Kitabı oku: «Come supereroina sarei super!»
Verena Elisabeth Turin
Come supereroina sarei super!
La mia vita con
la sindrome di Down
Scritto insieme a Daniela Chmelik
Tradotto da Eva Maria Leimstädtner
INDICE
1 Io
2 Vita
3 Famiglia
4 Vita quotidiana
5 Patria
6 Amore
7 Diversi
8 Natura
9 Inverno
10 Futuro
11 Mondo
12 Comprendere
13 Supereroina
14 Imparare
15 Sogni
16 Musica
17 Down
18 Viaggiare
19 Acqua
20 Felicità
21 Normale
Epilogo
Biografie
Questo libro lo dedico a tutti quelli che mi vogliono bene e a cui io voglio bene
1Io
Io ho la sindrome di Down. E per me è okay.
Di tanto in tanto sento di essere disabile. Perché la gente mi guarda in modo strano. Quando vado in giro da sola. Per fortuna non tutti mi guardano. Spesso, in segreto, io penso: ma che cosa vogliono da me. A chi interessa veramente la mia persona e come sono nel mio cuore?
Io ho 41 anni, sono di statura media. I miei capelli non sono né lunghi, né corti, lisci e bruni. Non soffro per la sindrome di Down. Semplicemente sono qua nella vita. È bello essere come sono io. Sono una donna con qualche difficoltà di apprendimento e porto gli occhiali. Non è colpa mia se sono fatta così. Semplicemente ce l’ho. Oltre a questo ho tanti hobbies: cantare, ballare, le lettere, scrivere, guardare la tv, fare la spesa, la musica, guardare i film, Harry Potter, Astrid Lindgren, Sailor Moon, i libri di educazione sessuale. Tutto questo mi piace. Peccato solo che mangio male. Però qualche volta mangio anche frutta, verdura e insalata. E qualche volta vado in giro senza occhiali.
È difficile descrivere il mio “essere”. Provo. Certe volte sono tutto questo: tranquilla, musicale, disponibile, triste, allegra, simpatica e qualche volta anche pesante, arrabbiata, stupida e ingiusta. La mia vita è complessa.
I miei colori preferiti sono turchese, lilla, pink, celeste, verde chiaro, rosso, bianco e variopinto. Mi piacciono anche altri colori. E mi piacciono molto le farfalle, quando aprono le ali e volano. Hanno colori meravigliosi e variopinti con diversi disegni sulle braccia. Volano da un fiore all’altro qua e là. Anche i fiori sono variopinti.
Mi piace soprattutto la musica, ascoltare le commedie alla radio, i film di animazione, la cioccolata, le chips, il succo di lampone, le lettere, scrivere, Coca Cola, ballare e cantare.
Mi piace particolarmente la cioccolata, la Fanta, l’aranciata, il tè alla pesca e la Coca Cola. E mangio con piacere la nutella cremosa direttamente dal vasetto. Solo con un cucchiaio. Di nascosto in camera mia. Anche se i miei genitori lo sanno. Per me è troppo difficile rinunciare a questo dolce.
Mi piace anche molto la mia band preferita, raccolgo autografi dei musicisti, mi piacciono l’amore e le pellicole di Walt Disney. È veramente magnifico essere innamorati. Qualche volta sono seduta davanti al computer di mio padre e navigo in internet. Guardo gli attori, i musicisti e le star del cinema.
Quello che non mi piace è la folla e farmi fissare dalla testa ai piedi. Anche fare i conti non mi piace. Calcoli e operazioni bancarie per me sono assai complicati. Anche altre cose le trovo difficoltose. La parola difficile non è facile. Ci si può trovare in situazioni difficili. E ci sono frasi e parole molto complicate e difficili dette dai politici e dai medici.
Di per sé so fare quasi tutto da sola. Per esempio fare la spesa, apparecchiare la tavola, rifare il letto, passare l’aspirapolvere, usare la lavastoviglie, pulire le finestre, scrivere, leggere, tagliarmi le unghie, lavarmi i capelli, nuotare, andare in bicicletta, tenere in ordine la mia camera e dare acqua ai fiori. Qualche volta prendo da sola un appuntamento con la parrucchiera. Non faccio volentieri: lavare i piatti e asciugarli, ma non lo fanno volentieri neanche i miei genitori. Da sola faccio la doccia, mi vesto, mi asciugo i capelli e me li pettino, mi lavo i denti. Sono capace di fare musica. E mi ricordo molto bene le melodie.
Quello che so fare davvero molto bene sono i panini col salame. Li mangio molto molto volentieri.
