Kitabı oku: «La Tempesta», sayfa 6
ATTO QUINTO
SCENA UNICA
Davanti alla grotta di Prospero.
Entrano PROSPERO vestito con la sua veste magica ed ARIELE.
PROSPERO
Ora i disegni miei giungon la meta, non falliscon gl'incanti, i genii tutti m'obbediscono e il tempo alto nel cielo col suo carro s'inoltra. Come è il giorno?
ARIELE
Prossimo all'ora sesta. L'ora in cui, o mio signor, diceste che il lavoro vostro cessar dovrebbe.
PROSPERO
È ver, lo dissi, fino da quando volli suscitare la tempesta. O mio spirito, rispondi: Dove sta il re coi suoi compagni?
ARIELE
Insieme tutti aggruppati, come mi ordinaste quando gli avete abbandonati. Tutti sono, o signore, prigionieri dentro la buca della vostra grotta, d'onde non si potranno muover fino a quando non li libererete. Il Re con suo fratello e tutti i vostri stan da un lato fuori dei loro sensi, mentre gli altri piangon su loro pieni di tristezza e di dolor. Ma più d'ogni altro, quegli che voi chiamate il "buon signor Gonzalo". Le sue lacrime cadon sulla barba come gocce d'inverno sulla paglia d'una tettoia e questo vostro incanto sì fattamente ora li tien che quando li vedeste il cuor vostro diverrebbe più mite.
PROSPERO
E tu lo credi in vero, o spirto?
ARIELE
Lo diverrebbe il mio se fossi un uomo, o signore.
PROSPERO
Ed il mio lo diverrà. Tu che pur sei di sola aria, commosso fosti ai loro tormenti ed io che sono di una stessa natura e che ogni loro dolore sento acutamente, forse più mite non debbo essere? Se bene i lor grandi misfatti abbian colpito il mio cuore, però contro la mia collera una più nobile ragione combatte: è la virtù più grande della vendetta e poichè tutti or son pentiti non un passo più oltre il mio disegno avanzerà. Vola, Ariele, e rendi libero ognuno: io romperò l'incanto, renderò i sensi a tutti sì che ognuno ritroverà se stesso.
ARIELE
Io vo, signore, a rintracciarli.
PROSPERO
O voi elfi dei colli e dei ruscelli e degli stagni e delle caverne, e voi che sulle sabbie senza lasciare impronta trascorrete dietro Nettuno quando si ritira e innanzi a lui fuggite se si avanza, e voi gnomi che al chiar di luna disegnate di quei cerchi, danzando, che fan l'erba amara dove più non bruca il gregge, e voi cui solo passatempo è fare nascere i funghi a mezzanotte e tutti vi rallegrate udendo il coprifoco solenne, siete assai deboli spirti e pur col vostro aiuto il sole ardente nel meriggio ho oscurato ed i ribelli venti evocando ho spinto ad aspra guerra il verde mar contro l'azzurro cielo. Ho la folgore urlante acceso e l'alta quercia ho colpito con la fiamma stessa di Giove e i saldi promontorii ho scosso ed il cedro e l'abete ho capovolto. Le tombe al mio comando hanno svegliato i dormienti e per virtù di mia arte si sono aperte e gli han lasciati liberi. E pure a questo incantamento rinuncio e dopo che avrò ancor richiesto qualche celeste musica—ed è quello che sto facendo—per oprar sui loro sensi che è quanto ha perseguito il mio aereo inganno, romperò per sempre la magica bacchetta, molte braccia sotto terra celandola e fin dove ancor non è disceso lo scandaglio affonderò il mio libro.
