse Keira, leggermente sorpresa che avesse sentito parlare della sua pubblicazione newyorkese persino lì in Germania. Ma d’altra parte, pubblicavano anche online e chiunque al mondo poteva accedere ai loro contenuti tramite Internet. “Ne ha sentito parlare?”

“Mia moglie l’adora,” rispose il tassista, con aria frustrata. “Lei è la donna sulla copertina, non è vero? Ora riconosco il suo volto.”

La copertina. Con Cristiano. Keira gemette. Sapeva che un giorno quell’immagine sarebbe tornata a perseguitarla, ma aveva lasciato che Nina ed Elliot facessero come preferivano. Ora se ne pentiva.

“Sì, sono io,” disse, stringendosi nelle spalle in maniera difensiva.

“È colpa sua se la porterò a Parigi per il suo compleanno,” commentò l’uomo, giovialmente, nonostante il suo tono fosse in completo disaccordo con l’espressione severa. “Fantastico, così la prossima volta vorrà andare in crociera. Lei mi manderà in bancarotta.”

“Mi spiace,” borbottò Keira.

Guardò fuori dal finestrino, cercando di distogliere la propria attenzione da quella conversazione imbarazzante e di spostarla sulla vista della nuova città straniera che le stava scorrendo accanto.

Berlino era incredibile. Keira aveva sentito dire che la città si era reinventata e aveva superato la sua storia travagliata, ma non si era aspettata che fosse così vibrante e artistica. Sembrava giovane e cosmopolita, come certe zone più pittoresche di New York.

Il suo autista doveva averla notata mentre fissava fuori, perché le disse: “Presto passeremo vicino a una parte del muro.”

Keira non aveva saputo se sarebbe riuscita a dare uno sguardo al muro che un tempo aveva diviso la Berlino dell’Est da quella dell’Ovest, separando famiglie e spaccando in due la città per affiliazione politica. Tremò quando apparve all’orizzonte, un relitto sgretolato che il popolo tedesco aveva fatto a pezzi con le sue stesse mani. Sua madre aveva visto quell’evento storico al telegiornale, ed era orgogliosa di essere stata testimone di un momento di tale trionfo. A quella vista Keira si commosse e scattò una foto con il cellulare per poterla mostrare a Mallory, quando si sarebbero riviste a Natale.

Il taxi continuò ad avanzare, avvicinandosi sempre di più al porto. Keira notò la nave persino a quella distanza. Era enorme, una mostruosità bianco brillante. Si sentì le farfalle allo stomaco per l’emozione.

Il suo autista si fermò in un parcheggio temporaneo. Keira prese qualche euro dalla busta fornitale da Heather e glielo tese da sopra una spalla.

“Saluti sua moglie da parte mia,” disse, sentendosi un po’ strana nel pronunciare quelle parole.

“Si goda la crociera,” rispose l’uomo con la sua voce incongruamente calorosa e il volto impassibile.

Keira recuperò la valigia dal bagagliaio e alzò lo sguardo sull’enorme nave che sarebbe stata la sua casa nei seguenti quindici giorni. Fece un profondo respiro per calmare i nervi eccitati, poi si diresse con certezza verso di essa.

*

La nave da crociera era molto più bella di quanto Keira avrebbe pensato. All’interno era arredata in stile Art Deco, con colori intensi, forme audaci e ornamenti geometrici. E oltre all’inaspettato sfarzo e lusso, non si poteva che ammirare l’opulenza della piscina e della Jacuzzi sul ponte! Non si era aspettata tutto quel fasto. Avrebbe adorato vivere su quella nave.

Colpita, si diresse verso la prua, dove partiva un percorso che portava fino alla punta della nave. Le vennero in mente Jack e Rose sul Titanic, anche se sapeva che non c’erano storie d’amore in serbo per lei, e pregò che non ci fossero nemmeno iceberg!

Dopo una rapida occhiata al ponte superiore, Keira andò in cerca della sua stanza. Credeva di doversi dirigere sotto coperta, ma con sua sorpresa, la sua cabina in realtà era sul ponte superiore. Trovò la porta e vi entrò.

C’era un oblò rotondo, uno di quelli cerchiati di ottone come nei film, e la vista dava direttamente sull’oceano. Lei si era aspettata una stanza economica, poco più di un ripostiglio vicino alle cucine, che odorasse di cibo e fosse sempre rumorosa, ma quella era tutto l’opposto. Tranquilla, accogliente e lussuosa.