Però a me piacciono anche la cotoletta alla milanese con insalata di patate, il riso dolce al latte e poi lasagne, tortelli con spinaci, purè con polpette di carne, pizza, cioccolata, dolci alla crema, torta alle noci con panna dolce, yogurt, lamponi con panna, mozzarella con pomodori.
Qualche volta vado a mangiare la pizza con i miei amici. La mia vita va avanti così. Tra lavoro, amici, amore, tempo libero, sogni, vita quotidiana e viaggi.
Se mi guardo allo specchio, allora vedo che ho la sindrome di Down. Lo ammetto volentieri. E lo sento anche nel mio intimo. Quando la gente in strada mi guarda. Mi sento un po’ diversa. Forse sono gli occhi. O è il cuore? No, di per sé la sindrome di Down non si sente.
Però io ho gli occhi a mandorla e porto gli occhiali. Sono miope. Non è piacevole essere miope. Un tempo si pensava che venissimo dalla Mongolia. Questo sarebbe un Paese interessante per me.
La mia vita è molto varia, piena di errori, eccitante, appassionante, interessante. Di tanto in tanto provoco malintesi e questo lo ammetto. Anche se non lo faccio volentieri.
Mi piace la mia figura. Anche se sono un po’ corpulenta. Io ho tanti amici che come me hanno la sindrome di Down, però alcuni sono più sportivi e non corpulenti. E io a loro voglio bene. Sono sempre in cerca di nuovi amici. Io ho anche un ragazzo. E lui può flirtare anche con altre persone. Deve avere la sua libertà. Però deve tornare da me. Io sorrido quando mi guardo nello specchio. Qualche volta sono così coraggiosa che vado in giro per il mondo senza occhiali. Vorrei che la gente vedesse subito che ho la sindrome di Down. Voglio far vedere a tutti il mio viso e i miei occhi. Anche se penso che la gente mi troverà interessante, scontrosa, carina e simpatica.
Qualche volta la mia vita con la sindrome di Down è bella. Però altre volte non è facile. Subisco anche offese da altri. Mi accorgo che c’è gente che mi segue con lo sguardo. Non è piacevole. Spesso sono i bambini piccoli che sono curiosi. A questo sono già abituata e cerco di parlare con loro. Allo stesso tempo guardo i loro genitori. O guardo solo in avanti. I miei sentimenti sono uguali a quelli di tutti gli altri.
Se qualcuno gentilmente mi chiede “lei è disabile?” io direi “sì”. La gente dovrebbe guardare più attentamente i miei occhi. Ammetto senza problemi che ho la sindrome di Down. Semplicemente sono normale così. E di questo si accorgono anche gli altri. Forse alla cassa del supermercato si accorgono che ho qualche difficoltà. Allora chiedo se possono darmi una mano a fare i calcoli. Se mi possono dire quanto è il resto che mi spetta.
Una vita senza occhiali sarebbe fantastica. Sarei capace di leggere e vedere normalmente le parole più piccole e tutte le frasi. A volte vorrei buttare la mia difficoltà di apprendere nelle immondizie. Però io so che semplicemente sono fatta così. Con la sindrome di Down, che non posso cambiare, e con gli occhiali. I difetti sono una cosa normale. Ognuno si sente diverso nella propria pelle. Io mi sento diversa e normale.
Tutti i miei lettori sono sicuramente curiosi della mia vita privata. Ammetto di avere un ragazzo. Ha cinque anni meno di me. È meraviglioso avere un ragazzo. Però di certe cose come vita sessuale e baci proprio non voglio raccontare. Altrimenti mi aspettano forse discussioni o problemi col mio ragazzo. Devo solo dire che è stato lui che mi ha sedotto con un bacio anni fa. E le proposte da parte di altri ragazzi con me non funzioneranno mai.
Non mi va di scrivere di sessualità nella camera da letto. Baciare, accarezzare, baciare. Mi dispiace, ma questo non vi riguarda. Altre cose di cui non voglio scrivere: diete, mestruazioni, violenza di piazza e gruppi di gente pericolosa, quello che talvolta si vede al telegiornale, guerre e politica difficile e gente ubriaca.
2Vita
Io sono disabile dalla nascita. Sono nata con sei settimane di anticipo. I medici mi hanno tirata fuori con un taglio cesareo. E poi mi hanno pesata. Pesavo solo 1,3 chili. Dopo mi hanno esaminata. E poi i medici mi hanno messa in un’incubatrice calda nella clinica di Innsbruck. Ero circondata da tanti tubi.
