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Kitabı oku: «I divoratori», sayfa 24

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Poi lo tirò giù di nuovo, e un lieve colpo di vento lo mandò a battere contro la faccia di Fräulein.

Fräulein fu molto irritata.

– Veramente, io non capisco come una persona che eseguisce la Sonata di Beethoven…

– Quale Sonata? – chiese Anne-Marie che era versata nell'arte di far girare la conversazione. – La Kreutzer o la Frühling? Io preferisco la Kreutzer…

Poi introdusse forzatamente le sue dita sotto al braccio rigido e resistente di Fräulein; e le trotterellò gaiamente a fianco lungo il Boulevard. E Fräulein era felice. Il pallone picchiava lievemente contro al suo cappello, ma poco gliene importava. Si limitò a dire che avrebbe preferito che sul pallone fosse stato scritto « Louvre » invece di « Bon Marché », che era un negozio così democratico.

… Anne-Marie entrò nel salotto traendosi dietro il pallone.

Fräulein, vedendo che vi era una visita, si ritirò in camera sua.

Anne-Marie era avvezza alle visite; era abituata a trovar gente che la aspettava. E vedendo questo straniero che era balzato in piedi al suo apparire, e che ora la fissava con occhi veementi e lagrimosi, ella stese la tiepida manina a salutarlo. Anne-Marie aveva già visto molti stranieri, e molti occhi lagrimosi. Non ne fu dunque nè commossa nè sorpresa.

– « Bonjour », diss'ella, giudicando dalla barba.

Poi si appressò a sua madre.

– Guarda il mio pallone, Liebstes, – disse, facendo scivolare il cordoncino dal suo polso.

Subito il pallone salì, rapido e lieve, e andò a battere pian piano contro la soffitta. Gli occhi disperanti di Anne-Marie lo seguirono… La stanza era alta. La cordicella pendeva lontana, fuori della portata d'ogni mano umana.

Ma l'uomo colla barba le aveva afferrato il polso, e glielo baciava.

– Anne-Marie!

Anne-Marie ritrasse la mano e se la stropicciò lievemente sulla veste.

Egli ripetè:

– Anne-Marie! – con voce rauca, e congiungendo le mani. – Guardami, – disse.

E, docili, gli occhi celesti lasciarono il soffitto e si posarono sul volto di lui.

– Bimba mia, bimba mia! Ti ricordi di me?

– Sì, – disse prontamente e inveracemente Anne-Marie.

(In simili occasioni Fräulein l'aveva tante volte rimproverata se rispondeva « no ».

– E' scortese dire: « no » a quel modo. Per non offendere devi dire: « Forse… non sono sicura… Mi pare di ricordarmi… – ammoniva la Fräulein.

Ma Anne-Marie amava di essere breve. – Oh! se non devo dire di no, dirò di sì!

E così fece anche stavolta).

Il sangue era corso come una fiamma sulla fronte di Aldo. Egli cadde in ginocchio davanti alla bambina e le prese le mani, e se le premette sugli occhi e sulle labbra:

– Piccola mia! Piccola mia! – e le facili lagrime meridionali gli piovvero dagli occhi.

Anne-Marie disse a sè stessa: – Questo deve essere un musicista tedesco. – Finora soltanto i musicisti tedeschi erano stati a questo punto espansivi ed eccitabili.

Si volse a interrogare con gli occhi sua madre, ma questa teneva chinato il capo.

– Posso rimanere, posso rimanere, Anne-Marie? Vero, che non vuoi ch'io torni via tutto solo? Dillo, dillo a tua mamma, che mi lasci restar qui e aver cura di voi!

Anne-Marie fu molto sorpresa.

– A noi non piace che si abbia cura di noi, – disse. E soggiunse per non offendere questa strana persona: – Grazie lo stesso.

Aldo rise traverso le lagrime.

– Cara, cara adorata! – e le baciò la manica della giacchettina.

Anne-Marie era una persona ragionevole e non le piacevano le emozioni degli sconosciuti. E poi, aveva fretta.

– Addio, – disse risoluta. – Se volete un autografo ve lo dò.

Aldo l'afferrò per le gracili spalle, fissandole negli occhi lo sguardo smarrito e disperato.

