Kitabı oku: «La Prima Caccia », sayfa 16

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Infine, Crivaro disse: “Adesso vado alla stazione. Qualunque decisione tu prenderai, spaventerò a dovere quel bastardo. Hai dato alla Frisbie un buon racconto di quello che ha provato a farti. Se non altro, gli farò sapere che questo incidente sarà usato contro di lui, se mai dovesse provare a rifarlo di nuovo.”

Fece un momento di pausa, poi aggiunse: “Riflettici, Riley. Dormici su.”

Infine, l’uomo andò di sotto, lasciando Riley da sola.

La ragazza riusciva a malapena a credere a ciò che era appena successo.

“Dormici su” mi ha detto.

Ha davvero del coraggio.

Poi, crollò sul futon, dolorante ed esausta, interrogandosi sul da farsi.

Senz’altro aveva bisogno di scendere di sotto, e controllare come andavano le cose. Gli ospiti della festa dovevano essersi ormai dispersi, ma aveva bisogno di scoprire che cosa facessero le sue coinquiline. Poi, aveva bisogno di una doccia e di una buona notte di sonno.

Come se fosse possibile, pensò.

Sentiva che nulla nella sua vita andava bene al momento.

C’era soltanto una cosa che avrebbe potuto aggiustare tutto.

Devo provare di avere ragione, pensò.

Devo provare che Leon è il killer.

CAPITOLO TRENTATRÉ

Riley riconobbe il suono familiare dei Bricks and Crystal mentre suonavano la loro versione grunge di“Ring of Fire.”

Era notte. L’aria era impregnata degli odori di birra e di fumo di sigaretta.

Le ci vollero alcuni istanti per comprendere che era seduta da sola ad un tavolo sul patio del Covo del Centauro. Stava osservando una folla di giovani che si dimenavano sulla pista da ballo al ritmo della musica.

Ma i ballerini non erano sorridenti e felici.

Tutti sembravano spaventati.

I loro movimenti sembravano involontari, come se non volessero ballare ma fossero in preda a convulsioni.

Si chiese quale orribile forza interiore li stesse guidando.

Poi, la musica rimbombante cominciò a penetrarle sotto la pelle. Si sentì attirata dal ballo, un forte bisogno di unirsi agli altri.

No, si disse. E’ pericoloso. Non andarci.

Respirò lentamente, profondamente, provando a scacciare via quel terribile bisogno …

Collegati con l’energia ch’i, si disse.

Sapeva che ne avrebbe avuto presto bisogno.

Mentre osservava, vide qualcosa di scuro diffondersi sul pavimento, sotto i piedi dei ballerini che diventavano sempre più disperati.

Era sangue!

Pozze di sangue si allargavano e diffondevano sul pavimento, dove la gente stava ballando.

Lei sapeva che avrebbe dovuto unirsi a quelle persone ora. Doveva scoprire da dove veniva quel sangue.

Riley si alzò tremante in piedi, e si diresse verso i ballerini. Sentì le sue scarpe diventare appiccicose per il sangue. Continuò a respirare lentamente, resistendo al bisogno di cominciare a ballare.

Ora era tra i ballerini e ne studiò attentamente i volti.

Si rese conto di averli già visti tutti lì prima. Non conosceva i loro nomi, ma i loro volti erano impressi nella sua mente.

Poi, raggiunse una figura che giaceva sul pavimento.

Era una ragazza. Sangue scuro e luccicante fuoriusciva da una grande ferita alla sua gola.

Riley sussultò.

Poi, vide una delle ragazze che stavano ballando portarsi la mano alla gola, da cui fuoriusciva il sangue, e cadere, contorcendosi, al suolo.

La stessa cosa accadde ad un’altra ragazza … poi ad un’altra … poi ad un’altra …

Mentre il resto dei ballerini continuavano ad agitarsi al ritmo della musica, il pavimento era ricoperto di altre ragazze e tutte avevano la gola squarciata, e il sangue aumentava sempre di più.

Qualcuno le sta uccidendo.

Dov’era?

Come poteva fermarlo?

I suoi occhi passavano da un volto maschile all’altro. Se soltanto lo avesse visto, lo avrebbe saputo …

Gli occhi di Riley si spalancarono. La luce del sole filtrava attraverso la finestra della soffitta.

Era mattino, e lei aveva dormito sul suo futon.