Il suo letto era in legno di castagno, laccato perché brillasse, e sopra c’erano lenzuola candide di seta. Su uno dei piccoli comodini era stato lasciato un cestello d’argento pieno di ghiaccio e una bottiglia di champagne. Si chiese chi della rivista le avesse organizzato quell’accoglienza. Elliot non avrebbe pensato a essere tanto gentile, e Heather avrebbe detestato tutte quelle spese extra e inutili. Allora pensò che ci fosse la mano di Nina. Non erano state in buoni rapporti dopo il pasticcio durante il viaggio a Parigi, in cui l’amica si era tanto concentrata sul risultato da dimenticarsi che Keira era una persona con pensieri e sentimenti. Ma poi notò un bigliettino vicino al cestello dello champagne. Lo prese e lo aprì.

Benvenuta a bordo, Keira Swanson! Vorremmo cogliere l’occasione per esprimere la nostra più profonda gratitudine alla sua rivista per aver scelto la nostra compagnia di crociere per il suo più recente articolo. Siamo grandi fan del Viatorum e non vediamo l’ora di apparire nel vostro prossimo numero.

Keira smise di leggere, accantonando il biglietto. Quindi lo champagne non veniva dai suoi affezionati colleghi di lavoro, ma dalla compagnia di crociere, in un tentativo di lusingarla perché ne scrivesse commenti positivamente. Tutto il tour sarebbe stato una faccenda promozionale? Una specie di scambio di favori tra società?

Afferrò il telefono e mandò un messaggio a Nina.

La compagnia di crociere ci fa pubblicità?

Nina rispose rapidamente.

Finanziano il tuo viaggio. Credevo che Elliot te lo avesse detto.

Keira sospirò. Quindi l’articolo era solo una grossa pubblicità? Sarebbe stato meglio se glielo avessero detto in anticipo. Almeno così si spiegava perché Elliot avesse prenotato il viaggio senza chiederglielo come aveva promesso di fare l’ultima volta. Non voleva sembrare una bambina viziata, ma il Viatorum stava davvero esagerando. Aveva la sensazione che le loro pretese nei suoi confronti crescessero a vista d’occhio, mentre i riguardi per lei svanivano sempre di più.

Mandò un altro messaggio a Nina.

Come faccio a scrivere di una nave da crociera? Una barca non è un paese.

Quando Nina le rispose, le sue parole la sconvolsero.

Non ci serve il Grande Romanzo Americano. Non è Sulla Strada. Basta che dici qualcosa di carino così verremo tutti pagati.

Keira fece una smorfia e mise via il cellulare. Nina era di cattivo umore. Di nuovo. Non voleva rovinarsi il divertimento, quindi accantonò l’irritazione.

Proprio allora qualcuno bussò alla sua porta. Keira si accigliò e l‘aprì. In piedi, di fuori, c’era un giovane uomo vestito come il portiere di un albergo. Capì subito che doveva essere un rappresentante dalla compagnia di crociere, mandato lì per farle una sviolinata. Non aveva davvero voglia di ascoltare la sua tiritera.

“Salve, mi chiamo Vince,” esordì il ragazzo, sorridendo e porgendole la mano. Keira la strinse con poco entusiasmo. “Sono venuto a lasciarle qualche brochure della nostra nave,” continuò lui. “La Revontulet, che è la parola finlandese che significa Aurora Boreale.”

Keira si sentì tornare di buonumore. Era emozionata di sapere che di lì a pochi giorni avrebbe visto il famoso spettacolo di luci!

Accettò le brochure da Vince, molto più bendisposta.

“Grazie. E anche per lo champagne. È stato un bel tocco.”

Vince annuì, facendo rimbalzare il cappellino con il movimento. “Il suo minibar è anche stato rifornito di liquori e snack, tutti offerti dalla casa, ovviamente.”

Keira fece un sorrisino. Cercavano di comprarsi la sua benevolenza a partire dallo stomaco. Era una buona strategia, doveva ammetterlo.

Vince rimase fermo sulla soglia. “Se gradisce fare un tour, posso tornare quando le è più comodo per mostrarle le strutture.”

“Va bene così,” disse Keira, rifiutando l’offerta. “Preferisco esplorare da sola.” Sollevò le brochure che le aveva lasciato. “Oltretutto, qui ho tutte le informazioni che mi servono.”

“Okay. Se le serve qualcosa, basta che venga al banco informazioni e chieda di Vince.”

“Lo farò,” rispose Keira, sapendo che di non lo avrebbe fatto di certo.

Chiuse la porta e iniziò a sfogliare le brochure. All’interno c’erano tutti i dettagli sulle attività da godersi a bordo della nave: c’erano spettacoli comici, eventi musicali dal vivo, il karaoke, balli, persino un cinema! Non le sarebbero mancati gli eventi con cui distrarsi, pensò ironicamente. Sarebbe stato difficile combattere la procrastinazione a bordo della Revontulet.

Poi le brontolò lo stomaco, per ricordarle che una dieta a base di cibo da aeroplano non era affatto sufficiente per sostenerla tutta una giornata. Cercò le informazioni sui pasti. La cena sarebbe stata servita nella sala da pranzo principale. Ancora una volta, non riuscì a non pensare al Titanic.