– Ma, Anne-Marie! Anne-Marie! Non mi riconosci? Hai detto, hai detto che ti ricordavi di me! Non riconosci tuo papà?

– No, – disse Anne-Marie.

– Ma non ricordi tuo papà, tuo papà che ti cantava « celeste Aida », quando eri malata a New York?… Non ti ricordi che ti conducevo la domenica a vedere gli scoiattoli nel parco? Piccola Anne-Marie, non mi riconosci, non mi riconosci?

Il viso della bambina s'era fatto rosso, e il suo labbro tremava. Scosse la testa.

– No, – disse a bassa voce.

Aldo si volse e si coprì la faccia colle mani. La piccina lo guardò un istante; poi si avvicinò in punta di piedi a sua madre, e le si annidò nel tenero braccio protettore. Indi i suoi ceruli occhi errarono verso il soffitto in cerca del pallone. Sì, era lì; colla breve corda pendula, lontana… Parve ad Anne-Marie che il pallone fosse diventato un po' più piccolo… Come mai, come mai l'avrebbe ella riavuto?

Nancy volse alla sua bambina un viso angustiato e pallido (anche quello pareva più piccolo del solito, pensò Anne-Marie) e le parlò a voce bassa:

– Anne-Marie; egli è tuo padre.

– Davvero? – chiese Anne-Marie dubbiosa, guardando quell'uomo colla barba e col viso nascosto nelle mani; poi mirò a lungo sulla sedia il cappello lucido e alto. – Davvero? – ripetè.

– Vuoi ch'egli rimanga con noi? – domandò Nancy, piano, quasi senza respiro.

– Con noi due?

Le pupille di Anne-Marie si dilatarono. Ricordava l'impresario.

– Sì. Con noi due, – disse Nancy.

– Per sempre?

E il cerulo turbamento dei puerili occhi si fece più intenso.

– Per sempre, – disse Nancy.

Anne-Marie volse un'altra rapida occhiata a quell'uomo e poi al suo cappello. Indi posò la guancia contro il braccio di sua madre, come sempre quando chiedeva un favore.

– Piuttosto no, Liebstes, – sussurrò.

L'Arbitro aveva parlato.

Aldo non disse che poche parole a Nancy. Posò la mano sul capo della bambina e la guardò a lungo. Poi si volse bruscamente, prese il suo cappello e uscì dalla stanza.

– Che strano uomo! – disse Anne-Marie. – Era davvero mio padre?

Nancy, colle labbra bianche, disse: – Sì.

– Ne sei proprio certa? – domandò Anne-Marie; e, quasi senza volerlo, rialzò gli occhi verso il pallone.

– Sì, cara, – disse sua madre; e pianse.

Ma Anne-Marie era volata alla porta.

– Papà! – gridò coll'acuta voce argentina.

Aldo, già a metà scala, udì e si fermò. Il cuore gli balzò in gola, e le sue mani strinsero la ringhiera.

– Papà!

Aldo si volse, esitante, non osando credere, non osando sperare.

E ancora squillò quella soave chiamata infantile:

– Papà!

Aldo si volse, e risalì le scale. Era cieco, era pazzo di felicità. Barcollando e tremando s'avviò per il corridoio verso la porta aperta. Sulla soglia, aureolata di luce, lo aspettava la sua bambina.

– Papà, – disse Anne-Marie (e ancora la parola e la voce puerile strinsero la gola ad Aldo in un singhiozzo di felicità). – Vuoi essere tanto buono?

– Sì! – disse Aldo, pallido e solenne.

– Allora… prima di andartene tira giù il mio pallone! Tu che sei alto, ci arrivi…

Aldo tirò giù il pallone. Poi se ne andò. Fuori dalla stanza – fuori dalla loro vita – fuori dal racconto.

******

XXVII

******
« Miniera di San Juan.

« Nancy,

« E' finita l'attesa. Gli anni sono passati, i neri, tristi anni d'assenza e di solitudine.

« Parto di qui, per ritornare a te.

« Tu mi verrai incontro a Genova. E siederemo ancora su quel balcone dove – or sono tanti anni – tu mi dicesti del tuo Libro non scritto, del tuo Libro che temevi dovesse morire, come un bimbo non nato, nel tuo seno. Vengo a condurti a Porto Venere, bianca nel sole, come una Naiade che bagni la punta del piede nelle celesti acque marine. E il tuo Libro vivrà, vivrà alfine.