Qualche tempo dopo ho saputo da mia mamma che ero venuta al mondo con le manine aperte. Non ho fatto i pugni. Mia mamma mi ha anche raccontato che il ginecologo guardando l’ecografia pensava che dovessi diventare un maschietto. In tal caso mi avrebbero dato il nome Tobias. Anche il cane del vicino si chiamava così. Però poi hanno lasciato perdere quando hanno saputo che ero una femmina. Mi hanno dato il nome Verena Elisabeth. Anche questo è piaciuto ai miei genitori.
La sindrome di Down l’ha scoperta il dottor Down. Non soffro di questo. Lo devo dire tante volte. A me la sindrome di Down non dà nessuna difficoltà. Semplicemente ce l’ho. E non fa neanche male.
Ho imparato a parlare con la logopedista fino a quando avevo quattro anni. Per esempio dovevo soffiare e fare esercizi con la lingua. Dovevo sempre tirare fuori la lingua. E far qualche suono e parlare come gli animali. Mi mostravano delle figure e io le dovevo indicare e nominare. Però avevo altre parole quando ero piccolina: O stava per Oma (nonna), Bo per Brot (pane). Mam e nam per il mangiare, wuwu per cane, umm per l’automobile e bam per il resto.
Il mio zainetto dell’asilo era rosa e bianco con degli orsetti pink e blu. Lì dentro mia mamma mi ha sempre messo la merenda. All’asilo c’erano tanti bambini. E io ho avuto diverse maestre d’asilo. Mi piaceva molto giocare con la sabbia in giardino. O ero sull’altalena o sullo scivolo. Il mio asilo si chiamava “Löwenegg”. Abbiamo giocato molto, cantato, ballato e fatto lavoretti manuali. Su una foto ho visto che ero nella buca della sabbia e portavo due trecce pendenti.
Quando ero un po’ più grande e vecchia, ho sentito da mia sorella che noi persone con la sindrome di Down abbiamo una linea speciale sul palmo della mano. Questo lo trovo particolarmente bello. Anche il mio aspetto con la sindrome di Down è super.
Avevo sei anni quando sono entrata nella prima classe della scuola elementare della mia città. Su una foto ho visto che avevo uno zainetto di colore bianco-pink. Con le mie dita ho fatto vedere i miei sei anni. La direttrice mi ha messo nella scuola regolare, senza problemi e senza bisogno di giudice. Naturalmente i miei genitori erano molto contenti che potessi frequentare la scuola normale. Mi hanno incoraggiata, incitata, mi hanno educata bene e mi hanno resa indipendente. La mattina andavo a scuola assieme alla direttrice. A scuola c’erano molti compagni. Avevo tante materie. A me piacevano soprattutto le scienze naturali, il canto, la ginnastica, il nuoto, tedesco, italiano e religione. Quasi tutto il tempo mi trovavo in classe con i miei compagni. Erano molto carini. Loro non erano disabili. Anche tutte le maestre erano carine con me. Nessuno mi ha fatto arrabbiare o mi ha preso in giro.
Il mio banco di scuola si trovava davanti alla cattedra. Al mio banco erano sedute le mie insegnanti di sostegno. Se non avevo capito bene la materia, andavo con loro in un locale un po’ più piccolo. Lì le insegnanti mi spiegavano tutto con disegni, in modo facile, comprensibile e colorato. E mi spiegavano meglio come dovevo fare i compiti a casa. Così ho quasi superato i miei compagni.
La mia materia preferita erano le scienze naturali. E la ginnastica. E il canto. E scrivere temi. I miei colleghi volevano sempre avere ferie. Solo io no. A me piaceva molto andare a scuola.
Anche gli psicologi mi hanno accompagnata durante il periodo scolastico. Hanno fatto dei test e hanno giocato con me per aiutarmi a passare da una classe all’altra.
Un giorno uno mi ha suonato una serenata per il mio compleanno. Con il suo flauto traverso. E la mia insegnante d’italiano mi ha portato una torta a sorpresa. Al buio sulla torta c’erano candeline splendenti. Non si spegnevano, erano magiche. Io soffiando avrei dovuto spegnere queste candeline, però le fiamme non volevano spegnersi. Solo con l’acqua siamo poi riusciti a farlo. Tutti i compagni e l’insegnante hanno cantato per me gli auguri in italiano. E dopo abbiamo visto la pellicola di Walt Disney “La bella e la bestia” in italiano. L’insegnante continuava a fermare il film e spiegava diverse cose. Questo mi rendeva nervosa. Avrei voluto vedere il film senza pause. Questa festa mi è piaciuta moltissimo.