Keira si rese conto che non aveva nessuno con cui mangiare. Niente guida turistica quella volta, nessuno con cui parlare e con cui discutere idee. Mangiare da sola doveva essere una delle attività più solitarie al mondo. Avrebbe sempre potuto provare a fare una videochiamata a Bryn o a una delle sue amiche, ma sarebbe comunque sembrato un po’ strano.

Decise quindi che invece di una solitaria cena al tavolo, avrebbe passato la prima serata a bordo della Revontulet sul ponte superiore, mangiucchiando gli snack del minibar e bevendo champagne. Dopo tutto era la compagnia a pagare il conto quindi tanto valeva fare quello che voleva e che la rendeva felice mentre era lì. Sembrava un modo molto più piacevole di passare il tempo, decise.

Frugò nel minifrigo, tirando fuori una scelta di cibi, e afferrò la bottiglia fresca di champagne. Gocce di condensa scivolarono lungo i lati e caddero sul tappeto mentre usciva dalla stanza e si dirigeva verso il ponte.

Sul lato della nave che dava sul porto c’erano diverse sdraio. Nonostante il fresco della sera, la metà di esse era già occupata da viaggiatori solitari che avevano avuto più o meno la stessa idea di Keira. Ne scelse una, appoggiando gli snack davanti a sé e sistemando la bottiglia di champagne sul tavolino lì accanto.

Mentre si accomodava, la nave iniziò a muoversi. La sensazione era particolare, una specie di movimento barcollante e ondulatorio diverso da qualsiasi altro avesse mai provato prima. Pensando che quello fosse un momento buono come un altro, prese la bottiglia e aprì il tappo. Poi, accorgendosi di essersi dimenticata di prendere una tazza dalla sua stanza, scrollò le spalle e bevve una sorsata direttamente dalla bottiglia. Elegante? No. Ma non le importava.

Si lanciò un’occhiata dietro una spalla mentre Berlino diventava sempre più piccola, e le sue luci si trasformavano in poco più che stelline sfavillanti. Poi si voltò dall’altra parte e guardò l’oscurità, l’oceano e il cielo buio, piena di eccitazione. Sollevò il bicchiere in alto, brindando a se stessa, alla sua indipendenza, al viaggio e a tutte le nuove possibilità che le si aprivano davanti.

CAPITOLO OTTO

Leggermente alticcia per lo champagne, Keira sentì lo stomaco iniziare a brontolare. Il cibo del minibar e quello dell’aereo sarebbe bastato a una Keira sobria, ma la Keira ubriaca era famelica. Inoltre, le bollicine l’avevano resa più coraggiosa, quindi si diresse verso la sala da pranzo per mangiare da sola.

La sala da pranzo era lussuosa quanto il resto della nave, e ugualmente arredata in stile Art Deco. Non c’era quasi nessuno a quell’ora della sera, dato che si erano fatte le dieci. Keira seguì un cameriere fino a un tavolino sistemato vicino alle grande finestre, dalle quali si godeva una magnifica vista sui ponti e sull’oceano al di sotto. Studiò il menu, lieta che fosse scritto in inglese. Non aveva voglia di mangiare per sbaglio qualcosa di esotico come le cose che aveva provato Cristiano in Francia!

Le sembrò strano stare seduta da sola. Si era abituata ad alzare lo sguardo dal menu e vedere lo splendido volto di Cristiano. Ma no, non in quel momento, e si rifiutava di esserne turbata. Aveva brindato al suo futuro, dopotutto. Era tempo di essere audaci e indipendenti.

Anche se… era passato davvero molto da quando aveva parlato con Shane. Si chiese come stesse la famiglia dopo la scomparsa del padre. Non c’era più Cristiano a fissarla con gelosia, o a farla sentire in colpa perché era preoccupata per i problemi del suo ex. Forse avrebbe dovuto rimettersi in contatto con lui, per sapere come stava…

Prima di riuscire a prendere il cellulare dalla borsa, Keira si rese conto che qualcuno la stava fissando. Girò la testa e vide una donna a un tavolo vicino che distoglieva rapidamente lo sguardo. Si accigliò e si rivoltò in avanti. Distratta da qualsiasi cosa stesse per fare, prese di nuovo a studiare il menu.

Poco dopo tornò il cameriere per prendere l’ordine di Keira di un sandwich al manzo salato, patatine e una Coca Cola, prima di allontanarsi. Keira seguì la sua traiettoria, guardandosi dietro le spalle per controllare se la donna la stava ancora osservando. Ed era così.

Le cominciò a battere forte il cuore. Era perché era da sola? Bel modo per farla sentire ancora peggio, pensò. Sicuramente la gente lo faceva in continuazione, di cenare da sola, dimostrando coraggio e indipendenza. Non poteva essere la prima persona al mondo che quella signora aveva visto cenare senza compagnia!