« E noi, anche, vivremo!… O Nancy, Nancy! Io sono da tanti anni così muto e solitario, che il mio amore non ha più parola. E nella mia vita buia e vuota la gioia entra come una piccola ombra spaurita, già pronta a volar via.

« Io l'afferro e la stringo, e le grido: « Resterai! Hanno termine alfine la solitudine e l'esilio! » Ma essa, la piccola ospite straniera, non lo crede.

« Anch'io non oso credere alla mia felicità, da troppi, troppi anni sospirata. Ma poi dico a me stesso che il cuore di Nancy non è un cuore che possa mutare. Nancy avendomi amato un giorno, m'ama, e m'amerà.

« E le parole che anni or sono, la trassero traverso l'Oceano a me, oggi ancora, oggi ancora me la riporteranno: – « Nancy, vieni a me! »

« Alle mie vuote braccia, al mio triste e solitario cuore! Vieni, Nancy. Vieni subito. E per sempre ».

XXVIII

******

« Caro Selvaggio, diletto amico mio,

« Il tuo richiamo mi scuote il cuore. Tutti i miei desideri, tutti i miei sogni uniscono le loro voci alla tua, gridandomi di andare da te.

« Ahimè! Una piccola preghiera che la povera Fräulein mi faceva dire quando ero bambina mi sussurra il puerile ritmo nell'orecchio; e quella voce piana vince e affoga le grida dei miei disperati desideri. La conosci tu, la piccola orazione dei tre angeli che la notte stanno intorno al nostro letto?

 
Angelo bianco (angelo di Dio!)
Deh, stendi l'ali sopra il capo mio.
 
 
Angelo azzurro (angelo di Maria!)
Tieni la mano sulla mano mia.
 
 
Angelo d'oro (angelo di Gesù!)
Tienimi il cuore e non lasciarlo più!
 

« Per tanti anni ho ripetuto quella preghiera che forse gli angeli l'hanno udita. Ed ora, come posso io venire da te così legata?

« La Chiesa e la Legge, come i due primi angeli, mi tengono prigioniera; e tu sai che la mia piccola anima convenzionale rifugge da ciò che è irregolare e vietato. Ma fossi io libera come l'aria per accorrere a te – il Terzo Angelo rimane. E il Terzo Angelo mi tiene il cuore.

« Anne-Marie è il terzo angelo. Anne-Marie mi tiene il cuore nelle manine candide. Come potrei strapparlo a lei?

« Dimmi tu, dimmi tu! Come potrei lasciarla?

« O allora, come potrei condurla con me? Pensa – pensa e rispondi.

« Caro Selvaggio, io sono una delle « divorate ». Non esisto più. La mia piccola Anne-Marie mi ha divorata. Ed è giusto, ed è bello, ed è santo che sia così. Essa mi ha consumata, e io ne sono lieta. Essa mi ha annichilita e io ne sono riconoscente.

« Poichè è questa l'eterna legge, inesorabile e magnifica: che a queste vite date a noi, la nostra vita devo essere data.

« Ed io – come tutte le madri – estasiata e a ginocchi, dò la mia vita alla creatura inconscia che la esige.

« Ecco: io ricado nell'ombra: la mia corsa non finita, la mia méta non raggiunta, la mia missione non compiuta. Che importa? Ciò che a me fu negato, sarà dato ad Anne-Marie. Mia figlia raggiungerà le vette ch'io non ascesi. Per lei sarà la Gloria ch'io non conquistai.