Si tirò su, stupita per i vari dolori che sentiva. Si guardò intorno e vide che la stanza era un vero disastro. Pezzi rotti di lampada erano ancora sparsi sul pavimento.

Riemersero i ricordi della sua lotta disperata contro il suo robusto aggressore.

Abbozzò un sorriso mentre ricordava …

L’ho picchiato. L’ho messo ko.

Ma i ricordi del resto della notte erano vaghi e confusi.

Le facevano male testa e stomaco, e non era dovuto soltanto al combattimento. Ricordò che aveva bevuto più di qualche birra alla festa. Poteva essere semplicemente vittima della sbronza.

Devo alzarmi, pensò. Mi serve del caffè.

Indossò dei vestiti, si rimise in sesto nel bagno al secondo piano, poi proseguì in cucina al piano di sotto.

Lì, Gina era impegnata ai fornelli.

Quando Gina vide Riley, le corse incontro e le diede un grande abbraccio. Riley si lamentò.

“Oh, mi dispiace” l’amica disse, lasciandola andare. “Deve farti male dappertutto. Sto preparando delle uova strapazzate. Ne vuoi un po’?”

“Certo, grazie” Riley rispose.

Girò per la cucina, prendendo del succo d’arancia dal frigorifero e una tazza di caffé appena fatto. Poi, sedette al tavolo della cucina.

“Come hai dormito?” Gina chiese, disponendo uova strapazzate e fette di toast in un paio di piatti.

“Come un tronco” Riley disse.

“Mi fa piacere” Gina esclamò. “Io ho avuto molti incubi.”

Riley trasalì, ricordando il suo sogno, ma decise di non farne alcuna menzione.

Gina mise i piatti in tavola e sedette con Riley, che si accorse solo in quel momento di non avere ancora visto le altre tre coinquiline.

“Dove sono le altre?” Riley chiese, cominciando a mangiare.

“Le hai mancate, sono uscite poco fa a fare colazione da un’altra parte. Erano piuttosto scosse, volevano uscire di casa.”

Riley mangiò in silenzio per alcuni istanti. Si chiese se le altre avessero voluto evitare di vederla. Forse non faceva loro piacere che avesse invitato un killer alla loro festa, e che la polizia avesse invaso la loro casa.

“Sei sicura di stare BENE?” Gina chiese. Poi, aggiunse con un sorrisetto nervoso: “Voglio dire, va BENE se non stai BENE. Perfettamente comprensibile. Forse dovrei soltanto tenere chiusa la mia bocca.”

Riley scosse la testa e disse: “Sto ancora provando a capire tutto … quello che è successo ieri sera, voglio dire.”

Gina si protese in avanti e diede a Riley una pacca sulla spalla.

“Ciò che è successo, insomma, sei un’eroina, Riley! Hai abbattuto quel tipo tutto da sola! E’ stato incredibile. Come ci sei riuscita?”

Riley si sentì indifferente. Al momento, sembrava come una buona domanda …

Come ci sono riuscita?

Gina continuò: “In ogni caso, hai fatto qualcosa di davvero, davvero bello. La polizia ha preso quel tipo ora. Non ucciderà più.”

Riley ebbe una scossa, quando ricordò quello che aveva detto l’Agente Crivaro …

“Non è stato lui. Quel ragazzo non ha mai ucciso nessuno in tutta la sua vita.”

Ricordò quanto quelle parole l’avessero fatta adirare. E ora, cominciò a sentirsi di nuovo completamente furiosa.

Crivaro doveva semplicemente essersi sbagliato. Come poteva Leon non essere il killer?

Aveva persino un coltello! Riley pensò.

La polizia locale era sembrata sicura della sua colpa quanto lei. L’agitava molto il fatto che Crivaro non condividesse tale convinzione. E se l’uomo fosse riuscito a convincere la polizia che Leon non era affatto il killer?

E se lo avessero lasciato andare?

In qualche modo, si sentiva responsabile per impedirlo.

Riley continuò a mangiare, senza prestare una reale attenzione al continuo chiacchiericcio di Gina. Quando terminò, ringraziò Gina per la colazione e uscì di casa.

A quel punto si chiese dove intendesse andare e che cosa intendesse fare.

Tutto quello che sapeva era di aver lasciato qualcosa in sospeso, qualcosa di cui doveva occuparsi.

Se Leon era davvero il killer, e Riley era certa che lo fosse, spettava a lei dimostrarlo una volta per tutte. Se non lo avesse fatto, altre persone sarebbero sicuramente morte.