Si ode una musica solenne. Rientra ARIELE e dietro di lui ALONZO che fa gesti frenetici, aiutato da GONZALO. SEBASTIANO e ANTONIO anch'essi farneticanti sono sostenuti da FRANCESCO e da ADRIANO. Tutti entrano nel cerchio tracciato da Prospero e rimangono presi dall'incanto. Prospero gli osserva un istante, poi prosegue:
Una solenne musica, e il più buono consolatore ad un insano spirto curino il tuo cervello or fatto inane e quasi nel tuo cranio arso. Restate qui tutti fermi per l'incantamento! Sacro Gonzalo, onesto uomo, i miei occhi quasi compagni ai tuoi lascian cadere le medesime gocce. Si dissolva l'incanto e come i raggi del mattino rompono il tenebrore della notte, scaccino, i lor rinnovellati sensi, ogni torpido fumo che ravvolge la lor mente più limpida. E tu, bravo Gonzalo, salvator mio solo e a questi fedel compagno io pagherò le tue grazie e con opre e con parole. Molto crudelmente, o Re Alonso, verso mia figlia e verso me usasti. Tuo fratello più oltre ancor nell'azion si spinse ed or, Sebastian, sei fortemente castigato e nel sangue e nella carne. E voi, fratello mio, che a mantenere l'ambizion soffocaste il rimorso e la natura e con Sebastiano —i cui tormenti son forti per questo— uccider volevate il vostro Re, io ti perdono, per quanto tu sia fuori della natura. I loro sensi cominciano a destarsi e la crescente, marea tra poco invaderà la spiaggia di lor ragione che ora giace tutta sporca e fangosa. Non un sol fra loro che pur mi guarda mi conoscerebbe. Ariele! Qui portami la spada ed il cappello dalla mia caverna. Mi vestirò, per presentarmi come son stato un tempo: il duca di Milano. Spirito, presto! che fra poco ancora avrai la libertà.
ARIELE
cantando mentre aiuta
Prospero a vestirsi.
Là dove l'ape sugge a sugger debbo andare
nel campanello d'una primula a riposare
e quando urlano i gufi mi voglio addormentare
sul finir dell'estate allegramente
e viver d'ora innanzi allegramente
allegramente
fra le corolle pendule d'un cespuglio fiorente!
PROSPERO
Ahi questo è il mio buon Ariel! Ti debbo perdere, ma sarai libero. Sì, Sì, sì! Ritorna intanto sulla nave del Re sempre invisibile e là tutti i marinari, sotto i boccaporti addormentati troverai. Soltanto il padrone e il nostromo essendo svegli qua me li condurrai. Presto, ti prego.
ARIELE
Io bevo l'aria a me d'innanzi e torno prima che il vostro polso abbia battuto due volte!
Exit.
GONZALO
Tutti gli stupori e tutti i tormenti e le angosce ed i terrori sono qui radunati. Che un potere celeste, ora ci guidi pur da queste spaventose contrade!
PROSPERO
Guarda, o Sire: Prospero il duca espulso di Milano. Per mostrarti che quei che ora ti parla è un principe vivente, ecco io ti abbraccio e a te, come ai compagni tuoi dal cuore v'auguro il benvenuto.
ALONZO
Io non so dire se tu sia quello, o se non sei più tosto qualche incantato spirito, che debba trarmi in inganno anche una volta come già lo fui poco fa. Ti batte il polso qual di carne e di sangue e fin da quando ti ho visto, sento indebolirsi il grave tormento del mio spirito, che—temo— sia da follia percosso. Tutto questo se non è finzion, certo promette una assai strana storia. Il tuo ducato io ti rendo e il perdon chiedo al mio fallo. Ma come mai Prospero è vivo e come sì trova qui?
PROSPERO
a Gonzalo.
Prima, o nobile amico, lascia che abbracci la vecchiezza tua di cui nessun può misurar l'onore nè limitarlo.
GONZALO
Non potrei giurare che tutto questo sia pur vero o falso.
PROSPERO
Ancor gustate qualche leccornia di quest'isola, quale non vi lascia le cose vere scerner dalle false. Benvenuti voi tutti, amici miei!
Piano a Sebastiano e ad Antonio.
In quanto a voi, bel paio di messeri, potrei—se lo volessi—il guardo irato di sua altezza su voi volgere e quali traditori svelarvi. Per adesso non dirò nulla.
SEBASTIANO
da sè.
È il diavolo che parla in lui!
PROSPERO
No. Ma per voi degno signore che non posso chiamar fratello senza infettarmi la bocca, io ti perdono delle più gravi colpe: tutte quante. E il mio ducato ti richieggo, pure conoscendo che rendermelo devi.