« O amico e amato mio, alla cui tetra sorte io debbo aggiungere questo dolore: comprendimi e perdona! Nella mia vita non vi è posto per l'amore. La mia vita è tutta turbine ed agitazioni, tutta fretta e furia, tutta ansia e febbri, e treni che corrono, e voci che gridano, e mani che applaudono…

« Non vedi tu la nostra esistenza come in un quadro? Il Pifferaro della Leggenda che turbina, suonando e danzando, davanti a noi. E via, per vette e balze e precipizii, gli vola dietro la piccola Anne-Marie, ebbra di musica, folle di gloria… ed io li seguo, correndo, ansando, palpitando, perdendo nella folle corsa tutto ciò che una volta fu mio, lasciando tutto, tutto dietro di me – i sogni, le speranze, l'Amore…

« L'Amore! l'Amore in questo quadro non è un giovinetto nume, radioso e ridente, coronato di rose e di passione. No. L'Amore è una figura austera, e triste, e solitaria… Oh, caro Selvaggio, io so quanto triste, e quanto solitario tu sei!

« Ma tu comprendimi e perdona! E di' addio. Addio a Nancy ».

E il Selvaggio comprese. E perdonò. E disse addio a Nancy.

******

XXIX

Il chiuso fiore del tempo svolse i suoi petali.

E i giorni lucenti e le notti stellate spinsero la piccola Anne-Marie di trionfo in trionfo. E le versarono flutti di mare negli occhi e flutti di sole sui capelli. Ed ella assurse fulgida come un giglio alla virginea e radiosa gioventù.

Il chiuso fiore del tempo svolse i suoi petali.

E i giorni e le notti versarono il loro crepuscolo su Nancy, e la spinsero indietro nell'ombra dove seggono le madri, con miti labbra che nessuno bacia, con dolci occhi di cui nessuno conta le lagrime.

Ella imparò a scordare. Scordò di essere stata giovane; scordò di essere stata poeta. Scordò di aver saputo un giorno la storia del Giardino azzurro:

 
La belle qui veut
La belle qui n'ose
Cueillir les roses
Du jardin bleu.
 

Il Giardino azzurro della gioventù chiuse pianamente le sue porte dietro di lei; e i fiori che Nancy non vi aveva colti, ora per lei non fiorirebbero più.

Ma per Anne-Marie, quando il tempo fu venuto, si spalancarono i dorati cancelli.

Allora il folle Pifferaro della Gloria la chiamò invano.

Anne-Marie aveva udito un'altra voce – la voce lontana del richiamo d'Amore. Frale e formidabile quell'appello le scuoteva il cuore.

Il Pifferaro gridava: « Vieni! che fai? Vieni! è per di qua la Fama; sei alla porta dell'Immortalità! »

Anne-Marie esitò… ristette. Poi si volse e seguì la voce novella.

E l'Amore le tolse di mano il violino. L'Amore le cinse di tenui fiori d'arancio la candida fronte, sulla quale già, grave e maestosa, la Gloria protendeva l'ombra del serto d'alloro.

XXX

Per il giorno delle nozze, Giugno – quell'elementare pittore! – aveva spennellato il mondo di striscie azzurre, di chiazze verdi, di sprazzi d'oro.

La carrozza che doveva condurre alla stazione gli sposi aspettava alla porta del loro palazzo, circondata da una folla allegra e impaziente. I cavalli sauri scalpitavano scotendo le criniere. Quando, bionda e ritrosa, in cima allo scalone comparve Anne-Marie a braccio dello sposo, la folla diede un grande grido d'evviva, acclamandola come all'uscita d'uno dei suoi concerti.

La sposina sorrise cogli occhi luminosi, e la graziosa testa sotto al piumato cappello ondeggiò salutando a destra e a manca. Allora, dalla folla, cento mani si stesero verso di lei, ed ella leggiadramente sostò sull'ultimo gradino, e tese le sue mani a tutte quelle mani, e sorrise a tutti quei sorrisi, ringraziando e salutando.

Alto e serio al suo fianco, lo sposo avrebbe voluto farle fretta a salire nella carrozza; ma Anne-Marie, dolce e volontaria, sostava, rispondendo a tutti, ringraziando tutti; dicendo « addio! addio! arrivederci!… addio! »

Il giovane marito la sospinse dolcemente verso l'aperta portiera, e poi come ella con un piede già sul predellino s'indugiava ancora, egli la sollevò per l'esile vita e la mise nella carrozza; poi saltò dentro accanto a lei e chiuse lo sportello.

Spronati e spaventati dagli evviva della folla, i cavalli si lanciarono al galoppo battendo scintille dal selciato. In un attimo furono in fondo alla strada e fuori di vista.

… Nancy era rimasta sola in casa.