Ma non aveva alcuna idea di come attivarsi.

Per un po’, Riley vagò senza meta lungo le strade alberate vicino al campus. Poi, con stupore si accorse che il suo girovagare l’aveva condotta davanti al Covo del Centauro. Si fermò e si guardò intorno, senza riuscire a comprendere se ci era arrivata di proposito o per caso.

Sorprendentemente, la porta principale era spalancata. Era sicura che il Covo del Centauro non aprisse tanto presto di domenica.

Ma quella porta aperta sembrò invitarla ad entrare.

Ebbe un sussulto, ricordando il sogno la notte precedente. Voleva davvero entrare lì oggi?

Senza rispondere alla sua stessa domanda, Riley andò alla porta aperta e sbirciò all’interno.

Un uomo in tuta da lavoro stava lavando il pavimento. Immaginò che avesse tenuto la porta aperta, solo per areare il posto, mentre puliva.

Fu assalita da una strana curiosità. Entrò nel locale e si rivolse all’uomo delle pulizie …

“Mi scusi, signore …”

L’uomo alzò lo sguardo, distraendosi dal lavoro.

Riley pensò in fretta, provando a decidere che cosa dire.

“Um, penso di aver perso un gioiello qui ieri sera. Potrei entrare a dare un’occhiata?”

“Che tipo di gioiello?” l’uomo chiese.

“Un grazioso orecchino. E’ stata mia zia a darmelo. Sarebbe orribile se andasse perso.”

L’uomo scosse la testa.

Disse: “Ho lavato qui, e non ho visto nulla del genere.”

Provando ad essere più insistente, Riley disse: “E’ molto piccolo, potrebbe non averlo visto. Forse mi è caduto fuori sul patio. Potrebbe essere caduto in una di quelle piante nei vasi. La prego, mi lasci dare un’occhiata.”

L’uomo alzò le spalle.

“Prego, va’ a dare un’occhiata” disse, riprendendo le pulizie.

Riley lo ringraziò e camminò attraverso il bar verso il patio. Quando si trovò sulla pista da ballo esterna, si fermò e si chiese …

Che cosa sto provando a fare?

Che cosa sto cercando?

Poi comprese di aver bisogno di ricreare ciò che era successo a Trudy quella orribile notte.

Ricordò di essere arrivata qui con Trudy, poi ripensò alla sua ansia nel non vederla tra i ragazzi che ballavano, ed al panico crescente, mentre la cercava, finché non l’aveva trovata di sotto al tavolo con Harry Rampling.

Ricordò anche ciò che Harry aveva detto di quello che era successo dopo, come aveva cominciato ad accompagnare Trudy al dormitorio, finché non era stato distratto da un paio di amici, e poi Trudy era sparita.

Aveva detto la verità, naturalmente. Ma ora, Riley si ritrovò a chiedersi …

Anche Leon era qui quella notte?

Aveva osservato Trudy, seguendola, aspettando l’occasione per fermarla quando sarebbe stata da sola?

L’incubo che aveva avuto quella mattina cominciò a ritornarle in mente. In quel sogno, era riuscita a visualizzare chiaramente i volti dei ballerini.

Poteva farlo ora?

Restando all’interno del patio, chiuse gli occhi e ripensò a quel momento terrificante in cui aveva notato l’assenza di Trudy. Riley aveva girovagato tra i ragazzi che ballavano, alla sua ricerca.

Fu stupita di quanto vividamente quella scena le fosse tornata in mente. Proprio come nel sogno, vide chiaramente quei volti, gli stessi che appartenevano alle persone che occupavano la pista da ballo quella sera.

Ma tutto stava avvenendo troppo in fretta.

Lei rallentò le sue impressioni, provando a ricordare, provando a vedere di nuovo quei volti, uno alla volta, finché …

No, realizzò. Non era qui fuori a ballare.

Ma,nella sua visione mentale, ai margini del suo campo visivo, qualcosa ad un tavolo vicino attirò la sua attenzione.

Nella sua mente, si voltò a guardare. Vide dunque Leon, seduto con una ragazza, intento a chiacchierare con lei.

Gli occhi di Riley si spalancarono e vide il tavolo, ora vuoto alla luce del sole.

Era vero? si chiese.

O aveva soltanto immaginato di aver visto lì Leon?

