Kitabı oku: «La Prima Caccia », sayfa 8
CAPITOLO QUATTORDICI
Quando Riley aprì la porta della sua stanza nel dormitorio, una lucina brillava nel buio. La segreteria telefonica stava indicando un nuovo messaggio.
Chi può essere? si chiese.
Per un breve istante, immaginò che fosse Ryan che la chiamava dalla sua auto …
“Ehi, Riley, abbiamo dimenticato di parlare del nostro nuovo appuntamento in settimana …”
Naturalmente, sapeva che non poteva trattarsi di lui, ed era meglio così. Certamente, non era intenzionata a ripetere il bizzarro appuntamento che avevano appena avuto. No, non era scattata la scintilla, tutto qua. Ma lei non ne era nemmeno dispiaciuta.
Entrò silenziosamente nella stanza, pensando che Trudy dovesse già essere a letto a dormire.
Ma l’amica non era nel suo letto.
Riley fu assalita da un senso di allarme. Andare in biblioteca era stato molto pesante per Trudy. Sicuramente, non era andata da nessuna parte quella sera.
Sta BENE?
Riley accese l’interruttore della luce, e vide una nota sul tavolo accanto alla segreteria telefonica. Lo raccolse e lo lesse.
Sono andata alla sala comune a studiare un po’.
C’era un piccolo cuore disegnato sotto il messaggio.
Riley respirò un po’ più facilmente. Trudy era solo nel grosso soggiorno del dormitorio alla fine del corridoio.
Ma la luce della segreteria stava ancora pulsando.
Chi aveva telefonato? Poteva forse essere qualcuno con cui lei avrebbe voluto parlare?
Sicuramente non voleva parlare di nuovo con suo padre così presto.
Si disse che si stava comportando da sciocca e premette il tasto. Sentì una voce femminile …
“Ehi, ragazze … sono Kyra. Ho solo pensato che avrei …”
Mentre la voce diveniva silenziosa per quello che sembrava un momento d’indecisione, Riley ricordò …
Kyra. La sorella maggiore di Rhea.
La voce continuò …
“Mi spiace disturbarvi, è solo che … Chiamatemi, OK?”
La ragazza lasciò il suo numero di telefono, e il messaggio terminò con un bip.
Riley ricordava bene Kyra. Si era laureata a Lanton tre anni prima, ed era andata a trovare sua sorella minore qualche volta. In quelle occasioni, aveva passato del tempo anche con Riley e Trudy.
Era una giovane donna robusta e cordiale, con un contagioso senso dell’umorismo; assomigliava più a Trudy che alla sua sorella minore, piuttosto riservata.
O almeno assomiglia più alla Trudy di prima, Riley pensò.
Ma la sua voce sul nastro sembrava agitata e preoccupata, il che naturalmente non poteva sorprendere.
Visto che la chiamata era avvenuta soltanto venti minuti prima, Riley pensò che non fosse troppo tardi per richiamare.
Digitò il numero e Kyra rispose.
“Ciao, Kyra” disse. “Sono Riley.”
“Ciao, Riley” Kyra disse. “Grazie di avermi richiamato così in fretta.”
Ci fu silenzio. Sebbene Riley avesse inviato un biglietto alla famiglia di Rhea, si sentiva in colpa per non essersi messa personalmente in contatto con Kyra.
Riley balbettò: “Mi, mi dispiace tanto per quello che è successo.”
“Già” Kyra disse. “Come te la stai cavando?”
Riley fu stupita per la domanda, formulata in quel modo dalla stessa sorella di Rhea.
“Non pensare a me” Riley disse. “Che mi dici di te e dei tuoi?”
Sentì Kyra fare un profondo sospiro.
“Beh, è stata davvero, davvero dura. Ho preso un volo per casa non appena l’ho saputo, e mamma e papà stanno passando un momento particolarmente difficile. Non sembra reale. Non riesco nemmeno …”
Divenne di nuovo silenziosa.
Poi disse: “Abbiamo fatto funerale e sepoltura privati. L’intera cittadina era troppo scioccata per fare di più. Ma faremo una piccola commemorazione qui a casa questa domenica. Sarà molto strano per me, ci saranno familiari e amici del paese, molte persone con cui non parlo da anni. Mi sembra persino di non conoscerle più, e sicuramente loro non conoscono me. Mi sento molto più vicina a te e Trudy. In realtà, credo che fosse così anche per Rhea.”