ALONZO
Se Prospero tu sei, dacci notizie di tua salvezza e come ci hai trovati qui tutti, quando or fan tre ore appena naufragammo sopra questa spiaggia dove perdetti—come è acuto il male di un tal ricordo!—il figlio mio diletto Ferdinando.
PROSPERO
Ne son dolente, o Sire.
ALONZO
La perdita è senza riparo e dice la pazienza ch'è fuor d'ogni sua cura.
PROSPERO
Invece mi par che non abbiate l'aiuto suo richiesto, poi che il dolce favor mi presta di sovrano aiuto in una eguale perdita e mi accorda il riposo.
ALONZO
Una tal perdita voi?
PROSPERO
Tanto grande per me, quanto recente e contro cui, per sopportarla ho mezzi più deboli di quelli che potete invocare a conforto vostro: ho perso la figlia mia.
ALONZO
La vostra figlia? Oh cielo perchè non sono a Napoli ed entrambi quivi regina e re? se questo fosse, starmi vorrei dentro il fangoso letto dove mio figlio giace. Quando avete perduto vostra figlia?
PROSPERO
L'ho perduta nell'ultima tempesta. Io scorgo intanto questi degni signori sì colpiti da un tale incontro che la ragion loro divorano e che i loro occhi ministri dubitan siano di verità, nè vero alito le parole loro. Ma per quanto fuor dei vostri sensi usciti siate certi ch'io son Prospero, il Duca legittimo, scacciato da Milano il quale molto stranamente in questa spiaggia ove naufragaste, prese terra e il signor ne divenne. Ma di tali cose non più, però che questa è storia di lunghi giorni e non lieve racconto da farsi a mensa e quale si convenga a questo primo incontro. O Sire, siate il benvenuto. La mia corte è questa grotta. Ho là qualche servo, nè di fuori suddito alcuno. Ve ne prego, date uno sguardo là dentro. Poi che il mio ducato mi rendeste, compensarvi io cercherò con egual cosa o al meno tal miracol mostrarvi che vi faccia lieto così come lo son del mio ducato.
Si apre la grotta e lascia vedere Ferdinando e Miranda che giocano a scacchi.
MIRANDA
O mio dolce signor, giuocate ingannandomi.
FERDINANDO
No, mio caro amore: non lo farei pe'l mondo intero.
MIRANDA
Sì: ma venti regni mi disputereste ch'io pur direi che il vostro giuoco è buono.
ALONZO
Se un'altra visione è questa della Isola, ben due volte un caro figlio ho perduto!
SEBASTIANO
Un miracolo supremo!
FERDINANDO
Quantunque il mare ci minacci è pure pietoso ed in van l'ho maledetto!
S'inginocchia d'innanzi ad Alonzo.
ALONZO
Le benedizion tutte d'un padre felice, ora ti faccian grande. Sorgi in piedi e dimmi come qui venisti.
MIRANDA
O meraviglia! Quali creature mirabili! e come è bello l'umano genere! Oh dolce nuovo mondo, pieno di un tal popolo!
PROSPERO
È nuovo a te!
ALONZO
Chi è dunque questa fanciulla con la quale stavi giuocando? Non può essere più antica di ben tre ore l'amicizia vostra. Forse è la Dea che ci ha salvati e tutti ci ha radunati qui?
FERDINANDO
Sire, è mortale ma è mia per immortale provvidenza. Io la scelsi allorchè più non potevo chieder consiglio al padre mio, nè pure credea di averne ancora uno. Ella è figlia di quel ben noto duca di Milano di cui sì spesso ho udito, senza pure averlo visto prima. È da costui che ho ricevuto una seconda vita ed un secondo padre or mi procura questa signora.
ALONZO
E sarà il suo! Ma come sembrerà strano che il perdono invochi da mio figlio!
PROSPERO
Ora basta, Sire. È vano aggravare il ricordo con un peso già dileguato.
GONZALO
Dentro me piangevo, se no parlato avrei di già. Volgete in giù li sguardi, o Dei! Su questa coppia una corona benedetta fate cadere dopo che la via tracciaste che ci ha condotti qui!