Richiuse allora gli occhi. E lui era lì, la sua intenzione concentrata sulla bella ragazza seduta di fronte a lui al tavolo.

Ora Riley ne era sicura. Aveva davvero scorto Leon durante qui momenti colmi di panico, mentre era intenta a cercare Trudy.

Ma ora Riley sapeva che Leon non aveva affatto perseguitato Trudy.

Non si era neppure accorto della presenza della sua amica. Tutta la sua attenzione era stata focalizzata sulla ragazza seduta con lui.

Riley ebbe un fremito, ricordando le parole dell’Agente Crivaro …

“Quel ragazzo non ha mai ucciso nessuno in tutta la sua vita.”

E ora Riley lo sapeva …

Crivaro aveva ragione, e io torto.

Avrei dovuto credergli.

Improvvisamente, la sua testa cominciò a girare e si sentì terribilmente confusa e nauseata.

Senza smettere di pensare, si diresse al bagno, entrò e chiuse la porta dietro dietro di sé.

Poi, vomitò violentemente nella tazza.

Che cos’ho che non va? si chiese.

Che cosa sta succedendo?

CAPITOLO TRENTAQUATTRO

Quando smise di vomitare, Riley si appoggiò, ansimante sulla tazza del water.

Che cos’ho che non va? si chiese di nuovo. Si ammalava di rado. Perché stava accadendo adesso?

Naturalmente, aveva appena avuto un terribile shock, accorgendosi di quanto si fosse sbagliata su Leon.

Cadde preda di un ossessionante scoraggiamento, perché gli omicidi non avevano ancora una soluzione; era sconvolta dalla consapevolezza che il killer era ancora a piede libero.

E, si disse, c’era il fatto che fosse ancora un po’ vittima del dopo sbronza …

I suoi pensieri furono interrotti dal suono di qualcuno che bussava alla porta del bagno.

Sentì la voce dell’uomo delle pulizie …

“Ehi, signorina, tutto BENE lì dentro?”

Riley sospirò e tossì.

“Sto bene” rispose con voce roca.

Andò al lavandino, si sciacquò il viso e provò a ricomporsi un po’. Poi uscì dal bagno, dove l’uomo delle pulizie era ancora in attesa con la bocca spalancata.

“Ha trovato quello che cercava?” l’uomo chiese.

“No, ma la ringrazio per avermi lasciato dare un’occhiata” Riley disse.

Senza aggiungere altro, si allontanò e uscì dal locale. Mentre camminava lungo la strada, il suo stomaco si rimise un po’ a posto, ma il cervello era ancora in moto.

Mi sono sbagliata, si ripeté ancora una volta.

Il killer è ancora libero.

E la polizia non lo sapeva. Ma l’Agente Crivaro lo sapeva, e adesso anche lei. Riley desiderava ardentemente fare qualcosa per rimediare al proprio errore, e voleva farlo subito.

Ma che cosa? Come poteva scoprire qualcosa che l’agente dell’FBI non sapesse già?

Scacciò ogni idea legata al killer dalla propria mente. Doveva ricominciare a pensare, cercare idee nuove, ricominciare da capo.

Accelerò il passo, quando le venne in mente che doveva cominciare a cercare le idee di cui aveva bisogno. Con un nuovo scopo, si diresse alla biblioteca del campus, che aveva appena aperto per la giornata. Una volta dentro, andò dritta al lungo tavolo pieno di computer con i cataloghi della biblioteca. Sedette ad un terminale e cominciò a cercare, poi sentì una voce sussurrare dall’altra parte del tavolo …

“Riley Paige!”

Sollevò lo sguardo e vide il Professor Hayman, che la stava osservando dal suo terminale.

Le sorrise e sussurrò: “E’ bello vederti studiare in questa splendida domenica mattina!”

Ma la sua espressione allegra mutò in una di preoccupazione.

“Riley … stai bene? Che cos’è successo?”

Per un momento, Riley si chiese che cosa l’uomo intendesse.

Ma ricordò i graffi ancora sul suo volto.

Riley gli sorrise debolmente e disse: “Sto bene, Professor Hayman.”

Poi, abbassò la testa per concentrarsi sullo schermo del proprio computer.

Per quanto le piacesse il suo professore di psicologia, non voleva parlare con lui o nessun altro al momento.

Cercò il libro che voleva e tirò un sospiro di sollievo, constatando che non era ancora stato preso in prestito.