Sola. Ritta, immobile in mezzo alla stanza dove l'ultimo bacio di Anne-Marie l'aveva lasciata, ella udiva salire dalla via le acclamazioni e gli evviva. E per un istante si figurò che fosse la fine di un concerto, e che ella ed Anne-Marie salissero in carrozza per tornare a casa. Ecco: la portiera era chiusa, mille visi ignoti sorgevano intorno agli sportelli, ed Anne-Marie, la sua bambina, salutava – prima dall'una finestra, poi dall'altra – agitando le mani, ringraziando, ridendo… I cavalli partivano, ed Anne-Marie ricadeva indietro tra le braccia di sua madre, nascondendole il viso sul petto con un piccolo sospiro di felicità. Ed erano sole, dopo tanta folla e tanto rumore; sole, nella penombra della carrozza piena di fiori. E Nancy sentiva nella sua mano la tiepida manina di Anne-Marie; e ne vedeva diffusi sul suo petto i morbidi capelli biondi… Udiva la dolce domanda puerile, che era come il ritornello d'una canzone: « Ti è piaciuto il mio concerto, Liebstes?… Sei felice, cara mamma mia? »… Poi non si parlava più fino all'arrivo a casa. La casa per loro era sovente un albergo ignoto, in una sconosciuta città di un paese straniero. Ma era sempre « casa loro », perchè erano insieme!…

Ed ora… Nancy era sola. Sola! Il silenzio le sussurrò all'orecchio la terrificante parola.

Sola! Le desolate mura lo ripeterono… Poi l'universo parve urlarlo al suo spaventato cuore.

Nancy si mosse come in sogno e s'avvicinò alla finestra.

La strada era vuota.

La casa era vuota.

Il mondo era vuoto.

Nancy traversò barcollando la stanza, e uscì nel corridoio. Si fermò davanti alla porta chiusa della camera di Anne-Marie. Sporse tremando la mano e aprì l'uscio… Vuota, vuota la chiara stanza ridente!…

Sul letto giaceva, socchiusa, una cassetta da violino: era il Guarnerius del Gesù, abbandonato nella sua piccola cassa da morto.

Nancy si guardò intorno, disperata e convulsa. Dalla parete le sorrideva Fräulein, morta a Parigi qualche anno prima. E sopra il caminetto, tra Joachim e Beethoven, pendeva un piccolo ritratto di Bemolle, tornato umilmente a Praga ad assistere il Professore ormai vecchio, amareggiato, e quasi cieco.

Finito tutto… passato tutto… vano tutto…

E Nancy d'un tratto vide stesa davanti a sè la Vita – la Vita, in tutta la sua iniqua e spaventosa inutilità – la breve, vana, tragica, sonnambulesca corsa dal Nulla al Nulla.

Allora Nancy pianse e gridò – gridò forte, come una creatura ferita, inginocchiata presso la finestra, stendendo al cielo le braccia desolate.

– Anne-Marie, Anne-Marie!… Mio Dio! mio Dio! ridatemela! Fate che tutto questo sia un sogno! Fate ch'io mi svegli a trovare Anne-Marie ancora piccola nelle mie braccia!… Mio Dio, ma che cosa farò io ora? Che cosa farò?…

Nulla.

Non c'era più nulla da fare per Nancy.

Ormai era tardi. La sua creatura era partita. Il suo Libro era morto. Il Giardino azzurro era chiuso.

LIBRO TERZO

I

Anne-Marie si mosse, sospirò – e aprì gli occhi.

La camera era buia e silenziosa. Ma in breve un piccolo suono ritmico e sommesso le giunse all'orecchio, e le parve assai dolce. Era un suono regolare e pacato, come il battito d'un orologio, come il pulsar d'un cuore. Era l'oscillare d'una culla!

Anne-Marie, nel dormiveglia, sorrise; e una immensa pace le invase lo spirito. Il dolce battito ritmico la ricondusse verso il sonno. Essa si sentiva ineffabilmente calma e felice. La vita apriva più vasti portali sopra orizzonti più immensi.

Con un fremito di gioia essa pensò che il breve silenzio del trascorso anno era ormai terminato. Di nuovo la musica fluirebbe dalle sue mani, come un'incantata fontana, sopra il mondo in ascolto.