Riley deglutì forte. Sapeva ciò che stava per dire.
Kyra disse: “Oh, Riley, vorrei che voi due veniste. Mi aiuterebbe molto.”
Riley non parlò per un momento.
Infine, disse: “Kyra, io e Trudy non abbiamo un’auto, ma … c’è un autobus tra qui ed Herborn, non è vero?”
“Sì. C’è un autobus al mattino da Lanton che vi porterà qui in tempo. Potrei venire a prendervi alla stazione.”
Sapeva che non sarebbe stato facile passare il pomeriggio tra gli amici e parenti in lutto di Rhea.
Ma sapeva di non poter rifiutare.
Sarebbe stato sbagliato.
“Certo, verrò” disse. “Chiederò a Trudy se verrà anche lei. Grazie per l’invito.”
“Grazie a te” Kyra disse, sembrando sollevata.
Quando Riley ebbe riagganciato, si rese conto che avrebbe voluto chiedere a Kyra alcune cose. Per esempio, la polizia stava tenendo informata la loro famiglia di eventuali progressi nella caccia al killer? Riley non aveva avuto alcuna notizia, tanto per cominciare, e neanche nessun altro di sua conoscenza.
Forse avrebbe avuto il tempo per parlarne con Kyra domenica.
Ad ogni modo, Riley doveva coinvolgere Trudy immediatamente. Andò nella sala comune, dove Trudy era seduta su un divano, intenta a leggere un libro. Alcune ragazze erano riunite davanti alla TV, a guardare un programma in onda di sera tardi. Non prestarono alcuna attenzione a Riley e Trudy.
Riley sedette accanto alla compagna di stanza.
“Trudy, ci ha appena telefonato Kyra.”
Trudy chiuse il libro e gli occhi si spalancarono.
“Oh!” esclamò. “Come sta?”
“Sta … bene” Riley disse alzando le spalle. Non aveva proprio idea di come rispondere a quella domanda.
Poi Riley disse: “La sua famiglia, ad Herborn, terrà una commemorazione domenica. Siamo entrambe invitate.”
La bocca di Trudy si spalancò, e il suo viso divenne pallido.
“Oh, Riley” disse quasi sussurrando. “Tu ci andrai?”
“Devo farlo, Trudy. E anche tu. Sembra che Kyra abbia davvero bisogno che lo facciamo.”
Trudy se ne stette a fissare il vuoto per un istante.
Poi disse: “Riley, non posso. Mi dispiace, ma proprio … non posso.”
Riley era scioccata.
“Perché no?” le chiese.
Trudy balbettò: “E’ solo… sono ancora … Riley, sai benissimo che sto avendo dei problemi ad affrontarlo. Potrei non superarla mai. Rischierebbe di far precipitare le cose e peggiorarle per tutti.”
Riley stava cominciando ad irritarsi, ma provò a non dimostrarlo.
“Trudy, penso … beh, forse ti farebbe davvero bene. Che cosa pensi che direbbe il tuo consulente? Forse è persino quello di cui hai bisogno. Potrebbe darti una …”
“Chiusura” Trudy disse, completando il pensiero dell’amica. “Sì, lo so. E potresti avere ragione, ma …”
La sua voce si bloccò.
Poi, disse con voce tremante: “Non posso. Proprio no.”
Riley se ne stette lì per un momento, provando a pensare ad un modo per persuadere Trudy ad andare con lei alla commemorazione. Ma non riusciva a trovare altro da dire. Era sicura che l’amica non avrebbe cambiato idea, nemmeno se si fosse concessa qualche giorno per rifletterci.
Provando a nascondere l’amarezza nella sua voce, Riley disse: “Allora richiamo Kyra e glielo dirò”
“No” Trudy disse. “La contatterò io stessa. Sono certa di avere il suo indirizzo email.”
Riley soffocò un sospiro. Non c’era più nulla da dire ormai. Lasciò Trudy da sola nella sala comune senza aggiungere altro.
Tornando verso la sua stanza, Riley esitò e poi si fermò. Restò fuori ad una porta chiusa. Ci si era fermata diverse volte durante le ultime due settimane. Non riusciva nemmeno a spiegarsi il motivo esatto.
Forse sperava di ottenere delle informazioni, anche soltanto una sensazione istintiva, di quello che era accaduto all’interno di quella stanza quella terribile notte.