Poi, si alzò e andò di sotto fino allo scaffale in cui era collocato il libro in questione: Menti Oscure: La Personalità Omicida Rivelata del Dottor Dexter Zimmerman. Iniziò a sfogliarne le pagine, ancor prima di raggiungere il più vicino tavolo di studio.

Naturalmente, aveva letto e riletto quel libro molte volte, prima di aver restituito la copia al Professor Hayman. Ma l’aveva trovato così ricco di idee e opinioni, che le era sembrato di trovare nuove rivelazioni nelle sue pagine ogni volta.

Ed era quello di cui al momento aveva bisogno …

Una nuova rivelazione della mente di un omicida.

Si ritrovò a consultare l’ultimo capitolo del libro, dove il Dottor Zimmerman aveva riassunto le sue scoperte e fornito ulteriori pensieri. Un paragrafo in particolare attirò la sua attenzione …

In questo libro ho spiegato la personalità omicida in profondità. Ahimè, ci sono molti aspetti dell’omicidio seriale che restano inesplorati, in particolare alcuni che non hanno alcunché a che fare direttamente con la mente del criminale. Che tipo di trauma mentale affronta una comunità quando subisce la piaga dei serial killer? Un gruppo perseguitato, grande o piccolo che sia, guarisce dalle proprie ferite psichiche collettive rapidamente, lentamente o per nulla?

Riley quasi girò un’altra pagina, pensando che questo passaggio non avesse a che fare con il suo attuale dilemma. Ma fu assalita da un’inspiegabile percezione istintiva, secondo cui aveva trovato quello che stava cercando.

Proseguì la lettura …

E’ una questione che mi piacerebbe studiare. Eppure confesso che non so in questa circostanza come affrontarla. Le sole questioni etiche sono sufficienti a sconcertare la mente accademica. Come si trasforma una particolare comunità, un quartiere, una cittadina o persino il campus di un college, in un laboratorio ideato per tale indagine? Non si può lasciare che un serial killer giri liberamente tra un gruppo di persone, soltanto per scoprire la reazione di tale gruppo. Eppure, dev’esserci un modo per esaminare quest’importante questione …

Zimmerman poi proseguì, ponendo altre domande che pensava meritassero un’ulteriore ricerca. Ma Riley le ignorò e lesse lo stesse passaggio svariate volte. Un orrore ossessionante crebbe dentro di lei, mentre si sentiva sull’orlo di pensare l’impensabile.

No, si disse, provando a scacciare quei pensieri dalla sua mente.

Devo avere torto.

Non è possibile.

Ma ora si ritrovò a ricordare come si era sentita riguardo al Dottor Zimmerman prima di conoscerlo, a quanto lo trovasse sgradevolmente sdolcinato e affettuoso, così ossessionato da abbracci e buoni sentimenti.

Aveva cambiato idea dopo la loro prima conversazione, aveva imparato ad apprezzarlo, rispettarlo ed ammirarlo. Era persino sembrato comprenderla e apprezzarla in modi che nessun altro, ad eccezione dell’Agente Crivaro, conosceva.

Ma, soprattutto, Riley aveva imparato a fidarsi di lui.

Sentiva di potergli parlare di qualunque cosa.

Quanti altri studenti si sentivano così?

Quanti studenti, anche studentesse, avrebbero potuto non avvertire il benché minimo allarme, se fosse loro capitato d’incontrare questo gentiluomo gentile, rugoso e sorridente lungo i sentieri del campus di notte?

Se lo avessero conosciuto anche un pochino, non avrebbe loro fatto piacere intrattenere una piacevole conversazione con quest’uomo molto interessante?

Non avrebbero potuto invitarlo nelle loro stanze solo per continuare a parlare con lui?

Dopotutto, come potevano sospettare un pericolo?

Riley rabbrividì profondamente, mentre rileggeva una frase …

Come si trasforma una particolare comunità, un quartiere, una cittadina o persino il campus di un college, in un laboratorio ideato per tale indagine?

Riley scosse la testa, provando a respingere l’idea.

No, pensò. E’ troppo folle.

Sicuramente, nessuno poteva essere abbastanza malato da uccidere la gente per il bene di uno studio accademico, men che che meno, un uomo gentile e sensibile come il Dottor Zimmerman.

Eppure …

Non lo vedeva proprio lì nel suo libro, stampato in bianco e nero?