Allora all’età di 11 anni ho scoperto anche l’amore. Era molto eccitante durante la pausa. Davanti alla porta della classe mi ero seduta su una panchetta per mettermi le pantofole. Alzatami, vedo davanti a me un ragazzo molto carino. E mi sono innamorata di lui. Dopo mi ha dato un bacio sulla bocca. Proprio in quel periodo ho iniziato ad avere il ciclo.
La vita a scuola mi è piaciuta moltissimo. Mi ricordo bene quanto era bello nelle ore di ginnastica giocare a palla. Ero sempre l’ultima che veniva colpita dalla palla. Non mi prendevano mai.
Durante gli esami di terza media in ginnastica dovevo formare col mio corpo un ponte e poi ballare col cerchio hula hoop. Ho ballato. Gli insegnanti volevano fermarmi perché l’esame l’avevo già superato. Io invece continuavo a ballare.
Alla maestra d’italiano dovevo raccontare una storia in italiano. Non era facile per me.
In scienze naturali mi sono fatta interrogare volontariamente. Ho raccontato come funziona la vita del lombrico e delle farfalle.
La seconda parte della mia vita scolastica l’ho passata nella grande città, a Bressanone. Lì ho vissuto in un istituto. Solo i fine settimana sono tornata a casa in treno. La scuola allora si chiamava scuola professionale. I miei compagni erano tutti un po’ come me. C’erano tanti ragazzi e donne. Questa scuola l’ho frequentata per quattro anni. Avevamo insegnanti molto carini. E tante materie varie. Per esempio: tedesco, italiano, matematica, computer, scienze naturali, geografia, politica. Mi piaceva molto fare i compiti. Per la politica per compito dovevamo vedere regolarmente il telegiornale.
La matematica non è cosa mia. Invece nello scrivere temi ero molto brava. Di tanto in tanto ero la più brava.
Talvolta abbiamo anche avuto bisogno di fare pause dal tanto studiare. Ogni tanto abbiamo fatto gite. Per esempio al panificio e anche quando una volta siamo andati in piscina coperta e questo l’ho trovato veramente super. In modo particolare amo l’acqua per nuotare. Vado spesso in piscina. Il nuoto mi diverte molto.
Ogni mercoledì a scuola abbiamo cucinato insieme il nostro pranzo. In quel periodo ho trovato un’amica. Era una ragazza più grande di me e di un’altra classe. Le volevo molto bene.
Facevo parte anche di un gruppo di teatro. Abbiamo fatto tante prove e lavorato molto. La nostra direttrice era molto simpatica. Non era facile non ridere. Per esempio se ci si doveva guardare seriamente negli occhi. Qualche volta la direttrice era anche severa. Però doveva essere così. Una volta il mio ruolo era di una giovane ragazza esclusa. Purtroppo non mi ricordo più il nome di questo pezzo. Però mi ricordo che i miei colleghi bisbigliavano testa a testa. Non volevano che io capissi qualcosa. Come se avessero in mente qualcosa contro di me. Mi sono fatta da sola lo sgambetto, così mi sentivo esclusa sul pavimento del palcoscenico. Quando stavo lì distesa gli altri tutti insieme sono venuti da me. Per deridermi. E hanno mostrato contemporaneamente il loro indice verso di me. In quel momento mi sentivo impotente, sola, abbandonata, molto triste e offesa da loro.
Un altro pezzo si chiamava “La calza rossa”. Lì avevo il ruolo principale. Indossavo la calza rossa. Dovevo sedermi su una sedia e fare una calza rossa. Ero una donna anziana. Naturalmente dovevo mettere gli occhiali e un fazzoletto in testa. Alla prima recita ero molto, molto agitata. Però alla fine ci hanno applaudito molto. Questo pezzo teatrale è stato un successo.
Ho frequentato con molto piacere la scuola a Bressanone. Era molto bello sia in classe che nell’istituto. Quasi tutti i miei compagni erano gentili con me.
Una volta però ho difeso una mia compagna da tre ragazzi. Loro l’hanno fatta arrabbiare. Perché era un po’ cicciotta. Io ero molto arrabbiata con i tre ragazzi. Quando mi sono accorta che lei piangeva mi sono messa tra di loro. Davanti ai tre ragazzi ho gridato:
Io: Che cosa volete da lei?
Loro: Vogliamo solo punzecchiarla un po’, che altro?
Io: Questo non lo dovete fare.
Loro: Perché no? Lei è grassa.