Ma, fino ad allora, non aveva percepito molto, fatta eccezione per un senso di tristezza dovuto all’assenza di Rhea.
E, naturalmente, era sicura che la porta dovesse essere chiusa a chiave: certo non avrebbe potuto entrare nella stanza, neanche se lo avesse voluto.
Come se volesse provarlo a se stessa, si avvicinò e prese il pomello della porta.
Con sorpresa di Riley, il pomello si girò facilmente e la porta si aprì.
Qualcuno ha dimenticato di chiuderla a chiave, realizzò.
Perciò, lei voleva davvero entrarci?
La risposta era sì.
Riley entrò cautamente nella stanza ed accese la luce. Dopodiché richiuse la porta dietro di sé.
La stanza sembrava più misteriosa di quanto si fosse aspettata, completamente privata di qualsiasi cosa che appartenesse a Rhea o Heather. Uno dei letti era stato rimosso, e il materasso sull’altro appariva particolarmente semplice e spoglio. E il sangue era stato lavato via dal pavimento, così bene che Riley riusciva ancora a sentire l’odore dei detersivi utilizzati.
Eppure …
Una strana sensazione nacque in lei, non diversa da quella della sensazione di essere seguita dal killer lungo i sentieri del campus.
Riley rabbrividì.
Intendeva davvero sollecitare di nuovo la presenza del killer?
D’altro canto, come poteva fare altrimenti?
Qualunque cosa fosse, forse, e soltanto forse, avrebbe appreso qualcosa d’importante, probabilmente persino chi fosse davvero il killer.
Si disse che stava lasciando correre la sua immaginazione.
Ma Riley realizzò che, nel profondo, stava accettando questa strana esperienza come qualcosa di reale.
Chiuse gli occhi, e visualizzò la stanza così com’era, quando era occupata da Rhea ed Heather: allegramente disordinata, con i letti disfatti e le loro cose sparse ovunque ed i poster alle pareti.
Poi, il vero orrore si palesò …
Si trovava accanto al corpo di Rhea, non ancora morta, mentre ansimava e si contorceva, col il sangue che le usciva fuori dalla gola. Riley sentì le dita del killer intorno al manico del coltello, mentre guardava la lama luccicante e insanguinata.
Percepì un sorriso di soddisfazione disegnarsi sul suo volto.
Il killer era ansioso di ripetersi, eppure stava rammentando a se stesso …
“Non c’è fretta.”
Gli occhi di Riley si aprirono bruscamente, e l’incantesimo si ruppe. Stava tremando.
Nonostante la brevità di quell’episodio, era stato molto più intenso di quello che aveva vissuto sui sentieri del campus.
Doveva provare a tornare in tale stato mentale, per provare a scoprire qualcosa in più sul killer?
Chiuse di nuovo gli occhi e respirò lentamente …
… ma nulla accadde.
Eppure, non si sentì nemmeno un po’ scoraggiata.
Invece, provò qualcosa che non aveva mai avvertito dall’omicidio di Rhea.
In un certo senso, ancora non riusciva a comprendere di essere alla ricerca dell’assassino.
Finché fosse riuscita a cogliere degli scorci del mondo attraverso i suoi occhi, anche se per momenti brevi ed occasionali, avrebbe esercitato più potere su di lui di quanto l’uomo potesse comprendere.
Sussurrò ad alta voce alla presenza invisibile …
“Ti sto osservando.”
Poi, spese la luce, lasciò la stanza, chiuse la porta e tornò nella sua stanza.
Comprese che qualcosa di nuovo le stava accadendo.
E avrebbe potuto cambiare ogni cosa.
CAPITOLO QUINDICI
Riley si sentiva terribilmente a disagio alla commemorazione di domenica. E, come se non bastasse, si sentiva assolutamente un’aliena, una visitatrice impreparata, proveniente da un altro pianeta.
La famiglia di Rhea Thorson viveva in una splendida casa, tutta color crema e beige, e tanto ben tenuta da sembrare persino più nuova di quanto fosse in realtà. Il soggiorno era affollato di familiari ed amici, i quali ovviamente si conoscevano e tenevano gli uni agli altri.
Riley si mosse scomodamente nella sua sedia e si chiese …
Come doveva essere appartenere a qualcosa o qualcuno, proprio come tutte queste persone?
Non aveva mai vissuto una cosa del genere in un luogo che potesse chiamare casa nel corso degli anni.