Era possibile che avesse tramutato l’Università di Lanton nel suo perfetto laboratorio?

Riley era tutta tremante. Persino la biblioteca spaziosa sembrò improvvisamente soffocante e claustrofobica, e solitaria al contempo.

Devo parlarne con qualcuno, pensò. Qualcuno che possa dirmi che mi sbaglio.

Perché devo avere torto.

Ma con chi poteva parlare di un’idea del tutto contorta?

Poi le venne in mente che il Professor Hayman talvolta andava in ufficio di domenica. Aveva il numero del suo ufficio trascritto nel suo borsellino. Andò direttamente al telefono a gettoni della biblioteca e compose il numero.

Tirò un sospiro di sollievo, quando il Professor Hayman rispose personalmente, senza che si attivasse la segreteria telefonica.

Quando gli disse chi era, l’uomo rispose: “Ehi, Riley, sono sorpreso di sentirti oggi. Che cosa posso fare per te?”

Riley deglutì forte.

Poteva davvero parlarne al telefono?

Lei balbettò: “Professor Hayman, se, se è nel suo ufficio, potrei …?”

La voce dell’insegnante ora sembrava preoccupata.

“Vuoi venire a parlare con me? Certo. Dove sei ora?”

“In biblioteca.”

“Allora raggiungimi.”

Agganciata la cornetta, Riley si rese conto di non sentirsi neanche un po’ sollevata dall’idea di avere qualcuno con cui parlare della sua terribile sensazione.

Che cosa avrebbe pensato di lei Hayman per aver anche solo immaginato una tale possibilità?

Riley andò a restituire il libro del Dottor Zimmerman e uscì. Lasciò la biblioteca e si diresse all’edificio di psicologia. Prima di arrivare a destinazione, notò con sorpresa che il Professor Hayman le era andato incontro per strada.

“Riley, sembri sconvolta” le disse, quando furono più vicini. L’uomo le dette un’occhiata ed aggiunse: “Che cosa c’è? Che cosa ti è successo? Sei stata aggredita?”

Improvvisamente, Riley ricordò quanto fosse orrendo il suo aspetto. Oltre ai graffi, era sicura che ora era bianca quanto un lenzuolo per lo shock.

Provò a spiegare, mentre camminavano insieme …

“Un ragazzo ha provato a saltarmi addosso ad una festa ieri sera. A dire il vero, ha provato a stuprarmi. Ma non si preoccupi, mi sono difesa bene.”

Lei scoppiò a ridere nervosamente ed aggiunse: “Mi creda, ha un aspetto di gran lunga peggiore del mio. E’ arrivata la polizia e l’ha arrestato.”

Hayman disse: “La polizia pensa … voglio dire …”

Riley comprese ciò che l’uomo voleva chiedere.

Lei replicò attentamente: “La polizia è piuttosto sicura che lui abbia ucciso quelle ragazze.”

Hayman emise un chiaro sospiro di sollievo.

“Allora è finita, grazie a Dio. Non ucciderà più. E tu lo hai fermato! Ti rendi conto di quanto sia fantastico, Riley? Sei un’eroina!”

Riley si sentì un po’ emozionata per quelle parole …

“Un’eroina.”

Era quello che aveva detto Gina quella mattina.

Non le era affatto dispiaciuto ascoltarlo.

Ma ora non si sentiva affatto un’eroina.

In realtà, si sentiva ben distante dall’esserlo.

Quella parola la faceva sentire in colpa e che aveva torto.

Ho avuto torto, davvero torto, su tutto.

Con sua sorpresa, sentì le lacrime scenderle lungo le guance. Un singhiozzo emerse dalla sua gola.

Hayman disse: “Riley, stai piangendo.”

Riley annuì e giunsero altri singhiozzi.

Hayman le prese gentilmente il braccio e disse: “Coraggio, sediamoci a parlare.”

Riley si chiese di nuovo …

Posso davvero parlarne con lui?

Poi, pensò che forse il Professor Hayman avrebbe potuto ragionare con lei, spiegandole quanto si sbagliasse in merito al Dottor Zimmerman. Senz’altro, lei poteva di nuovo sbagliarsi.

Il che sarebbe meraviglioso, pensò.

Quando arrivarono all’edificio di Psicologia, il Professor Hayman aprì la porta d’ingresso. Quando entrarono all’interno, la richiuse di nuovo. La condusse al proprio ufficio e le chiese di accomodarsi su una sedia di fronte alla sua scrivania.