Io: Questo non importa. Ed è sleale essere in tre contro una!
Intanto mi ero messa in posa di combattimento. E poi ho gridato:
Io: Toglietevi subito di mezzo!
Da allora siamo diventate amiche. E io sono rimasta con lei fino alla fine della pausa.
Qualche volta abbiamo fatto un tirocinio di tre settimane. I miei posti erano: un negozio di alimentari, una serra, una casa di riposo, una biblioteca del comune e nella segreteria della scuola. Ho dovuto copiare opuscoli, piegarli e dividerli. Dovevo mettere dati nel computer, timbrare domande, metterle nella casella postale, protocollare e una volta dovevo perfino scrivere una mail al capo.
Quando lavoravo nell’ufficio dell’azienda elettrica comunale, andavo a prendere la posta, fare firmare al sindaco e distruggere pratiche.
Per la scuola dovevamo elencare i lavori fatti nei tirocini. In quel periodo avevamo lezioni solo un giorno alla settimana in una classe più piccola.
Quando ho compiuto 18 anni, insomma quando sono diventata maggiorenne, quel giorno veramente è stato un avvenimento. Ero molto agitata. I miei parenti sono arrivati da tutte le parti per la mia festa. Probabilmente mio papà aveva fatto gli “Schlutzer” (tortelli con spinaci). E dopo un rotolo dolce con panna fatto da mia zia. I miei parenti si sono divertiti molto, era una festa allegra. Come sorpresa i miei genitori mi hanno fatto un regalo molto grande. Era piuttosto pesante e lungo. Tutti erano molto curiosi. Circondavano me e il mio regalo. L’ho aperto con un temperino. Dentro c’era una tastiera elettronica! Tutti erano meravigliati. Nuovamente radunati intorno alla tavola, mio papà si è alzato e ha tenuto un discorso. Mi ha detto che ero diventata maggiorenne. E che era arrivato il momento di ricevere le chiavi di casa. Davanti a tutti gli ospiti si è schiarito la voce e ha incominciato a parlare: “Cara Verena, ora tu hai 18 anni. Puoi andare e venire quando vuoi. È arrivato il momento di darti una tua chiave di casa. E sarai anche responsabile di questa chiave”. Detto questo mi ha consegnato la chiave. Questo discorso l’ho trovato molto bello.
Ho ricevuto anche altri regali. Però non me li ricordo più.
Tanto tempo dopo ho lavorato in biblioteca. Lì dovevo protocollare i libri, timbrarli, sentire cassette e controllare se erano rotte. Pulire i libri sugli scaffali con un detersivo adatto. Dovevo piegare volantini di nuove pubblicazioni, metterli nelle buste e mandarle via. Dovevo anche prendere i libri nuovi dalle scatole e ordinarli per colore, tipo e metterli in ordine alfabetico. Dopo di che, tutti i libri venivano coperti con una pellicola aderente e trasparente. Per ultimo ricevono un foglio di prestito con due timbri. I libri devono essere messi negli scaffali ordinati per alfabeto, numero e colore. Quando i nuovi libri vengono dati in prestito, si mette un segnalibro e un foglietto di sicurezza verde. Questi libri vengono registrati nella biblioteca. Il team della biblioteca deve sapere che tutti i libri, le cassette, i giornali, le riviste e i film vengono restituiti. Se no dovete pagare la multa o sostituirli. I clienti devono riportare puntualmente libri, cassette, pellicole e riviste. Però potete anche prolungare le cose per telefono.
Soprattutto mi piace stare in biblioteca. Perché trovo i libri interessantissimi. Li trovo molto vari, i colori e i titoli avvincenti, certi tipi di scrittura formidabili. La rilegatura può essere emozionante e carina. Amo i libri con illustrazioni. Anche se leggo libri raramente. Però, quando leggo libri, mi piacciono Sailor Moon, Harry Potter, Walt Disney, libri di medicina, libri su vampiri, libri di educazione sessuale e libri per ragazze, di musica e di fiabe. I miei genitori leggono con molto piacere tanti libri. Di tutte le dimensioni. Io vado volentieri in librerie e nelle biblioteche dove posso prendere in prestito libri, cassette di musica e film. Trovo generalmente i libri pieni di fantasia, avvincenti, colorati, inquietanti, raccapriccianti, non tanto carini, pieni di amore, istruttivi, romantici, comunque piacevoli per me.
Trovo anche super che ci siano tanti autori che scrivono libri. E voglio tanto seguire il loro esempio. Già da tempo volevo diventare una scrittrice. Questa sarebbe la professione che sogno.