Il suo cibo arrivò, e Keira si mise d’impegno a mangiare, imbarazzata dalla sensazione dello sguardo su di sé. Si domandò se la stessero guardando tutti con aria critica. Ma ogni volta che si guardava attorno, verso gli altri clienti del ristorante, li trovava concentrati sulle loro faccende, sui rispettivi compagni, le loro conversazioni, e il loro cibo. Sembrava che solo la donna di mezza età alle sue spalle la stesse fissando.

Keira diventò sempre più frustrata man mano che mangiava, formulando mentalmente rimproveri per la donna, come: “Non le ha insegnato nessuno che è da maleducati fissare?” Mentre le patatine diminuivano, la sua agitazione cresceva, e si preparò ad alzarsi per dirgliene quattro. Non appena ebbe svuotato il piatto, si voltò e scoprì che la donna se n’era andata. Il momento era passato.

Quindi fu con grande allarme che tornò a girarsi verso il proprio tavolo e se la ritrovò in piedi davanti a sé. Keira strillò di spavento.

“Mi scusi!” disse la donna, sollevando le mani. Aveva un accento texano. “Non volevo spaventarla!”

Era bionda, con il volto a forma di cuore e lineamenti delicati.

“Da dove è spuntata?” esclamò Keira, guardandosi attorno, con il cuore a mille per lo shock.

“È tutta la cena che la guardo perché l’ho riconosciuta,” ammise la donna.

Arrossì all’improvviso. Estrasse qualcosa dalla borsetta e lo tese a Keira. Con sua sorpresa, si ritrovò a guardare un’immagine di se stessa, in bianco e nero, come una star del cinema. E c’era anche Cristiano. Era la copertina del Viatorum. Il numero su Parigi.

“Oh,” disse Keira, provando uno strano senso di perdita a quella vista.

“È lei, non è così?” chiese speranzosa la donna.

“Già,” rispose, con tono cupo. “Sono io.”

La donna batté le mani. “Lo sapevo! Lo sapevo! Nessuna delle mie amiche mi voleva credere.” Indicò il bar, dove il resto del suo gruppo si era spostato dopo aver liberato il tavolo, e mostrò alle altre quattro donne il pollice in su.

Tutta la cosa sembrò molto strana a Keira. Prima Meredith in ufficio, poi il tassista, e infine quella donna. Stava diventando famosa, una qualità che da scrittrice, non aveva mai voluto avere! Sapeva che non avrebbe dovuto accettare di fare quella copertina. Era così mortificante essere riconosciuta per quella sciocca foto di fantasia, piuttosto che quella molto più seria nella sua biografia!

“Ehi, siamo qui per un addio al nubilato,” disse la donna. Aveva un ampio sorriso sul volto, e non con intenzioni maliziose, capì Keira, ma in un’espressione amichevole. “Potrebbe farle piacere unirsi a noi?”

Keira era troppo imbarazzata da tutta la faccenda per unirsi al gruppo, anche se si sentiva ancora più sola dopo aver visto la foto con Cristiano.

“È meglio di no,” rispose. “Sono qui per scrivere un articolo, quindi è meglio che vada a letto presto.”

“Sta scrivendo un articolo?” domandò la donna. “Sulla crociera?”

Le si illuminò lo sguardo all’improvviso. Keira capì il motivo. Quella donna doveva aver pensato che fosse in crociera con Cristiano, per scrivere della loro splendida esperienza da innamorati, mentre esploravano insieme il mondo. Solo che era esattamente il contrario di quello che era lì a fare.

“Lui non è a bordo, a proposito,” spiegò alla sconosciuta. “Cristiano, voglio dire. Mi spiace deluderla, ma ci sono solo io.”

La donna emise un sospiro. Sembrò frustrata. “Lui non c’è? Ma perché?”

Keira stropicciò la tovaglia, con lo sguardo concentrato sul suo particolare disegno. “Ci siamo lasciati.”

Quando alzò gli occhi sulla donna, la sua bocca era spalancata. Keira pensò persino di vedere delle lacrime luccicarle sulle ciglia.

“Ma come mai?” chiese la donna con tono addolorato.

“Semplicemente non ha funzionato,” disse rapidamente Keira.

All’improvviso desiderò scappare via. Allontanarsi il più possibile da quella fan con tutte le sue domande indiscrete e gli occhi indagatori. Si sentiva un esemplare sotto il microscopio, un’aliena esibita al pubblico.

“Chiedo scusa,” disse, alzandosi e lasciando sul tavolo il tovagliolo. “È meglio che vada a dormire. È stato un piacere conoscerla.”

Si allontanò in fretta prima che la donna avesse il tempo di dire qualcos’altro.

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