Sadece Litres'te okuyun

Kitap dosya olarak indirilemez ancak uygulamamız üzerinden veya online olarak web sitemizden okunabilir.

Kitabı oku: «Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2», sayfa 6

Yazı tipi:

Per più forte ragione le acque del Niger, che a Gimbala è nella stessa posizione che il Senegal al Fariba, non avranno una bastante inclinazione per iscorrere più di cento cinquanta leghe, ossia il triplo della distanza che attraversa il Senegal da Fariba all'Oceano; ed allora incomincierà il gran lago interno dell'Affrica, che stendendosi nelle supposte dimensioni arriverà presso al lago Fitrè, ove gettansi i fiumi delle Gazzelle, il Misseda, ed altri, e che comunicano col lago di Semegonda, che io riguardo come una baja, o un golfo del nostro mare Caspio d'Affrica.

Ma se dal punto in cui io suppongo che incominci questo mare interno, dovesse il Niger scorrere ancora duecento quaranta leghe, il Gazzel, il Misselad, ed altri fiumi trecento quaranta di più in linea retta per arrivare al golfo della Guinea, chiara cosa è, che trovando il suolo senza inclinazione, si spargerebbero e perderebbero nei laghi senza arrivare all'Oceano.

I grandi fiumi Formoso e Rey, e gli altri che gettansi nel golfo della Guinea, ricevono le acque da una superficie assai estesa per poter pareggiarsi ai più gran fiumi, poichè calcolandosi dal piovente meridionale delle montagne di Kong e di Komri fino all'Oceano, avvi una superficie di 75,000 leghe quadrate, più che bastante ad alimentare tutti questi fiumi in un paese ove in uno spazio minore della metà si formano i fiumi del Senegal, di Gambia, di Rio grande, di Messurata, e molti altri i quali presso a Capo Roxo ed alle isole Bissagos dividonsi in grandi canali e laghi uguali press'a poco a quelli di Rio Formoso, e di Rio de Rey sul golfo della Guinea.

La carta generale dell'Affrica settentrionale del maggior Rennel prova che la supposta esistenza del mare interno risolve il problema delle foci degli interni fiumi dell'Affrica, senza deviare un atomo dalla geografia conosciuta.

Dimostrato una volta, per quanto lo acconsente la qualità dell'argomento, che l'immensa quantità d'acqua versata dalle pioggie nell'interno dell'Affrica, e portata dal Niger, e dagli altri fiumi nel centro del continente, non può svaporarsi nei piccoli laghi, e meno poi nei semplici pantani del Wangara ed inoltre che non può arrivare all'Oceano nel Golfo della Guinea; se noi ne deduciamo la necessità dell'esistenza d'un gran lago o mare interno, in cui riuniscansi e svaporino le acque che sovrabbondano ai bisogni della vegetazione, ed alle altre scomposizioni di questo fluido, non rimane che ad addursi alcun fatto per ultima prova dell'esistenza di questo mare interno.

Trovansi negli antichi autori rammentati molti grandi laghi dell'interno dell'Affrica; la palude Nigrite, i laghi Clonia, Libia, Nili, Nuba, Gira, Ghelonide. Non potrebbero essere questi golfi o baje d'un solo e gran lago, cui sarebbersi dati tali nomi? I moderni fecero lo stesso, e se taluno, ignorante della geografia, udisse parlare del mare Adriatico, dell'Arcipelago, del mare di Marmora, e del mar Nero, non crederebbe egli giammai, che queste siano parti di un solo e medesimo mare, che dicesi Mediterraneo, ma li crederebbe altrettanti mari isolati.

Nelle discussioni cui ha dato luogo questa quistione, sonosi, per non essersi intesi, ammessi degli errori, ed io ne trovo la ragione principale nei vari significati attribuiti al vocabolo Bahàr. Le nazioni che parlano l'arabo chiamano Bahàr il mare, Bahàr un qualunque lago, e Bahàr un fiume.

Quando gli abitanti o gli Arabi viaggiatori dell'Affrica interna parlarono d'un Bahàr esistente in quel paese, gli antichi e moderni Europei intesero semplicemente un lago, e senza cercare ulteriore spiegazione di un vocabolo, di cui credevano averne compreso il vero significato, supposero che si parlasse di laghi, o di fiumi.

