Kitabı oku: «Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 1», sayfa 2
Veggonsi a Tanger molti cavalli, alcuni muli, e pochissimi asini; e questi ultimi sono generalmente assai piccoli, come anco i muli. Di cavalli se ne trovano d'ogni grandezza, ma non già della maggiore: sono vivaci, e ben disposti, benchè male ammaestrati per colpa de' cavalieri che non conoscono l'arte. Il pelo bianco e cenericcio è il più comune, ed è quello de' cavalli più robusti; i più belli per altro sono quelli di color bajo-oscuro, o balzano.
La popolazione di Tanger ammonta a circa dieci mille uomini, soldati, mercanti spicciolati, cattivi artigiani, poche famiglie agiate, e pochi ebrei.
L'infingardaggine è il distintivo carattere di questi abitanti, i quali sogliono rimanersi quasi tutto il giorno seduti o stesi al suolo nelle strade, e nei luoghi pubblici. Sono loquaci assai, e ceremoniosi in modo, che a stento ne' primi giorni potevo sbarazzarmene: ma avendo in seguito appreso a rispettarmi, si ritiravano al primo segno che loro ne facessi, e mi lasciavano attendere alle mie faccende.
L'abito degli abitanti riducesi ad una camicia con maniche estremamente larghe, un enorme pajo di mutande di tela bianca, un giubboncello di lana, o corto sopr'abito di seta, ed una berretta rossa appuntata. Sogliono i più avvolgersi intorno alla berretta una mussola o tela bianca, e formarne il turbante; il hhaïk li avviluppa interamente e gli cuopre ancora il capo con una specie di grande cappuccio; hanno talvolta un cappotto bianco sopra il hhaïk, e le pappuzze o pantoffole gialle. Altri ancora invece del giubboncello portano un caftan, o lunga veste abbottonata sul davanti da cima a fondo, con maniche assai larghe, ma meno lunghe di quelle dei caftan turchi. Tutti poi adoperano una cintura di lana o di seta.
Le donne escono di casa sempre coperte in modo, che a stento si vede un occhio in fondo ad una enorme piega del loro hhaïk: calzano grandi pappuzze rosse, e, come gli uomini, non usano calze. Se portano un fanciullo, o qualche altra cosa, la tengono sulle spalle, onde le si vedono le mani.
I fanciulli non hanno che una semplice tonaca, ed una cintura.
Il bournous sopra il hhaïk è l'abito di cerimonia per i tables ossia letterati, gl'iman o capi di Moschea, ed i fakihs dottori della legge.
CAPITOLO III
Udienze del governatore. – Del Kadi. – Viveri. – Matrimonj. – Funerali. – Bagni pubblici.
Il kaïd o governatore suole dar udienza al pubblico ogni giorno, e rende quasi sempre giustizia con sentenze verbali. Talvolta le due parti si presentano assieme, e talvolta soltanto la parte riclamante: in tal caso il kaïd l'autorizza a condurre il suo avversario; lo che viene eseguito senza incontrare opposizione, perchè la menoma resistenza verrebbe severamente castigata.
Il kaïd, adagiato sopra un tappeto ed alcuni cuscini, ascolta le parti rannicchiate presso alla porta della sala. La discussione incomincia, e si prosiegue talvolta parlando tutti assieme, il kaïd, ed i litiganti, un quarto d'ora o più, senza potersi intendere, finchè i soldati che stanno sempre in piedi dietro alle parti impongono loro il silenzio a forza di pugni: allora il kaïd pronuncia la sentenza, e nell'istante medesimo i litiganti vengono cacciati dalla presenza del giudice a replicati colpi dai soldati, e la sentenza qualunque siasi s'eseguisce irrevocabilmente. La è una circostanza veramente notabile, che chiunque presentasi al kaïd per essere giudicato, debba dopo il giudizio essere rimandato dai soldati che vanno gridando Sirr, Sirr, corri, corri.
Talvolta il kaïd dà udienza sulla porta della casa, seduto sopra una seggiola, in mezzo al popolo affollato.