ALONZO
Dico, o Gonzalo,
Amen!
GONZALO
Così Milano fu cacciato da Milano perchè la discendenza sua regnasse su Napoli! Una gioia non comune vi allieti e questo in oro sopra salde colonne trascrivete: "Trovato ha Claribella, in un viaggio, a Tunisi il marito e suo fratello Ferdinando una moglie là dove egli si era perduto; Prospero, il ducato in una povera isola e noi tutti ritrovammo noi stessi, quando ognuno di sè non era più padrone".
ALONZO
Datemi le vostre mani. Ogni tristezza ed ogni dolore il cuor per sempre arda di quegli che non v'auguri bene.
GONZALO
E così sia
Amen!
Rientra ARIELE col PADRONE della nave seguito dal NOSTROMO e ambedue pieni di stupore.
O guarda, Sire, o guarda, Sire, ecco ancor due dei nostri. Avea pur detto che se c'era potere in terra, questi non sarebbe affogato! Ora, o Bestemmia, che lanciavi da bordo tutte quante le tue imprecazioni, non ne hai dunque più sulla spiaggia? E non hai più la bocca a terra? E cosa c'è di nuovo?
IL NOSTROMO
Prima, e assai meglio di tutto, c'è che abbiamo trovato il nostro re salvo coi suoi. Poi che la vostra nave—quella stessa che or fa tre ore credevam perduta— è salda e forte e sopra i flutti ondeggia come quando nel mar la prima volta noi la varammo.
ARIELE
a Prospero.
Tutto questo, o mio signore, ho fatto da che son partito.
PROSPERO
ad Ariele.
Spirito industre!
ALONZO
Questi avvenimenti non sono naturali e d'ora in ora divengono più strani. Dite come veniste qui?
IL QUARTIERMASTRO
Sire, se mai credessi di essere sveglio, cercherei di dirlo. Morti eravam di sonno e tutti quanti distesi sotto i boccaporti, senza pur saper come, quando con rumori strani e diversi, come grida e rugghi e batter di catene ed urla ed altri varî frastuoni fummo risvegliati e per di più liberi tutti e il nostro, bravo, forte e regal vascello abbiamo in ordine trovato ed il padrone che saltava di gioia nel vederlo. In un battibaleno e, non vi spiaccia, sempre sognando forse, siamo stati di là tratti e condotti qui che ancora ci fregavamo gli occhi.
ARIELE
a Prospero.
Ho fatto bene?
PROSPERO
ad Ariele.
Bene, o mio diligente, e tu sarai libero!
ALONZO
Ecco il più strano labirinto che un uomo abbia percorso. In tutto questo v'è più grande potere che non abbia la natura. Bisogna che la nostra scienza un qualche oracolo corregga.
PROSPERO
O Sire e mio Sovrano, il tuo pensiero non faticare sopra la stranezza di questi fatti. Quando avremo il tempo e fra breve sarà—saprò spiegarti in secreto ogni cosa ed ogni cosa ti sembrerà probabile. Ma in tanto siate felici e di ciascun evento pensate bene.
Ad Ariele.
O spirito, vien qua. Libera Calibano e i suoi compagni e disciogli l'incanto.
Exit Ariele.
O grazioso mio Sire, come va? Vi sono alcuni vostri vecchi compagni che perdeste e che non ricordate.
Rientra ARIELE, trascinandosi dietro STEFANO, TRINCULO e CALIBANO con le vesti rubate.
STEFANO
Che ognuno fatichi per tutti gli altri e che nessuno si preoccupi di sè stesso perchè qua giù non c'è che il caso.
Coraggio, bravo mostro, coraggio!
TRINCULO
Se quelle che porto in testa sono buone spie, ecco un meraviglioso spettacolo!
CALIBANO
O Setebos! Questi son bravi spiriti davvero e come è bello il mio padrone! Io temo ch'egli non mi castighi!
SEBASTIANO
Ah, ah, che cose sono mai queste, o mio messer Antonio, e si potean comprare?