Ecco le ragioni che m'indussero ad ammettere questo mare interno anche prima di viaggiare nell'Affrica; ragioni da me discusse nel 1802 a Parigi con varj dotti dell'Istituto, ed a Londra con molti membri della Società reale. Spedii pure intorno allo stesso argomento una memoria da Cadice in data del 30 maggio 1805, ed un'altra da Tripoli nel novembre del 1805.

Ma veniamo al fatto che conferma il sistema, e rende innegabile l'esistenza di questo mare interno.

Nel bastimento che portavami da Laraïsch a Tripoli in ottobre del 1805 eravi un negoziante di Marocco detto Sidi Matte Bouhlàl, ch'era stato lungo tempo a Tombout, o Tombouctoo, ed in altri paesi del Soldano o della Nigrizia, ove commerciava in società con uno de' suoi fratelli. Quello Bouhlàl era fratello d'un cheik nominato dall'imperatore di Marocco direttore della carovana della Mecca, se le circostanze politiche avessero permesso di fare il viaggio. Era un uomo intelligente di circa quarant'anni, d'irriprovevole condotta, veritiero, ricco, e che non poteva avere il menomo sospetto ch'io andassi in traccia di notizie intorno allo stato interno dell'Affrica. Il complesso di tali considerazioni m'inducono a dar piena fede al suo rapporto, ed a credere ch'egli non volle ingannarmi perchè non aveva il menomo interesse di farlo.

Essendomi durante il viaggio trattenuto in lunghi discorsi con questo negoziante, si venne più d'una volta a parlare dell'interno dell'Affrica; e n'ebbi le seguenti notizie:

«Tombout è una grande città assai commerciante, abitata dai Mori e dai Negri.

«La famiglia colà regnante discende da un imperatore di Marocco, che fece un'incursione in quel paese, ed il di cui nome vi è tuttavia rispettato assai.

«A Tombout Bouhlàl avea più libertà che a Marocco. Aveva sempre ai suoi servigi molte negre, che comperava, vendeva, cambiava a suo capriccio; lo che avea pure alquanto alterata la sua fisica costituzione, e cagionate più malattie.

«Tombout trovasi alla medesima distanza dal Nilo Abid (Nilo dei Negri, o Niger) che Fez da Wad Sebou, vai a dire a meno di due leghe.

«Questo fiume scorre verso il levante.

«Il Nilo Abid è largo ed ogni anno nella stagione delle pioggie sorte dal suo letto, ed inonda il paese come il Nilo d'Egitto, talchè allora sembra un braccio di mare.

«I Negri navigano su questo fiume con barche di una costruzione particolare; non hanno chiodi, e tutte le parti sono legate assieme da sottili corde di palma.

«Ogni barca porta fino a cinquecento cariche di cammello in sale, in grani, ed in altre derrate.

«Queste barche viaggiano senza remi e senza vele: per farle camminare, un certo numero d'uomini, secondo la grandezza della barca; si colloca sui due lati, verso prora; ognuno tiene in mano una pertica assai lunga che appoggia contro il fondo del fiume, e tutti spingono la barca nello stesso tempo. Questa nascente navigazione li costringe a non iscostarsi dalla riva.

«Il Nilo Abit scorre verso l'interno dell'Affrica ove forma un gran mare senza comunicazione cogli altri. In questo mare le barche dei negri fanno quarantotto giornate di cammino rasentando la costa, e sempre senza vedere la terra opposta.

«I più comuni oggetti di commercio su questo mare sono i grani ed il sale, perchè trovansi nell'interno vaste contrade, cui mancano tali generi.

«Si dice che questo mare comunica col Nilo d'Egitto, ma su questo proposito non avvi nulla di positivo.

«Si soggiugne che Haoussa è una città molto grande, e molto popolata, all'E. di Tombout, e che è assai civilizzata.»

Siccome in questi intrattenimenti parlavamo l'arabo, e che Bouhlàl faceva sempre uso del vocabolo Bahàr, io non ommettevo giammai di chiedergliene spiegazione: ed egli mi replicò più volte che intendeva significare un mare di molti giorni di traverso in largo ed in lungo, come quello sul quale noi navigavamo nel nostro bastimento; ed era il Mediterraneo.

Un fatto così notabile toglie qualunque dubbiezza intorno alla esistenza del mare interno, o del Caspio Affricano, che Bouhlàl chiamava sempre Bahàr Soudan, ossia mare della Nigrizia. Si faranno tuttavia alcune obbiezioni, e si aspetterà ai futuri viaggiatori il darne, o cercarne la risposta4.