Non molto dopo il mio arrivo a Tanger assistetti ad una di queste udienze. Un giovanetto si fece innanzi al kaïd mostrando una leggier graffiatura al corpo, e chiedendo giustizia: fu condotto il colpevole che venne condannato a trentun colpi. Pronunciata appena la sentenza, fu steso a terra da quattro soldati, e gli furono passati i piedi entro un laccio a nodo corrente attaccato ad un bastone, indi un soldato gli scaricò sulla pianta dei piedi trentun colpi con una doppia corda incatramata: finita l'operazione venne cacciato fuori dall'udienza il reclamante con replicati colpi. Io desideravo di chieder grazia pel condannato, ma non osai di farlo per timore che la mia domanda venisse mal accolta. Seppi poscia, che in ogni caso simile avrei potuto ottener grazia a favor del reo dopo aver ricevuto dieci o dodici colpi. D'ordinario il paziente suole gridare ad ogni colpo Allah! Dio; ma taluni invece di gridare Allah, contano con fierezza i colpi l'un dopo l'altro.
Rarissime volte si presentano istanze al kaïd di quattro o sei linee; e perciò tutti gli attrezzi del suo segretario riduconsi ad un piccolo calamajo di osso con una penna di canna, e pochi pezzettini di carta piegati per mezzo, e preparati per ricevere qualche ordine, ciò che pure accade rarissime volte. Il segretario non ha nè registro nè archivio; cosicchè le carte che gli si consegnano vanno subito a male, non tenendo verun registro degli ordini che riceve.
Il buono o il cattivo senso del kaïd è l'unica norma de' suoi giudizj, e tutt'al più qualche precetto del Corano. Suole pure alcuna rarissima volta accadere ch'egli consulti i fakihs, o rimetta le parti al kadi, ossia giudice civile.
L'attuale governatore di Tanger chiamasi Sid Abderrahman Aschasch; era semplice mulattiere; non sa nè leggere, nè scrivere, e ne pure far il suo nome; ma non è privo di naturali talenti, e di certa quale ardita vivacità. Non trovandosi a portata di sentire quanto l'istruzione sia utile all'uomo, non la procura per sistema ai suoi figliuoli, che, come il padre non sanno leggere nè scrivere. Al presente egli possiede molti averi a Tetovan, città subordinata al suo governo, ove dimora la sua famiglia, risiedendo egli alternativamente quando in una e quando nell'altra città, avendo un luogotenente che ne fa le veci in sua assenza.
Alquanto meno tumultosi sono i giudizj del kadi, comechè si emanino press'a poco colle stesse formalità. Le decisioni appoggiansi ai precetti del Corano, ed alla tradizione in tutto ciò che non è contrario alla volontà del sovrano. Dopo il giudizio pronunciato dal kaïd o dal kadi non rimane alle parti che il ricorso al Sultano medesimo, non essendovi tribunale intermedio.
I viveri sono a Tanger assai abbondanti, ed a vil prezzo, e specialmente la carne, che è molto pingue. Vi si fa del pane bellissimo, e non è pur cattivo il più comune. A fronte della poca cura con cui conservansi gli acquedotti, l'acqua si mantiene buona. Non vi si trova alcuna osteria, e altro venditore di vino; ed i consoli sono costretti di provvederlo in Europa.
Il terreno produce eccellenti frutti, ed in ispecie fichi, popponi, uve ed aranci di Tetovan.