Il suo violino!… Sotto le chiuse ciglia Anne-Marie lo rivedeva nel pensiero. Rivedeva le curve bruno-dorate della voluta; l'alacre slancio degli « f » nella tavola armonica; e le sensitive corde tese sopra l'agile ponticello: tutto quel perfetto istrumento silenzioso, aspettante il tocco delle sue ardenti dita giovanili, per ridestarsi di nuovo alla vita e al canto!

Soavi lagrime le fluirono nei chiusi occhi. Come lavorerebbe ora! come studierebbe!… Quanti nuovi canti, quante sublimi sinfonie ella creerebbe! Tante cose ella aveva a dire che nessuno ancora aveva detto!…

Ora scriverebbe anche un'Opera – una grande Opera in cui darebbe al mondo una nuova musica, una musica pura, splendida, rigenerata.

Già l'Ispirazione, vaporosa e vaga, le avvolgeva la mente di tenui melodie come mistici nastri diafani… già le battute si allineavano ferme e splendide nel suo pensiero… e gli accordi scrosciavano come fanfare trionfali.

Nel suo cuore la gioia corse come una cosa viva.

Essa vide la vita come un paesaggio di luce steso innanzi ai suoi giovani passi: ella ascenderebbe la bianca via dell'Immortalità, sorretta da un immutabile amore; il Genio le cingerebbe la fronte d'un serto d'astri fiammeggianti – e la musica, la divina Musica che le cantava come una fontana perenne nel cuore, inonderebbe d'armonia il mondo…

La creaturina nella culla aprì gli occhi e pianse: « Ho fame ».

FINE
Opere di ANNIE VIVANTI

Lirica

Nuova edizione (Bemporad).

I Divoratori

Romanzo. – 8ª edizione (Bemporad).

Circe

Il Romanzo di Maria Tarnowska.

L'Invasore

Dramma in tre atti.

Væ Victis!

Romanzo.

"Zingaresca"

Le bocche inutili

Dramma.

Naja Tripudians

Romanzo. – 2ª edizione (Bemporad).

Gioia!

Novelle. – Nuovissimo (Bemporad).

GIUDIZI DELLA STAMPA
su « CIRCE »

Le Journal (Parigi).

.... Le hasard d'une conversation a jeté Annie Vivanti, romancier frémissant, poète profond, sur le nom de la prisonnière, sur l'acte, sur la secret de cette histoire. Un ami lui apporte un manuscrit de la condamnée, un cahier de classe haché d'une écriture régulière, élégante, indifférente, un carnet de bal – de quelle sarabande! – sur papier rugueux. Elle se passionne et son génie divinatoire, fraternel dans la peine, évocateur, transfigure ces pages mornes et qui n'ont que le sceau du malheur. Elle obtient de voir – avec quelles difficultés! – la reclusionnaire dans sa maison de force.

Quelle révélation! Elle discerne, dévoile, retrouve une petite fille, une éternelle enfant vagabonde dans ses pensées et dans ses voyages, étonnée de se marier, étonnée de n'être pas aimée de son mari, étonnée de devenir femme, de devenir mère, étonnée de sa beauté qu'elle ne découvre, qu'on ne découvre que tard. Et tout se précipite, dans ses étonnements. C'est avec stupeur qu'elle apprend de lui le désir et le dégoût, qu'elle se donne, au plus beau lancier du monde, quelle le voit mourir dans ses bras, longuement, tué par l'époux soudainement jaloux – pourquoi? C'est une surprise pour elle de trouver au chevet d'une amie d'enfance qui l'a appelée pour mourir celui qu'elle doit faire mourir, le mari de l'agonisante, Emilie Komarowska…8

Mais je ne veux pas déflorer l'œuvre inoubliable d'Annie Vivanti. C'est un lucide et incessant tourbillon d'action, de rêve, d'inconscient, de fatalité. C'est harmonieux et terrible, c'est la vérité et c'est l'art.9

Les paradis artificiels chantés par Thomas de Quincey et Charles Baudelaire flottent autour de plus lourdes ivresses et apportent leur relief inconsistant à des paysages d'âmes dignes de Dostoïewski. Le mélodrame se purifie en élégie, sans perdre rien de son intensité, de sa fureur, de sa furie. La plus rare, la plus universelle émotion fait palpiter ces pages de fièvre, cette reconstitution idéale et forcenée.... Et sur cette beauté éparse et condensée, au dessus du sang apaisé et de la fange bue par le soleil, les grandes ailes de la pitié apportent au jour de souffrance d'une prison tout le ciel et tout le rêve....