Poi, girò intorno alla scrivania ed occupò la sua sedia girevole, piegandosi poi verso di lei con uno sguardo di empatia e compassione.

L’uomo si espresse con un pizzico di cautela …

“Riley, sai che non sono uno psicologo clinico. Spero che non sia un errore, parlare con me, intendo. Tutto quello che voglio fare è aiutare. Se vuoi, potrei indirizzarti ad un professionista …”

Riley scosse il capo, i suoi singhiozzi cominciarono un po’ a svanire.

“Va BENE” disse. “Forse lei può capire. Vede …”

La sua mente improvvisamente si mise in moto.

Come poteva iniziare a spiegare quello a cui stava pensando?

Cominciò a parlare molto lentamente …

“Professor Hayman … potrebbe dirmi …. Che cosa ne pensa del Dottor Zimmerman?”

Hayman sembrò sorpreso da quella domanda.

Poi, la sua espressione divenne di quasi rispettosa riverenza.

“Penso una marea di cose di lui” disse. “E’ il mio mentore, la mia ispirazione. Sento di dovergli … beh, davvero tutto. E’ stato come un padre per me.”

Riley si sentì scoraggiata, ricordando qualcosa che Hayman aveva detto di Zimmerman a lezione …

“E’ semplicemente l’uomo più acuto che abbia mai conosciuto in tutta la mia vita.”

Penserà davvero che sono pazza, pensò.

Ma a chi altro doveva parlarne?

Aprì il libro del Dottor Zimmerman e trovò il passaggio che l’aveva disturbata. Con mani tremanti, mise il libro sul tavolo, passandolo al Professor Hayman.

Disse: “Potrebbe per favore leggere il terzo paragrafo e … dirmi che cosa ne pensa.”

Hayman indossò un paio di occhiali da lettura e lesse silenziosamente, finché giunse ad una frase che recitò ad alta voce …

“‘… un laboratorio ideato per tale indagine.’”

La sua espressione cambiò mentre continuava a ridere. Ora sembrava triste e agitato.

Comprende? Riley si chiese.

Hayman chiuse lentamente il libro, si tolse gli occhiali da lettura e fissò nel vuoto per alcuni istanti.

Poi, guardò Riley e disse: “Riley … pensi davvero … ?”

Il battito del cuore di Riley accelerò.

Lui comprende! pensò.

Disse: “So che sembra folle …”

Il Professor Hayman scosse lentamente il capo.

“No, temo che non sembri folle. Mi sono spesso chiesto … Ho spesso pensato …. Mi è venuto in mente …”

Si alzò dalla sedia, sollevò gli occhiali, prese il pesante libro e lo riaprì.

Cominciò ad andare avanti e indietro, mentre leggeva stralci del testo: “‘Soltanto le questioni etiche …’ ‘Come si trasforma una particolare comunità …’ ‘Non si può trasformare che un serial killer giri liberamente …’”

Mentre ancora leggeva il libro, cominciò a camminare intorno alla scrivania.

“Questa è la domanda, non è così? Perché non si può lasciare che un serial killer vaghi liberamente nel campus di un college, se è per la buona conoscenza scientifica? Se le intuizioni sono di sufficiente importanza? Non il Dottor Zimmerman, naturalmente … non un uomo così gentile, innocente e colto …”

Mentre le si avvicinava, Riley cominciò a provare uno strano formicolio di sconforto.

Hayman continuò: “Ma qualcun altro, qualcuno affascinato dalle sue idee, potrebbe benissimo accettare la sua proposta …”

Senza preavviso, Hayman chiuse bruscamente il libro e colpì la testa di Riley, lateralmente facendola cadere dalla sedia. La ragazza sbatté violentemente il capo contro il pavimento in legno massiccio.

Ora lei vedeva le stelle, e la sua mente era confusa.

Provò pertanto a concentrarsi su quello che stava succedendo, ma i suoi pensieri erano frammentati.

Il Professor Hayman si accovacciò accanto a lei e la guardò negli occhi con un’espressione maligna.

Disse: “Occorrerebbe qualcuno con una forza di volontà eccezionalmente forte.”

Yaş sınırı:
16+
Litres'teki yayın tarihi:
10 ekim 2019
Hacim:
261 s. 3 illüstrasyon
ISBN:
9781640294325
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