Il principal cibo degli abitanti di tutto il regno di Marocco è il couscoussou, pasta composta di sola farina ed acqua, che si va impastando finchè sia resa durissima; ed allora viene divisa in pezzi cilindrici della grossezza d'un dito, che poi riduconsi in grani assotigliando successivamente questi pezzetti, e dividendoli con molta destrezza colle mani. Questa pasta per ultimo così divisa si secca esponendola sopra le salviette al sole, od anche semplicemente all'aria. Il couscoussou si fa poi cuocere col burro in una specie di pentola col fondo pertugiato a piccoli pertugi, e posta entro una altra pentola alquanto più grande, in cui i poveri non pongono che acqua, ed i ricchi carni e polli. Posta a fuoco la doppia pentola, il vapore che s'alza dalla inferiore entra pei pertugi, e fa cuocere il couscoussou posto nel pentolino. La carne cotta nella maggior pentola viene posta in un piatto, circondata e coperta di couscoussou, formando così una specie di piramide senza salsa, o brodo. I grani del couscoussou sono sciolti: se ne fanno d'ogni genere dal più fino, come un granello d'orzo macinato, fino al più grosso come un grano di riso. Io risguardo quest'alimento come il migliore di tutti per il popolo, perchè facile ad aversi, ed a trasportarsi, perchè è sostanzioso assai, sano ed aggradevole al palato.
Ogni musulmano mangia colle dite della destra, non adoperando nè forchetta nè coltello, perchè anche il Profeta mangiava così. Tale costumanza che ributta i cristiani, non ha per altro nulla d'incomodo, o di disgustoso. Dopo tante legali abluzioni che il musulmano deve fare ogni giorno, nelle quali, come vedremo ben tosto, si lava le mani; egli le lava altresì qualunque volta vuol mangiare, e dopo aver mangiato, talmente che esclude perfino il sospetto d'ogni sozzurra. Altronde poi niente è più comodo del prendere i cibi colle proprie dita. Rispetto al couscoussou suol pigliarsi riunendolo in grumi, che s'accostano alla bocca.
A Marocco per altro non mancano cucinieri molto esperti, che sanno fare varie squisite vivande di carne, di polli, di uccelli, di pesci, di legumi e di erbaggi. Ma perchè la legge non permette di mangiar sangue, conviene adoperare molta circospezione. Rispetto ai volatili ed al pesce non si mangiano che dopo avere avuta la precauzione di scannarli ancora vivi, affinchè tutto il sangue sorta loro dal corpo. I ricchi abitanti sogliono avere delle schiave negre, che hanno opinione d'essere eccellenti cuciniere.
Per mangiare si ripone il piatto sopra una piccola tavola rotonda senza piedi, di venti a trenta pollici di diametro, con un bordo alto cinque in sei pollici: la tavola vien coperta da una specie di paniere conico fatto di vinchi, oppure di foglie di palma, talvolta di varj colori. A Marocco tutti i piatti hanno la figura di cono rovesciato o troncato, sicchè la base del piatto viene ad essere strettissima. Talvolta pongonsi sulla medesima tavola intorno al piatto alcuni piccoli pani assai teneri, e ciascuno piglia a pezzetti il pane che gli sta innanzi. Ogni piatto viene servito sopra una diversa tavola sempre coperta, onde sonovi tante tavole quanti sono i piatti. Costumasi ancora di presentare talvolta una grande tazza piena di latte agro con molti cucchiai di legno assai grossolani lunghi e profondi, coi quali i convitati prendono di quando in quando, e taluno ancora ad ogni boccone di carne o di couscoussou, un poco di questo latte. Siedono in terra, o sopra tappeti intorno alla tavola prendendo tutti la vivanda dallo stesso piatto; ma quando i convitati sono molti, vengono servite più tavole, in modo che ogni tavola abbia intorno cinque o sei persone sedute e colle gambe incrocicchiate.
I musulmani avanti di porsi a tavola invocano la divinità dicendo Bism-Illah, in nome del Signore; e terminato il pranzo, lo ringraziano coll'espressione Alhmado-Liliahi, sia lode al Signore! Le stesse invocazioni sogliono farsi prima e dopo di bevere; e le ripetono qualunque volta intraprendono qualunque affare. Ma se hanno sempre sulla bocca il nome di Dio; non sempre ne hanno il rispetto in fondo al cuore. Uscendo di tavola si lavano le mani, la bocca, e la barba. Al quale oggetto si fa loro innanzi un domestico, od uno schiavo, con un piatto di rame o di majolica nella mano sinistra, una brocca nella destra, ed un asciugatojo sulla spalla sinistra. Il domestico passa successivamente dall'uno all'altro convitato; questi stende la mano sopra la brocca senza toccarla, ed il domestico gli versa l'acqua con cui si lava le mani, indi la bocca e la barba; e termina asciugandosi col drappo che sta sulla spalla del domestico. In casa delle persone più ricche un domestico versa l'acqua, ed un altro presenta l'asciugatojo. Il costume di asciugarsi col tovagliolo in tempo del pranzo non è molto comune. Il pranzo termina sempre con una tazza di caffè.