CAPITOLO XX

Viaggio per mare da Laraïsch a Tripoli in Barbaria. – Innalzamento del mare. – Burrasca. – Si approda al banco di Kerkeni. – Descrizione delle isole dello stesso nome. – Arrivo al porto di Tripoli.

M'imbarcai la domenica 13 ottobre 1805 sopra una fregata di Tripoli comandata dall'Erraiz ossia capitano Omar: trovavasi ancorata nella rada di Laraïsch, ove rimasi tutto il susseguente giorno. Si spiegarono le vele il martedì 15 in sul far del giorno; ma mancando il vento favorevole, il bastimento non poteva che bordeggiare.

Mercoledì 16

La mattina s'alzò un vento d'O. S. O. A mezzogiorno eravamo nello stretto di Gibilterra, e due ore dopo tra Gibilterra e Ceuta, di dove vedevansi le due città in una prospettiva assai pittoresca. Il campo Spagnuolo in faccia a Gibilterra formato di tende e di baracche, la città di S. Rocco posta sopra un rialto, ed Algezira che vedevasi a traverso una punta di terra, formavano un sorprendente quadro. Trovavansi nel porto di Gibilterra una squadra inglese, ed un convoglio.

Si seguì tutto il giorno il rombo quasi all'E. col medesimo vento.

Giovedì 17

La notte il vento rinforzava con molto travaglio della fregata: l'acqua passava sopra il ponte, e ne penetrò ancora nell'interno. La mattina si scoprì Capo di Patta, che si trapassò alle due ore dopo mezzogiorno; e dopo si prese la direzione del N. E.

Venerdì 18

La mattina per tempo si vide il Capo di Palos. Gli eravamo già sopra quando il capitano fece tirare al S. per dare la caccia ad una nave che aveva l'apparenza di voler sottrarsi alla nostra visita. La raggiunse ad un ora dopo mezzogiorno: era un brick svezzese. Al cader del sole eravamo ai 37° 15′ di latitudine N., e 2° 47′ 30″ di longitudine O. dall'osservatorio di Parigi.

Sabbato 19

Durante la notte il bastimento erasi avanzato assai poco, e la mattina faceva quasi calma. La nostra direzione era all'E. ¼ S. E.

Alle quattro della sera si scoprì una catena di montagne della costa dell'Affrica, ed alle cinque la mia longitudine 1° 37′ 30″ O. dell'osservatorio di Parigi.

Il vento mancò affatto, ma la corrente portava all'E.

Domenica 20

La calma continuò, ed alle nove ore del mattino avevo la longitudine di 1° 27′ 30″ di Parigi.

Lunedì 21

Si virò di bordo al N. con leggier vento di S. E.

Martedì 22

La fregata proseguì avanzandosi al N. fino a breve distanza dall'isola Formentera, ove prese la direzione di S. O. Si camminò quasi ad O. S. O. fino al cadere del sole, ed allora si volse la prora all'E. N. E.

Mercoledì 24

A mezzogiorno si ripiegò a S. E. ¼ E.

Rinfrescandosi il vento alle tre ore dopo mezzogiorno il bastimento si trovò in mezzo ad una straordinaria meteora. Il mare s'alzò tutt'ad un tratto, ed invece di muovere le onde sulla superficie le une dietro le altre, l'acqua slanciavasi verticalmente in piramidi o coni diafani a punte acute, le quali sostenevansi lungo tempo senza piegare da veruna parte, finchè cadevano perpendicolarmente sopra se medesime. La cagione di questo fenomeno, che s'avvicina assai a quello delle trombe, parvemi prodotto dalla elettricità di alcune grosse nubi che ci stavan sopra, ed esercitavano così violente attrazione per equilibrarsi alla elettricità del mare. In pari tempo rinforzò il vento, onde il vascello saltellando a traverso di queste acute piramidi ne faceva sentire spaventose scosse accresciute dal volume dell'alberatura affatto sproporzionato al corpo del bastimento; e perchè erano aperte le cannoniere, entravano da ogni banda torrenti d'acqua. Non eranvi sgraziatamente che due pompe; una del tutto inservibile, e l'altra in cattivo stato, onde non veniva assorbita che una piccola quantità d'acqua. I pertugi, e condotti onde doveva uscire l'acqua al di sopra della tolda e de' ponti, erano chiusi dalle balle di mercanzia, e dalle spazzature, perciò l'acqua ch'entrava a torrenti, e non poteva uscirne minacciava di affogare ad ogn'istante il bastimento. Il fondo della stiva era sott'acqua, e non vedendosi veruna terra, non si aveva alcuna speranza di soccorso. I marinai, ed i passaggieri atterriti erano saliti sopra la tolda persuasi di dover soccombere. Si chiusero le cannoniere alla meglio, e gettaronsi in mare le balle, e gli effetti che potevano sopraccaricare la nave. Tutti travagliavano intorno alla sola tromba, che poteva ancora servire, e si ottenne con infinita pazienza e fatica di sbarazzare alcuni dei condotti onde dare sfogo all'acqua. In pochi momenti la fregata erasi sensibilmente alleggerita; ma a fronte di ciò e malgrado gli sforzi dell'equipaggio, la nave periva infallibilmente, se la meteora in vece di soli dieci minuti avesse avuto una maggior durata.