La sorella maggiore di Rhea, Kyra, aveva incontrato Riley alla stazione dell’autobus di Herborn quella mattina, e l’aveva accompagnata lì in auto, giusto in tempo per la commemorazione. Riley si era frettolosamente presentata ai genitori e fratelli di Rhea, e a numerosi parenti, poi si era sistemata in una delle sedie pieghevoli, che erano state posizionate nella stanza.
Con sollievo di Riley, l’anziano predicatore terminò il servizio piuttosto rapidamente. Nonostante ciò, lei si ritrovò a scervellarsi su alcune cose che lui aveva detto, riguardo a come Rhea fosse libera dai mali del mondo, e su come tutti quelli che l’amavano potessero trarre conforto dalla consapevolezza che la ragazza ora viveva nella felicità eterna.
La verità era che Riley non aveva mai avuto idea se Rhea fosse o meno religiosa.
Rhea sarebbe stata felice di sentire un tale discorso da parte del predicatore?
Riley proprio non lo sapeva.
Nuovamente, fu colpita dalla triste consapevolezza di non aver avuto la possibilità di conoscere Rhea, bene quanto avrebbe dovuto.
Amici e parenti in quel momento si alternavano nella parte anteriore della stanza, per condividere ricordi su Rhea. Molti erano ricordi felici di scuola, recite, picnic e vacanze con la famiglia. Alcune delle storie più divertenti portarono il gruppo a ridere malinconicamente.
Nonostante ciò, un lamento attutito si sentiva ogni tanto. Nessuno riusciva quasi a dimenticare il proprio dolore, nemmeno l’orribile male che si era abbattuto sulla loro comunità, anche se nessuno voleva parlarne.
Quella mattina, prima di uscire, Riley si era preoccupata di che cosa indossare per l’occasione. Tutti sarebbero stati vestiti di nero? Quello più vicino al nero che poteva indossare era un vestito blu navy, che sperava sarebbe stato abbastanza solenne.
Ma, alla fine, Riley si rese conto di essere vestita più formalmente della maggior parte dei presenti. Molti erano vestiti in modo casual e comodo, come se partecipassero ad un comune raduno, come se Rhea potesse rientrare da un momento all’altro.
Riley immaginava che il funerale e la sepoltura privati, cui Kyra aveva fatto cenno, dovevano essere stati decisamente più sobri. Questo gruppo sembrava davvero determinato a convincersi di quel vecchio detto …
“La vita va avanti.”
Se solo fosse vero, Riley pensò tristemente.
Eppure, la presenza di tutte quelle persone, così unite tra loro, la colpì profondamente. Si ritrovò a pensare a quanto si sentisse profondamente connessa a poche persone.
C’era qualcuno del genere nella sua vita? Se così era, doveva trattarsi quasi sicuramente di amiche del college come Trudy, Heather, Gina e …
Rhea.
Sussultò, mentre il nome le passava per la mente.
Era terrificante pensare a quanto fossero fragili i suoi legami umani.
E ne aveva davvero pochi.
Pensò a sua sorella maggiore, Wendy, che era scappata di casa da adolescente. Questo era avvenuto anni prima, e Riley l’aveva vista di rado da allora. Non parlavano da tanto tempo, e Riley non sapeva neppure più dove Wendy vivesse.
Poi, c’erano lo zio Deke e la zia Ruth. Aveva vissuto con loro nella piccola cittadina di Larned per la maggior parte dell’infanzia, e per tutta l’adolescenza. Doveva a loro la poca stabilità durante la sua giovane vita. Le spiaceva molto aver dato loro tante preoccupazioni durante l’adolescenza. Avrebbero meritato un trattamento migliore da parte sua.
Si chiese se sarebbe mai riuscita a rimediare.
Ma non sapeva come. Quando lo zio Deke era andato in pensione, lei e la zia Ruth si erano trasferiti in Florida, e Riley non aveva più molti contatti con loro.
E poi, c’era il padre di Riley.
Per quanto difficile il loro rapporto fosse sempre stato, non riusciva a convincersi di odiarlo. E sospettava che, nel suo modo freddo e spietato, lui le volesse ancora molto bene.
A quel punto intuì …
A nessuno è promesso un domani.
Suo padre non avrebbe vissuto per sempre. Quando sarebbe morto, come si sarebbe sentita Riley per le cose che avrebbero lasciato in sospeso e taciute?