Anticamente facevasi a Marocco grandissimo uso di caffè prendendosi in qualunque ora come costumasi in Levante; ma avendo gl'Inglesi regalato del te ai Sultani, e questi ai loro cortigiani, in breve tempo questa nuova bevanda si comunicò dagli uni agli altri fino alle ultime classi della società: di modo che, proporzionatamente consumasi più te a Marocco che in Inghilterra, non essendovi musulmano per povero ch'egli sia che non abbia te da offrirne in qualunque ora a coloro che vengono a fargli visita. Suole prendersi assai carico, pochissime volte col latte; e lo zuccaro si pone nel vaso. I Marocchini ricevono questi generi dagl'Inglesi, e ne importano altresì molto essi medesimi da Gibilterra.
La legge permette ai Mussulmani d'avere quattro mogli, e quante concubine possono mantenere; le ultime devono essere comperate o prese in guerra, o avute in dono. Le altre si hanno in forza d'un contratto stipulato tra il pretendente o i suoi parenti, ed i parenti della pretesa, in presenza del kadi e dei testimonj; e l'unione si fa senza alcuna ceremonia religiosa, onde il matrimonio è puramente civile. È per altro cosa notabile che malgrado la mancanza della sanzione religiosa, che altre sette religiose danno a questo contratto, le leggi della castità conjugale, e la pace domestica, trovinsi d'ordinario meglio mantenute nelle famiglie musulmane, che in quelle delle altre religioni.
Dopo la stipulazione del contratto la famiglia dello sposo manda d'ordinario a quella della sposa alcuni regali. Questa ceremonia si eseguisce con molta pompa in tempo di notte accompagnando i regali con molti lampioni, candele, fanali, con una compagnia di quei cattivi musici di cui si è già parlato, e da molte donne che mandano acutissime voci.
La novella sposa si conduce alla casa dello spose con molta ceremonia, e con un corteggio press'a poco uguale a quello che accompagna i fanciulli alla circoncisione. La prima volta che m'avvenni a Tanger in questo spettacolo fu una mattina alle sei ore. La sposa era portata sulle spalle da quattro uomini in una specie di paniere cilindrico coperto al di fuori da una tela bianca, e con sovrapposto un coperchio di figura conica dipinto a varj colori, come quelli del panierino di cui cuopresi la tavola da mangiare: ogni cosa era così piccola che non pareva possibile che potesse contenere una donna; e questo paniere aveva perfettamente l'apparenza d'un piatto di vivande che si mandasse allo sposo. Questi, ricevendola, alza il coperchio, e vede la prima volta la futura compagna.
Quando muore un musulmano è posto sopra una barella, e ricoperto col suo hhaïk, e talvolta con fronde d'alberi, indi viene portato sulle spalle da quattro uomini, ed accompagnato da molte persone che camminano a gran passi senza alcun ordine, e senza verun segno di cordoglio. Il convoglio nell'ora della preghiera del mezzogiorno si reca alla porta d'una moschea; e terminata la preghiera l'imam avvisa che trovasi un morto alla porta: allora tutti si alzano per pregare in comune riposo all'anima del fedele credente; ma il corpo non viene introdotto nella moschea.
Terminata questa preghiera il convoglio riprende la strada, ed il corteggio cammina precipitosamente perchè l'angelo della morte aspetta l'individuo nel sepolcro per sottoporlo ad un interrogatorio, e per pronunciare il giudizio che deve decidere della sua sorte: ad ogni istante i portatori si cambiano desiderando tutti di prendere parte a quest'opera di misericordia. Lungo il cammino cantano tutti alcuni versetti del Corano sull'aria rè, ut, rè, ut.
Arrivati al cimitero depongono, dopo una breve preghiera, il cadavere nella fossa senza cassa, e steso col volto alquanto rivolto verso la Mecca, gli fanno portare la mano destra all'orecchio dello stesso lato, poscia gettando della terra sul corpo, il corteggio ritorna alla casa del defunto per complimentarne la famiglia. In questo tempo, come pure all'istante dell'agonia, e per otto giorni consecutivi, le donne della casa riunisconsi per fare urli spaventosi, che durano gran parte del giorno.
Schifosi sono i pubblici bagni di Tanger, e d'un aspetto assai meschino. Entrando per una piccola porta si scende per un'angusta scala, al di cui sinistro lato vedesi un pozzo dal quale si attinge l'acqua per servigio dello stabilimento: dall'altra banda presso ad una specie di vestibolo avvi una piccola camera. In questi due luoghi si depongono e si ripigliano gli abiti. Alla diritta del vestibolo trovasi una camera che ha l'aspetto di cantina così poco illuminata, che all'entrarvi si crederebbe affatto oscura; e su quel suolo sempre coperto d'acqua si sdrucciola con molta facilità. I più vi prendono i bagni con un secchio d'acqua calda, ed un altro di fredda, che riducono alla temperatura che loro piace, e che gettansi poc'a poco sul corpo colle mani, dopo aver adempiute le ceremonie dell'abluzione.
Coloro, che vogliono prendere i bagni a vapore, entrano in una camera posta alla sinistra, lastricata a scacchi di pezzi quadrati di marmo bianco e nero: il palco a volta ha tre lucerne circolari del diametro di quasi tre pollici coperte di vetro di diversi colori, lo che produce un buon effetto per la luce. La porta di questa camera sta sempre chiusa, e dicontro alla medesima avvi un piccolo recipiente che riceve l'acqua calda da un tubo; la fredda trovasi ne' secchi. Entrando in questa camera s'incontra un'aria soffocante che difficulta la respirazione, ed in meno d'un minuto il corpo trovasi ricoperto d'acqua, che riunendosi in grosse gocciole, scorre lungo la cute, ed un abbondante sudore tutto vi ricuopre da capo ai piedi. Si siede nel lastricato talmente caldo, che da principio sembra insopportabile, ma che presto si dissipa: si resta in questa camera seduti finchè ognun vuole; ed in appresso si fanno le abluzioni, e si lava, o si bagna il corpo. L'uscita riesce incomodissima perchè non avvi alcuna camera ove trattenersi alcun tempo prima d'esporsi all'aria libera.
Quando entrai la prima volta in questo bagno soffersi assai per l'eccessivo calore che vi si conserva; ma non tardai ad avvezzarmi, e ne riconobbi la salubrità: pure avrei desiderato maggior comodo, e meno calore. Qualunque volta v'andai, ho sempre trovato otto, dieci, ed anche più persone ignude, cosa poco decente.
Il prezzo di questi bagni monta ad una mouzouna, che gli Europei del paese chiamano blanquille, e che può rispondere press'a poco a due soldi di Francia.
Per conservare il caldo, ed il vapore del bagno, vi è un forno sotto la camera, che riscalda il pavimento; indi una caldaja dalla quale per mezzo d'un tubo che con una chiave s'apre e si chiude, a piacere si attinge l'acqua: avvi pure un altro tubo che conduce il vapore dell'acqua della caldaja. Questo vapore cresce a dismisura quando versandosi l'acqua sul pavimento caldo, ed alzandosi in vapori, carica l'atmosfera d'assai maggiore umidità, e produce sulle persone che entrano i già descritti effetti.
CAPITOLO IV
Architettura. – Moschea. – Musica. – Divertimenti. – Grida delle donne. – Scienze. – Santi.
L'attuale architettura araba mogrebina, o occidentale, non ha veruna rassomiglianza coll'architettura antica o moderna. Lungi dal trovare nell'attuale architettura mogrebina l'eleganza e l'ardire dell'antica architettura araba, si riconosce in tutte le sue opere il carattere della più grossolana ignoranza. Gli edifici sono fabbricati senza alcun piano preventivo, e quasi all'azzardo, con tanta ignoranza delle regole elementari dell'arte, che in alcune ragguardevoli case ho trovato la scala senza lume affatto; per cui dovevano tenersi sempre accesi alcuni fanali. Generalmente i vestiboli, gli atrj, le scale, sono meschinissimi anche nelle case della più grande estensione.
Ogni casa ha sempre la medesima forma, una corte quadrata con un andatojo da due, tre, ed anche da quattro lati. Avvi una camera assai stretta paralella all'andatojo, e lunga ugualmente; le camere non hanno d'ordinario alcuna apertura o fenestra, fuorchè la porta di mezzo che comunica coll'andatojo; e da ciò procede che le abitazioni sono poco ariose. I tetti sono piani, e coperti di uno strato d'argilla, come il suolo delle camere.
I muri sono fatti di sassi con cemento di calce, o di argilla, ma il più delle volte non sono che di terra grassa battuta e bagnata. Per fabbricare in questa maniera alzano delle tavole perpendicolari da ogni lato per contenere le due superficie del muro, e gettano nel centro delle medesime terra impastata coll'acqua, cui vien data la consistenza della pasta; e due uomini la battono colla mazza. Mentre lavorano cantano ordinariamente accompagnando il fracasso del loro stromento. E perchè riesce difficile il trovare grandi travi, sono costretti di far le camere ristrette onde poter costruire il tetto col piccolo legname del paese. Su questa cavriata piana si pone da prima uno strato di canna, indi un piede di terra coperta di argilla; pesante coperto che schiaccia la fabbrica, e dura pochissimo.
Le porte sono fatte assai goffamente. La maggior parte delle serrature di Tanger sono di legno; ed io le descriverò minutamente in una memoria che pubblicherò su quest'argomento.
L'uso delle latrine è quasi sconosciuto, e vi si supplisce con un recipiente posto nel cortile rustico.
Nè l'architettura delle moschee è più elegante di quella delle case. La principale è composta d'un cortile circondato da archi, di cui la sola linea paralella trovasi in faccia alla porta. La facciata è interamente unita, e la torre è posta in un angolo a sinistra. Bassissimi sono gli archi ed il tetto, e tutto il lavoro di legname assai mal fatto resta allo scoperto. Nel totale la costruzione di quest'edificio è meschinissima. Avendo osservato che nella moschea non eravi acqua, feci costruire a lato alla porta una gran vasca solidamente attaccata, ed un vaso per bere; e lasciai allo stabilimento una dotazione pel mantenimento della fontana.
In una camera posta sopra la moschea alloggia un figliuolo del Kadi incaricato della custodia di un gran pendolo, e di un altro assai più piccolo, che servono ad indicare le ore della preghiera; ma perchè a regolare la loro marcia col sole quest'uomo non aveva che un quadrante inesatto, così non poteva saper l'ora che per approssimazione, quindi finchè io rimasi a Tanger gli davo l'ora per i penduli, e per conseguenza l'istante delle preghiere, e le chiamate dalla torre venivano regolate dal mio orologio.
La moschea chiamasi in arabico El-jamaa, ossia luogo dell'assemblea. In fondo alla moschea vedesi una nicchia quasi nella direzione della linea che guarda la Mecca, entro la quale si pone l'imam, cioè il direttore della pubblica preghiera. Dalla banda sinistra avvi una specie di tribuna formata da una scala di legno su cui sale l'imam ogni venerdì avanti la preghiera del mezzogiorno per fare la predica al popolo. Nella grande moschea trovasi un cassone chiuso a chiave, entro al quale si custodiscono il Corano, e gli altri libri religiosi. Sonovi ancora due scranne di legno ove sedevano i fakihs quando facevano la lettura al popolo. Alla sommità di molti archi stanno sospese alcune lumiere, ed alcune lampade di cattivo vetro verde, disposte senz'ordine e senza simmetria. La maggior parte del suolo è coperto di stuoje, ed in un cortile dietro la moschea vedesi un pozzo d'acqua assai cattiva, che serve alle abluzioni. Ma io ritornerò più opportunamente a parlare della religione o del culto quando descriverò la città di Fez.
La musica di Tanger ha ben poche cose soffribili anche dalle meno delicate orecchie: due suonatori con una piva ancora più discorde delle loro orecchie, che volendo suonare all'unissono con istrumenti che non s'accordano, non hanno nè tempo nè movimento uguale, nè nota scritta che li contenga, e che tutto hanno imparato a memoria; sono il vero ritratto dei musici di Tanger.
Accade spesse volte che uno dei musici strascini l'altro a suo capriccio, obbligandolo di tenergli dietro alla meglio; lo che produce un effetto precisamente somigliante a quello d'un cattivo organo che si sta accordando. Malgrado così spaventosa melodia, tale è la forza dell'abitudine, che poc'a poco quasi m'avvezzai a questo carivari, e feci anzi sì fatti progressi in questa musica, che giunsi a scifrare alcune delle arie più accreditate, ed a poterle notare coi segui della musica europea. Queste arie, cui difficilmente può aggiungersi un basso, sono quasi sempre in tuono di re.
Sembra impossibile che questi suonatori di pira possano vivere lungamente a fronte dello sforzo continuo ch'essi fanno suonando il loro istromento; le loro guancie vedonsi estremamente enfiate, e malgrado un cerchio di cuojo che le ricopre due o tre pollici intorno alla bocca, gettano molta saliva, ed il loro ventre irrigidito per la violenta espansione del fiato che devono aspirare e respirare, dimostra quanta fatica essi sostengano.
Ho già fatto osservare che questi stromenti sono sempre accompagnati da un grosso tamburro, il di cui rauco suono si fa sentire ad intervalli di quattro o cinque minuti, ed anche più spesso, tranne in una specie d'aria nella quale marca colpi regolari assai più vicini.
I musici accompagnano d'ordinario i matrimonj, le circoncisioni, i complimenti di felicitazione, e le feste di Pasqua; ma non sono ricevuti nelle moschee, e l'arte loro è straniera ad ogni atto del culto. Essi temono, come facetamente osservò un viaggiatore, di risvegliare l'Eterno…
A Tanger non vi sono nè divertimenti pubblici nè private società. Il Moro ozioso esce la mattina di casa, si pone a sedere in terra sulla piazza e in altro luogo pubblico, ove altri abitanti sopraggiungono per azzardo e fanno lo stesso, e per tal modo formano alle volte dei circoli ove stanno parlando tutto il giorno.
Finchè io rimasi in quella città, la mia casa fu ogni sera l'unico luogo di riunione dei fakihs, i quali venivano a prendere il te. I consoli e gli altri Europei unisconsi tra di loro, formando una specie di repubblica affatto segregata dai musulmani, dividendo fra di loro le notti per le adunanze e le conversazioni.
Alle donne, assolutamente separate dalla società degli uomini, non altro rimane a farsi ne' giorni di festa, che mandare a prova, di sotto alle molte vesti onde sono coperte, acute e penetranti voci. Quando un fanciullo ha terminati i suoi studj di leggere e scrivere, nel che consiste tutta la scienza d'un moro, viene condotto per le strade a cavallo colla medesima solennità delle circoncisioni, e le feste, che dà in tale occasione la sua famiglia, sono sempre accompagnate dai penetranti gridi delle femmine. Esse gridano per la presenza del re, e gridavano per me poich'ebbi acquistata molta riputazione. Essendosi ridotto ad arte, e risguardandosi come prova di talento il saper fare spaventose grida, le donne approfittano d'ogni occasione per mostrare la loro abilità, sforzandosi di sorpassar l'une l'altre non solo coi tuoni più acuti, ma col saper più lungo tempo sostenerli. Talora io le udiva due o tre ore dopo mezza notte gettare acutissime voci mentre passavano in truppa innanzi alla mia casa.
La lettura è difficilissima, sia per la forma arbitraria dei caratteri scritti, quanto per la mancanza di vocali e di segni ortografici; difetti sempre crescenti, finchè non s'introduca una stamperia. Per ciò gli abitanti di Tanger trovansi immersi nella più stupida ignoranza. Una sola persona io trovai in questo paese, la quale aveva udito parlare del movimento della terra. Riferiscono mille stranezze intorno ai pianeti, alle stelle, al movimento dei cieli, senza che abbiano la più leggiere conoscenza della fisica. Uno di coloro, che chiamansi dotti, vedendomi un giorno tra le mani un orizzonte artificiale pieno di mercurio nell'atto di fare un'osservazione astronomica, m'avvisò, come di cosa importantissima, essere questo un eccellente rimedio per far morire i schifosi animali e gl'insetti; m'insegnò la maniera d'applicarlo alle pieghe ed ai contorni degli abiti; facendomi sentire essere questo l'uso più utile che potesse farsi del mercurio.
I mori confondono l'astronomia coll'astrologia, e quest'ultima ha non pochi coltivatori. Non sospettavan pure che siavi la chimica; ma trovansi tra di loro alcuni pretesi alchimisti: la medicina è affatto sconosciuta. Limitatissime sono le loro cognizioni aritmetiche, e geometriche. Si può dire che non abbiano quasi poeti, e meno storici; e quindi ignorano la storia del proprio paese, e le belle arti loro sono affatto straniere.
Il Corano ed i suoi commenti formano l'unica lettura degli abitanti di Tanger. Questo quadro è sgraziatamente rassomigliantissimo; e questi paesi possono in tutta l'estensione del termine chiamarsi barbari.
Quella d'essere Santo è tra i Musulmani una professione, o piuttosto un mestiere, che si esercita, e si abbandona ad arbitrio, e talvolta ancora diventa ereditario. Sidi Mohamed el Hadji fu a Tanger un riputatissimo Santo. Dopo la di lui morte viene riverito il suo sepolcro posto nella cappella sopra descritta; suo fratello, che fu l'erede della sua santità viene parimenti venerato. È questi un accortissimo furbo che di quando in quando veniva a visitarmi; cosa risguardata dagli abitanti come un singolar favore. La sua cappella ed il suo giardino sono un sicuro asilo per i delinquenti perseguitati dalla giustizia; e non si troverebbe verun musulmano tanto audace che esasse entrarvi senz'essersi prima assoggettato alla legale abluzione dell'acqua del pozzo posto in vicinanza della sua porta; ma io che per favore speciale della mia origine ero risguardato come superiore agli altri, v'entravo talvolta a cavallo col mio domestico per trovare il santo senza alcuna preventiva ceremonia.
Tanger possiede pure un altro veneratissimo santo, che divenne anch'esso mio amico; il quale, dopo avergli infinite volte detto ch'era un furbo che ingannava i suoi concittadini coll'impostura, si ridusse a confessarmi finalmente la verità, ed a ridersi meco in segreto dell'altrui credulità; ripetendo spesse volte che su questa terra i sciocchi servono ad alimentare i minuti piaceri degli uomini di spirito.
Un altro santo scorreva le strade come un insensato, seguito da molto popolo: aveva la testa scoperta, una lunga capigliatura arricciata, e portava in mano una specie di spartum che abbonda nel paese. Distribuiva come reliquie alcuni pezzetti di questa pianta a coloro che glie ne chiedevano; de' quali, allorchè l'incontraj per istrada, me ne diede un pugno come dimostrazione di particolar favore, che io mi posi sul petto colla più grande venerazione.