Ne' più terribili istanti della nostra situazione ebbi la ricompensa di alcuni atti di beneficenza fatti sul bastimento. Il capitano, il contro maestro, e molti marinai vennero a dirmi all'orecchio gli uni dopo gli altri ch'io non dovessi temere, perchè sarei stato salvato a preferenza d'ogni altro. Compresi da tale discorso ch'erasi formato un complotto per assicurarsi della scialuppa; la quale in sul finire della meteora andavasi preparando, e che sarebbesi difesa col coltello alla mano contro chiunque non era destinato ad entrarvi. Fortunatamente che la cosa si terminò colla perdita degli effetti spettanti alla fregata, ed ai passaggieri, il di cui valore ammontava a parecchie migliaja di piastre: io non ne perdetti che circa trecento, perchè in quest'occasione mi fu utile la riconoscenza dell'equipaggio. Alcuni effetti conosciuti di mia spettanza furono nell'istante, che volevansi gettare in mare, ritolti a chi li portava, e rimessi nella camera nel tempo stesso che non si perdonava agli effetti più preziosi del naviglio e de' passaggieri; di modo che inclino a credere che io non avrei perduta alcuna cosa, se nella confusione di così terribili momenti si fossero conosciuti di mia proprietà. Dopo la partenza da Laraïsch aveva gratuitamente distribuiti medicamenti ed altri soccorsi agli sventurati che ne abbisognavano; ecco la cagione del loro attaccamento.

Venerdì 25

Si seguì in quel giorno lo stesso rombo fino al tramontar del sole, ed allora si piegò al N. E.

Sabbato 26

Il bastimento trovandosi a mezzodì sotto il 38 grado di latitudine, si volse con leggier vento all'E. S. E.

Domenica 27

Si scoprì a mezzogiorno Capo Bugaroni, sulla costa d'Affrica, e fu presa quella direzione.

Lunedì 28

In sul far della sera eravamo fra l'isola di Galita e la costa d'Affrica.

Quest'isola osservata col mio grande canocchiale parvemi formata da una vasta rupe di granito rosso di mattone con larghe vene di quarzo puro ondeggiate. È una montagna assai elevata, il di cui aspetto ha qualche rapporto con quello di Gibilterra.

Buono è il canale tra Galita ed il continente. I Tripolitani non passavano giammai al largo dell'isola, vale a dire tra l'isola e la Sardegna per la continua guerra che hanno cogli abitanti di quel regno; i quali, secondo m'assicurava il capitano della fregata, sogliono appiccare tutti i comandanti di nave che hanno la sventura di cadere nelle loro mani.

Martedì 29

In questo giorno si avanzò assai poco; ed a mezzodì il bastimento trovavasi in faccia a Biserta o Capo Bianco.

Mercoledì 30

Dopo avvicinato il Capo Bon, che si oltrepassò avanti mezzogiorno, il capitano si diresse col favore d'un leggier vento al S. S. E. 5° E.

Giovedì 31

Continuando lo stesso rombo con un vento più fresco, si scoprì avanti sera l'isola di Lampidosa o Lampedusa in distanza di cinque leghe dalla banda d'E.

Se il movimento del mio cronometro non soffrì una considerabile anomalia da un giorno all'altro, convien dire che la posizione di Lampedusa è posta d'un mezzo grado più all'O. nella carta del deposito idrografico di Madrid, secondo l'osservazione astronomica ch'io feci in vista della medesima. Rimetto questa quistione alla parte scientifica de' miei viaggi, ove vengono discusse le osservazioni astronomiche.