Potevano in qualche modo far pace?
Riley si ritrovò a pensare …
Forse è ora di tentare.
Ma da dove poteva iniziare?
Mentre queste domande si susseguivano nella sua mente, Riley notò che soltanto una persona lì appariva più a disagio e fuori luogo quanto lei, e quella era Kyra. Da un lato, la ragazza sembrava molto più sofisticata di chiunque altro, con indosso un vestito rosa lucido e ballerine eleganti e comode, il tutto accompagnato da un paio di orecchini eleganti e alla moda.
Kyra continuò a guardare Riley, come per infonderle sostegno emotivo.
Riley ricordò ciò che Kyra le aveva detto al telefono, su famiglia e amici lì ad Herborn …
“Mi sembra persino di non conoscerli più, e di certo loro non conoscono me.”
Riley sapeva che lei era diventata assistente di volo, poco dopo la laurea ottenuta a Lanton. Ogni volta che Kyra andava a trovare Rhea al campus e trascorreva del tempo con Riley e Trudy, raccontava loro dei viaggi che faceva in ogni parte del mondo.
A Riley era sempre sembrata una vita emozionante. Ora capì che, invece, la vita di Kyra l’aveva resa simile ad un’estranea in quella piccola cittadina, dove tutti conoscevano tutti, ed erano in pochi a viaggiare lontano o a stare via a lungo.
Riley notò che la famiglia d’origine di Rhea, i genitori, i fratelli e le sorelle, inclusa Kyra, non sfruttavano l’opportunità di raccontare le loro storie. Non ne fu sorpresa. Il loro dolore era sicuramente troppo fresco e profondo, per poter condividere i propri ricordi felici dei tempi belli con Rhea. Ma, almeno, il padre e la madre di Rhea sembravano contenti di sentire ciò che gli altri dicevano.
Quando le storie si conclusero, tutti si alzarono e cominciarono a mescolarsi e a dirigersi verso un tavolo, ingombro di piatti preparati dagli ospiti.
Riley avrebbe voluto rimpicciolirsi fino a scomparire.
Questo era il momento che aveva più temuto in assoluto: doversi presentare a persone che non conosceva e trovare frasi di conforto da dire loro.
Ma sentì subito la mano di qualcuno sulla sua spalla.
Si voltò e vide Kyra, che le sussurrò …
“Usciamo di qui. Ti prego.”
Stupita, Riley seguì Kyra attraverso la casa e fuori dall’edificio, per poi ritrovarsi davanti alla sua auto, parcheggiata ai margini dell’enorme numero di auto ferme intorno alla casa. Entrarono nell’auto di Kyra, che mise in moto e partì.
Riley quasi chiese …
“Dove stiamo andando?”
Ma vide le lacrime scendere lungo il viso di Kyra.
“Oh, Dio” Kyra sussultò. “Non riuscivo a respirare lì dentro. E’ stato troppo per me. Grazie di … grazie di essere venuta. Avevo davvero bisogno che ci fossi, Riley.”
Riley ne fu profondamente commossa.
Disse: “Sono contenta di essere venuta.”
E, per la prima volta, si sentiva davvero contenta di averlo fatto e dispiaciuta perché Trudy non si era unita a lei.
Sperava che Trudy avesse fatto come promesso, inviando un’email, spiegando che non avrebbe partecipato alla funzione. Finora, Kyra non aveva fatto alcun cenno a Trudy. Riley immaginava che sarebbe stato meglio non dire nulla, finché non fosse stata lei a farlo.
Dopo poco minuti lungo una stretta e tortuosa strada, Kyra giunse al piccolo cimitero della città e parcheggiò l’auto.
Uscite dall’auto, cominciarono a camminare in mezzo alle lapidi; Riley notò per la prima volta quanto fosse bella quella giornata di aprile. C’era una piacevole e fresca brezza nell’aria, e gli alberi erano verdi e gli uccelli cantavano. La primavera era decisamente arrivata.
Presto Riley e Kyra si ritrovarono davanti ad una lapide che sembrava tanto nuova, da non apparire quasi reale. Sopra c’era inciso …
Rhea Thorson
amata figlia e sorella
Riley provò un nuovo senso di tristezza, visto che la parola “amica” non appariva. Sotto quelle parole, c’erano le date che tracciavano la vita sorprendentemente breve di Rhea.
Riley fu colpita, quando Kyra le mise una mano sulla spalla e strinse forte.
Disse: “Non hai idea di quanto Rhea ti volesse bene.”
Riley deglutì forte. Quelle erano parole che non si sarebbe aspettata di sentire.
Kyra continuò: “Mi parlava di te ogni volta che poteva. Diceva che sei speciale, intelligente e forte, e pensava che fossi destinata a grandi cose nella vita. Non sapeva quali nello specifico, ma non vedeva l’ora di scoprirlo. Eri davvero la sua migliore amica, Riley.”
Riley era spiazzata e sorpresa.
La sua migliore amica?
Riley non sapeva che Rhea la considerasse tale.
La verità era che la stessa Riley non si era mai sentita vicina a Rhea come a Trudy.
Ora forse le pareva di comprendere il motivo per cui Kyra non fosse sembrata molto preoccupata per l’assenza di Trudy. Sebbene le avesse invitate entrambe, apparentemente, teneva molto, molto di più alla presenza di Riley.
Kyra aggiunse: “Diceva di poter contare su di te assolutamente per tutto.”
Riley improvvisamente si sentì come se avesse ricevuto un pugno allo stomaco.
Rhea pensava davvero questo di me? si chiese.
Riley non lo aveva mai saputo.
Se l’avesse compreso, le avrebbe prestato maggiore attenzione quella sera al Covo del Centauro?
Rhea certamente non era stata in grado di contare su di lei allora, non quando sarebbe stato importante farlo.
Ora Riley dovette soffocare le lacrime.
Ricordò alcune domande che non aveva fatto, quando Kyra l’aveva invitata lì. Ora era il momento di porgliele.
Disse: “Kyra, la polizia che cosa ti ha detto? Senz’altro, è stata in contatto con te. Come vanno le indagini sull’uomo che …?”
Kyra scosse il capo e disse: “Li chiamo quasi ogni giorno, e mi ripetono sempre la stessa cosa. Il killer era di passaggio, e andava e veniva. Non pensano che sia ancora qui. Potrebbe essere ovunque. Forse, ha commesso simili omicidi altrove, e, se così fosse, i Federali potrebbero aiutare a cercarlo. Ma, finora, sembra che i poliziotti del posto non siano giunti a nulla.”
Riley ripensò alla teoria contraria del Dottor Zimmerman, secondo cui Rhea conosceva l’assalitore, e il suo forte presentimento secondo cui lui stesse osservando le ragazze del campus, in attesa di uccidere ancora.
Avrebbe dovuto parlarne con Kyra?
Probabilmente no, Riley pensò.
Poi Kyra disse …
“La verità è che ho la sensazione che la polizia non stia facendo del proprio meglio.”
Riley ricordò di aver provato la stessa sensazione, quando era andata alla stazione e aveva provato ad ottenere risposte dall’Agente Steele.
Si chiese se la polizia stesse realmente continuando a indagare seriamente.
Kyra aggiunse: “Continuo anche a telefonare al Preside Trusler, ed è peggio che inutile: sembra una sorta di macchina automatica per le condoglianze, ripete in continuazione quanto sia dispiaciuto per la perdita della nostra famiglia, e quanto il caso sia fuori dalla sua competenza, e di come sia sicuro che la polizia lo risolverà.”
Riley non sapeva che cosa dire. Lei e Kyra restarono a guardare silenziosamente la lapide per alcuni lunghi istanti.
Poi, Riley si accorse che Kyra la stava fissando. Riley ricambiò il gesto, fissandola.
Kyra disse: “Riley …”
Kyra non terminò la frase, ma Riley sentiva quello che intendeva dire …
“Riley, ti prego, fa’ qualcosa. Aggiusta le cose.”
Riley sentì un nodo alla gola. Sapeva di non poter dire di no alla silenziosa domanda di Kyra.
Kyra sorrise, sembrando sollevata.
Poi disse: “Forza, faremmo meglio ad andare alla stazione degli autobus in tempo per prendere il tuo.”
Mentre si allontanavano dalla lapide, Riley continuava a pensare a quello che Kyra aveva appena detto di Rhea …
“Diceva di poter contare su di te assolutamente per tutto.”
Adesso sembrava quasi una voce dalla tomba, che supplicava Riley di fare giustizia.
Come potrei dare giustizia a qualcuno? si chiese.