ANTONIO
Certamente: uno è un semplice pesce e senza dubbio commerciabile.
PROSPERO
I lor cenci guardate, o miei signori, e poi dite se sono onesti! Quel deforme farabutto è figlio di una strega che fu tanto forte, da controllar la luna e il flusso ed il riflusso regolare e senza il suo poter la sfera comandarne. Tutti e tre mi hanno derubato e questo mezzo demonio—perchè è pur bastardo— per togliermi la vita ha congiurato con loro. Due di questi voi dovete riconoscere come vostri ed io questa cosa di tenebre per mia riconosco.
CALIBANO
Sarò pinzato a morte!
ALONZO
Ma non è questo, Stefano il mio servo ubriacone?
SEBASTIANO
È ubriaco anche adesso. Ma dove ha trovato il vino?
ALONZO
E Trinculo che in piedi non può reggersi più? Dove han trovato il gran Liquor che gli ha dorati in questo modo? E come ti sei messo in tal salsa?
TRINCULO
Mi son messo in questa salsa dall'ultima volta che vi ho veduto, e ho paura che non m'esca più dalle ossa. Non avrò più timore delle punture delle mosche.
SEBASTIANO
E bene, Stefano, cosa c'è?
STEFANO
Oh non mi toccate! io non sono più Stefano, son un crampo.
PROSPERO
Volevate essere re dell'isola, eh? birbante!
STEFANO
Vi assicuro che in questo caso sarei stato un re pieno di benevolenza.
ALONZO
indicando Calibano.
La più bizzarra cosa che ho mai visto!
PROSPERO
Egli è nella figura e nei suoi modi egualmente deforme. Va', messere, nella mia grotta e reca teco i tuoi compagni. Per avere il mio perdono ordinatela a modo.
CALIBANO
Certamente che lo farò, voglio esser d'ora innanzi sottomesso ed avere il tuo perdono. Ah tre volte imbecille fui, prendendo per Dio questo ubriaco ed adorando quest'altro pazzo ignobile!
PROSPERO
Va' via!
ALONZO
Via di qui! E rimettete quelli oggetti dove gli avete trovati.
SEBASTIANO
O meglio rubati.
Exeunt Calibano,
Trinculo e Stefano.
PROSPERO
Sire, invito l'altezza vostra e tutta la corte nella mia povera cella dove potrete riposarvi questa notte. Ma in parte impiegheremo il tempo in discorsi cotali che veloce ve lo farà trascorrere: la storia della mia vita e di quel che mi accadde fino dal primo giorno in cui son giunto in quest'isola. E all'alba al vostro legno vi condurrò che a Napoli vi porti, dove spero veder solennizzato il rito nuzial di questi due amanti e quindi nella mia Milano ritornerò, dove su tre pensieri uno alla tomba mia sarà rivolto.
ALONZO
La storia della vostra vita ho fretta di udire: certo deve stranamente prender l'udito.
PROSPERO
Liberi vi rendo tutti! Ed a voi prometto calmi venti, onde propizie ed un viaggio tanto celere che possiate giunger presto la regal flotta.
Ad Ariele.
O mio Ariele, avanti! questo è incarico tuo: poi fa ritorno agli elementi e sii libero. Addio! Ed or di grazia fatevi da presso.
Exeunt.
EPILOGO
detto da Prospero.
Qui ho deposto ogni magia e quel che ho di forza è mia: non è molto e sta in potere vostro farmi rimanere o mandarmi per incanto verso Napoli. Soltanto poi che il mio vecchio ducato io mi son riconquistato ed ho reso il mio favore all'indegno traditore, via da questi regni vani col favor di vostre mani mi traete e col fedele vostro soffio le mie vele sì gonfiate che altrimenti sono i miei divisamenti —ch'eran solo a voi piacere— tutti quanti per cadere. Ora ho d'uopo al tempo stesso d'arte e genii e vi confesso che la mia sorte è assai nera se non fosse la preghiera che a traverso ogni aspro assalto sa raggiungere nell'alto la divina grazia e rende puri di tutte le mende. Dunque come voi volete il perdono, concedete l'indulgenza che dovrà rimandarmi in libertà.