Alle nove della sera il vento rinfrescò, ed andò rinforzandosi in maniera che a mezzanotte la burrasca era terribile. Il bastimento faceva molt'acqua, il mare spingeva le onde sopra il cassero ch'era a metà coperto, ed inondava l'interno. La nostra cattiva tromba agiva sempre, ma con poco successo. Gli attrezzi del vascello erano vecchi, ed il mare li consumava. Il moto del vascello era tanto forte, che le antenne entravano più di sei piedi sott'acqua: l'equipaggio credevasi perduto, e di già intuonava la cantilena della morte. Il capitano pallido e spaventato venne ad avvisarmi che il vascello non poteva durarla a lungo andare; e mi chiedeva consiglio intorno ai mezzi da adoprarsi in tale frangente.

Gli chiesi se trovavansi ancora delle vele spiegate; e dietro la sua risposta affermativa, lo consigliai ad ammainarle tutte, fuorchè una piccola per governare. Il capitano partì all'istante per ordinare la manovra; e momentaneamente calcolando con difficoltà il mio punto di stima, mi trovai press'a poco a ventiquattro leghe al N. di Tripoli.

Allorchè tornò il capitano gli chiesi se il vascello poteva orzare, «Non lo so, rispose; ma proveremo». E bene, soggiunsi volgetelo all'O. N. O. e procurate, se è possibile, d'imboccare il canale tra Kerkeni e Zerbi.

Mi ubbidì, e poco dopo si riuscì a sottrarci a quel terribile filo di vento che minacciava di farci rompere sulla costa di Tripoli. Il vento incominciò a calmarsi, ed il mare abbonacciò quantunque le onde fossero ancora grosse.

Venerdì primo novembre

Dopo aver seguito tutto il giorno lo stesso rombo, resosi il mare più tranquillo, si gettò l'ancora alle otto ore della sera in quindici braccia d'acqua, sopra un banco presso Kerkeni.

Tutte le persone del vascello risguardavansi come risuscitate, s'abbracciavano, e si felicitavano vicendevolmente.

Sabato 2

Io riconobbi il nostro punto lontano tre leghe da Kerkeni, che trovavasi all'O. N. O. 6° N.

Eravamo sopra un gran banco di sabbia di feldspato rosso di tegola e di quarzo, che stendesi per una superficie di molte leghe, e sul quale si sta all'ancora con egual sicurezza come in un porto chiuso, perchè col vento più gagliardo, siccome quello che faceva allora, le onde non si alzavano, e le acque del mare sembravano uno stagno.

Questo banco forma un piano inclinato quasi insensibile fino alle isole di Kerkeni, ed alla costa del regno di Tunisi. Alcune miglia prima di giugnervi, si riconosce al color biancastro dell'acqua, e quando vi si è sopra per la tranquillità della medesima.

Due sono le isole di Kerkeni poste a breve distanza dalla costa di Tunisi, tra di loro separate da un canale; sono così basse che appena si vedono uscir fuori dal mare. Vi si vedevano alcuni alberi, ossia palme. Il capitano scese a terra più volte; e mi riferì che lo sbarco è difficilissimo, perchè la più piccola scialuppa non trova acqua bastante: onde non vi si può giugnere che per alcuni punti conosciuti dai piloti pratici.

Queste isole che i loro abitanti, e quelli delle vicine coste chiamano Kàrgnana vengono indicate sulle carte con quello di Kerkeni.

Il dubbio che io avevo intorno alla longitudine dell'isola di Lampedusa abbraccia pure la situazione di queste isole. La latitudine del punto medio tra le due isole è di 34° 39′; alquanto diversa dalla sua posizione sulle carte.

Non vi sono in queste isole nè sorgenti nè fiumi; e gli abitanti non hanno altr'acqua per bevere che quella che piove; e questa ancora è così scarsa, che per portarne un poco al bastimento convenne raccoglierla presso gli abitanti in piccoli vasi.

Il suolo che è una roccia quasi scoperta non produce che poche palme, e perciò quegl'infelici abitanti non hanno altro alimento che quello dei datteri, del palma christi, e del pesce che seccano per la provvisione dell'anno.

La popolazione vi abita riunita in capanne bassissime, che offrono l'aspetto della più grande miseria.