Ernest La Jeunesse.
GIUDIZI DELLA STAMPA
su
« I DIVORATORI »

Truth. – È un'opera di genio questo affascinante racconto di Annie Vivanti. In esso vi è una forza e un pathos, una veracità di vita e di natura, che ci tengono incatenati dalla prima all'ultima pagina.

Fortnightly Review. – La vera forza di questo libro sta nello stile, ora morbido e delicatamente allusivo, ora fluente e fantastico. Annie Vivanti è maestra nell'arte di evocare un ambiente, dandone la speciale atmosfera ed illuminazione. Nel humour è scintillante come una Rosalinda Shakespeariana.10

Quest'opera, per quanto scritta in prosa, deve essere giudicata come poesia. Difatti essa ci fa l'impressione non di un lungo ma di un grande poema.

(Georges Brandés).
GIUDIZI SUL DRAMMA
« L'INVASORE »

Renato Simoni nel Corriere della Sera.

Opera strana e forte.... opera di una scrittrice fortissima, tutta ardente di una irresistibile passione....

Massimo Bontempelli nel Secolo.

. . . . Poesia e teatro di primissimo ordine . . . .

La Sera.

.... Dal breve racconto della vicenda si vede quante bellezze siano nell'audacissimo dramma. L'autrice ha involto un problema di aspro materialismo in una atmosfera purissima di poesia.

GIUDIZI DELLA STAMPA
su
VAE VICTIS!

Sir Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes, scrive all'editore Arnold di Londra:

« Ho letto un libro veramente terribile e veramente potente. « Vae Victis » di Annie Vivanti. Non ho mai letto nulla che mi abbia fatto realizzare con tale forza ciò che la guerra significhi per il paese invaso. »

Il « Liverpool Courier »:

« Se esistesse un ministero di propaganda per pubblicare il nefando vangelo della brutalità germanica e i fatti compiuti dai demoni incarnati del Kaiser, quell'ufficio dovrebbe far tradurre in tutte le lingue il libro di Annie Vivanti e disseminarlo per ogni paese della terra ».

Savino Varazzani, nel Popolo d'Italia:

« È sopratutto, un magnifico romanzo; è un'opera di arte d'alto valore e della più schietta ispirazione; è uno studio di psicologia pieno di profondo e delicato acume; questo in primo luogo; poi è anche, fortunatamente, un fiero libro di battaglia e un'opera buona, generosa e santa.

« Ha la felicità e sicurezza d'intuito e la potenza d'analisi che Annie Vivanti rivelò primamente in quei Divoratori ch'ebbero così alta e vasta fama nella letteratura internazionale. Ha lo stesso procedere rapido, passionale, travolgente ».

G. Mambelli, nel Giornale del Mattino:

« Poema dolorante e poema di fede insieme, attraverso ad una virtù di narrazione vibrante come un sonito di guerra. La nostra letteratura, oggi, si è arricchita d'un nuovo potente documento umano ».

« L'Idea Nazionale » (Simplex):

« L'una figura e l'altra (Luisa e Chérie) sono tragicamente vive, e spira dal racconto sempre commosso, ansioso, mai stanco dalla loro storia, un profumo intenso di martirio che riconforta nel lettore lo spirito di giustizia inesorabile contro chi, con la sua malvagità, potè costringere l'esistenza in così angosciose strette ».

Mario Ferrigni, nella Sera:

« La più geniale scrittrice nostra ha scritto come sempre delle pagine squisite ».

8.dans ses pensées [pensers]
9.de rêve, d'inconscient [d'incoscient]
10.Shakespeariana [Shaxespeariana]
Yaş sınırı:
12+
Litres'teki yayın tarihi:
30 haziran 2018
Hacim:
400 s. 1 illüstrasyon
Telif hakkı:
Public Domain

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