Hanno una specie di battello estremamente cattivo, con una piccola vela, che non può portare più di quattro uomini. Questi battelli detti Sandal scorrono la costa fino a Tripoli, e non si scostano mai più d'una lega da terra. Uno di questi venne a portare l'acqua che noi avevamo richiesta, ed i pochi volatili che avevano potuto raccogliere. Gli uomini non vestono che un chaïk bruno, grossolano, sono magri, ed hanno il colore di cuojo. Interamente dediti alla pesca, usano varj artificj per rinchiudere, e per prendere i pesci, che formano la base della loro sussistenza.

Non potei avere accurate notizie intorno al numero degli abitanti di queste isole; ma credo che non arrivi a quello di seicento, e forse è minore assai. Professano la religione mussulmana, e sono governati da un cheik nominato da loro, il quale manda ogni anno a Tunisi un tributo al Pascià, che non percepisce da queste isole verun altro prodotto.

La nostra nave rimase sul banco di Kerkeni fino alla notte del 7 di novembre, ed in questo frattempo i venti furono sempre impetuosi in maniera che spezzarono una volta l'albero, e squarciarono la vela della scialuppa che portava il capitano a terra, mentre al nostro ancoraggio il mare era affatto tranquillo. Questi giorni furono impiegati nel riattamento delle vele, ed a chiudere con lastre di rame le fessure per cui penetrava l'acqua in fondo alla cala.

Giovedì 7

Si levò l'ancora alle otto della sera, e si prese la direzione di S. E. con un leggier vento.

Venerdì 8

Dopo aver seguita tutto il giorno la medesima direzione, il vascello bordeggiò durante la notte per non avvicinarsi troppo alla costa di Tunisi, ch'era a breve distanza.

Sabato 9

La mattina il cielo era coperto; ma prima di mezzogiorno vedevasi chiaramente la costa di Tripoli. Si governò verso il porto. Passando innanzi al castello si salutò col cannone, e fu risposto al saluto. La scialuppa del governatore venne a riconoscerci all'ingresso del porto; alcuni individui montarono a bordo, e presero una specie di dichiarazione dal capitano. La nave continuò ad avanzarsi tirando molte salve d'artiglieria, finchè si gettò l'ancora in mezzo alla baja. Erano allora le tre dopo mezzo giorno: il capitano scese subito a terra.

Domenica 10

In questo giorno sbarcò l'equipaggio; ed io rimasi a bordo aspettando che mi fosse preparata una casa in città.

Lunedì 11

A mezzo giorno andai a terra dopo avere felicemente terminato questo faticoso tragitto.

Devesi notare che il grande sollevamento del mare il 24 ottobre accadde due giorni dopo la nuova luna, e quasi ad un'ora e mezzo dopo il suo passaggio per il nostro meridiano.

La gagliarda burrasca della notte del 31 ottobre sopraggiunse due giorni dopo il primo quarto; e cominciò un'ora e mezzo circa dopo il passaggio della luna per il nostro meridiano.

In questi due casi la luna trovavasi nella sua costituzione boreale. Spetta al dotto Lamarck l'apprezzare queste osservazioni.

4.Alcuni anni dopo che Ali Bey fece queste ricerche intorno al mare interno all'Affrica il sig. Jackson vice-console inglese a Magador pubblicò che gli abitanti di Tombouctoo avevangli detto che, «quindici giorni di cammino all'E. al di là di quella città trovavasi un vasto lago, detto Bahàr Soudan, o mare di Soudan». Ma perchè non dà verun altra notizia intorno a questo mare, avendo limitate le sue indagini soltanto intorno agli abitanti delle sue coste, (indagini che noi vogliamo credere più esatte di quelle da lui fatte intorno al regno di Marocco), niente aggiunge alla precedente scoperta d'Ali Bey, che presenta molto maggiori lumi sull'argomento trattato. Avvi non pertanto qualche cosa di singolare nella coincidenza della posizione data a questo mare, a quindici giornate all'E. da Tombouctoo, cioè a poco più di cento leghe, in ragione di sette leghe al giorno, ordinario cammino di un cammello; ciò che torna precisamente al calcolo fatto da Ali Bey. (Nota dell'E.)
Yaş sınırı:
12+
Litres'teki yayın tarihi:
28 mayıs 2017
Hacim:
184 s. 7 illüstrasyon
Telif hakkı:
Public Domain
Metin
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок
Metin
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок
Metin
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок
Metin
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок